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Astro Bot – Recensione

Sono passati ormai 4 anni dall’uscita di Astro’s Playroom, platform 3d con protagonista il simpatico robottino Astro. Nella sua semplicità, Playroom riuscì a conquistare i cuori dei videogiocatori grazie all’enorme divertimento che sapeva offrire e all’amore mostrato dagli sviluppatori per Playstation. Dopo un divertente spin-of in VR, a quattro anni dall’uscita del primo titolo su PS5, ecco finalmente arrivare Astro Bot.

Se Playroom voleva essere più che altro una dimostrazione delle capacità di PS5, Astro Bot si è presentato fin dai primi trailer come un vero e proprio titolo tripla A, in grado di rivaleggiare con tutti i più importanti giochi del parco titolo di PS5.

Dopo aver provato a fondo il gioco, siamo pronti a condividere con voi le nostre impressioni sul nuovo platform Sony. Si tratta davvero di un capolavoro annunciato? Scopriamolo in questa recensione di Astro Bot in esclusiva per PlayStation 5.

Incidenti spaziali

Le premesse di Astro Bot non potrebbero essere più semplici. Durante un tour spaziale l’astronave che ospita astro e i suoi amici bot (una PS5 gigantesca) si scontra per errore con un gigantesco alieno. L’impatto causa lo schianto della nave su un pianeta deserto e la dispersione dei piccoli amici di Astro.

Fortunatamente, il nostro robottino riesce a rimettere in funzione il Dual Speeder, una piccola navetta spaziale simile al Dual Sense. Grazie al nuovo mezzo di trasporto, Astro inizia ad esplorare i pianeti limitrofi, in cerca dei suoi amici sperduti e delle parti necessarie a riparare la sua astronave. Una trama davvero semplice ed essenziale dunque, che tuttavia funge da pretesto perfetto per l’incredibile viaggio che attende il nostro Astro.

Più grande, più bello

Astro Bot si snoda su ben 80 livelli. In ognuno di essi, compito del giocatore è recuperare i bot disseminati all’interno dello scenario. I livelli sono raggruppati in 6 galassie e 50 pianeti. Dunque, se la struttura di gioco ricorda da vicino Playroom, il numero di aree esplorabili è stato molto aumentato.

Oltre ai bot da scovare, ogni livello contiene alcuni pezzi di puzzle, utili a sbloccare le varie funzioni del pianeta su cui è arenata l’astronave. Tra di esse ricordiamo un deposito gacha per raccogliere oggetti e abbellimenti vari per i nostri bot e una sorta di officina per personalizzare il nostro speeder. Inoltre, ogni volta che torniamo al pianeta “base” troviamo ad attenderci tutti i bot liberati nel corso del gioco. Grazie al loro aiuto possono essere sbloccate ulteriori aree del pianeta, che nascondono al loro interno altri segreti.

Una delle sei galassie a cui accennavamo è in realtà un livello “bonus”. Per sbloccare i pianeti al suo interno è necessario scovare alcuni vortici dimensionali nascosti nei livelli. Si tratta di solito di nascondigli molto ben pensati, dunque i giocatori devono prestare davvero grande attenzione se desiderano scovarli tutti.

Divertimento puro

Dopo aver esaminato trama e struttura di Astro Bot, andiamo ad analizzare il gameplay. Come già accennato, Astro Bot è sostanzialmente un platform 3d. Compito del giocatore è guidare Astro attraverso i vari livelli, evitando gli ostacoli e sconfiggendo i vari nemici.

Come accadeva in Playroom, i comandi di Astro sono davvero semplici. Il nostro robottino può infatti correre, saltare, prendere a pugni i nemici e levitare per brevi tratti grazie ai suoi jet. Mantenendo premuto il tasto quadrato, Astro si esibirà in un attacco rotante, utile sia a sconfiggere i nemici che a interagire con determinati elementi dello stage.

Nel corso ddei livelli, però, Astro ha la possibilità di sbloccare una serie di potenziamenti, nascosti in speciali forzieri. Questi bonus donano ad Astro una serie di abilità sempre nuove, che spesso sono pensate per sfruttare al meglio le possibilità offerte dal Dual Sense. Abbiamo, per esempio, un simpatico cane-bot, che permette ad Astro di scagliarsi con forza in avanti a mo’ di razzo, superando determinati ostacoli. Oppure una coppia di bracciali serpente, che regalano al nostro bot dei pugni allungabili, utili sia per abbattere i nemici che per aggrapparsi e dondolare su determinati ostacoli.

La varietà e l’originalità di questi potenziamenti è davvero incredibile e rende l’esperienza di Astro Bot sempre varia e coinvolgente, evitando la sensazione di monotonia che talvolta affligge giochi del genere. Ci sono potenziamenti in grado addirittura di rallentare lo scorrere del tempo o di variare le dimensioni di Astro. Meccaniche di questo tipo, come si intuisce, vanno ad influire sul design dei livelli stessi, regalando situazioni sempre originali e coinvolgenti.

Nel corso dell’avventura, la qualità dei controlli si mantiene sempre altissima. Astro risponde ai comandi in modo pressoché perfetto, senza alcun tipo di rallentamento o di mancata risposta agli input. Affrontare i livelli di Astro Bot è stata sempre un’esperienza piacevole e divertente e non ci è mai capitato di sentirci frustrati o annoiati dalle situazioni via via proposte.

Anche il livello di difficoltà è ben bilanciato. Se terminare l’avventura principale non si rivelerà uno sforzo troppo grande, il discorso cambia totalmente coi livelli segreti. In questi livelli, in particolare quelli contrassegnati dai quattro simboli di Playstation, la difficoltà si alza vertiginosamente, con sfide in grado di mettere alla prova anche i giocatori più esperti. A complicare le cose, c’è il fatto che questi stages vanno completati tutti d’un fiato, vista l’assenza di qualunque tipo di checkpoint. Dunque, anche sotto questo aspetto, Astro Bot è in grado di accontentare davvero tutti, dai bambini alle prime esperienze di gioco fino ai giocatori più hardcore.

Varietà e citazionismo

Astro Bot coglie ogni occasione per sfruttare al massimo tutte le caratteristiche del nostro joypad. All’inizio di ogni livello, ad esempio, vi sono piccole sessioni di volo a bordo dello speeder. In queste sequenze il gioco sfrutta il sensore di movimento per permettere al giocatore di sterzare semplicemente inclinando il Dual Sense. Non mancano poi all’interno dei livelli enigmi che richiedono l’utilizzo di ogni elemento del controller, dal microfono (utilizzato per soffiare) fino all’uso calibrato dei grilletti e touch pad.

Altra caratteristica regina del gioco è il citazionismo. Molti dei bot che salviamo, infatti, sono palesemente ispirati a famosi personaggi del mondo Playstation. Per fare qualche esempio, tra i giochi citati abbiamo Metal Gear Solid, The Last of Us, God of War, Ico e tantissimi altri. Ma Astro Bot va oltre.

Come già detto, ogni galassia è formata da una serie di pianeti, che costituiscono i livelli del gioco. Una volta superati e raccolto il necessario numero di Bot, viene sbloccato lo scontro con i giganteschi boss a capo di ogni galassia. Si tratta di battaglie davvero spassose e coinvolgenti, in cui il giocatore deve scoprire i punti deboli del nemico facendo al contempo attenzione alle sue offensive. Non si tratta di scontri particolarmente difficili, ma certamente si rivelano estremamente divertenti.

Sconfitto il Boss, ogni galassia regalerà un livello bonus, all’interno del quale Astro assumerà momentaneamente l’aspetto e le abilità di alcuni dei Bot salvati, a loro volta ispirati a famosi personaggi del mondo Playstation. Per esempio, nel livello dedicato a Nathan Drake, il nostro Astro riceverà in dotazione una pistola, grazie alla quale potrà effettuare sei rapidi attacchi a distanza prima di ricaricare. Nel livello di Ape Escape, invece, Astro verrà munito di rete e radar e dovrà dedicarsi alla caccia delle odiose scimmie-bot.

Questi livelli sono un vero e proprio fiore all’occhiello per ogni fan della cara vecchia Console Sony. Oltre a regalare ulteriore varietà e divertimento, infatti, per molti giocatori rappresentano un vero e proprio viaggio lungo il viale dei ricordi. Siamo certi che questi stages sapranno regalare emozioni molto forti, soprattutto ai fan di vecchia data.

Una piccola meraviglia

Astro Bot

Anche per quanto riguarda il comparto tecnico, Astro Bot è una piccola perla. La grafica del gioco è pulitissima, luminosa e spettacolare. Ogni livello è caratterizzato alla perfezione e presenta una fisica ed una struttura interna sempre profondamente coerenti. Ogni più piccola parte degli stages è ricchissima di dettagli, tutti estremamente chiari e ben definiti.

Il gioco inoltre mantiene costantemente i 60 fps, con una fluidità e scorrevolezza davvero invidiabili. Accompagnare Astro nel suo viaggio è un’esperienza visivamente davvero appagante, oltre che divertentissima. Anche il sonoro, pur senza presentare tracce troppo memorabili, è davvero piacevole ed azzeccato. Le varie musiche si abbinano sempre perfettamente ai livelli e fungono da perfetto accompagnamento.

Breve ma intenso

Astro Bot

Chiariamolo subito: Astro Bot non è un gioco particolarmente longevo. terminare l’avventura principale porta via tra le dodici e le quindici ore, mentre la raccolta di tutti i collezionabili aggiungerà solo una manciata di ore al tempo di gioco.

Tuttavia, questo non è necessariamente un difetto. L’esperienza di Astro Bot è stata pensata proprio per essere fruita in questa maniera, ovvero come un viaggio semplice, scanzonato e divertente, che può essere apprezzato da giocatori di ogni età. Di conseguenza, anche la sua longevità resta perfettamente coerente col tipo di esperienza proposta.

I livelli scorrono velocemente e solo una volta ci è capitato di dover tornare sui nostri passi per raggiungere il numero di bot necessario allo sblocco di un nuovo livello. Astro Bot anche in questo caso giunge in nostro aiuto, permettendo di sbloccare, all’interno dei livelli già visitati, una sorta di volatile robot che ci indirizza verso i segreti ancora nascosti nel livello.

Astro Bot dunque sembra un gioco pensato per un’esperienza breve ma molto divertente ed intensa. Tuttavia, Sony ha precisato da subito che l’universo del gioco sarà in costante espansione. In recenti interviste, infatti, è già stato annunciato l’arrivo di un nutrito numero di contenuti scaricabili (vedi qui per la news). Anche sotto questo aspetto, dunque, Astro Bot si rivela all’altezza delle aspettative.

Conclusione

Astro Bot è davvero un gioco meraviglioso. Un platform bello da vedere, divertente ed appagante da giocare e ricchissimo di segreti e chicche da scovare. Il sistema di controllo sfrutta perfettamente il Dual Sense e riesce sempre a proporre situazioni nuove e coinvolgenti. Impreziosiscono l’esperienza la splendida grafica, la strepitosa fluidità di gioco e la presenza di numerose citazioni alla storia della Playstation. La longevità del gioco non è elevatissima, ma ciò non va in nessun modo a penalizzare la bellezza dell’esperienza. Consigliatissimo a tutti i possessori di PS5.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5
  • Data uscita: 6/09/2024
  • Prezzo: 69,90 €

Ho giocato ad Astrobot dopo averlo acquistato pochi giorni dopo l’uscita.

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Editoriali

Storia dei videogiochi anni 90: dalla console war alla scandalo PlayStation

Il decennio degli anni 90, per la storia dei videogiochi, è stato foriero di novità e di eventi epocali che hanno spostato l’utenza videoludica, gradualmente dalle sale giochi ai divani di casa. Gli eventi che hanno reso i videogiochi celebri durante gli anni 90 sono così tanti che abbiamo deciso di dividere questo periodo in due parti: il primo, di cui parleremo in questo approfondimento, inizia con la prima vera console war tra Nintendo e SEGA, passa per il boom delle console portatili e culmina con il controverso arrivo di Sony PlayStation sul mercato. Ovviamente senza mai dimenticare gli home e personal computer.

Home Entertainment

Negli anni 90, i costi più contenuti di TV, console e PC hanno reso il prodotto videogioco maggiormente fruibile ad una grande massa di persone, adulti compresi, seminando i germogli di ciò che saranno i family games, cioè i giochi per tutta la famiglia da condividere assieme, grandi e piccini. Agli inizi del decennio, dal lato home PC spopolavano macchine nate negli anni 80 che avevano raggiunto il pieno della loro maturità come Commodore 64 ed Amiga (normalmente nella versione 500) molto apprezzate sotto il punto di vista del gaming.

Parlando di opere videoludiche, non basterebbe un’enciclopedia intera per elencarli tutti dato gli oltre 7000 titoli conosciuti per la piccolina di casa Commodore. Possiamo però ricordare trai i tanti giochi di altissimo valore, alcune pietre miliari dell’industria. Per Commodere 64: Defender of the Crown, Lemmings, Sensible Soccer, Civilization; per Amiga 500: Another World, Turrican II, Cannon Fodder, The Secret of Monkey Island, Monkey Island 2 : LeChuck’s revenge, Wings of Fury, Raimbow Island, The Settlers, Populous e diverse trasposizioni migliorate e rivedute provenienti da altre piattaforme.

Console War: SEGA vs Nintendo

Il mercato console non restò certo a guardare. Proprio agli inizi del decennio, SEGA e Nintendo, che erano le regine indiscusse del mercato rispettivamente con SEGA Mega Drive, soprattutto in Nord America ed Europa, e Nintendo Entertainment System (NES) nella parte orientale del globo, cominciarono ad affacciarsi su un nuovo mercato, quello delle console portatili. La corsa all’oro portò Nintendo e SEGA a scontrarsi rispettivamente con Game Boy e Game Gear. La sfida, che abbiamo anche approfondito nel nostro articolo sulla storia del Game Boy, ha visto contrapporsi due idee nettamente diverse: l’accessibilità a basso costo di Nintendo contro la dispendiosa, soprattutto in termini di durabilità, qualità scelta da SEGA.

Storia dei videogiochi anni 90: Console Wars

Game Boy vs Game Gear

Il Game Boy aveva il preciso di compito di funzionare con solamente quattro batterie; per farlo, gli ingegneri di Nintendo hanno lavorato su una console minimale: un processore Sharp settato a 4,19 Mhz; uno schermo integrato a cristalli liquidi con una risoluzione di 160×144 pixel monocromatico; un audio dotato di un solo altoparlante. La console portatile di Nintendo fu uno dei successi più grandi della storia dei videogiochi vendendo oltre 118 milioni di unità in tutto il mondo, diventando fenomeno di costume (celebre fu la foto dell’allora First Lady Hillary Clinton con un Game Boy in aereo)

I giochi per tale piattaforma si sprecarono, uno su tutti, Tetris che vendette ben 35 milioni di copie, diventando, di fatto, la vera e propria killer application del neonato di casa Nintendo.

Game Gear invece fu lanciato in Giappone nel 1990 e successivamente in Nord America ed Europa nel 91. La portatile di SEGA si presentava come un dispositivo di dimensioni più importanti del Game Boy. Il Game Gear si sviluppava in orizzontale invece che in verticale come la sua controparte Nintendo allo scopo di emulare il controller del SEGA Genesis così da essere più comodo da impugnare.

Il dispositivo SEGA era di gran lunga più all’avanguardia rispetto al suo competitor: aveva uno schermo retroilluminato da 3,2 pollici che mostrava fino a 32 colori simultaneamente tra una lista di 4096; il processore era uno Zilog Z80 da 8 bit e 3,5 Mhz ed era dotato di ben 16 Kb di RAM video. Infine, la funzionalità più eclatante era il Tv Tuner, un dispositivo che si agganciava al Game Gear rendendolo una TV portatile.

I presupposti vi erano tutti per un successo clamoroso del Game Gear, ma nonostante la superiorità tecnologica, i numeri non furono mai positivi, vendendo nella sua vita produttiva circa un decimo di quello che aveva venduto il Game Boy e costringendo SEGA ad abbandonare molto presto il supporto, concentrando i suoi sforzi, a quel punto, sulle console domestiche.

Console War domestica

In voga nei primi anni 90, sempre nel vortice della “battaglia” SEGA-Nintendo, il SEGA Megadrive ed il SEGA Saturn si contrapponevano al Super Nintendo prima e Nintendo 64 dopo.

Sega Saturn ed Nintedo 64 furuno le due delle console più potenti prima dell’avvento di Sony. Erano dotate di un proprio parco giochi ben definito, con esclusive che rendevano allettanti le console. I numeri ovviamente non hanno storia, con Nintendo sempre avanti in termini di vendite, quasi 33 milioni di acquirenti contro gli scarsi 10 milioni del Sega Saturn.

Questa differenza di numeri ha portato certamente anche ad una ripercussione sul parco giochi delle due console. Nintendo 64 ha sfornato titoli di altissimo livello come: Super Mario 64The Legend of Zelda Ocarina of Time. E ancora Banjo-Kazooie, Golden Eye 007 e Super Smash Bros. Titoli first-party solidissimi, di produzione interna ma anche altri, vere e proprie pietre miliari, e penso a WWF Wrestlemania, Marble Madness, Battletoads, grazie anche a Rare, collaboratrice sin dagli albori della Nintendo. Una collaborazione così proficua tanto che Nintendo approvò che Rare lavorasse allo sviluppo di Donkey Kong!

Storia dei videogiochi anni 90: Zelda Ocarina of Time

Per il SEGA Saturn invece, considerando anche le poche vendite, il parco titoli non è mai stato all’altezza, non riuscendo a decollare e restando, alla fine, nell’ambito dei confini nazionali giapponesi perlopiù. E se la vogliamo dire tutta è anche mancato un Sonic dedicato!

In ogni caso, sono anni caratterizzati da una corsa all’ultima tecnologia, anni che hanno visto una lotta epica che nel corso di due generazioni, la quarta e la quinta generazione di console, si sono sfidati le due più grandi mascotte videoludiche mai create: Mario e Sonic. Oggi sappiamo che SEGA fu il grande sconfitto di questa guerra che si combatté a cavallo di due decenni, ma la scontro portò anche un nuovo competitor, sempre giapponese, capace di trarre il massimo profitto per tanti anni a divenire.

Questa corsa alla tecnologia portò infatti sulla scena mondiale Sony e la sua PlayStation, anche se l’arrivo dell’ennesima console domestica giapponese fu quantomeno controverso. Il cosiddetto “scandalo” tra Sony e Nintendo nei primi anni 90 fu una storia di collaborazione finita male, che ebbe un impatto enorme sull’industria dei videogiochi.

SNES CD: lo scandalo che cambiò la storia

Nel 1991, durante il Consumer Electronics Show a Chicago, Sony annunciò che stava lavorando con Nintendo per creare una versione del Super NES con un lettore CD integrato, progetto provvisoriamente intitolato “Nintendo PlayStation”.

Tuttavia, dietro le quinte, la situazione era tesa. Nintendo era diventata sempre più nervosa riguardo alle intenzioni di Sony, temendo che volesse utilizzare il progetto per entrare nel mercato dei videogiochi. Le sensazioni furono corrette: il giorno dopo l’annuncio di Sony, Nintendo rivelò di aver abbandonato la joint venture per lavorare con il suo rivale olandese Philips. Probabilmente la volontà di Nintendo era quella di spingere Sony fuori dal mercato videoludico il prima possibile, ma come sappiamo, il piano fallì miseramente.

La risposta di Sony fu immediata: il colosso nipponico creò Sony Computer Entertainment. La conseguenza più nota prende invece il nome della console domestica più famosa di sempre, quella che i genitori tiravano in ballo come sinonimo di console, anche quando giocavamo con un dispositivo Nintendo o Xbox. Nasceva Sony PlayStation.

Storia dei videogiochi anni 90: Playstation 1
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Società

Crisi dell’industria dei videogiochi 2024: cause e conseguenze

L’industria videoludica vive di grandi picchi, positivi e negativi, sin dai suoi albori. Il grande entusiasmo per l’arrivo di una nuova IP o una nuova tecnologia è spesso seguito da una profonda crisi che porta aziende a fallire oppure a essere molto vicini dal farlo, indipendentemente dalla loro importanza nel settore del gaming. La ciclicità di queste eventi si è ripetuta anche in questi anni venti del 2000. Subito dopo il “pandemico” boom del 2020, l’industria dei videogiochi ha sofferto e sta affrontando un’importante contrazione, una vera e propria crisi economica, ma soprattutto d’identità, che ha già reso disoccupati migliaia di persone.

Tra il 2023 e il 2024, l’industria dei videogiochi ha diminuito il proprio personale di circa 18.000 persone, di cui ben otto mila solo nel periodo gennaio e marzo 2024. I tagli, oltre all’ovvia perdita di lavoro per migliaia di dipendenti, hanno causato anche la cancellazione di diversi giochi e la dipartita di alcuni studi di sviluppo sia nel Nord America che in Europa (emblematico i casi di Ridgeline Games e Deviation Games, falliti dopo pochissimo tempo). Secondo alcuni studi, le proiezioni di decrescita del settore variano da un ottimistico 2% fino a più temibile 10% in meno.

In questo articolo vogliamo analizzare le cause della crisi del settore dei videogiochi di questi anni, che non si limitano a un singolo evento ma sono invece un agglomerato di fattori che hanno cominciato a scatenarsi a partire dalla pandemia da COVID-19 che ha drogato un mercato immaturo e impreparato a gestire le conseguenze di ingenti e folli investimenti.

I costi spropositati dei giochi AAA

Si dice che GTA 6 abbia un budget di 2 miliardi di dollari

I videogiocatori accolgono sempre con grande entusiasmo le notizie in cui si parla di titoli con costi esorbitanti. Per esempio, ci sono rumor che sostengono che Grand Theft Auto VI abbia un budget di 2 miliardi di dollari. Se così fosse perl, le conseguenze di questa scelta potrebbero essere nefaste per tutto il settore.

La causa di maggior rilievo, in quanto vera e propria novità della crisi dell’industria dei videogiochi attuale, riguarda gli elevati costi dei giochi Tripla A. I pochi grandi publisher hanno cercato di imporsi nel mercato videoludico proponendo titoli con una grafica travolgente arricchita di cinematic, e attori hollywoodiani, che contribuiscono in maniera significativa al costo di creazione di un videogioco. Tra gli effetti negativi di queste opere è l’impossibilità, a causa della contrazione economica mondiale del 2024, di poter iniziare nuovi progetti con la facilità con cui avveniva prima. Inoltre, limitare le proprie IP rende le software house dipendenti dal successo di un singolo titolo e allo stesso tempo favorisce la riduzione del personale, che quando non lavora al titolo principale, può essere tranquillamento lasciato a casa.

Per questo motivo Embracer Group ha annunciato la cancellazione di 29 titoli, tra cui anche quelli di Eidos Montréal, che ha licenziato 97 persone e cancellato il nuovo capitolo di Deus Ex, in sviluppo da due anni. Allo stesso modo, Riot Games ha licenziato 530 persone, riducendo la sua forza lavoro dell’11%.

Esuberi e fine del lockdown

Come abbiamo già detto, la crisi dei videogiochi del 2023 e 2024 è figlia del lockdown da COVID-19. In particolare, anche se in una forma più importante, il post-pandemia ha seguito quanto avevamo già visto con l’uscita dell’ultimo Animal Crossing: nel 2020 ci ha giocato chiunque, ma nel giro di un anno tutto è tornato alla normalità. Oggi, nel 2024, le nicchie giocano ai propri videogiochi.

Secondo IDC, nel 2020 le entrate dei giochi per dispositivi mobili sono aumentate del 32,8%, raggiungendo i 99,9 miliardi di dollari. Anche la spesa per i giochi per console domestiche è aumentata in modo significativo, raggiungendo i 42,9 miliardi di dollari, con un incremento del 33,9%. Negli anni successivi, questo modello di crescita si è bruscamente interrotto. I ricavi dei videogiochi per dispositivi mobili è scesa del 15% nel 2021, per poi diminuire ulteriormente nel 2022 e nel 2023 di circa il 3% ogni anno. In altre parole dopo, l’impennata del 2020, la spesa per i giochi si è stabilizzata nel 2021, è calata del 3,4% nel 2022, ed è tornata a crescere del 5,9% solo nel fantastico 2023.

Tutto questo ha portato inizialmente a un boom delle assunzioni nel periodo del lockdown, anno in cui le grandi aziende hanno cominciato a credere di poter mantenere profitti su standard lontani dall’ordinario per poi licenziare in massa quando i costi non hanno più permesso di credere in questo enorme e ingestibile sogno.

La mortale noia dei Live Service e Mobile Game

Destini 2
Bungie è in crisi così come Destiny 2

Alcuni publisher come Sony e Warner Bros. Games hanno ben pensato di ridurre i costi buttandosi nei giochi con un alto tasso di monetizzazione come i giochi per smartphone e GaaS (Game as a Service). Purtroppo, il mercato dei casual gamer non è bastato a mantenere in vita buona parte dei Live Service, tanto che alcuni GaaS lanciati nel 2023 hanno già chiuso i battenti, come ben sanno Epic Games e Bungie.

I problemi di fondo di questo genere di titoli sono due: il primo è l’esistenza di un vero e proprio monopolio nei GaaS, dove pochissimi arraffano i profitti di tutti gli altri. I Game Live Service sono un mercato giovane ma che è in realtà già saturo; infatti, i GaaS tendono ad assuefare il gamer che non è invogliato a provare tante opere, ma semplicemente sempre los tesso; il secondo problema è invece la mancanza di innovazione, cioè una vera e propria stagnazioni dell’inventiva e della novità, che porta il gamer a scegliere tra giochi fin troppo simili e, semplicemente, troppo noiosi per poter essere una forma di intrattenimento soddisfacente, soprattuta se paragonata a settori più maturi come quello del cinema, delle serie TV, dei fumetti e dei libri.

Fusioni e Acquisizioni

“È un’industria che non è cresciuta. E cosa succede quando un settore non cresce? Si finisce per eliminare alcuni posti di lavoro, come è successo a noi”. La dichiarazione di Phil Spencer, CEO di Microsoft Gaming, chiude il cerchio. Se l’industria dei videogiochi non cresce e quindi non genera nuovi profitti, l’unico modo per mantenere un bilancio positivo risiede nell’abbattere i costi. Se i Tripla A devono essere costosi e i piccoli sviluppatori indie non hanno più spazio, l’unico modo per farlo sta nel licenziare la forza lavoro. Di conseguenza, c’è chi chiude, chi cancella i propri titoli e c’è chi si fonde o acquisisce aziende per ridurre il personale due aziende coinvolte.

Non a caso sono ben 1900 i dipendenti licenziati da Microsoft a gennaio 2024, cioè subito dopo la conferma sull’acquisizione di Activision Blizzard.

Grafico di PC Gamer sulla crisi dell’industria dei videogiochi

Conclusione

Il boom del 2020 del settore videoludico è stato un magnifico sogno a cui hanno creduto investitori ed ex-dipendenti che hanno scelto il mercato dei videogiochi per continuare la propria carriera. Una volta conclusa la pandemia però si è tornato con i piedi per terra e ci si è resi conto che l’industria non sta vivendo una vera e propria crescita, tale da poter mantenere costi così elevati.

Questo sogno, figlio di scelte di business aggressive e miopi (si veda Embracer Group), è costato il lavoro a tanti professionisti, e come mostrato in un grafico da PC Gamer, ha impattato ben 16.000 persone. Un risultato che dimostra non solo le difficoltà da parte dei videogiochi di affermarsi come una forma di intrattenimento stabile al pari di cinema e libri, ma soprattutto che questa transizione, che dovrebbe essere portata avanti dai grandi dell’industria, è nelle mani di pochi attori estremamenti immaturi e incapaci di gestire e valorizzare quello che realmente è il videogioco: una forma d’arte.