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Fatal Fury: la storia della saga

Parlando del genere picchiaduro, i primi titoli a balzare alla mente dei videogiocatori sono certamente Tekken e Street Fighter. Tuttavia, per tutto il corso degli anni 90 e per parte del decennio successivo, la giapponese SNK è stata senz’altro una delle eccellenze assolute nell’ambito dei giochi di lotta. Fatal Fury, assieme a The King of Fighters, è stata certamente la saga di maggior successo della casa di Osaka.

Col passare degli anni, la saga ha purtroppo perso gran parte della sua popolarità. Nel corso della sua storia, tuttavia, Fatal Fury ha raggiunto livelli di successo notevoli, soprattutto in Giappone. Qui alla saga vennero dedicati manga, numerosissimi gadget e persino dei film di animazione.

Recentemente, dopo una lunghissima attesa, Fatal Fury è tornato a far parlare di se. A fine mese infatti è prevista l’uscita di City of Wolves, ultima incarnazione del franchise. In attesa di scoprire se il gioco avrà le carte in regola per riportare in auge la saga, ripercorriamo insieme le tappe più importanti della nascita e dell’evoluzione di Fatal Fury. Pronti al ritorno dei lupi?

Le origini di Fatal Fury

Fatal Fury

Il primo Fatal Fury apparve nelle sale giochi giapponesi il 21 novembre 1991, col titolo completo di Garō densetsu – Shukumei no tatakai, ovvero “La leggenda del lupo affamato – La battaglia del destino”, che giunse in occidente col titolo Fatal Fury: The King of Fighters.

La trama del gioco vede i due fratelli Terry ed Andy Bogard, spalleggiati dall’amico Joe Higashi, intraprendere un lungo viaggio per vendicarsi del signore del crimine esperto di arti marziali Geese Howard, colpevole dell’omicidio del padre dei due fratelli.

Dal punto di vista del Gameplay, il gioco ripropone lo schema visto in Street Fighter 2, coi due lottatori posti uno di fronte all’altro e intenti a suonarsele a suon di attacchi leggeri, potenti e mosse speciali. Nel corso della modalità single player, erano presenti una serie di livelli bonus. Questi ultimi, una volta superati, rivelavano le combinazioni per eseguire le varie mosse speciali dei personaggi.

La novità introdotta da Fatal Fury consisteva nella presenza di due piani di gioco differenti. Durante la lotta, tramite la pressione di un tasto, era infatti possibile spostare il proprio lottatore da un piano all’altro. Questa meccanica, sebbene solo abbozzata, donava agli scontri un pizzico di varietà in più e permetteva a Fatal Fury di distinguersi dalla concorrenza. Inoltre il titolo SNK poteva vantare una grafica molto curata e ben definita ed una grande attenzione alla trama e alla caratterizzazione dei personaggi.

Queste caratteristiche permisero a Fatal Fury di ottenere un buon successo, sebbene, diverse critiche colpirono il basso numero di personaggi giocabili (solo tre nella modalità ad un giocatore) e l’eccessiva difficoltà di gioco. Il titolo venne anche convertito per varie console casalinghe, con la versione Neo Geo che risultava facilmente la migliore.

Tra sequel e special

Visto il buon successo raggiunto, SNK decise di realizzare un sequel per la saga dei Bogard. Nel dicembre del 1992 ecco dunque arrivare Fatal Fury 2 (titolo originale Garō Densetsu 2: Arata-naru Tatakai, cioè La leggenda dei lupi famelici 2: la nuova battaglia).

La trama vede Wolfgang Krause, fratellastro di Geese, organizzare un nuovo torneo per fidare colui che aveva sconfitto Howard. Inutile dire che Terry riuscirà nuovamente ad abbattere il rivale, confermandosi campione. Rispetto al predecessore, Fatal Fury 2 presentava un roster molto più vasto, tra cui spiccavano Mai Shiranui, provocante lottatrice esperta di ninjutsu e Kim Kaphwan, lottatore koreano destinato a diventare una delle colonne della saga.

Fatal Fury 2 presentava anche varie migliorie al gameplay, col ritorno dei due piani di gioco e la possibilità di spostarsi da uno all’altro in qualsiasi momento. compaiono anche una super mossa particolarmente distruttiva e l’evasion attack, una sorta di contromossa eseguibile parando gli attacchi avversari col tempismo giusto.

Il successo di Fatal Fury 2 fu enorme, soprattutto nelle sue versioni casalinghe, tra cui brillavano quelle per SNES e Mega Drive. L’anno successivo vide la luce una versione migliorata di Fatal Fury 2, ovvero Fatal Fury Special. Questo gioco, considerato uno dei migliori della saga, poteva vantare un roster ulteriormente ampliato, una maggiore velocità e l’inserimento di un rudimentale sistema di combo. Terminando il gioco senza perdere neppure un round era possibile affrontare Kyo Kusanagi, il protagonista di The King of Fighters.

Non c’è due senza tre

Fatal Fury

Dopo l’edizione Special, la serie si prese una piccola pausa. Nel marzo 1995, però, ecco arrivare il terzo capitolo, ovvero Fatal Fury 3: Road to the Final Victory ( Garō Densetsu 3 Harukanaru Tatakai in originale). Questo terzo episodio apportò numerosi cambiamenti al gameplay.

Anzitutto il sistema del combattimento a più piani venne implementato, con l’aggiunta di un terzo piano di gioco e la possibilità di eseguire numerosi attacchi che potevano colpire l’avversario anche se si trovava su un piano differente. Inoltre il giocatore ebbe la possibilità di eseguire salti di differente intensità ed altezza. Anche il sistema di combo venne perfezionato.

La modifica più impattante però fu l’inserimento delle super mosse, attacchi particolarmente devastanti eseguibili nel momento in cui la barra dell’energia iniziava a scarseggiare. Ogni personaggio disponeva anche di una seconda super nascosta, la cui esecuzione risultava però difficilissima, in quanto l’attivazione avveniva solamente con una percentuale molto limitata di successo. Il gioco, oltre che in versione arcade, apparve anche su Neo Geo, Neo Geo CD e Sega Saturn, ottenendo un ottimo successo sia dalla critica che tra i fan.

La serie Real Bout

Sempre nel 1995, a dicembre, SNK pubblicò anche Real Bout Fatal Fury (Real Bout Garō Densetsu), primo capitolo della sottosaga Real Bout. Caratteristica principale di questo gioco e dei suoi succesori era un motore grafico particolarmente curato e spettacolare, che rendeva il gioco molto più simile ad un anime giapponese.

Anche il Gameplay presentava numerose migliorie, grazie all’introduzione di una barra dell’energia spirituale, che poteva essere sfruttata per eseguire vari contrattacchi e mosse speciali. Anche le famigerate abilità nascoste, attivabili solo nel momento in cui la barra dell’energia raggiungeva livelli critici, fecero il loro ritorno. Questa volta però la loro esecuzione risultava più semplice, anche se condizionata dalla barra dell’energia spirituale. vennero anche introdotte alcune arene in cui era possibile vincere per ring out, scaraventando l’avversario fuori dallo stage.

Anche il roster venne ulteriormente ampliato, con volti vecchi e nuovi, mentre la trama si incentrava sull’ascesa di Geese Howard, che al termine del gioco precedente era riuscito ad impossessarsi di alcune potentissime pergamene.

Una saga nella saga

Negli anni seguenti, SNK pubblicò altri due episodi della saga Real Bout. Il primo, Real Bout Fatal Fury Special, uscì nel 1997, sempre in versione arcade e Neo Geo. Il gioco era un semplice perfezionamento dell’episodio precedente, impreziosito da un maggior numero di personaggi e da un comparto tecnico perfezionato.

Di questo gioco venne realizzata anche una versione aggiornata per Playstation, denominata Real Bout Special: Dominated Mind. Questa edizione era impreziosita dalla presenza di numerose sequenze animate realizzate dalla Sunrise, oltre che da un nuovo potenziamento del roster.

Nel marzo 1998 fu la volta di Real Bout fatal Fury 2: The newcomers ( in originale Real Bout Garō Densetsu 2: The Newcomers, Real Bout Legend of the Hungry Wolf 2). RB2 ridimensionava il ruolo dei piani di gioco, ora utilizzati solo per effettuare schivate e particolari attacchi. Inoltre, il gioco potenziava in modo importante tutto l’assetto tecnico, presentando una grafica davvero spettacolare, colorata e ricca di dettagli. Particolare impressione destavano le mosse speciali, che scatenavano un uragano di luci ed effetti visivi molto appariscenti.

Sebbene tutti questi giochi fossero di qualità davvero elevata, il genere dei picchiaduro 2d stava attraversando un periodo di grande affanno, soprattutto a causa del successo dei giochi in tre dimensioni. Il pubblico tendeva ormai a preferire giochi come Tekken o Virtua Fighter ai classici giochi in 2d. Di conseguenza, la saga di Fatal Fury iniziò ad avere un ruolo sempre più marginale nel mercato.

Esperimenti e spin off

Vista la situazione, SNK decise di spostare anche la sua saga più famosa al mondo delle tre dimensioni. Nel gennaio 1999 apparve nelle sale giochi Fatal Fury: Wild Ambition, poi convertito anche per la prima Playstation. Il gioco riproponeva la trama e l’ambientazione del primo Fatal Fury, aggiungendo numerosi personaggi al cast originale.

Pur presentando una grafica tridimensionale e lottatori realizzati tramite modelli poligonali, il gameplay di Wild Ambition non si discostava in maniera pesante dagli altri titoli della saga. I movimenti, le mosse speciali e le dinamiche degli scontri seguivano infatti i ritmi settati dalla saga Real Bout. I lottatori avevano la possibilità di muoversi in profondità, ma queste schivate andavano semplicemente a sostituire l’utilizzo dei due piani di gioco visto nei titoli precedenti.

Questa natura ibrida del gioco non seppe conquistare né la critica né i fan, che riservarono a Wild Ambition un’accoglienza molto tiepida. Questo risultato convinse SNK del fatto che Fatal Fury fosse una saga ormai legata a doppio taglio alle caratteristiche dei picchiaduro 2d.

Dedichiamo una menzione anche a Fatal Fury: First Contact, unico episodio della serie ad essere uscito in formato portatile. Il gioco uscì sempre nel 1999 su Neo Geo Pocket

L’ultimo ululato

Nel novembre del 1999 uscì quello che è stato a lungo l’ultimo episodio della saga, ovvero Garou: Mark of the Wolves, conosciuto anche come Fatal Fury: Mark of the Wolves nella versione Dreamcast. Con questo gioco, SNK decise di provare a dare una sterzata decisiva alla serie. Mark of the Wolves è infatti ambientato ben dieci anni dopo l’ultimo episodio della saga e sostituisce praticamente tutti i vecchi lottatori, con la sola eccezione di Terry. Il ruolo del protagonista passò a Rock Howard, figlio adottivo di Terry.

Dal punto di vista del gameplay, il gioco presentava, in generale, un approccio più semplice rispetto al passato, per incoraggiare i neofiti. Vennero introdotti la Tactiacal Offense Position, con la quale il giocatore poteva selezionare una zona della sua barra dell’energia, una volta raggiunta la quale il personaggio avrebbe sbloccato tutta una serie di potenziamenti. Venne inoltre introdotto il sistema “just defend”, che donava una serie di vantaggi in base alla precisione con cui venivano eseguite parate e schivate.

Tecnicamente parlando, il gioco era di qualità elevatissima, con sfondi dettagliatissimi e personaggi realizzati ed animati in maniera superba. Anche il sonoro svolgeva il suo compito in maniera egregia, con musiche molto azzeccate e d’atmosfera.

Il gioco fu accolto molto calorosamente e ricevette generalmente recensioni molto positive, al punto da essere spesso accostato a Street Fighter 3. Nonostante questo, il declino della saga (e del genere dei picchiaduro 2d in generale) sembrava ormai inarrestabile. Dopo Mark of Wolves, infatti, non fu realizzato nessun nuovo Fatal Fury. Almeno, fino ad ora.

La città dei lupi

Fin dal 2005 SNK aveva rivelato di avere in serbo un progetto sul sequel di Mark of Wolves. Tuttavia, col tempo, l’idea venne accantonata e, nel 2016, gli sviluppatori rivelarono che la versione Neo Geo del gioco era stata cancellata. Tuttavia, nel 2020 il direttore Kuroki rivelò che la volontà di realizzare questo nuovo episodio della saga era ancora ben salda.

Durante l’EVO del 2022 fu per la prima effettuato l’annuncio ufficiale del gioco. Negli anni successivi sono state diffuse sempre maggiori informazioni, oltre, naturalmente, ai primi trailer. Da quel che traspare, il gioco sembra allinearsi alle ultime produzioni SNK, come Samurai Shodown e The King of Fighters XV. Tra poche settimane sapremo se City of Wolves sarà all’altezza della sua eredità e se i lupi famelici torneranno a lottare per il dominio del territorio dei picchiaduro!

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The King of Fighters, ascesa e declino dei picchiaduro di SNK

Nel momento in cui stiamo scrivendo questo articolo si è da poco conclusa l’edizione 2024 del prestigioso torneo EVO. Nella suggestiva cornice di Las Vegas, migliaia di giocatori da tutto il mondo si sono sfidati per il titolo di re dei picchiaduro. Accanto a mostri sacri come Street Fighter 6 e Tekken 8 (vedi qui per la nostra recensione) e a nuovi titoli come Granblue Fantasy Versus figura anche un titolo SNK appartenente ad una storica saga degli anni 90: The King of Fighters XV.

Sebbene la popolarità di questa saga non sia più quella che aveva negli anni 90, è innegabile come The King of Fighters resti un titolo di assoluto rilievo nel mondo dei picchiaduro, ancora in grado di attirare e coinvolgere un gran numero di fan.

Scopo di questo articolo è proporre una panoramica sull’evoluzione di questa saga e sui suoi episodi principali. Prepariamo le nostre Delorian e lanciamoci un viaggio indietro nel tempo, fino alla metà degli ormai mitici anni 90, alla scoperta della storia di quello che è forse il primo picchiaduro crossover di sempre.

La nascita di The King of Fighters

The King of Fighters

Il primo capitolo della saga di The King of Fighters apparve nel 1994. In quel periodo, come molti sapranno, il mercato era letteralmente dominato dai picchiaduro a incontri. Accanto a Capcom, creatrice della leggendaria saga di Street Fighter, la nipponica SNK era considerata la casa produttrice di riferimento per questo genere, grazie a saghe come Fatal Fury e Art of Fighting.

Per sfruttare ulteriormente la popolarità delle sue serie principali, gli sviluppatori di SNK ebbero l’idea di realizzare un vero e proprio crossover. Per chi non avesse familiarità con questo termine, si tratta di un’espressione nata nel mondo dei fumetti. Indica quelle storie in cui vari personaggi tratti da serie diverse si uniscono insieme. King of Fighters fu proprio questo: un picchiaduro che raccoglieva al suo interno personaggi tratti dalla più famose saghe SNK.

Nello specifico, i personaggi del roster erano tratti da Fatal Fury, Art of Fighting, Ikari Warriors (vecchio sparatutto arcade) e Psycho Soldier (strambo titolo a scorrimento a metà tra platform e sparatutto). L’altra grande novità di King of Fighters fu l’idea di proporre vere e proprie battaglie a squadre. Il giocatore avrebbe dovuto selezionare un team di tre lottatori e sfidare tutti gli altri. Nel momento in cui un personaggio veniva sconfitto era sostituito dal successivo finché tutti i combattenti di una squadra non erano più in grado di lottare.

Questo gameplay proponeva una ventata di aria fresca all’interno di un genere ormai troppo a lungo legato alla struttura al meglio dei tre round. Il gioco riproponeva lo stesso stile di comandi visto in Fatal Fury 2, con i quattro pulsanti per pugni e calci deboli o forti. Ogni lottatore disponeva di un numeroso set di mosse e di una barra dedicata alle super. Una volta riempita, questa barra garantiva un momentaneo potenziamento per le mosse del proprio lottatore, oltre alla possibilità di scatenare una super particolarmente potente che andava però a svuotare completamente la nostra barra.

Forte di tutti questi elementi, The King of Fighters 94 riuscì ad ottenere un ottimo successo, soprattutto in virtù del suo roster, composto da ben 24 lottatori. Nel gioco erano presenti anche personaggi originali, tra cui Kyo Kusanagi, protagonista assoluto, e il boss finale, Rugal Bernstein. Oltre che in versione arcade, il gioco uscì anche per Neo Geo e Playstation, ottenendo un buon successo anche in versione casalinga.

La saga di Orochi

The King of fighters

Vista l’ottima accoglienza di KOF 94, SNK decise di trasformare la sua nuova saga in un appuntamento annuale. Fino al 2003, infatti, ogni anno sarebbe apparso un nuovo capitolo della serie, accompagnato proprio dal numero dell’anno in corso. Per rendere le cose più interessanti, SNK decise di curare con attenzione anche l’aspetto della trama.

Se KOF 94 si limitava al classico espediente del torneo (il King of Fighters che da’ il titolo alla saga) organizzato dal cattivone di turno, a partire da The King of Fighters 95 le cose si fecero più interessanti. SNK decise infatti di dotare la sua serie di una vera e propria storia, che si sarebbe evoluta col procedere degli episodi. I dettagli dell’intreccio sarebbero stati rivelati al giocatore tramite le scene di intermezzo e i finali dei vari lottatori. Gli episodi che vanno da KOF 94 a KOF 97 appartengono alla cosiddetta saga di Orochi, dal nome del misterioso demone che, a partire da KOF 97, svolge la funzione di boss finale.

Questi giochi mostrano un gameplay piuttosto simile l’uno all’altro. Le novità degne di nota consistono di solito in aggiornamenti grafici e l’introduzione di alcune piccole meccaniche, di solite relative alle schivate e alla gestione delle mosse speciali. The King of Fighters 97 è indubbiamente l’episodio meglio riuscito tra questi, grazie all’ottima grafica e alla profondità del gameplay, che consente al giocatore di scegliere tra due differenti sistemi di gestione della barra delle special.

L’evoluzione della saga

The King of Fighters

L’episodio successivo della serie, King of Fighters 98, non era che un semplice aggiornamento della versione 97. Oltre non presentare alcuna trama, quest’ edizione non aggiungeva alcuna meccanica innovativa. Si limitava invece ad inserire tutti i personaggi comparsi fino a quel momento nella saga adattandoli al gameplay di King of Fighters 97.

La vera svolta avviene l’anno seguente, con The King of Fighters 99: Millennium Battle. Il gioco introduce un nuovo arco narrativo, denominato “NEST Chronicles”, incentrato sul personaggio di K, che assume il ruolo di protagonista assoluto.

Oltre al rimaneggiamento del roster, Millennium porta con sé numerose novità di gameplay. Diviene possibile scegliere fino a 4 componenti del team. I primi tre sono, come al solito, personaggi giocabili, mentre il quarto funge da supporto e può eseguire una serie limitata di mosse denominate “strike bombs”. Ritorna anche la possibilità di scegleire tra due stili differenti, ovvero il counter, più votato all’attacco e l’armor, più difensivo.

Lottatori e strikers

L’episodio seguente, intitolato semplicemente The King of Fighters: 2000 ripropone sostanzialmente la ricetta dell’edizione 99. Viene però ulteriormente ampliata la meccanica legata agli strikers. Diventa infatti possibile scegliere come supporti dei personaggi non presenti nel gioco, ma utilizzabili solamente come Strikers. In KOF 2000 è possibile richiamare gli Strikers in ogni momento, sia per prolungare le combo che come azione difensiva, al fine di bloccare l’attacco avversario.

L’edizione successiva rappresenta il primo King of Fighters a non essere sviluppato da SNK. The King of Fighters 2001: è infatti stato realizzato dal team sudcoreano Eolith e da BrezzaSoft, team formato da ex sviluppatori SNK. Questo team sarebbe in seguito divenuto Playmore. KOF 2001 conclude l’arco narrativo del NEST e porta avanti il sistema di gioco legato agli strikers. La principale novità del gioco consiste nella possibilità di variare il numero di personaggi giocabili e strikers. Il giocatore ha la possibilità di scegliere liberamente come combinare i suoi lottatori. Si possono utilizzare 4 combattenti senza alcuno striker, ricorrere a squadre miste e persino utilizzare un solo personaggio supportato da tre strikers.

Il gioco successivo della saga, The King of Fighters 2002, ripropone la formula di KOF 98. Non si tratta dunque di un vero nuovo episodio della serie ma solo di un pretesto per raccogliere insieme tutti i personaggi delle edizioni passate e permettere ai giocatori di realizzare i loro dream match. Il gioco scartava la meccanica degli strikers per riproporre i vecchi incontri 3 vs 3. Unica innovazione era un nuovo utilizzo della barra, che va potenziandosi man mano che i membri della squadra vengono eliminati.

Sebbene questi giochi continuassero a raccogliere un buon successo, soprattutto in sala, era chiaro che occorreva un salto in avanti per contrastare una concorrenza sempre più agguerrita.

Tra novità e tradizione

L’edizione 2003 di King of Fighters, la prima a non vedere la luce su Neo Geo, provò ad introdurre diverse novità. Oltre ad iniziare un nuovo arco narrativo, “Tales of Ash”, questo gioco aggiunge per la prima volta la meccanica tag. Tramite il riempimento di un’apposita barra, il giocatore ha la possibilità di scambiare il proprio lottatore con uno dei due compagni selezionati. Questa innovazione, sebbene coraggiosa, non trovò consenso unanime. Molti fan infatti non apprezzarono il profondo cambio di approccio e strategia che il tag portava con se.

Dopo The King of Fighters Neowave, ennesimo capitolo intermediario rilasciato per testare un nuovo hardware, nel corso del 2005 SNK (ormai divenuta SNK Playmore) rilasciò The King of Fighters XI. Per la prima volta, dunque, King of Fighters rinuncia al tradizionale titolo annuale a favore di una numerazione legata al numero dei giochi della saga. KOF XI ripropone il gameplay dell’edizione 2003, spingendo il sistema tag all’ennesima potenza.

Il gioco introduce un gran numero di nuove abilità, tra cui Quick Shift, Saving Shift e l’introduzione della barra delle skill, utile soprattutto ad attivare le combinazioni legate al coinvolgimento dei due lottatori non attivi. KOF XI propone anche un roster immenso, con ben quaranta personaggi selezionabili, tratti da numerosi giochi SNK. KOF XI venne recepito favorevolmente dalla critica, sebbene alcuni recensori lo ritenessero fin troppo “old school”.

Una nuova veste grafica

Forse proprio a causa di questo, per il successivo episodio SNK decise di cambiare marcia. Fu così che nel 2009 apparve The King of Fighters XII, primo episodio ad utilizzare la piattaforma Taito Type X2. Questa scelta permise la creazione di nuovissimi sprites in alta risoluzione, che andarono a sostituire tutti i precedenti.

Il risultato fu davvero impressionante, con lottatori dettagliatissimi che sfoggiavano animazioni degne di un anime di ultima generazione. Il sistema tag e il tactical shift vennero accantonati, mentre vennero inserite nuove meccaniche. In particolare, il critical counter, che donava un periodo limitato in cui il nostro personaggio subiva un potenziamento nelle combo notevole. Il guard attack e il clash invece fungevano da perfect parry, premiando l’abilità di chi fosse riuscito a padroneggiarle. Stranamente, il gioco non proponeva alcuna storia e offriva un roster di soli 20 lottatori. Questo e la mancanza di reali novità causarono al gioco un’accoglienza piuttosto tiepida.

Tra 2010 e 2011 vide la luce The King of Fighters XIII. Su preciso desiderio del designer, Yamamoto, Questo nuovo episodio eliminò le innovazioni del capitolo precedente. La decisione fu presa per cercare di riavvicinare il gameplay ai primi storici episodi della saga.

Oltre a concludere la saga di Ash, il tredicesimo capitolo introdusse nuovi elementi di gameplay, come la EX Mode, che permetteva di potenziare gli attacchi speciali dei personaggi. Abbiamo poi la Modalità Hyper Drive, che dona un periodo di counters illimitate e il drive cancel, che permette di personalizzare le combo. KOF XIII ottenne un’accoglienza generalmente positiva, ma non riuscì ad avvicinarsi al successo di titoli come Street Fighter IV.

Tra seconda e terza dimensione

Dopo il tredicesimo capitolo, King of Fighters si prese una lunga pausa. Dovettero infatti trascorrere ben sei anni prima dell’uscita di un nuovo episodio. Finalmente, nel 2016 SNK rilasciò su PS4, PC e Arcade The KIng of Fighters XIV. In maniera analoga a Street Fighter IV, KOF XIV propone personaggi e sfondi realizzati in modelli 3d, mantenendo le meccaniche tipiche di un picchiaduro a due dimensioni. KOF XIV è insomma un esponente di quelli che vengono definiti dai fan picchiaduro in 2.5d.

Il quattordicesimo capitolo della saga prosegue la trama dopo il paradosso temporale causato da Ash alla fine di KOF XII, coinvolgendo addirittura personaggi provenienti da altri universi. KOF XIV ripropone il max mode e la presenza di ben tre super differenti, tra cui la devastante Climax super special move. Il gioco propone anche una modalità pensata per principianti, la rush combo.

L’ultimo capitolo

Nonostante il buon successo di KOF XIV, i fan dovettero attendere altri sei anni prima di mettere le mani su un nuovo King of Fighters. Il 17 febbraio 2022 ecco arrivare The KIng of Fighrers XV, per PS4, PS5, PC e X-Box Series X/S.

Forte del rinomato Unreal Engine 4, questo gioco offre un livello di spettacolarità e qualità grafica elevatissimo. Il gameplay risulta assolutamente all’altezza, con la ripresa di tutti gli elementi principali di KOF XIV, che vengono al contempo implementati, per esempio col reinserimento delle mosse Ex e max. Anche il comparto online è stato curato in maniera maniacale, con la presenza di un’enorme numero di modalità e possibilità.

La trama tuttavia non ha del tutto convinto i fan. La storia del gioco infatti risulta davvero confusionaria ed irreale. A complicare ulteriormente la faccenda ci pensano i finali multipli, che vanno a confondere ulteriormente le idee. Alcuni fan hanno anche criticato i tutorial presenti nel gioco, troppo superficiali e poco chiari. Nononstante questo, KOF XV è riuscito a garantirsi un ottimo successo, ottenendo un posto di tutto rispetto persino all’interno dell’EVO e portando avanti l’eredità dell’ormai decennale saga di The King of Fighters.

Quella di The King of Fighters è una saga davvero lunga. Nel corso dei decenni, pur presentando molti cambiamenti, è sempre riuscita a restare fedele alla sua natura originaria. Proprio questo, a nostro giudizio, è il motivo del suo successo e dell’amore che i fan di questa saga le dimostrano costantemente ancora oggi.

E voi? Conoscevate la saga di The King of Fighters? Se si, quali sono i vostri giochi preferiti?

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