Categorie
Editoriali

Storia dei videogiochi anni 90: dalla console war alla scandalo PlayStation

Il decennio degli anni 90, per la storia dei videogiochi, è stato foriero di novità e di eventi epocali che hanno spostato l’utenza videoludica, gradualmente dalle sale giochi ai divani di casa. Gli eventi che hanno reso i videogiochi celebri durante gli anni 90 sono così tanti che abbiamo deciso di dividere questo periodo in due parti: il primo, di cui parleremo in questo approfondimento, inizia con la prima vera console war tra Nintendo e SEGA, passa per il boom delle console portatili e culmina con il controverso arrivo di Sony PlayStation sul mercato. Ovviamente senza mai dimenticare gli home e personal computer.

Home Entertainment

Negli anni 90, i costi più contenuti di TV, console e PC hanno reso il prodotto videogioco maggiormente fruibile ad una grande massa di persone, adulti compresi, seminando i germogli di ciò che saranno i family games, cioè i giochi per tutta la famiglia da condividere assieme, grandi e piccini. Agli inizi del decennio, dal lato home PC spopolavano macchine nate negli anni 80 che avevano raggiunto il pieno della loro maturità come Commodore 64 ed Amiga (normalmente nella versione 500) molto apprezzate sotto il punto di vista del gaming.

Parlando di opere videoludiche, non basterebbe un’enciclopedia intera per elencarli tutti dato gli oltre 7000 titoli conosciuti per la piccolina di casa Commodore. Possiamo però ricordare trai i tanti giochi di altissimo valore, alcune pietre miliari dell’industria. Per Commodere 64: Defender of the Crown, Lemmings, Sensible Soccer, Civilization; per Amiga 500: Another World, Turrican II, Cannon Fodder, The Secret of Monkey Island, Monkey Island 2 : LeChuck’s revenge, Wings of Fury, Raimbow Island, The Settlers, Populous e diverse trasposizioni migliorate e rivedute provenienti da altre piattaforme.

Console War: SEGA vs Nintendo

Il mercato console non restò certo a guardare. Proprio agli inizi del decennio, SEGA e Nintendo, che erano le regine indiscusse del mercato rispettivamente con SEGA Mega Drive, soprattutto in Nord America ed Europa, e Nintendo Entertainment System (NES) nella parte orientale del globo, cominciarono ad affacciarsi su un nuovo mercato, quello delle console portatili. La corsa all’oro portò Nintendo e SEGA a scontrarsi rispettivamente con Game Boy e Game Gear. La sfida, che abbiamo anche approfondito nel nostro articolo sulla storia del Game Boy, ha visto contrapporsi due idee nettamente diverse: l’accessibilità a basso costo di Nintendo contro la dispendiosa, soprattutto in termini di durabilità, qualità scelta da SEGA.

Storia dei videogiochi anni 90: Console Wars

Game Boy vs Game Gear

Il Game Boy aveva il preciso di compito di funzionare con solamente quattro batterie; per farlo, gli ingegneri di Nintendo hanno lavorato su una console minimale: un processore Sharp settato a 4,19 Mhz; uno schermo integrato a cristalli liquidi con una risoluzione di 160×144 pixel monocromatico; un audio dotato di un solo altoparlante. La console portatile di Nintendo fu uno dei successi più grandi della storia dei videogiochi vendendo oltre 118 milioni di unità in tutto il mondo, diventando fenomeno di costume (celebre fu la foto dell’allora First Lady Hillary Clinton con un Game Boy in aereo)

I giochi per tale piattaforma si sprecarono, uno su tutti, Tetris che vendette ben 35 milioni di copie, diventando, di fatto, la vera e propria killer application del neonato di casa Nintendo.

Game Gear invece fu lanciato in Giappone nel 1990 e successivamente in Nord America ed Europa nel 91. La portatile di SEGA si presentava come un dispositivo di dimensioni più importanti del Game Boy. Il Game Gear si sviluppava in orizzontale invece che in verticale come la sua controparte Nintendo allo scopo di emulare il controller del SEGA Genesis così da essere più comodo da impugnare.

Il dispositivo SEGA era di gran lunga più all’avanguardia rispetto al suo competitor: aveva uno schermo retroilluminato da 3,2 pollici che mostrava fino a 32 colori simultaneamente tra una lista di 4096; il processore era uno Zilog Z80 da 8 bit e 3,5 Mhz ed era dotato di ben 16 Kb di RAM video. Infine, la funzionalità più eclatante era il Tv Tuner, un dispositivo che si agganciava al Game Gear rendendolo una TV portatile.

I presupposti vi erano tutti per un successo clamoroso del Game Gear, ma nonostante la superiorità tecnologica, i numeri non furono mai positivi, vendendo nella sua vita produttiva circa un decimo di quello che aveva venduto il Game Boy e costringendo SEGA ad abbandonare molto presto il supporto, concentrando i suoi sforzi, a quel punto, sulle console domestiche.

Console War domestica

In voga nei primi anni 90, sempre nel vortice della “battaglia” SEGA-Nintendo, il SEGA Megadrive ed il SEGA Saturn si contrapponevano al Super Nintendo prima e Nintendo 64 dopo.

Sega Saturn ed Nintedo 64 furuno le due delle console più potenti prima dell’avvento di Sony. Erano dotate di un proprio parco giochi ben definito, con esclusive che rendevano allettanti le console. I numeri ovviamente non hanno storia, con Nintendo sempre avanti in termini di vendite, quasi 33 milioni di acquirenti contro gli scarsi 10 milioni del Sega Saturn.

Questa differenza di numeri ha portato certamente anche ad una ripercussione sul parco giochi delle due console. Nintendo 64 ha sfornato titoli di altissimo livello come: Super Mario 64The Legend of Zelda Ocarina of Time. E ancora Banjo-Kazooie, Golden Eye 007 e Super Smash Bros. Titoli first-party solidissimi, di produzione interna ma anche altri, vere e proprie pietre miliari, e penso a WWF Wrestlemania, Marble Madness, Battletoads, grazie anche a Rare, collaboratrice sin dagli albori della Nintendo. Una collaborazione così proficua tanto che Nintendo approvò che Rare lavorasse allo sviluppo di Donkey Kong!

Storia dei videogiochi anni 90: Zelda Ocarina of Time

Per il SEGA Saturn invece, considerando anche le poche vendite, il parco titoli non è mai stato all’altezza, non riuscendo a decollare e restando, alla fine, nell’ambito dei confini nazionali giapponesi perlopiù. E se la vogliamo dire tutta è anche mancato un Sonic dedicato!

In ogni caso, sono anni caratterizzati da una corsa all’ultima tecnologia, anni che hanno visto una lotta epica che nel corso di due generazioni, la quarta e la quinta generazione di console, si sono sfidati le due più grandi mascotte videoludiche mai create: Mario e Sonic. Oggi sappiamo che SEGA fu il grande sconfitto di questa guerra che si combatté a cavallo di due decenni, ma la scontro portò anche un nuovo competitor, sempre giapponese, capace di trarre il massimo profitto per tanti anni a divenire.

Questa corsa alla tecnologia portò infatti sulla scena mondiale Sony e la sua PlayStation, anche se l’arrivo dell’ennesima console domestica giapponese fu quantomeno controverso. Il cosiddetto “scandalo” tra Sony e Nintendo nei primi anni 90 fu una storia di collaborazione finita male, che ebbe un impatto enorme sull’industria dei videogiochi.

SNES CD: lo scandalo che cambiò la storia

Nel 1991, durante il Consumer Electronics Show a Chicago, Sony annunciò che stava lavorando con Nintendo per creare una versione del Super NES con un lettore CD integrato, progetto provvisoriamente intitolato “Nintendo PlayStation”.

Tuttavia, dietro le quinte, la situazione era tesa. Nintendo era diventata sempre più nervosa riguardo alle intenzioni di Sony, temendo che volesse utilizzare il progetto per entrare nel mercato dei videogiochi. Le sensazioni furono corrette: il giorno dopo l’annuncio di Sony, Nintendo rivelò di aver abbandonato la joint venture per lavorare con il suo rivale olandese Philips. Probabilmente la volontà di Nintendo era quella di spingere Sony fuori dal mercato videoludico il prima possibile, ma come sappiamo, il piano fallì miseramente.

La risposta di Sony fu immediata: il colosso nipponico creò Sony Computer Entertainment. La conseguenza più nota prende invece il nome della console domestica più famosa di sempre, quella che i genitori tiravano in ballo come sinonimo di console, anche quando giocavamo con un dispositivo Nintendo o Xbox. Nasceva Sony PlayStation.

Storia dei videogiochi anni 90: Playstation 1
Categorie
Società

Crisi dell’industria dei videogiochi 2024: cause e conseguenze

L’industria videoludica vive di grandi picchi, positivi e negativi, sin dai suoi albori. Il grande entusiasmo per l’arrivo di una nuova IP o una nuova tecnologia è spesso seguito da una profonda crisi che porta aziende a fallire oppure a essere molto vicini dal farlo, indipendentemente dalla loro importanza nel settore del gaming. La ciclicità di queste eventi si è ripetuta anche in questi anni venti del 2000. Subito dopo il “pandemico” boom del 2020, l’industria dei videogiochi ha sofferto e sta affrontando un’importante contrazione, una vera e propria crisi economica, ma soprattutto d’identità, che ha già reso disoccupati migliaia di persone.

Tra il 2023 e il 2024, l’industria dei videogiochi ha diminuito il proprio personale di circa 18.000 persone, di cui ben otto mila solo nel periodo gennaio e marzo 2024. I tagli, oltre all’ovvia perdita di lavoro per migliaia di dipendenti, hanno causato anche la cancellazione di diversi giochi e la dipartita di alcuni studi di sviluppo sia nel Nord America che in Europa (emblematico i casi di Ridgeline Games e Deviation Games, falliti dopo pochissimo tempo). Secondo alcuni studi, le proiezioni di decrescita del settore variano da un ottimistico 2% fino a più temibile 10% in meno.

In questo articolo vogliamo analizzare le cause della crisi del settore dei videogiochi di questi anni, che non si limitano a un singolo evento ma sono invece un agglomerato di fattori che hanno cominciato a scatenarsi a partire dalla pandemia da COVID-19 che ha drogato un mercato immaturo e impreparato a gestire le conseguenze di ingenti e folli investimenti.

I costi spropositati dei giochi AAA

Si dice che GTA 6 abbia un budget di 2 miliardi di dollari

I videogiocatori accolgono sempre con grande entusiasmo le notizie in cui si parla di titoli con costi esorbitanti. Per esempio, ci sono rumor che sostengono che Grand Theft Auto VI abbia un budget di 2 miliardi di dollari. Se così fosse perl, le conseguenze di questa scelta potrebbero essere nefaste per tutto il settore.

La causa di maggior rilievo, in quanto vera e propria novità della crisi dell’industria dei videogiochi attuale, riguarda gli elevati costi dei giochi Tripla A. I pochi grandi publisher hanno cercato di imporsi nel mercato videoludico proponendo titoli con una grafica travolgente arricchita di cinematic, e attori hollywoodiani, che contribuiscono in maniera significativa al costo di creazione di un videogioco. Tra gli effetti negativi di queste opere è l’impossibilità, a causa della contrazione economica mondiale del 2024, di poter iniziare nuovi progetti con la facilità con cui avveniva prima. Inoltre, limitare le proprie IP rende le software house dipendenti dal successo di un singolo titolo e allo stesso tempo favorisce la riduzione del personale, che quando non lavora al titolo principale, può essere tranquillamento lasciato a casa.

Per questo motivo Embracer Group ha annunciato la cancellazione di 29 titoli, tra cui anche quelli di Eidos Montréal, che ha licenziato 97 persone e cancellato il nuovo capitolo di Deus Ex, in sviluppo da due anni. Allo stesso modo, Riot Games ha licenziato 530 persone, riducendo la sua forza lavoro dell’11%.

Esuberi e fine del lockdown

Come abbiamo già detto, la crisi dei videogiochi del 2023 e 2024 è figlia del lockdown da COVID-19. In particolare, anche se in una forma più importante, il post-pandemia ha seguito quanto avevamo già visto con l’uscita dell’ultimo Animal Crossing: nel 2020 ci ha giocato chiunque, ma nel giro di un anno tutto è tornato alla normalità. Oggi, nel 2024, le nicchie giocano ai propri videogiochi.

Secondo IDC, nel 2020 le entrate dei giochi per dispositivi mobili sono aumentate del 32,8%, raggiungendo i 99,9 miliardi di dollari. Anche la spesa per i giochi per console domestiche è aumentata in modo significativo, raggiungendo i 42,9 miliardi di dollari, con un incremento del 33,9%. Negli anni successivi, questo modello di crescita si è bruscamente interrotto. I ricavi dei videogiochi per dispositivi mobili è scesa del 15% nel 2021, per poi diminuire ulteriormente nel 2022 e nel 2023 di circa il 3% ogni anno. In altre parole dopo, l’impennata del 2020, la spesa per i giochi si è stabilizzata nel 2021, è calata del 3,4% nel 2022, ed è tornata a crescere del 5,9% solo nel fantastico 2023.

Tutto questo ha portato inizialmente a un boom delle assunzioni nel periodo del lockdown, anno in cui le grandi aziende hanno cominciato a credere di poter mantenere profitti su standard lontani dall’ordinario per poi licenziare in massa quando i costi non hanno più permesso di credere in questo enorme e ingestibile sogno.

La mortale noia dei Live Service e Mobile Game

Destini 2
Bungie è in crisi così come Destiny 2

Alcuni publisher come Sony e Warner Bros. Games hanno ben pensato di ridurre i costi buttandosi nei giochi con un alto tasso di monetizzazione come i giochi per smartphone e GaaS (Game as a Service). Purtroppo, il mercato dei casual gamer non è bastato a mantenere in vita buona parte dei Live Service, tanto che alcuni GaaS lanciati nel 2023 hanno già chiuso i battenti, come ben sanno Epic Games e Bungie.

I problemi di fondo di questo genere di titoli sono due: il primo è l’esistenza di un vero e proprio monopolio nei GaaS, dove pochissimi arraffano i profitti di tutti gli altri. I Game Live Service sono un mercato giovane ma che è in realtà già saturo; infatti, i GaaS tendono ad assuefare il gamer che non è invogliato a provare tante opere, ma semplicemente sempre los tesso; il secondo problema è invece la mancanza di innovazione, cioè una vera e propria stagnazioni dell’inventiva e della novità, che porta il gamer a scegliere tra giochi fin troppo simili e, semplicemente, troppo noiosi per poter essere una forma di intrattenimento soddisfacente, soprattuta se paragonata a settori più maturi come quello del cinema, delle serie TV, dei fumetti e dei libri.

Fusioni e Acquisizioni

“È un’industria che non è cresciuta. E cosa succede quando un settore non cresce? Si finisce per eliminare alcuni posti di lavoro, come è successo a noi”. La dichiarazione di Phil Spencer, CEO di Microsoft Gaming, chiude il cerchio. Se l’industria dei videogiochi non cresce e quindi non genera nuovi profitti, l’unico modo per mantenere un bilancio positivo risiede nell’abbattere i costi. Se i Tripla A devono essere costosi e i piccoli sviluppatori indie non hanno più spazio, l’unico modo per farlo sta nel licenziare la forza lavoro. Di conseguenza, c’è chi chiude, chi cancella i propri titoli e c’è chi si fonde o acquisisce aziende per ridurre il personale due aziende coinvolte.

Non a caso sono ben 1900 i dipendenti licenziati da Microsoft a gennaio 2024, cioè subito dopo la conferma sull’acquisizione di Activision Blizzard.

Grafico di PC Gamer sulla crisi dell’industria dei videogiochi

Conclusione

Il boom del 2020 del settore videoludico è stato un magnifico sogno a cui hanno creduto investitori ed ex-dipendenti che hanno scelto il mercato dei videogiochi per continuare la propria carriera. Una volta conclusa la pandemia però si è tornato con i piedi per terra e ci si è resi conto che l’industria non sta vivendo una vera e propria crescita, tale da poter mantenere costi così elevati.

Questo sogno, figlio di scelte di business aggressive e miopi (si veda Embracer Group), è costato il lavoro a tanti professionisti, e come mostrato in un grafico da PC Gamer, ha impattato ben 16.000 persone. Un risultato che dimostra non solo le difficoltà da parte dei videogiochi di affermarsi come una forma di intrattenimento stabile al pari di cinema e libri, ma soprattutto che questa transizione, che dovrebbe essere portata avanti dai grandi dell’industria, è nelle mani di pochi attori estremamenti immaturi e incapaci di gestire e valorizzare quello che realmente è il videogioco: una forma d’arte.