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I 10 migliori Metroidvania

Per metroidvania si intende un’avventura bidimensionale che unisce elementi tipici dei platform con caratteristiche provenienti dalle avventure action. Come si può intuire, il termine è nato dalla “fusione” tra le serie di Metroid e Castlevania.

Inizialmente, la saga Nintendo e quella Konami avevano ben poco in comune (più lineare e action la seconda, più vasta ed esplorativa la prima). Fu solo nel 1997, con l’arrivo di Castlevania: Symphony of the Night, che il termine Metroidvania prese piede.

Ancora oggi, nonostante l’enorme avanzamento tecnologico e sebbene siano i giochi 3D a farla da padrone, il genere Metroidvania risulta molto amato dai videogiocatori; in particolare, alcune serie recenti, come Hollow Knight, sono riuscite a ottenere un ottimo successo e contribuiscono a mantenere questo genere in ottima salute.

Ma quali sono i dieci migliori Metroidvania in assoluto? In questo articolo proveremo a rispondere a questa fatidica domanda. Naturalmente sia la scelta dei titoli che l’ordine di inserimento sono frutto del gusto personale di chi scrive, ma credo potremo tutti concordare sull’incredibile valore di queste dieci opere. Raccogliamo le nostre armi, addentriamoci nel dungeon e iniziamo!

Bloodstained: Ritual of the Night

Bloodstained può essere a tutti gli effetti definito un Castlevania dei tempi moderni.

Uscito nel 2019 per PS4, Xbox One, Switch e Steam, questo titolo di ArtPlay è, a tutti gli effetti, un grande tributo alla saga di Castlevania. L’ambientazione gotica e medievaleggiante, le musiche estremamente ricercate e soprattutto le orde di demoni che affronteremo sembrano davvero uscite direttamente da un titolo della saga Konami.

Anche la trama di gioco, che vede la nostra eroina Miriam fronteggiare un’evocazione infernale causata dall’unico sopravvissuto di una gilda di alchimisti, si richiama palesemente alla saga dei Belmont. Di conseguenza, ogni fan di Castlevania non potrà che amare Bloodstained.

Un’ambientazione piacevole e ispirata, una mappa ben strutturata, boss battle impegnative e una miriade di armi e abilità. Il tutto condito con un comparto grafico moderno e musiche davvero tenebrose.

Bloodstained ha davvero tutto quello che serve per essere un ottimo titolo (pecca forse un po’ in carisma e originalità) e si merita di diritto di entrare nella nostra classifica.

Axiom Verge

Axiom Verge è una classica avventura 2d ricca di mistero e atmosfera.

Se per Bloodstained l’ispirazione a Castlevania era evidente, Axiom Verge attinge a piene mani dalla saga di Metroid. In questa godibilissima avventura controlleremo lo scienziato Trace, sballottato dall’esplosione del suo laboratorio in un mondo sconosciuto. Sotto la guida dell’enorme testa Elsenova, Trace dovrà tentare di salvarsi la vita e risolvere i molteplici misteri del mondo in cui è stato catapultato.

Punti di forza di questo titolo sono la sua atmosfera a metà strada tra l’horror e l’high tech (che ricorda molto la saga di Alien), l’incredibile precisione dei controlli e il numero davvero enorme di armi ed equipaggiamenti.

Anche la trama, portata avanti da vari dialoghi testuali, è molto ben curata; il comparto tecnico invece si ispira palesemente agli action degli anni 90: il risultato è decisamente piacevole, anche se alcuni lo troveranno fin troppo datato. Se siete fan del genere, non fatevelo sfuggire!

Metroid Fusion

Metroid Fusion è stato il degno sequel di Super Metroid.

Uscito a cavallo tra il 2002 e 2003 su Game Boy Advance, Metroid Fusion ebbe l’ingrato compito di fare da sequel a quel Super Metroid che molti considerano tutt’oggi il miglior metroidvania mai uscito. Incredibilmente, però, Fusion si rivelò assolutamente all’altezza della sua eredità.

Il giocatore controllerà nuovamente la cacciatrice di taglie Samus, stavolta alle prese coi temibili parassiti X: organismi in grado di infettare e mutare le forme di vita con cui entrano a contatto. Grazie alla sua tuta “Fusione”, Samus sarà in grado di assorbire i parassiti sconfitti assimilandone le abilità.

La straordinaria giocabilità, le durissime sfide coi boss, l’incredibile comparto grafico (quasi miracoloso considerato che il gioco gira su GBA) rendono Fusion uno dei migliori titoli dell’intera saga di Metroid.

L’ambientazione può risultare piuttosto monotona, ma la bellezza degli scontri, soprattutto quello con SAX (su cui non faccio alcuna anticipazione) compensano ampiamente. Nessun fan della saga può in alcun modo farselo sfuggire.

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Metroid Saga: storia di un capolavoro

Castlevania: Aria of Sorrow

Aria of Sorrow è un piccolo gioiello nella libreria del GBA

Ed ecco il primo esponente della saga di Castlevania a comparire nella nostra classifica! Uscito nel 2003 per Game Boy Advance, Aria of Sorrow ripropone stile e meccaniche di Symphony of the Night, trasportandole in un contesto futuristico.

Il gioco è infatti ambientato nel 2035 e racconta le vicissitudini del giovane Soma Cruz (la cui vera identità sarà un grande colpo di scena), che si troverà suo malgrado risucchiato nel castello di Dracula, apparso a Tokyo durante un’eclissi.

Aria of Sorrow mette a disposizione del giocatore un enorme numero di armi e abilità e introduce il sistema delle anime tattiche. Sconfiggendo i nemici, infatti, Soma potrà assimilare le loro anime, sbloccando potenziamenti, abilità e persino nuove armi.

Nonostante l’accoglienza tiepida ottenuta all’uscita, Aria of Sorrow è riuscito a guadagnarsi un posto nel cuore di tutti i fan di Castlevania, ed è tutt’oggi considerato uno dei migliori capitoli della saga. Pronti ad affrontare di nuovo il castello di Dracula?

Monster Boy and the Cursed Kingdom

Monster Boy ci trasporterà in un viaggio fantasy colorato e divertente.

Uscito nel 2018 per praticamente qualsiasi sistema di gioco, Monster Boy ci trasporta in una coloratissima e divertentissima avventura.

Alla guida del giovane Jin, il giocatore sarà alle prese con una maledizione scagliata dallo zio Nabu, che tramuterà gli abitanti del regno in animali. Lo stesso Jin non sarà immune all’incantesimo e, nel corso della sua avventura, otterrà la capacità di trasformarsi in ben cinque forme animali distinte, ognuna con attacchi e abilità uniche.

Monster Boy si ispira palesemente a un classico dell’era 8 bit, ovvero Wonder Boy 3: Dragon’s trap, a cui si rifà sia per trama che per stile di gioco. Rispetto ai giochi fin qui analizzati, Monster Boy propone uno stile più scanzonato e divertente, ma non per questo meno profondo e impegnativo.

La varietà delle ambientazioni, la bellezza dello stile grafico, le enormi possibilità fornite al giocatore dalle trasformazioni in animale, unite a una giocabilità eccezionale, rendono questo gioco una vera gemma nel panorama dei metroidvania.

Metroid Dread

L’ultimo rampollo della dinastia dei Metroid è assolutamente all’altezza del suo ruolo.

Ed eccoci all’episodio più recente della saga di Metroid. Uscito nel 2021 su Nintendo Switch, Metroid Dread mette nuovamente il giocatore nei panni di Samus. La nostra cacciatrice dovrà vedersela ancora una volta coi parassiti X e soprattutto coi terribili E.M.M.I., robot colorati controllati dai parassiti.

Rispetto ai titoli precedenti della saga, Dread vanta un comparto grafico assolutamente moderno e d’impatto, con modelli poligonali, sfondi e animazioni di primissimo livello. Principale novità del gioco sono le battaglie contro gli E.M.M.I., a cui Samus dovrà dapprima sfuggire attraverso una serie di meccaniche Stealth per poi finirli dopo aver potenziato al massimo il suo raggio.

Queste sezioni aumentano notevolmente la varietà del gioco, già molto alta grazie alle numerose aree del pianeta che Samus può esplorare. Sono ancora una volta davvero memorabili gli scontri coi boss, sempre molto impegnativi e coinvolgenti.

Tutte queste caratteristiche, unite agli ottimi controlli e alla varietà delle armi, fanno di Dread un must per ogni possessore di Switch.

Ori and the Blind Forest

Le atmosfere magiche di Ori sapranno conquistare i cuori di ogni giocatore.

Uscito nel 2015 su Xbox One e giunto nel 2019 anche su Nintendo Switch, Ori and the Blind Forest narra le avventure dello spiritello Ori, caduto dall’albero sacro da cui ha origine.

Dopo una sequenza introduttiva strappalacrime, in cui assisteremo al ritrovamento di Ori da parte di Naru e alla morte di quest’ultimo causata dal deperimento della foresta, il giocatore avrà il compito di guidare Ori verso il salvataggio dell’albero sacro e di tutta la foresta.

La cosa più incredibile di Ori and the Blind Forest è la straordinaria atmosfera che riesce a creare. Lo stile grafico fiabesco, forte di un design dei personaggi assolutamente originale e di un uso sapiente degli effetti di luce, ci avvolgerà letteralmente, guidandoci dolcemente nei meandri della foresta accanto a Ori e al suo piccolo aiutante Sein.

Anche il sonoro, curatissimo e incredibilmente armonioso, contribuisce a coinvolgere totalmente il giocatore, che si trova più volte a provare la sensazione di trovarsi all’interno di un sogno.

Anche il gameplay è assolutamente all’altezza della situazione, con sezioni platform impegnative e un buon numero di attacchi e abilità, sbloccabili tramite l’accumulo di esperienza.

Sebbene il suo sequel, Ori and the Will of the Wisp, risulti nettamente superiore, abbiamo deciso di premiare l’episodio originale della saga. Se non lo avete giocato, recuperate assolutamente questo piccolo capolavoro.

Castlevania: Symphony of The Night

Symphony of The Night ha praticamente inventato il genere Metroidvania.

Non poteva certo mancare in questa classifica il gioco che ha praticamente inventato il genere dei Metroidvania. Symphony of The Night ha infatti dato una profonda svolta alla saga di Castlevania, unendo i suoi elementi action a fasi di esplorazione e potenziamento del personaggio.

Alla guida del tenebroso Alucard, figlio di Dracula, il giocatore ha il compito di investigare su un misterioso potere demoniaco emanato dall’antico castello del nostro malvagio genitore.

Nell’esplorare i meandri dell’antica magione, Alucard avrà la possibilità di raccogliere un gran numero di armi, potenziare i suoi parametri e sbloccare un enorme numero di abilità, tra cui la possibilità di trasformarsi in lupo, nebbia e pipistrello.

Il comparto tecnico di SOTN risulta ancora oggi davvero sontuoso, con eccezionali brani musicali di stampo gotico e una grafica che, pur senza far gridare al miracolo, mostra come anche la cara vecchia prima Playstation fosse in grado di realizzare ottimi titoli in 2d.

La longevità è notevole grazie alla presenza di finali multipli e di ben due versioni del castello da esplorare. Un titolo imprescindibile per ogni videogiocatore che si rispetti.

Hollow Knight

Hollow Knight è forse il miglior metroidvania in chiave moderna mai uscito.

Medaglia d’argento per il capolavoro di Team Cherry. Uscito nel 2017 e ora disponibile per ogni piattaforma possibile, Hollow Knight ci mette nei panni di un misterioso cavaliere impegnato in un viaggio nel regno decaduto di Nidosacro.

La trama del gioco, in maniera simile a quanto visto nella serie Dark Souls, è estremamente criptica e sarà compito del giocatore unire i puntini per comprendere appieno la storia del regno e di quanto sta accadendo.

Come Ori, anche Hollow Knight vanta un registro artistico di altissimo livello, con personaggi e ambientazioni che sfoggiano una personalità e un’originalità davvero invidiabili. Le musiche malinconiche e misteriose contribuiscono a creare un alone di mistero e a coinvolgere ancor di più il giocatore nel viaggio del nostro cavaliere.

L’altro incredibile punto di forza di Hollow Knight è la sua giocabilità. I movimenti del cavaliere sono di una tale precisione e fluidità da rasentare la perfezione e rendono sia le battaglie che le sezioni platform incredibilmente piacevoli e divertenti, nonostante la loro difficoltà decisamente elevata.

Gli scontri coi boss saranno davvero impegnativi (ma mai frustranti) e regaleranno ai giocatori grandi soddisfazioni una volta superati. La struttura della mappa risulta davvero ben studiata e metterà alla prova la capacità del giocatore di orientarsi e sfruttare al meglio tutte le abilità sbloccate durante il gioco.

Completano il pacchetto un’enorme quantità di oggetti, artefatti extra e la presenza di finali multipli, che donano al gioco una longevità enorme. Un capolavoro assoluto, che ogni giocatore degno di questo nome dovrebbe avere nella sua libreria.

Super Metroid

Nonostante abbia ormai quasi trent’anni, Super Metroid è da molti ritenuto uno dei migliori giochi di sempre.

Potrà sembrare una scelta banale; potrà essere poco credibile mettere in cima alla classifica un gioco così vecchio. Sarà l’effetto nostalgia. Saranno i ricordi, ma per chi scrive Super Metroid è tuttora il miglior Metroidvania di sempre (e trovate sul blog anche la nostra recensione contemporanea).

Fin dalla sua uscita, nel lontano 1994, la terza avventura di Samus fu considerata una delle migliori opere per SNES ed è spesso inserita nelle classifiche dei migliori giochi di sempre.

Super Metroid ha praticamente tutto. Una grafica 2d avveniristica per i tempi e tutt’oggi di buonissimo livello. Un sonoro maestoso e coinvolgente. Una giocabilità praticamente perfetta e un numero elevatissimo di abilità e armi nascoste. Si aggiunge a questo una world map praticamente perfetta in cui ogni area del pianeta Zebes risulta credibile e ben caratterizzata.

La cosa più appagante di Super Metroid è il senso di progressione che si avverte nel corso dell’avventura: gli enigmi, le zone nascoste e i nemici diventano via via più impegnativi man mano che aumentano le abilità a disposizione di Samus. Ultima menzione meritano gli incredibili Boss, davvero enormi e a tratti spaventosi.

Super Metroid è una vera opera d’arte. Uno di quei videogiochi che hanno segnato la storia del medium. Consiglio caldamente, soprattutto ai più giovani, di recuperarlo. Credetemi, non ve ne pentirete!

Il mondo dei metroidvania è davvero ricchissimo di titoli interessanti.

Eccoci giunti al termine della nostra panoramica. Come sempre, la parola passa a voi lettori. Conoscevate tutti i titoli della classifica? Avreste inserito altri giochi? O avreste posizionato diversamente quelli inseriti qui? Fateci sapere!

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Tecnologie

3 videogiochi con la migliore Intelligenza Artificiale

Il gaming sta sempre di più assumendo l’aspetto di esperienza di vita a tutto tondo, sia come mezzo capace di indurre una riflessione su ciò che ci circonda sia come specchio della realtà. Questo processo ha man mano scardinato il vecchio stereotipo del gioco come solo mezzo di divertimento fine a se stesso: la rappresentazione della realtà è il nodo cruciale di ogni videogioco di successo, quello che fa da spartiacque fra capolavoro e titolo mediocre. E l’elemento più influente nella rappresentazione della realtà è l’intelligenza artificiale: di conseguenza, conoscere i videogiochi con la migliore IA è d’obbligo.

Ecco dunque i tre videogiochi con la migliore intelligenza artificiale, dal nostro personalissimo punto di vista.

3. La Terra di Mezzo: L’ombra della guerra

L’ombra della guerra è un action RPG ispirato da Il Signore degli Anelli e sequel diretto di La Terra di Mezzo: L’ombra di Mordor. Il videogioco è stato sviluppato da Monolith Productions, casa nota agli appassionati di intelligenza artificiale per la serie F.E.A.R. La Terra di Mezzo: L’ombra della guerra uscì nel 2017 per PC, PS4 e Xbox One.

Il Nemesis System – già presente nel primo capitolo ma migliorato in quest’opera con la possibilità di prendere il controllo degli orchi – è il motivo per cui L’ombra della guerra è un baluardo dell’intelligenza artificiale nei videogiochi; infatti, il sistema Nemesis funziona su due contesti: il primo è garantire l’unicità di ogni nemico; il secondo è far agire gli avversari come una società all’interno della mappa.

Ogni singolo orco che popola la regione è quindi generato proceduralmente. Questo implica che tutti gli orchi hanno un aspetto unico, una classe, dei tratti con relativi punti di forza e debolezza.

Allo stesso tempo, gli orchi si muovono in un contesto sociale gerarchico diviso in Grunt, Capitan, Warchief e Overlord con la possibilità di salire di rango uccidendo i propri simili. Con queste regole, i nostri nemici sviluppano la propria società; infatti, ogni volta che moriremo sul campo di battaglia, la società nemica si evolverà: ogni Capitano ucciso sarà rimpiazzato e se tutti i posti sono occupati, alcuni orchi potranno decidere di farsi spazio tra i loro simili con la forza.

Infine, i nostri nemici tengono a mente quello che è avvenuto nel passato ricordandosi in particolare del nostro alter-ego. Per esempio, nel caso in cui un orco ci uccida sul campo di battaglia, quando lo inconteremo nuovamente, si prenderà gioco di noi ricordandoci come ci ha sconfitto.

2. Alien: Isolation

Alien: Isolation è stato un punto di rottura per il franchise. Dal punto di vista dell’IA in particolare, ha visto un salto qualitativo enorme. Questo non solo per l’innovatività dell’intelligenza realizzata, ma anche e soprattutto per il radicale cambio di gameplay. L’intera esperienza di gioco e la peculiarità horror del titolo è dovuta quasi in toto dal comportamento imprevedibile, sempre diverso, quasi per nulla scriptato dell’alieno. L’IA è infatti concepita con una struttura a due componenti: director-AI, una “macro” intelligenza che fa da coordinatore; alien-AI ,una “micro” specializzata nel dare comportamento all’alieno.

Il direttore sa sempre dove si trovano giocatore e alieno: il suo compito è guidare il mostro verso il giocatore tramite indicazioni di massima. Con l’ausilio di un indicatore sul livello di “tensione” percepito dal giocatore inoltre, l’IA può anche fuorviare l’alieno indicandogli una locazione errata. In questo modo il giocatore viene messo alla prova cercando però di non portarlo all’esasperazione, per evitare che smetta di giocare per l’eccessiva tensione.

L’intelligenza aliena invece è strutturata come una serie di “nodi”, in una struttura ad albero, in cui ogni sotto-nodo è accessibile al solo verificarsi di certe condizioni. I nodi determinano le azioni che il mostro può compiere mentre le condizioni sono rappresentate da ciò che esso percepisce. Le condizioni che determinano le azioni compiute dall’alieno sono verificate tramite l’ausilio di sensori, rappresentati in questo caso da udito e vista. I “sensi” vengono utilizzati dall’alieno per sentire eventuali rumori e per identificare il giocatore, nel caso in cui sia nel campo visivo. Ultimo ma non meno importante, con l’avanzare del gioco vengono sbloccate azioni disponibili per l’alieno. In questo modo si riesce a simulare una specie di “apprendimento” del mostro, rendendo l’esperienza interessante anche all’aumentare della bravura del giocatore.

Come si può dedurre il mix di direttore e alieno si rivela perfetto per un gioco horror. L’alieno si scoprirà essere difficilmente prevedibile (non essendo scriptato il comportamento) e sempre più capace, senza però raggiungere livelli insostenibili di difficoltà. Anche giocabilità e gameplay ne giovano, grazie al delicato equilibrio di tensione e capacità aliena stemperati tramite il direttore.

1. The Elder Scrolls IV: Oblivion

Oblivion non ha bisogno di presentazioni. Si tratta di uno dei GDR più influenti della storia, capace di imporre un nuovo standard per i videogiochi PC in generale. Sviluppato da Bethesda Game Studios e distribuito da Bethesda, entrambi ora parte di Microsoft, fu anche tra i pionieri di un nuovo modo di concepire l’intelligenza artificiale nei videogiochi.

Il sistema di IA sviluppato si chiama Radiant AI ed è stato alla base, seppur con miglioramenti ed estensioni, di titoli come Skyrim, Fallout 3 e Fallout 3: New Vegas. La sua peculiarità è quella di personalizzare l’esperienza del giocatore in base alle sue azioni e alle caratteristiche impresse al suo personaggio. Ciò permette di garantire un’esperienza unica ad ogni partita, grazie alle diverse reazione dei vari NPC e alla risposta dell’ambiente di gioco alla nostra presenza.

In particolare nei GDR il focus è sul personaggio, di cui scegliamo abilità, tratti ed affiliazioni a varie organizzazioni nel mondo di gioco. Questo consente a Radiant AI di essere il compagno ideale di ogni avventura. Ad esempio creando un personaggio di “dubbia moralità” come il ladro, non sorprendiamoci se le guardie ci trattano con diffidenza, intimandoci di girare alla larga. Altro esempio possono essere i dialoghi fra i personaggi non giocanti stessi, conseguenti ad azioni e scelte da noi fatte sul mondo di gioco.

Gli atteggiamenti di questo tipo e le reazioni “personalizzate” del mondo di gioco verso il nostro passaggio, elevano Oblivion fra i pionieri di questo tipo di approccio al gameplay, ancora attuale e moderno. Questo sistema ha aperto la via del successo ai titoli sopracitati, imponendosi come uno degli standard a cui puntare per il gameplay offerto.

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Train Sim World 3, aspiranti macchinisti cercasi

La sveglia era suonata presto quella mattina. Il servizio iniziava alle 5.13, dovevo portare la mia fida locomotiva da New York Penn a Trenton. Dovevo avviarla, assicurarmi che tutto funzionasse e approntarla per il servizio viaggiatori che da lì a poco avrebbe svolto con la consueta puntualità.

Le luci dell’alba risultano ritardatarie rispetto alla sveglia del ferroviere, l’odore del ferro, che solo chi vive la ferrovia può sentirlo, il rumore dei compressori che si avviano e del pantografo che si alza. Gli operatori di movimento scambi, pronti nelle rimesse, i capistazione al loro posto a garantire la sicurezza della circolazione ferroviaria, macchinisti e capitreno pronti a guidare e scortare treni su e giù per le reti sociali.

Vita sacrificata quella dei ferrovieri, ma ricca di soddisfazioni! Fortunatamente i nostri amati videogiochi ci danno l’opportunità di sperimentare anche mestieri, bypassando i sacrifici e facendoci provare solo il divertimento e lasciandoci tante soddisfazioni.

E’ questo il caso di Train Sim World 3 (TSW) della Dovetail Games. Simulatore di treni che conferma la bontà del lavoro svolto dopo già vari episodi, i primi due più TSW 2020 e Rush hour. Tutti ottimi titoli apprezzati sia per il comparto grafico che per la profondità simulativa. E TSW 3 non è da meno, uscito il 6 settembre scorso per PC, Xbox e PS, lascia a bocca aperta per la grafica, la cura dei dettagli, la maniacale riproduzione dei treni e delle cabine di guida.

Ogni dettaglio è lì, dove esattamente ce lo aspettiamo, addirittura, guidando il treno, ci si può rendere conto, tra l’altro, della direzione che il treno prenderà da lì a poco, verificando come è disposto lo scambio che si sta per superare (come avviene nella realtà in fin dei conti).

Servizio cargo e merci

Il simulatore e le linee

Ma procediamo con ordine. Non vi aspettate un mondo libero tipo Flight Simulator. Non si può prendere il treno e girare per tutto il mondo conosciuto. Il simulatore è provvisto di scenari specifici, la versione standard ne prevede tre, il Cajon Pass, basato su trasporto merci con muscle-locomotive cazzute che trainerebbero anche Hulk su per i pendii.

Lo scenario ambientato sulla SouthEastern High, delicata ed altolocata ferrovia inglese a sudest di Londra, tra il Kent ed il Sussex per la precisione, sulla quale potrete provare, tra gli altri, il bellissimo Javelin, treno ad alta velocità che in base alla linea percorsa può sfruttare sia la corrente fornita dalla linea aerea sia quella fornita, in alcuni tratti, dalla terza rotaia.

Ed infine l’impressionante Schnellfahrstrecke Kassel-Wurzburg, certo, molti di voi penseranno che sia impressionante per l’impronunciabilità e lunghezza del nome, è vero, anche, ma la ferrovia appena poco più sopra citata è impressionante anche per la bellezza dei paesaggi che attraversa e per le mastodontiche opere di ingegneria civile da cui è composta: gallerie, ponti e viadotti. Sulle sue linee, sfrecciano i treni ad alta velocità Ice1 e Ice3 e guidarli è un vero piacere.

Le locomotive

I treni sono vari, locomotive straniere, ovviamente, purtroppo di italica produzione non è presente nulla. Tutti i treni, quelli presenti già nel gioco e tutti quelli eventualmente acquistabili successivamente sono fedeli alla realtà. Per chi si aspettasse qualcosa di arcade, farebbe meglio a rivolgere la sua attenzione ad altro, perché qui se non si sa “quali bottoni schiacciare” e quali checklist seguire (tra l’altro differenti per ogni treno), non si parte.

Anche se il funzionamento di ogni locomotiva, di massima è più o meno uguale, la combinazione delle due differisce da treno a treno. Una leva per dare “trazione” ovvero sfruttare la corrente della linea aerea oppure dare potenza ai motori, nel caso di trazione diesel, e una leva per applicare il freno, a volte anche più di un freno. Quello pneumatico e quello elettrico, ma ciò avviene solo nelle locomotive più “pesanti” come quelle cargo o i lunghissimi treni viaggiatori.

Nelle locomotive più moderne, di solito, la leva di acceleratore e freno coincide, semplicemente si tira la leva a sé per accelerare e la si spinge in avanti per frenare (questo è anche un motivo di sicurezza ferroviaria, poiché se il macchinista dovesse sentirsi male, accasciandosi, ad esempio, in avanti, la mano, che deve essere sempre sulla leva per un pronto intervento, andrebbe in avanti, frenando, di fatto, il convoglio).

Il Centro di Addestramento

Ma non abbattetevi, a guidarvi passo passo su come si guida un treno, o meglio, come si guidano le varie locomotive, oltre al manuale, in formato PDF of course, è presente un corposo centro di addestramento. Un tracciato, creato per l’occasione, che si può esplorare a piedi e dove si possono guidare tutte le locomotive presenti nel simulatore e, grazie ad una voce guida, scoprirne segreti e procedure.

È stato fatto un bel passo avanti rispetto ai precedenti episodi dove l’addestramento avveniva in linea, con orari da rispettare e viaggiatori da trasportare. Meno ansie, grazie al nuovo Centro di Addestramento.  

Menù e clima dinamico

I menù di gioco sono puliti e gradevoli, accompagnati da una rilassante melodia ed intervallati da scrosci di pioggia e di vento. Questi suoni non sono messi lì a caso. La caratteristica infatti introdotta in questo terzo capitolo del simulatore è il clima dinamico. Che significa?

Significa che che mentre sarete in viaggio, il clima potrà variare casualmente. Partirete con cielo terso pomeridiano, potrete attraversare una perturbazione e arrivare a destinazione di sera, di nuovo con cielo limpido costellato di stelle.

Questa caratteristica, così come l’alternanza giorno/notte, contribuisce a fare percepire al giocatore il tempo che passa, il tempo che si passa alla guida più che altro. Ma vediamo con ordine cosa possiamo fare nel simulatore.

Corsa notturna con il Javelin

Il gioco

Il menù è diviso in più sezioni, a parte il centro addestramento, le cui “missioni”, divise per treno, possono essere giocate quante volte si vuole fino all’apprendimento completo. Abbiamo la sezione deposito treni, nella quale possiamo scegliere un treno e del quale giocare sia degli scenari predefiniti sia seguire una “tabella oraria” ovvero espletare dei “servizi” che impiegano dai 5 minuti fino anche all’ora di gioco o poco più e che coprono la giornata lavorativa da prima mattina fino a sera tardi.

Si spazia dal preparare un treno per il servizio, portarlo al lavaggio, trasportarlo vuoto fino alla stazione dal quale inizierà il servizio viaggiatori o ovviamente espletare direttamente il servizio al pubblico. Gli incarichi, così come sono divisi per treno, sono divisi anche per scenario.

Questo è il cuore del gioco, ovvero dove verranno sfruttati gli scenari e locomotive già presenti nel simulatore e/o quelle acquistate eventualmente in un secondo momento.

Poi abbiamo delle missioni predefinite, per chi vuole giocare subito senza troppi fronzoli. Il gioco chiede quanto tempo si ha a disposizione, fino alla mezz’ora o dalla mezz’ora in poi e, in base alla risposta, decide quale missione è più a noi congeniale.

Lo spiccato realismo

In game il feeling con la locomotiva è davvero molto forte. Si capisce subito che se non si sa dove mettere le mani, quel treno non partirà, vi ritroverete davanti una miriade di tasti, bottoni e luci, quasi tutti cliccabili ma, fortunatamente, per condurre un treno non vi serviranno proprio tutti quei tasti, ne basteranno alcuni specifici (benedetto sia il Centro di Addestramento).

In ogni caso, la completezza della cabina di guida, contribuisce ad un realismo generale molto spinto. Conducendo il vostro veicolo, vi renderete conto di quanto belli siano gli scenari, il realismo delle tratte percorse nonché il realismo del sistema di segnalamento, poiché nello scenario non sarete soli, ma in compagnia di altri treni che viaggeranno per conto loro e dai quali dovrete distanziarvi. Ma cerchiamo di capirne di più.

Il velocissimo Acela della Amtrak statunitense

Il segnalamento

Normalmente le linee ferroviarie vengono delimitate da sezioni di blocco, di lunghezza variabile, dei segmenti di linea diciamo, che per la sicurezza della circolazione devono essere impegnate da un treno alla volta. I treni dovranno essere distanziati dai treni che li precedono quando viaggiano su doppio binario. Quando invece la linea è esercitata a semplice binario, essi dovranno essere distanziati sia dai treni che li precedono che da quelli incrocianti, essendo unica la sede ferroviaria.

Per il distanziamento vengono utilizzati i segnali, sia lungo la linea, sia all’interno delle stazioni. In Train Sim World 3 tutto il sistema di segnalamento è riprodotto fedelmente in base alla ferrovia rappresentata, che seppur avendo caratteristiche comuni al sistema di segnalamento italiano, a volte, differisce.

L’HUD

Nel gioco, fortunatamente, ci viene in soccorso l’HUD (Head Up Display) presente , che ci mostra, in forma sintetica, le principali informazioni. In alto a sinistra la distanza, in Km o miglia, dal prossimo punto di fermata o transito, in alto a destra viene mostrato l’aspetto del prossimo segnale (semplicisticamente: verde=via libera, rosso=arresto del convoglio prima di superare detto segnale e giallo=via libera al primo segnale incontrato, ma segnale successivo disposto a via impedita, quindi rosso) e la velocità di tracciato consentita.

In basso a destra infine, ci verranno mostrate le info necessarie a condurre la locomotiva, stato dei freni, velocità attuale, pendenza della linea.

HUD di gioco, sempre presente, anche in visuali esterne

Attività a corredo

Nel simulatore, superare un segnale a via impedita comporterà la conclusione dello scenario in corso e lo farà ricominciare, mentre superare i limiti di velocità comporterà un minore punteggio al giocatore.

Si perché mentre scorrazzerete con la vostra bella locomotiva nuova fiammante, il gioco vi attribuirà dei punti abilità/esperienza in base alla vostra conduzione del treno, in una sorta di gamificazione che sarà utile per mostrare ai vostri amici le vostre performance di guida.

A conclusione delle attività da svolgere nel simulatore, abbiamo piccoli incarichi che porteranno al giocatore più punti, da svolgere lungo le linee percorse, tipo ripristinare le mappe nelle stazioni, pulire, cestini sporchi, ripristinare gli estintori o riempire i dispenser di quotidiani. Tutte attività secondarie, alquanto inutili secondo chi scrive, ma che potranno invogliare i giocatori a “platinare” il gioco.

A corredo del tutto Dovetail Games ha introdotto anche un content creator, in particolare di livree e scenari, che potranno essere scaricati senza limitazioni da parte degli utenti, a patto di possedere i pacchetti giusti di locomotive.

Analisi delle prestazioni e punteggi attribuiti

Conclusioni

In definitiva un simulatore solido questo Train Sim World 3, forse pensato più per console che per PC, per il quale esiste Train Simulator sempre di Dovetail Games. Ma il livello di realismo in TSW3 è portato ad altissimi livelli.

Un simulatore sicuramente di nicchia, adatto per coloro che amano il mondo dei treni e della ferrovia in generale, non per tutti. Spesso, guidare per un’ora consecutiva, stanca. Ma questo è il mondo della ferrovia e lo si accetta per il fascino che lascia ai suoi cultori. E magari, se appassionati non lo siete, con TSW3 potrete diventarlo.

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3 videogiochi capolavoro per chi ha poco tempo

Talvolta, per immergersi al meglio all’interno del videogioco, tendiamo a scegliere prodotti con un importante longevità, in grado di tenerci incollati allo schermo con infinite quest e collezionabili. Ma si sa, con l’arrivo dell’età adulta il tempo per dedicarci alla nostra grande passione è sempre scarseggiante. Per fortuna però, non sempre maggiore longevità vuol dire maggiore qualità e i videogiochi capolavoro per chi ha poco tempo che vi mostreremo tra poco lo dimostrano in pieno.

What Remains of Edith Finch

Un titolo dalla durata di sole due ore di storia principale, mentre qualora si volesse completarlo al 100% la durata si alzerebbe a tre ore di gioco totali. Un videogioco così rapido che può portare a termine anche chi ha poco tempo, presenta in realtà un’insospettabile varietà di gameplay. Annoiarsi con questo titolo è davvero una sfida difficile da superare.

Videogiochi per chi ha poco tempo: What Remains of Edith Finch
Una strana casa che fa da sfondo ad un meraviglioso level design. Ambienti così curati se ne vedono gran pochi in giro.

Il gioco narra di un’eccentrica famiglia stanziata nell’ isola di Orcas. Il protagonista della nostra storia arriverà di fronte alle porte di casa Finches, e guidato dalle parole del diario di Edith Finch, ne esplorerà ogni suo meandro, venendo a conoscenza delle peculiari morti dei suoi residenti. Una maledizione sembra esser calata sulla famiglia Finches e sta al giocatore scoprire la storia nascosta di ogni membro della famiglia.

L’esplorazione della casa sarà molte volte interrotta da flashback, i quali rappresentano le vere perle di gameplay. Stili grafici e modalità di gioco cambiano ad ogni “livello”, il tutto contornato da un’ottima narrazione di fondo che ci lascerà sospesi, a domandarci come sono andate realmente le cose. Se preferite uno stile di gioco rilassato e semplice, allora What Remains of Edith Finch è un titolo da provare assolutamente, di cui abbiamo parlato anche in questo articolo.

Last Day of June

Last Day of June è un titolo uscito nel 2017, un’avventura story-driven pronta a sbalordire con il suo comparto grafico, ed i suoi “colpi di scena”. Questa capolavoro si attesta sulle quattro ore, rendendo inoltre disponibile una caccia ai collezionabili per chi fosse interessato, e una storia emozionante, che ci pugnalerà molte volte allo stomaco.

Videogiochi per chi ha poco tempo: Last Day of June
Una tragica notizia cambierà il mondo intorno a noi.

La storia si svolge in una piccola cittadina di campagna, dove tutto sembra emanare una sorta di perfezione sospesa, rimbalzante tra i visi solari dell’esuberante vicinato. Il nostro protagonista è un uomo sposato, ed anche la sua vita sembra galleggiare in quell’atmosfera meravigliosa contenuta nel quadro che è lo stile grafico. Ma tale perfezione durerà poco. Una tragica notizia cambierà il mondo intorno a noi, spegnendo quei vivaci colori che ci davano speranza, trascinando il protagonista in un’estenuante lotta per cambiare il passato.

Il comparto grafico, tecnico, la caratterizzazione dei personaggi, tutto ciò regala al giocatore un’esperienza che lo abbraccia a 360 gradi. Accontentando sia gli amanti delle storie curate sia gli amanti dei puzzle-games. Una silenziosa notte, un tè caldo e voglia di rilassarsi, sono questi gli elementi per godersi a pieno questo ennesimo capolavoro.

To The Moon

Infine, il vero e proprio Capolavoro con la “c” maiuscola. Uscito nel lontano 2011, dalla Freebird Games, ha segnato per sempre i cuori di molti videogiocatori. Il gioco è un Adventure Game che si attesta sulle tre ore; un tempo che può sembrare quasi troppo breve per suscitare una tale emozione, ma vi sbagliereste. In sole tre ore, To The Moon riesce a mantenere incollato il giocatore che ha poco tempo grazie alla meravigliosa storia e alla (leggermente datata, ma sempre gradita) grafica pixel-art, regalandoci un indimenticabile esperienza da giocare tutta d’un fiato.

Il tempo passa, ma certi capolavori non appassiscono mai.

Il gioco racconta le vicende di due scienziati della Sigmund Corporation, un organizzazione in grado, tramite una tecnologia avanzatissima, di modificare i ricordi di pazienti moribondi così da regalargli il loro ultimo desiderio. I nostri protagonisti sono degli esperti, ma il paziente che visiteranno questa volta, sarà diverso da tutti gli altri. Raccontare di più sarebbe veramente troppo per un’esperienza così breve, quindi lascio a voi il piacere della scoperta. Vi posso assicurare che non rimarrete delusi da questo capolavoro.

Se non avete mai sentito parlare di questo titolo, correte a comperarlo. Se invece lo conoscente già, allora forse potreste non essere a conoscenza dei sequel. A Bird Story, Finding Paradise e Impostor Factory sono tutte valide alternative; le durate sono simili, mentre la bellezza è tutta da scoprire.

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Resident Evil 4 Remake – Recensione

Recensione in BREVE

Resident Evil 4 è un capolavoro con qualche difettuccio. Il lavoro di Capcom per svecchiare l’opera è stato magistrale e ha trasportato in tutto (tranne che per il comparto grafico) nella piena attualità video ludica. Un must have a tutti gli effetti da giocare e rigiocare. Nessun miracolo, intendiamoci, ma il titolo merita assolutamente un voto altissimo.

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Parlare di un remake è sempre un compito arduo. Paragonare un prodotto nuovo ad uno di quasi vent’anni fa obbliga l’articolista a camminare su un terreno sdrucciolevole, palleggiando tra presente e passato. Il tutto, poi, si amplifica quando il protagonista del remake è una pietra miliare dell’universo videoludico che ha fatto scuola e che ha rappresentato la linea di demarcazione tra quello che c’è stato prima e quello che è venuto dopo.

Resident Evil 4 Remake è un capolavoro o no? I fan urleranno di eccitazione o resteranno delusi? Ecco cosa aspettarci dall’ultima fatica targata Capcom.

Fare tesoro degli errori passati

Realizzare un remake mette di fronte a due possibilità: restare fedeli alla storia o modificarla per dare una ventata di novità. Secondo il punto di vista di chi scrive, seguire la strada del rinnovamento in termini di trama è un errore molto grave ed è esattamente quello che non ci è piaciuto nel remake di RE3, in cui sequenze e momenti fondamentali a fini della storia apprezzata nel 1999 sono stati modificati o addirittura rimossi e sacrificati sull’altare del rinnovamento. Chi gioca ad un remake, invece, vuole riassaporare il gusto che ha provato ai tempi dell’uscita del gioco originale, rivivere le stesse atmosfere e, perché no, commuoversi nel ricordare personaggi o ambientazioni che gli hanno fatto amare quel titolo.

I ragazzi di Capcom, vivaddio, hanno recepito bene le copiose critiche piovute su Resident Evil 3 Remake, facendone tesoro e presentando un remake di RE4 assai fedele al gioco del 2006. Il lavoro di svecchiamento del titolo, infatti, ha riguardato la rimozione di alcune dinamiche di gioco ormai superate, la piccola modifica di alcune sequenze e la riscrittura di alcuni personaggi (soprattutto di Ashley) redendoli più gradevoli, anzi, evitando di odiarli letteralmente ogni qualvolta aprano bocca o compiano una qualunque azione. Ma andiamo con ordine.

Quoque tu, Leon!

Fin dai primissimi istanti del prologo che fa anche da tutorial, la sensazione che abbiamo provato è stata quella di trovarci di fronte ad un remake concettualmente diverso dal precedente capitolo. Abbiamo riconosciuto perfettamente ambientazioni e stile conosciuti nel 2006 e questo ci ha fatto sentire a casa. La piazza del villaggio di Valdelobos dove assistiamo alla primissima scena horror del gioco è esattamente come la ricordavamo e ci ha fatto sorridere di eccitazione e malinconia.

E, soprattutto, abbiamo riconosciuto il nostro caro Leon Kennedy. In questo capitolo della saga lo ritroviamo in qualità di agente segreto al servizio del Presidente degli Stati Uniti che lo ha assoldato per riportare a casa l’adorata figlia Ashley di cui si sono perse le tracce in Spagna.

Gli orrori vissuti a Raccoon City sembrano ormai alle spalle e l’eroe è convinto, pur nutrendo dei sospetti che ci sia qualcosa di grosso sotto, di aver intrapreso una missione “Trova&Salva” abbastanza canonica. Speranza vana. Appena messo piede in terra iberica, infatti, veniamo a conoscenza del fatto che molta gente del posto e alcuni turisti escursionisti sono scomparsi nel nulla e che le indagini non hanno portato a nessuna pista.

Rimasti soli alla periferia di Valdelobos, dunque, inizierà un nuovo incubo tra mostruosità crescenti e che troverà il suo culmine nell’ultimo atto della nostra avventura.

Scrivere una recensione no-spoiler di un remake parrebbe poco furbo, tanto più che abbiamo svelato essere molto fedele all’originale pubblicato al tempo per GameCube, ma il nostro intento è stato quello di preservare chi, invece, si approccia a Resident Evil 4 per la prima volta.

Una cosa, però, ve la sveliamo: niente Separate Ways. La mini campagna dedicata ad Ada Wong non è presente nel gioco. Prossimo DLC?

Il gameplay fra tradizione e attualità

Nel 2006, Resident Evil 4 si presentò ai fan con la classica visuale alle spalle del protagonista, caratteristica che il remake ha giustamente mantenuto. La capigliatura argentea e i muscoli del buon Leon, quindi, saranno sempre ben visibili sullo schermo garantendo al giocatore una discreta gestione degli spazi e delle fasi di gioco.

Come detto, il gameplay ha ricevuto un dovuto restyling così da rendersi più moderno e fruibile. Innanzitutto, sono stati eliminati i quick time events (a parte uno minuscolo nelle fasi iniziali) con buona pace di chi li amava e di chi, invece, come noi, crede siano ormai superati. Non dovremo più cimentarci, dunque, a premere i vari pulsanti richiesti a tempo per evitare questo o quell’altro ostacolo o sfruttare i nostri riflessi per abbattere nemici oversize. La sfida, dunque, ha ricevuto un upgrade interessante che ha reso il titolo più longevo, più giocabile e, di fatto, più divertente.

Per quanto riguarda i combattimenti, continui e costanti in linea con l’anima action del titolo, ci siamo goduti appieno le novità introdotte: la parata e il parry. In pratica, il nostro eroe potrà disinnescare i colpi sferrati all’arma bianca dai nemici fino a sbilanciarli e contrattaccare con un calcio o una spettacolare (quanto trash) suplex. Proprio per questo, il coltello di Leon sarà il nostro miglior amico e dovremo frequentemente farlo riparare al mercante così da non restarne senza durante gli scontri e poterlo utilizzare per finire i nemici agonizzanti prima che evolvano in mostri più veloci, resistenti e pericolosi.

Abbiamo citato la parata e il parry come gradevolissima introduzione e il motivo risiede nel fatto che Resident Evil 4, fin dal tutorial, ci manda un messaggio chiarissimo: se la vostra idea è quella di affrontare orde di nemici assaltandoli ed esponendovi ad attacchi multipli, accantonatela subito. Gli abitanti del villaggio semi-mutati prima e tutti gli altri avversari che troveremo via via nel nostro cammino di ricerca sono aggressivi, veloci e coriacei. Affrontarli a viso aperto significa, a livello normale e soprattutto difficile, sprecare fiumi di munizioni per abbattere avversari che spawnano di continuo, spaccare il coltello a forza di parate e rimetterci, alla fine, la vita. Meglio, laddove possibile, scegliere la modalità stealth e fuggire verso luoghi più sicuri.

Per quanto concerne le armi a disposizione, il mercante sarà un valido alleato proponendocene sempre di più potenti e, talvolta, offerte d’acquisto vantaggiose. Potremo anche scambiare gli spinelli (pietre preziose di colore rosa) che troveremo disseminati per la mappa o che riceveremo dopo aver completato piccole missioni secondarie le cui richieste troveremo scritte su volantini blu affissi ai muri. Riceveremo, così, manufatti e potenziamenti fondamentali per sopravvivere. Avremo anche la facoltà di vendere gioielli e monili trovali qui e lì così da arricchirci e comprare nuova attrezzatura.

Scegliere cosa acquistare e quando farlo sarà fondamentale per superare i livelli, 16 capitoli per l’esattezza, che si susseguiranno a difficoltà crescente. Trovarsi con l’arma sbagliata e senza munizioni nel posto sbagliato non ci darà scampo e renderà l’esperienza frustrante. A tal proposito, abbiamo gradito l’introduzione del crafting delle munizioni attraverso la combinazione di polvere da sparo e materiali specifici di cui la mappa è ampiamente disseminata. Ne faremo uso molto spesso, se non altro per liberare spazio nella nostra iconica valigetta tetris a carico limitato.

Molto, molto bene, come anticipato, la riscrittura dei personaggi e in particolar modo di Ashley che si rapporta finalmente a Leon in modo più maturo. Scomparsa, per fortuna, la figlia del Presidente sciocca del 2006 che, più di una volta, ci ha fatto invocare gli dei affinché venisse fulminata immantinente. Modificato anche il carattere del buon Kennedy, decisamente più cazzuto in questo capitolo rispetto al passato ma altrettanto ironico e sprezzante.  

Non abbiamo apprezzato, invece, il mancato di lavoro sui movimenti generali di Leon che appaiono piuttosto legnosi e poco fluidi, assai più vicini agli standard tecnici del 2006 piuttosto che a quelli attuali. Caratteristica che ci ha fatto imprecare non poco quando ci siamo trovati spalle al muro contro orde di nemici e i movimenti del nostro platinato eroe si sono rivelati troppo lenti. Nota a margine, la mancata introduzione di un’animazione che arresti la ricarica dell’arma nel caso di assalto nemico: se stiamo rimpolpando di munizioni un fucile o una pistola durante una carica avversaria dovremo rassegnarci a subire l’attacco. Peccato.

Un’opera da guardare ma soprattutto da ascoltare

E veniamo al comparto grafico di Resident Evil 4 Remake. Posto che lo abbiamo giocato su PC quasi al massimo del dettaglio, possiamo dire che il motore fisico e grafico abbia fatto ovvi passi da gigante, migliorando fortemente l’impatto estetico dell’opera ed esaltando lo già straordinario level design apprezzato nell’originale. Riteniamo, comunque, l’opera non pienamente in stile new generation, anzi, piuttosto cross-gen. Per intenderci, RE4 ci regala una cura dei dettagli importante ma ci saremmo aspettati qualcosa in più. È assai probabile che il gioco sia stato concettualmente realizzato immaginando che la maggior parte degli utenti lo avrebbe giocato su console o pc di penultima generazione ma non riteniamo, questa, una scusante. Il gioco, da un punto di vista strettamente grafico è un’occasione mancata di perfezione. Infatti, qui e lì, abbiamo notato texture piuttosto approssimative e qualche bad clipping (rarissimi, c’è da dirlo) alquanto fastidioso. Non abbiamo, insomma, gridato al miracolo.  

Fantastica, invece, la colonna sonora. Le tracce si sposano perfettamente con i momenti del gioco e concorrono a rendere l’esperienza emozionante. Da brividi i rantoli dei nemici, così come le parole di sfida lanciate in spagnolo (anche se leggermente ripetitive). Sentiremo migliaia di volte “Donde estas?” e “Un forastero!”. Una nota di merito al doppiaggio completamente in italiano molto ben fatto.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Horror
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Si
  • Prezzo59,99€
  • Piattaforme: PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X|S, PC
  • Versione provata: PC

Abbiamo affrontato i pericoli di Valdelobos e dintorni per circa 12 ore grazie a un codice fornito dal publisher

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Editoriali

Diablo 4: uno sguardo a Druido e Negromante

Ed eccoci a parlare ancora una volta di Diablo 4, una delle release più importanti dell’anno. La scorsa settimana, grazie all’Accesso Anticipato, abbiamo potuto avere un assaggio del mondo di Sanctuary e di tutti gli orrori che ci offrirà. Oggi invece sono qui per darvi le mie impressioni sulle ulteriori due classi disponibili durante l’Open Beta, ovvero il Negromante ed il Druido.

Chiarisco subito che questa vuole essere una semplice panoramica delle due classi sopra citate, del feeling che restituiscono giocando. Ritengo superfluo analizzarne minuziosamente i vari aspetti basandomi su una open beta con level cap al 25. Se invece volete un’opinione generale sul gioco qui trovate il nostro articolo sull’accesso anticipato. Ora, fatta questa doverosa premessa, vediamo un po’ come se la cavano i due nuovi eroi di Sanctuarium.

L’erede di Rathma

Il Negromante è una delle classi più iconiche dell’ intera saga. Un incantatore che ha votato la sua intera vita allo studio delle arti più oscure, quali la magia delle ossa, delle ombre o, banalmente, la negromanzia.

Se adorate lo stile di gioco da “summoner” allora questa è la classe che fa per voi. Evocazione di scheletri combattenti, scheletri maghi e golem, questo è quello che da sempre contraddistingue il Negromante, e la sua iterazione di Diablo 4 non fa eccezione. Il poter contare su di un piccolo esercito di ossa ambulanti ha sempre il suo fascino, ma il necro non si limita a questo.

Il caro vecchio skilltree.

Questa volta possiamo contare su vari incantesimi del sangue, dell’ombra e delle ossa. Ovviamente non mancano i grandi classici che contraddistinguono questa classe da sempre, principalmente la Lancia d’ossa, la mitica Esplosione Cadaverica e le immancabili maledizioni, come la Vergine di Ferro. Peccato notare la mancanza delle spell basate sul veleno, che sembra esser diventato affare del Druido. Ma andiamo a quel che realmente ci interessa. Che feeling restituisce questa nuova(vecchia)classe su Diablo 4?

Si finisce sempre qui.

Il Negromante è, a mani basse, la star di questa open beta. O quantomeno lo è per me. Se dovessi descriverlo in una sola parola direi devastante. Un mix letale di minions, magie AoE, capacità difensive, debuff e danni altissimi, questo è il necro di Diablo 4, quantomeno durante i primi 25 livelli. Lanciarsi nel bel mezzo dei nemici per scaricare una nova di sangue e vedere lo schermo che fa “boom”? Lo potrete fare. Stare in disparte indebolendo gli avversari, a suon di maledizioni, mentre il vostro esercito ambulante fa piazza pulita? Potete fare anche questo.

Entrambi gli stili funzionano, già dai primissimi livelli. Ovviamente nulla vieta di esporsi in prima linea, assieme ai propri minions – cosa fatta dal sottoscritto – ed adottare uno stile ibrido caster/summoner, che ritengo anche essere il più divertente.

Sangue, scheletri e tante botte.

Una aggiunta degna di nota è la nuova meccanica del Libro dei Morti. Da questa schermata è possibile “personalizzare” le proprie summons, scegliendo il tipo di scheletro – ad esempio scheletri combattenti, difensori o mietitori – ed uno tra due effetti passivi. Interessante anche la possibilità di scegliere di non utilizzare affatto l’evocazione, garantendo ulteriori bonus passivi al Negromante.

Il Libro dei Morti. Io ad esempio utilizzo i mietitori.

Come premesso non starò qui ad elencarvi ogni singola abilità della classe, anche perché qualsiasi cosa nel kit del Negromante è efficace. Già da ora si intravedono diverse possibilità di building, e sembrano tutte valide. Di fatto non ho riscontrato alcun difetto nel necro, ed anzi, a tratti mi è sembrato che fosse anche troppo forte, visti gli innumerevoli strumenti offensivi e difensivi in suo possesso.

Insomma, se avete giocato la medesima classe nei precedenti capitoli vi sentirete subito a casa. E massacrerete orde di demoni senza alcuna difficoltà.

La furia della Natura

Ed ecco il secondo ritorno, un ritorno che si attendeva da ben 22 anni. Torna il Druido, ibrido incantatore/mutaforma introdotto nella saga nel lontano 2001, con l’ espansione di Diablo 2, Lord of Destruction. Che dire del Druido di Diablo 4? Se avete giocato il secondo capitolo della saga saprete già cosa aspettarvi.

Il Druido si può giocare principalmente in due modi, ovvero da guerriero con abilità di mutaforma, o da incantatore grazie ad i suoi incantesimi elementali di roccia, fulmine ed aria. Durante l’open beta io ho potuto provare a fondo solo il primo archetipo, vuoi per i pochi livelli disponibili, vuoi perché di aspetti leggendari che potenziassero l’altro banalmente non ne ho trovati.

Impersonare un lupo mannaro ha sempre il suo fascino.

Faccio subito una premessa, il Druido può funzionare, con i dovuti accorgimenti. Ma se con il Negromante la sensazione di poter sbaragliare tutto e tutti è lampante, con il Druido bisognerà invece sudare parecchio per portare la pelle a casa.

L’idea alla base del Druido è di utilizzare le skill primarie – i cosiddetti generatori – per accumulare Spirito (la risorsa principale della classe)per poi spenderli in pochi ma potenti attacchi. Un’idea semplice, che però a conti fatti non funziona, perché banalmente mancano i danni ed i generatori avrebbero bisogno di un buff.

Investire tutto nel Lupo Mannaro non è stata una grande idea.

Anche la gestione dello Spirito è macchinosa, poiché non si rigenera mai passivamente. Questo porta ad uno stile di gioco lento, dove dopo 3-4 cast delle skill da danno siamo costretti ad autoattaccare per rigenerarlo. Il Negromante e l’Incantatore ad esempio fanno più danni e gestire la loro risorsa primaria è più semplice ed intuitivo.

Carina l’idea di dare al Druido gli attacchi velenosi, ma anche lì, il veleno fa poco male, e soprattutto non viene accumulato nel bersaglio, rendendolo di fatto un debole DoT. L’unico modo di renderlo efficace è tramite svariati aspetti leggendari fondamentalmente.

Danni bassini, AoE decente ma davvero poca mobilità, questo è quello che ho notato durante la mia run. Aggiungiamoci che le capacità difensive del Druido al momento non sono poi così entusiasmanti, ed abbiamo una classe seriamente in difficoltà in molti scontri, soprattutto quelli con i boss. Menzione d’onore per l’odiosissima Den’s Mother, che mi ha davvero fatto penare.

Perché la meccanica degli Aspetti Animali sia stata bloccata rimane un mistero.

Per correttezza aggiungo anche che la meccanica unica della classe, gli Aspetti animali, non era disponibile durante l’open beta, inspiegabilmente aggiungerei. Di fatto il Druido era l’unica classe a non avere accesso a questa peculiarità, che sarebbe il corrispettivo dell’ Arsenale del Barbaro o il Libro dei Morti del Negromante.

Quello che ho detto fino ad ora non implica però che la classe sia da buttare. Io stesso ho sperimentato due build soddisfacenti. Una basata esclusivamente sul veleno e sul poterlo spargere tra i nemici grazie alla skill Rabies ed all’evocazione di due piccoli lupi mannari, anch’essi velenosi. Un’altra che andava ad utilizzare la meccanica dell’ Overpower assieme alla skill Pulverize. Entrambe però richiedevano la combo di aspetti leggendari, cosa di cui non necessitavo con Negromante o Incantatore ad esempio.

Per concludere vi dirò la verità, paradossalmente la classe che più mi ha divertito è proprio il Druido, pur con tutte le sue mancanze. Affinare la build, decidere se puntare sul veleno o sul danno puro e riuscire finalmente a concludere la beta è stato soddisfacente. Il Negromante, di contro, l’ho trovato fin troppo forte, qualsiasi specializzazione seguissi.

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Exoprimal: abbiamo provato l’open beta

A partire dallo scorso venerdì Capcom ha reso disponibile per tutto il weekend una versione beta di Exoprimal, il nuovo sparatutto della casa di Osaka. Dopo tre giorni passati a distruggere dinosauri in sfide a squadre all’ultimo respiro, siamo pronti a darvi le nostre impressioni.

Armature e dinosauri

L’ambientazione di Exoprimal è quantomeno insolita.

Il concept e l’ambientazione di Exoprimal sono quantomeno originali. In un imprecisato futuro, la razza umana ha sviluppato una serie di teconlogie avanzatissime, tra cui gli ologrammi senzienti ed un sistema di teletrasporto.

La principale applicazione bellica di queste tecnologie è rappresentata dalle Exocorazze, micidiali esoscheletri dalla devastante potenza combattiva. I principali nemici che i possessori di queste incredibili tute saranno chiamati ad affrontare sono nientemeno che….i dinosauri!

In base a quanto si legge sul sito del gioco, la causa della loro comparsa sarebbe da riscontrare in una serie di misteriosi vortici apparsi su tutta la terra. La beta di Exoprimal tuttavia non fornisce grandi informazioni sulle cause di tale fenomeno. Fatto sta che in ogni partita i giocatori si troveranno a fronteggiare non solo le exocorazze avversarie, ma orde di centinaia e centinaia di lucertoloni.

Con un’idea che ricorda di vicino opere come Turok e Cadillacs and dinosaurs, Capcom propone nuovamente una lotta tra futuro e passato, tra tecnologia e forza primordiale, tra uomo e dinosauro.

Questione di sopravvivenza

La modalità sopravvivenza è stata l’unica disponibile nella beta di Exoprimal.

Dopo la creazione del nostro avatar (ancora piuttosto scarna a dire il vero) siamo stati sottoposti ad un breve tutorial, che ha fornito le basi del movimento e delle meccaniche di Exoprimal.

Una volta completato, la beta permetteva di ripetere il tutorial (per poter sperimentare altre exotute) oppure di lanciarsi nella modalità sopravvivenza. Quest’ultima si è rivelata essere una sfida tra due squadre di cinque giocatori ciascuno.

Guidati dalla sinistra intelligenza artificiale Leviathan, probabile antagonista del gioco, i giocatori dovranno superare una serie casuale di quattro missioni, quasi sempre incentrate sull’eliminazione di dinosauri. Si tratterà per esempio della semplice eliminazione di un dato numero di bersagli, oppure della difesa di una determinata zona per un tot di tempo, o ancora dell’abbattimento di belve particolarmente grosse e coriacee, come triceratopi o tirannosauri.

La squadra che completerà per prima le missioni otterrà una serie di vantaggi. Al termine di queste missioni, infatti comincerà la sfida finale, in cui le due squadre si scontreranno con regole particolari. Nello specifico, in una sfida vincerà la squadra che raccoglierà per prima 100 nuclei energetici. In un’altra ci sarà una torre mobile che andrà scortata fino al campo avversario mentre nell’ultima entrambe le squadre avranno a disposizione un martello. Dopo averlo caricato al massimo, l’attrezzo andrà usato per distruggere un nucleo energetico situato nel campo avversario.

Anche in queste sfide avremo a che fare con un numero esorbitante di dinosauri, che renderanno l’esito delle partite ancora più incerto e l’azione ancora più martellante. Raggiunto un determinato punteggio, sarà possibile sbloccare alcuni speciali moduli, che ci consentiranno di controllare per un breve periodo un dinosauro gigante (di solito un tirannosauro) con cui portare scompiglio nel campo avversario.

Per gli amanti degli sparatutto non si tratta certo di modalità mai viste prima, ma la varietà delle missioni mi ha regalato diverse ore di divertimento e le partite non sono mai sembrate troppo simili tra loro.

Una tuta per ogni occasione

Le exotute sono apparse davvero belle e ben caratterizzate.

Il maggior punto di forza di Exoprimal è sicuramente costituito dalle Exocorazze. Esse presentano un design davvero bello ed accattivante e sembrano tutte ben caratterizzate. La varietà di forme e colori è davvero buona e conferisce ad ogni armatura una forte personalità.

Come prevedibile, ogni corazza corrisponde ad una particolare classe e sono suddivise tra assalto, colosso e supporto. Le corazze assalto sono quelle dotate della maggior forza d’attacco e di una buona capacità di movimento. Deadeye è la più bilanciata, Zephyr è specializzata nel corpo a corpo mentre Barrage e Vigilant sono rispettivamente l’artificiere ed il cecchino.

Le corazze colosso sono quelle più tozze e massicce ed hanno elevata resistenza ed enorme potenza offensiva o difensiva, a scapito di mobilità e gittata. Tra queste Krieger è la più potente, Roadblock la più forte in difesa e Murasame la più potente nel corpo a corpo.

Infine le unità supporto hanno il compito di curare le unità alleate (Witchdoctor), supportare dall’alto (Skywave) e fare un mix delle due azioni (Nimbus).

Ogni corazza è dotata di un attacco base e di quattro abilità uniche, che dovranno essere ricaricate dopo l’utilizzo. Non sarà difficile per i giocatori trovare la corazza più congeniale al proprio stile di gioco. Personalmente ho provato tutte le corazze e non ne ho trovata nessuna che non risultasse interessante o che non abbia dato qualche soddisfazione.

Prime impressioni

L’azione in exoprimal è davvero al cardiopalma!

A livello tecnico, la beta di Exoprimal fa sicuramente bella figura. La grafica è davvero bella, nitida e definita. Le animazioni ed i movimenti risultano assolutamente fluidi e dinamici. Il gioco non ha praticamente mai mostrato rallentamenti, nemmeno nelle fasi più concitate, in cui letteralmente centinaia di dinosauri inondavano lo schermo abbattendosi sui giocatori.

Anche il sonoro, pur non brillando in modo particolare, è sembrato molto azzeccato per le atmosfere del gioco. Il design dei dinosauri e delle corazze, armi comprese è estremamente curato e ricco di particolari. Unica nota stonata sono le ambientazioni, che appaiono piuttosto piatte e ripetitive e consistono quasi sempre in città abbandonate e semidistrutte.

Anche per quanto riguarda i controlli, la beta risulta promossa in pieno. I movimenti dei nostri personaggi sono estremamente precisi, veloci e funzionali. Una volta presa la mano, sarà possibile sfruttare al meglio tutte le risorse delle nostre corazze in modo efficacie e soddisfacente, dando vita a battaglie all’ultimo sangue davvero coinvolgenti e divertenti.

Come già scritto, abbiamo potuto osservare solo la modalità sopravvivenza, ma quel che abbiamo visto ci è piaciuto. La combinazione tra azione cooperativa contro i sauri e sfida agli altri giocatori rende le partite sempre varie ed imprevedibili ed ha grandi potenzialità per creare un gameplay ancora più ricco ed accattivante nella versione finale del gioco.

Conclusioni

Exoprimal ha sicuramente un ottimo potenziale.

Per concludere, la beta di exoprimal ci ha sicuramente ben impressionato. Comparto tecnico e giocabilità sembrano essere di buon livello e la varietà delle missioni conferisce un’ottima varietà.

Certo, resta una grande incognita. Riuscirà Exoprimal a ritagliarsi un posto in un panorama così affollato e con una fanbase esigente come quello degli sparatutto? Dovremo ancora attendere qualche mese per saperlo, ma secondo noi il gioco Capcom è da tenere d’occhio.

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Abbiamo provato Diablo IV in accesso anticipato: capolavoro o flop?

Ad un paio di mesi dall’uscita del gioco completo, abbiamo potuto testare in accesso anticipato il quarto capitolo della celeberrima saga targata Blizzard e, non ve lo nascondiamo, tantissime domande si sono affollate nella nostra mente.

Dopo aver affrontato (con difficoltà) le peripezie del capostipite, stropicciato gli occhi per la meraviglia del secondo e pianto di disperazione per il terzo, i fan della saga non sanno cosa aspettarsi da questo quarto capitolo che, stando alle previsioni e, soprattutto, alle dichiarazioni degli sviluppatori, propone un’avventura a tinte fosche molto immersiva, divertente e accattivante.

Ci sono riusciti? Capiamolo insieme!

Un GDR travestito MMORPG

Dopo aver assistito ad una splendida introduzione in cui possiamo ammirare la spettacolare evocazione del Demone Lilith, ci siamo subito trovati a dover definire la classe del nostro personaggio. In accesso anticipato era possibile scegliere soltanto tra il Barbaro, l’Incantatore e il Tagliagole mentre per il Druido e il Negromante dovremo aspettare un’altra settimana. Scelti poi anche il sesso, i tratti somatici e la struttura fisica del nostro eroe (attraverso un editor che strizza l’occhio a quello di Skyrim) saremo immediatamente catapultati a Sanctuarium, la terra in cui diventeremo leggenda.

La versione che Blizzard ha rilasciato ci ha permesso di non andare oltre il livello 25 e completare il primo atto della storyline principale, facendoci assaporare quello che il gioco completo regalerà ai suoi fruitori.

E girovagando per terre impervie e pericolose, abbiamo potuto incrociare (e aiutare) tantissimi altri utenti che, come noi, stavano provando questa prima versione. Al che ha incominciato a frullarci in testa la domanda che ci ha poi accompagnato per tutta la prova e a cui abbiamo dato una risposta con riserva: che genere è Diablo 4?

A prima vista, infatti, sarebbe facile definirlo come un GDR con visuale isometrica in cui siamo chiamati a completare missioni e far fuori centinaia di migliaia di nemici. Guardando meglio, però, il gioco si presta moltissimo alla cooperazione tra gli utenti collegati in rete e il cui aiuto risulterà fondamentale per superare alcune prove. Non sappiamo bene come tale questione sarà gestita nel late game ma, nella nostra prova, abbiamo potuto cimentarci in un combattimento estremo contro il world boss Ashava e solo la presenza di un certo numero di compagni di battaglia ben skillati ci ha permesso di avere la meglio sul mostro.

Quanto inciderà questa necessità di compagni per superare le missioni? Quanto MMORPG sarà effettivamente Diablo 4? Non ci resta che aspettare per scoprirlo.

Barbaro su Diablo 4

Quando l’anima batte il corpo

Fin dalle prime immagini ci è subito stato chiaro un intento di Blizzard: accantonare le atmosfere fumettose e cartoonesche tanto criticate 10 anni fa e creare un ponte diretto con Diablo 2. Il gioco è cupo, freddo, malinconico e con qualche nota horror. Il villain Lilith risorge, per esempio, grazie a litri e litri di sangue “donati” dai tre malcapitati predoni caduti in una trappola ben orchestrata dalle forze del male. Alcune piccole missioni “resisti alle ondate” prevedono che il nostro eroe sazi con il suo sangue alcuni obelischi mentre massacra i nemici. Molto poco disneyano, senza dubbio.

Insomma, Diablo 4 è un gioco serio, dove è meglio non fidarsi di nessuno e in cui il tema spirituale è ben al centro dell’universo narrativo.

Se, infatti, è vero che abbiamo potuto esplorare soltanto (si fa per dire perché è immensa) la mappa di “Vette Spezzate” nell’Atto 1, l’importanza dell’anima e la supremazia di essa sulla carne sono piuttosto chiare. Tappandoci bene la bocca per non spoilerare nulla, diremo solo questo: alcuni prigionieri che dovremo salvare nelle miniere teatro dei dungeon disseminati un po’ dovunque nella mappa, sono già morti. Sarà la loro anima intrappolata nel mondo dei vivi a dover essere liberata. Più chiaro di così…

L’eterna lotta tra il Bene e il Male

Come detto, il nostro viaggio sarà nelle lande tetre di Sanctuarium e, suo malgrado, il nostro personaggio si troverà invischiato nella faida ancestrale tra l’arcangelo Inarius e il demone Lilith: il Bene contro il Male. Ed è proprio di questa lotta  che noi saremo protagonisti e che creerà l’intreccio principale.

Il nostro compito sarà quello di contrastare l’avanzata di Lilith che, ammaliante, sta facendo proseliti tra la popolazione, facendo in modo che il peccato si faccia strada nelle menti e nell’animo (eccolo di nuovo) delle genti per preparare il terreno all’invasione.

Noi saremo chiamati a ricacciare questo mostro negl’inferi e lo faremo, immaginiamo dagli sviluppi del primo Atto, con l’aiuto di altri personaggi che si avvicenderanno col proseguire dell’avventura, grazie ai quali cresceremo e miglioreremo fino a raggiungere la potenza necessaria per l’attacco finale.

Diablo 4, in effetti, procede sulla falsariga dei classici titoli di genere in cui è consigliabile e giusto esplorare il più possibile la mappa, divertirsi con le missioni secondarie presenti in gran quantità e scoprire tesori e segreti fondamentali per skillare, accumulare oro e materiali. Solo in questo modo il nostro personaggio crescerà, acquisirà fama e potenza. Potremo avvalerci dei mercanti per scambiare o vendere gli oggetti recuperati nelle nostre missioni, dei fabbri per riparare i vari pezzi che compongono la nostra armatura o migliorarli per renderli più performanti e delle fattucchiere per potenziare gli incantesimi.

Sarà necessario superare innumerevoli quest oltre alla main per poter sbloccare oggetti magici di enorme potere fondamentali per battere nemici sempre più difficili.

Tutto già visto, più o meno, ma una cosa vogliamo sottolinearla: le atmosfere, le ambientazioni e il colpo d’occhio di Sanctuarium sono splendide e, lo ripetiamo, danno al gioco quella nota di serietà fondamentale per tenere incollati gli occhi allo schermo.  

Scelgo te, ci combatto così e mi diverto da matti!

Senza girarci intorno, una delle pecche di Diablo 3 fu il sistema di combattimento poco lineare. Possiamo dire che il nuovissimo capitolo della saga va a superare tutto questo: il gioco è divertente, i combattimenti sono coinvolgenti e la visuale isometrica è una manna caduta dal cielo. Uccidere i nemici dà grandi soddisfazioni e le diverse caratteristiche delle classi attualmente selezionabili si adattano al proprio stile di gioco.

Noi, per esempio, amanti dei fulmini, del fuoco e del ghiaccio abbiamo giocato prevalentemente con l’Incantatore ed è stato bello, molto bello! Le magie sono splendide da vedere e abbiamo provato un piacere sadico a bruciare, ghiacciare e fulminare tutto ciò che ci veniva incontro con fare minaccioso. Particolarmente funzionale è la scarica a corto raggio, perfetta per gli scontri in mischia con moltitudini di nemici di classe bassa che vedrete cadere ai vostri piedi in men che non si dica.

Abbiamo provato, comunque, anche la potenza del Barbaro che, molto più scorbutico e fisico, ci permette di utilizzare armi a due mani e doppia arma singola per sferrare attacchi combinati e caricare la modalità Furia oltre ad acquisire un boost di abilità utilizzando questa o quell’arma.

Perché un sistema di combattimento così intuitivo? E’ presto detto: la vocazione action del titolo è preponderante e, forse, questo farà storcere il naso a chi sperava di non dover combattere sempre e comunque. Nel primo Atto che abbiamo potuto giocare, infatti, tutte le quest secondarie sono un search & destroy e ciò le rende un po’ ripetitive ma comunque coinvolgenti.

Una nota a margine per la colonna sonora che abbiamo trovato godibile e mai invasiva. Niente di memorabile, intendiamoci, ma alcune tracce ascoltate in specifici momenti ci sono rimaste impresse e ci hanno favorevolmente colpito. I dialoghi, invece, ancora tutti in inglese con sottotitoli in italiano non ci sono sembrati un granché, anzi, la recitazione lascia molto desiderare. Aspettiamo, perciò, con ansia la versione tricolore.  

Le specifiche tecniche

Dopo un’attenta riflessione, abbiamo deciso di non includere in questa panoramica commenti di natura tecnica sul titolo poiché riteniamo sia giusto attendere l’uscita del gioco completo per fare valutazioni complessive e dare giudizi di valore. Inoltre, abbiamo testato questa versione su Xbox One quindi non abbiamo, per limitazioni oggettive, potuto ammirare tutte le potenzialità grafiche del titolo Blizzard.

Nessuna valutazione, quindi, neanche su alcuni caricamenti eccessivi di texture o evidenti bad clipping che, ora come ora, è fisiologico che ci siano.

Il nostro giudizio

Diablo 4 aspira ad essere un capolavoro e ha tutte le potenzialità per esserlo. Molto faranno gli sviluppi di trama che non ci è dato di conoscere. Abbiamo alcuni dubbi sulla preponderanza o meno del fattore Co-Op sul quale ci riserviamo di capire come sarà gestito dagli sviluppatori. Il titolo Blizzard, comunque, ci ha fatto divertire per quasi 20 ore senza pressoché mai annoiare e ha presentato qualche picco adrenalinico, come il combattimento con Ashava, davvero interessante.

Molto votato all’action, potrebbe non essere perfetto per i giocatori che cercano un’esperienza open world meno frenetica: a Sanctuarium si combatte, sappiatelo!

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Overwatch 2: i migliori DPS per iniziare

In Overwatch 2 il DPS (damage per second) è il ruolo che si occupa di infliggere ingenti danni e di confermare le uccisioni. Soltanto chi predispone di un’ottima mira e capacità di giudizio riuscirà a padroneggiare con maestria questo ruolo. Dopo aver visto i migliori healer e tank per iniziare, adesso concentriamoci su quali sono i migliori eroi DPS per iniziare la scalata alla vetta competitiva.

Torbjorn

Torbjorn: DPS di Overwatch 2
Torbjorn

Iniziamo la nostra lista con un DPS che sacrifica l’efficienza per un po’ di sano divertimento. Protagonista di molteplici rework, Torbjorn ritorna su Overwatch 2 con la stessa letalità (e capacità di infastidire) che lo contraddistingueva nel capitolo precedente. Forte su tutte le distanze, può alternare la sua sparachiodi tra 2 tipi di fuochi. Il primo è preciso e a lunga gittata, ideale per i colpi in testa, mentre il secondo è molto simile alla rosata di un fucile a pompa, permettendo capacità di difendersi se costretti allo scontro ravvicinato.

Se sarete in difficoltà vi arriverà subito in soccorso l’abilità “Sovraccarico” che vi permetterà di aumentare la vostra vita e la vostra velocità d’attacco, permettendovi un contrattacco rapido. Se invece le gioie della battaglia ravvicinata non dovessero attrarvi potrete sempre usare la famigerata Torretta di Torbjorn.

L’ultra “Nucleo Ardente” è ottima per limitare i movimenti del nemico. Usarla in punti di valore per gli avversari, come i punti di controllo, saprà destabilizzarli pesantemente.

La torretta è l’abilità più importante ed iconica di questo eroe. Essa mira da sola, quindi tutto quello di cui dovremmo preoccuparci sarà posizionarla in un luogo strategico. Un punto in cui potrà colpire in nemici in maniera fastidiosa rimanendo il più possibile al sicuro. Se danneggiata potrete ripararla con il martello che possedete come arma secondaria, ma tale azione prenderà troppo tempo, quindi fatelo solo quando la battaglia si è conclusa. Ricordate inoltre, che la vostra torretta potrà farvi da scudo dai danni nemici. Non sarà un’impenetrabile egida, ma potrebbe salvarvi da eventuali cecchini avversari.

Soldato 76

Soldato 76: DPS di Overwatch 2
Soldato 76

Sicuramente uno dei DPS più gettonati dai principianti di Overwatch 2. Soldato 76 risulterà subito un eroe intuibile e facile da usare per la maggior parte dei videogiocatori, d’altronde incarna perfettamente lo spirito di un FPS. Il fuoco principale risulta perfettamente simile a quello di un fucile d’assalto, saper controllare il rinculo sarà l’unica difficoltà che vi troverete davanti, ma dopo averci preso la mano sarete inarrestabili.

Soldato 76 preferisce tenere i nemici a media distanza, per potersi ritirare o per inseguire e finire gli avversari. Per fare ciò non basta un buon posizionamento, ma si dovrebbe utilizzare spesso l’abilità “Scatto” per muoversi velocemente. È molto comune per chi è alle prime armi scordarsi di sprintare nei momenti giusti, quindi spremete il tasto di sprint e correte!

Se qualche nemico volante vi sta dando problemi, usate l’Ultra “Visore Tattico” e li vedrete presto cadere come mosche.

Prima o durante ogni scontro è buona norma utilizzare il “Rigeneratore Biotico“, il quale attiverà una zona che curerà lentamente voi e vostri alleati. Usatela per permettere ai vostri healer un attimo di respiro oppure per curare i vostri alleati in situazioni di emergenza. La cura non sarà massiccia, ma potrebbe essere la differenza tra la vita e la morte.

Infine, utilizzate l’abilità “Razzi Helix” in mezzo a folti gruppi nemici o ai piedi di bersagli vulnerabili per facili uccisioni. Questa è un’abilità che si ricarica abbastanza in fretta, quindi non abbiate troppo timore di sprecarla.

Junkrat

Junkrat: DPS di Overwatch 2
Junkrat

Se pensate che su Overwatch 2 un DPS debba concentrarsi puramente sul danno, allora Junkrat è la scelta giusta per voi. Con il suo lanciagranate Junkrat riesce ad essere letale sia sulla lunga che corta distanza, prediligendo però quest’ultima. Quello che questo eroe guadagna in danno lo perde purtroppo in precisione, e per questo, è consigliato un approccio ravvicinato ed aggressivo, senza però sfociare in ripetute e testarde morti.

Anche se vi troverete spesso faccia a faccia con i vostri nemici, talvolta potreste ritrovarvi a combattere sulla lunga distanza, e per avere successo è consigliabile utilizzare la tecnica più vecchia del mondo dei videogiochi online: lo “spam“. Lo “spam” di granate, seppur eticamente scorretto, risulterà subito molto efficace se messo in pratica in luoghi stretti o prevedibili. Cercate di rendere la strada dei vostri nemici impraticabile, ricoprendola di granate, e sicuramente i DPS avversari ci penseranno due volte prima di avanzare.

La “Rotobomba” è tanto versatile quanto fragile. Gli avversari la sentiranno arrivare da lontano, quindi cercate di essere pronti a “schivare” i proiettili con movimenti rapidi.

Servono pochi colpi per eliminare un nemico, ma se non bastasse potete sempre usufruire della “Mina Dirompente“. Lanciatela verso un nemico per finirlo o per allontanarlo in caso di pericolo. Quest’abilità sarà inoltre il vostro biglietto per una fuga rapida o per un movimento verticale di posizionamento. Basterà azionarla sotto di voi per poi balzare nel punto che più vi aggrada.

L’abilità “Tagliola” sarà spesso un elemento fastidioso per i novizi, ma con il passare dei match i giocatori la noteranno molto più frequentemente. Abituatevi quindi a posizionarla in luoghi imprevedibili, e a riposizionarla se il luogo dove l’avete piazzata non ha attirato nessuna preda per molto tempo. Un modo ottimo per far incappare il nemico nella vostra trappola è quello di azionarla nel bel mezzo di uno scontro concitato, quando il nemico sarà troppo distratto per notarla. Potreste persino lanciarla in mezzo alle linee nemiche ed essere efficaci, se pensate di non essere visti.

Reaper

Reaper: DPS di Overwatch 2
Reaper

Su Overwatch 2, Reaper è un DPS che alterna un gameplay aggressivo ad uno più strategico e subdolo. La somiglianza delle sue “bocche infernali” alle meccaniche di un fucile a pompa lo costringono ad un’azione ravvicinata, ma questo non significa che un approccio frontale sia sempre la soluzione migliore.

Reaper può infatti vantare di un’ottima mobilità, che può sfruttare per aggirare il nemico e colpirlo alle spalle. Usate l’abilità “Passo D’Ombra” per fare proprio questo. L’abilità vi permetterà di scegliere un luogo lontano da voi per potervici teletrasportare, ma fate attenzione perchè quando la attiverete sarete immobili e vulnerabili, quindi usatela solo quando non siete visti dal nemico.

“Spirale della morte” è senza ombra di dubbio una delle Ultra più forti, cercate sempre tra le fila nemiche l’avversario che può contrastarla e fatelo fuori prima di tutti.

Nei vostri attacchi alle retrovie ricordate sempre di sparare solamente quando avrete la vostra preda molto vicino a voi. I neofiti tendono a bruciare l’opportunità di una facile uccisione cominciando a sparare da troppo lontano, palesando la propria posizione senza avere un guadagno di danno soddisfacente.

Se vi doveste trovare da soli o con poca salute potreste sfruttare il risucchio di vita dei vostri proiettili è una buona idea, ma talvolta potrebbe non essere abbastanza. In queste situazioni, la vostra vita verrà spesso salvata dall’abilità “Forma Spettrale”. Quest’abilità vi permetterà un boost temporaneo alla velocità e uno status di invincibilità. Sfruttate queste caratteristiche per fuggire rapidamente verso i vostri compagni di squadra, e subito dopo esser stati curati, potrete buttarvi di nuovo nella mischia freschi come una rosa.

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Overwatch 2: i migliori tank per iniziare

Il tank è la spina dorsale della squadra in Overwatch 2, se il tank muore probabilmente la squadra lo seguirà poco dopo. Questo è quindi un ruolo di grande responsabilità, che solo in pochi possono comprendere a pieno. Se credi di esserne all’altezza allora continua a leggere per conoscere i migliori tank per chi vuole provare questo importantissimo ruolo di Overwatch 2.

RoadHog

Roadhog non sarà il tank più difensivo, ma di sicuro è uno dei più divertenti di tutto Overwatch 2. Il suo fuoco primario è un’ampia rosa di devastanti colpi che possono essere alternati tra media e corta distanza. Il suo potenziale di danno è molto alto, ma non lasciate che la sete di sangue vi prenda alla testa. Ricordate sempre che siete dei bersagli giganteschi!

Verrete probabilmente sempre presi di mira per primi, quindi usate coperture e movimenti imprevedibili per avere la meglio (e se scappate fatelo sempre dando le spalle alla minaccia, in questo modo coprirete la vostra parte più vulnerabile: la testa)

Roadhog per sopravvivere può contare sull’abilità “Boccata d’Aria” che gli permetterà di recuperare rapidamente molta vita. Oltre l’ovvio utilizzo esistono caratteristiche nascoste ai meno avvezzi.

Gli spazi stretti sono ottimi per utilizzare la “Porcata”, sfruttateli per ottenere rapide uccisioni o per creare spazio per la vostra squadra.

Ad esempio, l’uso dell’abilità ci regalerà un boost temporaneo alla difesa, permettendoci di resistere ai danni per l’intera durata della cura. Sapevate inoltre che l’uso di questa abilità ricaricherà abbondantemente la nostra Ultra? Provate a curarvi quando sarete a metà vita e potrete vedere da voi l’ingente carica che apporterà.

Infine, l’abilità più importante: il gancio. Terrorizzate psicologicamente gli avversari agganciando e finendo i bersagli con poca salute, oppure destabilizzate le linee nemiche portandoli fuori dalla portata dei loro alleati.

Zarya

In Overwatch 2 Zarya perde il ruolo di secondo tank di supporto e si rinnova, adattandosi al gameplay da solista.

Il suo fuoco primario è un raggio agevole nella mira, ma che inizialmente farà poco danno. Per amplificarlo basterà ricevere danno quando si è all’interno della “Barriera Particellare”.

Il fuoco secondario invece sparerà dei proiettili a traiettoria discendente, colpendo più bersagli. La strategia è quindi quella di utilizzare il fuoco secondario ai piedi di un gruppo e il primario per concentrare il danno amplificato su un singolo bersaglio.

Non siate ossessionati dall’occasione perfetta, usare la “Bomba Gravitonica” anche solo su uno o due nemici può essere altrettanto efficace.

Il corto raggio di Zarya la costringe ad uno stile di gioco aggressivo, dove dovrete trarre il massimo dai 2 scudi a vostra disposizione. Quando li usate su di voi siate imprevedibili. I nemici non vi spareranno se attivate lo scudo troppo presto. Cercate di attivarli quando siete già sotto fuoco nemico, ricavandone più carica possibile.

Zarya è un eroe semplice, e quindi perfetto per chi non ha voglia di imparare troppe abilità tutte insieme. La maestria sta proprio nel riuscire a padroneggiare la strategia di battaglia, favorendo una mentalità tattica ad un’innata abilità da sparatutto.

Sigma

La brutale eleganza di Sigma si riflette sul suo stile di gioco. Primo eroe nella lista dotato di un effettivo scudo, Sigma di rivela un ottimo tank per chi possiede una buona mira.

Il suo fuoco primario sono una coppia di sfere rimbalzanti che, se andate a segno entrambe, riusciranno a dimezzare la vita dei nemici più deboli, ma non lasciatevi ingannare dalla loro letalità. Uccidere con Sigma richiederà la sua totale attenzione, ed essendo voi tank non potete permettervelo. Lasciate il compito di confermare le uccisioni ai vostri DPS.

Sigma preferisce tenersi a media distanza, dietro il proprio scudo, avanzando ed arretrando a seconda della situazione.
In questo elegante duello le nostre abilità difensive ci semplificheranno il lavoro.

Usate lo scudo per proteggere voi e la vostra squadra, ma fate attenzione a tenerlo troppo tempo attivo. La vita dello scudo è limitata, quindi cercate di usarlo saggiamente, bloccando abilità specifiche piuttosto che interi assalti.

Il “Flusso Gravitazionale” dimezzerà la vita di tutti i nemici. Usarlo sui tank avversari significa privarli di una risorsa vitale.

Quando il nostro scudo verrà meno potremmo sempre contare su “Presa Cinetica”, che ci permetterà di assorbire la maggior parte dei danni, permettendoci un attimo di respiro.

L’abilità “Accrescimento” sarà la nostra offesa. Scagliate l’enorme masso contro un nemico per stordirlo il tempo necessario per finirlo, oppure usatelo per interrompere le Ultra nemiche.

Sigma potrebbe rivelarsi complicato all’inizio, ma la gestione accurata di scudo e abilità sarà la chiave per perfezionarsi e sfruttare il suo enorme potenziale difensivo.

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Overwatch 2: i migliori healer per iniziare

Reinhardt

Rein è l’opposto di sigma. Stabile e a corto raggio. Chi gioca questo eroe deve saper padroneggiare il capo di battaglia, sfruttando l’ampiezza del proprio scudo per assalti e ritirate.

Un errore comune è quello di cedere alla tentazione di caricare in mezzo ai nemici, tirare qualche martellata e morire subito dopo. Muovetevi sempre in armonia con i vostri alleati, difendeteli e create spazio di manovra.

L’errore più grande è quello di far capire agli avversari che state per utilizzare lo “Schianto Sismico”. Siate imprevedibili ed otterrete la vittoria.

La vostra unica possibilità di fare danni a distanza è tramite l’abilità “Dardo di Fuoco”. Siate precisi e farete molto danno ad uno o più bersagli. L’abilità “Carica” è invece l’elefante nella stanza. Calcolate sempre la posizione d’arrivo della carica e cercate di farla coincidere con quella dei vostri alleati. Una carica andata a segno ricompenserà con danni enormi, ma non caricate mai senza un piano.

Rein insegna al posizionamento, alla capacità decisionale e al lavoro di squadra. Un ottima scelta per iniziare seriamente il ruolo di tank.

Orisa

“L’inarrestabile” e “L’immortale” sono solo alcuni dei nomi che i giocatori hanno dato ad Orisa in Overwatch 2. Forse il tank per eccellenza, Orisa scala le classifiche delle vittorie grazie alle sue potenti abilità.

Non possiede scudo, ma questo non significa che non possa difendere i propri alleati. Usate il “Giavellotto Rotante” per mangiare i proiettili nemici e sfruttate il boost alla velocità per attaccare o fuggire.

Il numero magico è 200, ovvero la percentuale di carica di “Impeto Terrestre” che vi permetterà di one-shottare la maggior parte degli eroi.

Quando sarete in difficoltà attivate “Fortificazione” per ridurre notevolmente i danni e annullare i danni critici subiti.
Divertitevi con il fuoco primario a munizioni infinite ed usate il “Giavellotto Energetico” mentre aspettate il raffreddamento dell’arma.

Giocare Orisa con maestria non è tanto diverso dal giocare un rhythm game. Sfruttando l’utilizzo ritmato delle abilità, calcolate i cooldown per non rimanerne mai a corto, e se verrete supportati dai vostri alleati allora potrete diventare, letteralmente, l’inarrestabile carro armato di Overwatch 2.

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