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I valori dei Videogiochi: The Binding of Isaac

Spoiler alert!
Questo articolo contiene dettagli rilevanti sulla trama di The Binding of Isaac.

The binding of Isaac, letteralmente il sacrificio di Isacco. È un gioco rouguelike uscito nel 2011 per PC e portato successivamente su console. Ci si potrebbe chiedere come in un mondo videoludico sempre più propenso alla grafica realistica, ci sia ancora spazio per titoli come questo. Ebbene a volte la semplicità è la via migliore per portare il proprio messaggio. Badate a non confondere, però la grafica lineare di The binding of Isaac con la facilità di gioco. Il titolo infatti offre sempre nuovi obbiettivi e sfide.

The binding of Isaac è un gioco che ad una prima occhiata può sembrare effimero, ma che nasconde al suo interno una macabra sorpresa e una terribile storia di maltrattamenti e disfacimento famigliare. Il tutto finemente intessuto in un loop di partite che sono al contempo tutte uguali e ognuna unica nel suo genere.

Vi voglio rassicurare: nonostante il riferimento biblico, non si tratta di una rivisitazione fantasiosa del mito di Isacco, ma di un’opera ben più profonda.

Iniziando The Binding of Isaac

The Binding of Isaac madre

Isaac and his mother lived alone in a small house on a hill. […] Life was simple, and they were both happy. That was, until the day Isaac’s mom heard a voice from above.

The Binding of Isaac

Questa è la frase con cui il narratore ci intro­duce al gioco. La voce narrante è accompagnata da dei disegni in bianco e nero che ritraggono Isaac a sua madre.

Dio parla alla donna avvertendola che suo figlio è corrotto dal peccato, così lei tenta di correggere il bambino. Allontana da lui tutto ciò che è peccaminoso e anche di più, arrivando perfino a togliere i suoi vestiti. Fedele al mito di Isacco, Dio però non si accontenta e parla alla donna ancora una volta.

To prove your love and devotion, I require a sacrifice. Your son Isaac will be the sacrifice. Go into his room and end his life as an offering to me, to prove that you love above all else.

The Binding of Isaac

Con questa frase Dio chiede alla donna il gesto estremo di sacrificare suo figlio. La madre di Isaac accetta, afferra un coltello e si dirige verso la camera del figlio. Isaac vedendo tutto da una fessura nella porta della sua camera, cerca terrificato un posto in cui nascondersi. Alla fine vede una botola sul pavimento e senza esitazione vi entra solo per addentrarsi nell’ignoto al di sotto.

Questa a grandi linee è la storia che possiamo assaporare con un primo approccio al gioco.

Una storia a livelli

The binding of Isaac, però si può considerare una storia su più livelli. Questo non solo per il gameplay strutturato a piani consecutivi, ma anche per la profondità della vicenda narrativa stessa. Gli accadimenti legati alla trama del gioco vengono infatti presentati a più step. Si scopre la storia un tassello dopo l’altro. Come se l’autore del gioco ci avesse fornito un calendario dell’avvento dalle cui caselline possiamo estrarre piccole pillole di trama. La storia si costruisce giocando e rigiocando. Ogni nuova scoperta, ogni nuovo boss, ogni sfida superata ci porterà a comprendere sempre di più cosa sta succedendo.

The Binding of Isaac gameplay

Come se non bastasse, ad arricchire la situazione, ci sono anche i due livelli di narrativa: Isaac e la verità. I quali non sempre combaciano.

Le scene iniziali del gioco, narrate con disegni in bianco e nero, sono la storia che Isaac ci sta raccontando dal suo punto di vista, così come la sua mente ha elaborato ciò che è successo. In contrapposizione ai disegni del bambino ci sono le scene a colori che illustrano la realtà dei fatti. La rarità di queste ultime ci porterà a pensare che ciò che racconta Isaac sia reale, ma osservando attentamente si potranno notare delle incongruenze e arrivare alla medesima conclusione: la morte di Isaac.

La storia tramite gli oggetti

Gli oggetti. Forse gli elementi fondamentali del gioco. Grazie ad essi possiamo creare combinazioni sempre diverse sul personaggio rendendolo forte. Le sinergie che possiamo creare tra diversi item sono imprevedibili e anche solo un equipaggiamento sbagliato può rovinare la partita o ribaltarla.

The Binding of Isaac oggetti

Gli oggetti non sono però utili solo al giocatore in quanto tale, ma anche alla trama. In essi e nelle loro descrizioni infatti possiamo carpire dettagli che potrebbero chiarire qualche dubbio riguardo alla storia di Isaac. Gli “Healt up” ad esempio il cibo per cani o il latte avariato, o “Speed up” come la cintura e il cucchiaio, suggeriscono una storia di maltrattamenti nei confronti del piccolo Isaac.

Item come la parrucca della mamma o le innumerevoli pillole e siringhe insinuano la possibilità che la madre fosse malata. La figura che però si nasconde per lo più tra gli equipaggiamenti del gioco è proprio il padre. Dell’uomo sappiamo solo che se n’è andato e solo con l’ultima espansione si può individuarne vagamente la motivazione. Dad’s lost coin ad esempio allude al fatto che il padre fosse quella di un alcolista. La moneta in questione infatti si rivela essere un riconoscimento degli alcolisti anonimi per 24 ore di sobrietà.

Grazie alle ultime informazioni fornite da Repentance, possiamo meglio interpretare alcuni elementi come la fiches, le varie monete e le slot machine presenti. Il padre era un giocatore d’azzardo che ha perso tutti i risparmi della famiglia giocando solo per poi andarsene. L’idea che Isaac ha dei soldi è legata al ricordo del padre.

La contrapposizione

Nel gioco vediamo contrapporsi molti opposti, il bene e il male, Dio e il Diavolo, realtà e immaginazione. Giocare a The Binding of Isaac potrebbe ridefinire il vostro confine tra buono e cattivo o meglio sbiadirlo.

The Binding of Isaac artwork

Dal lato della Luce troviamo la madre di Isaac, cattolica accanita e timorosa di Dio ma anche la donna che vuole sacrificare suo figlio. Dall’altro abbiamo un padre che esortava il bambino ad utilizzare la sua fantasia e che seguiva il figlio molto più della madre. Un uomo che era però un alcolista e giocatore d’azzardo e che è assente dalla vita di Isaac perché ha lasciato la famiglia.

Entrambi i genitori sono perciò per il figlio delle figure discordanti e ambivalenti. La donna si presenta come una matrona impigrita davanti ai programmi televisivi cristiani. Per Isaac, la madre incarna una figura punitiva che cerca di legare il figlio alla realtà privandolo di tutte le fonti di divertimento, che normalmente un bambino dovrebbe avere. Allo stesso tempo però è colei che non lo ha abbandonato.

La figura maschile invece nella vita di Isaac è assente, infatti non se ne hanno informazioni fino all’ultima espansione. Le orme del padre sono meno evidenti nel gioco ma comunque presenti. Di lui si sa veramente poco e quel poco si può intuire dagli oggetti o dai dialoghi finali inseriti con Repentance. Ad Isaac il padre porta un esempio da non seguire. L’uomo è infatti un soggetto problematico ma spinge Isaac a sfruttare la propria fantasia e a rifugiarsi in essa quando la realtà gli sembra troppo.

Ed è proprio per questo che tutta la storia raccontata dai disegni di Isaac non può essere presa come realtà assoluta. Il bambino si trova a dover processare troppi traumi e si vede costretto a riscrivere, o in questo caso a ridisegnare, la realtà in modo da poterla affrontare.

Ascesa e discesa nei livelli dell’essere

How could you have spent our savings?

The Binding of Isaac – Repentance

Come hai potuto spendere i nostri risparmi? Questo domanda furiosa la madre di Isaac al marito nel dialogo inserito nel nuovo percorso ascendente. Durante il quale ripercorriamo tutti i piani attraversati dal nostro personaggio fino a quel momento.

Il percorso d’ascesa di Isaac comincia dopo aver trovato la Dad’s note. Non sappiamo cosa ci sia scritto su quel foglio di carta, ma questo porta Isaac a scontrarsi con la dura realtà. L’ascesa infatti rappresenta la risalita verso la realtà dalle profondità dell’inconscio che lo hanno portato all’alienazione.

In quest’ottica si può vedere tutta l’opera di McMillen, perciò anche il percorso che porta alla cattedrale può essere visto come il confronto del piccolo Isaac con la realtà della sua morte. La discesa può invece essere interpretata come l’alienazione sempre più estrema da un mondo troppo difficile da accettare.

Simbolicamente infatti l’atto di scendere nelle profondità può significare l’allontanamento di Isaac dall’immagine della madre armata di coltello, dal padre che ha abbandonato la famiglia e da tutti gli altri fatti inaccettabili per la giovane mente di un bambino.

La cruda realtà di The Binding of Isaac

Durante le innumerevoli partite al fianco di Isaac e dei suoi alter ego ci verranno forniti molti indizi per condurci a quella che poi è la realtà dei fatti. Isaac, spaventato dalla visione della madre armata di coltello, si rifugia dentro ad un baule. Vi rimane sfortunatamente bloccato dentro e cade preda di un delirio pre-morte in cui rivive parte della sua vita. L’accadimento è rappresentato nel gioco da uno dei boss più difficili chiamato appunto Delirium. Nella battaglia quest’ultimo assume la forma di molti boss o nemici del gioco quasi a volerci far ripercorrere la run.

Tutti gli indizi però sembrano portare alla cruda realtà dei fatti: Isaac è morto asfissiato nel baule mentre tentava di nascondersi dalla madre. Lo suggeriscono altri personaggi come The Forgotten e ??? (comunemente conosciuto come Blue Baby) che rappresentano il destino toccato al corpo del piccolo Isaac.

Il percorso fatto e il traguardo

Tutti i percorsi fatti quindi sembrano portare alla macabra verità della morte di Isaac. Secondo la mia interpretazione, inoltre tutta la storia viene raccontata in ultima fantasia del bambino. Una volta battuto the Beast si scopre che il narratore di tutta la vicenda altri non era che il padre di Isaac. Forse invocato per un ultima volta dalla mente del figlio per aiutarlo a trapassare.

Dad: Are you sure this is how you want this story to end, Isaac? […] Maybe a happy ending?

Isaac: Okay, Daddy.

Dad: Good, are you getting sleepy yet?

Isaac: Yeah

Dad: Okay, so… Isaac and his parents lived in a small house…

The Binding of Isaac – Repentance

Il papà chiede al bambino se vuole che sia quella la fine della storia. Suggerendo che forse non è troppo tardi per pensare ad un lieto fine. Con questa immagine voglio pensare alla rievocazione della figura paterna come a quella di un trito mietitore che accompagna Isaac verso la morte con una favola della buona notte.

The Binding of Isaac

Devo ammettere che quando mi sono approcciata a questo gioco ero piuttosto scettica, non mi sembrava il giusto soggetto su cui investire il mio tempo. Mi sono dovuta ricredere. Escludendo la storia, di cui ho già ampiamente parlato, il gioco è veramente divertente e anche quando ti sembra di averne avuto abbastanza non vorresti smettere.

Il giocare e rigiocare mi ha portato poi a farmi delle domande. Le poche scene sparpagliate per il gioco che ci raccontano un po’ di Isaac portano ad una linea generale unica ma ancora a libera interpretazione. È certo che giocando a The Binding of Isaac mi sono un po’ risentita bambina. Ho ripercorso le paure dell’infanzia come i ragni o i vermi. Ho sperimentato vecchie fobie che crescendo si impara a dominare come il timore del buio e la paura di perdersi rappresentata nel gioco dalle maledizioni che posso presentarsi nei vari piani.

Ultima cosa, ma non per importanza: questo gioco mi ha fatto riflettere su quanto a volte possiamo dare per scontato ciò che si guadagna crescendo con una famiglia che ti ama.

Invito tutti a provare a giocare a questo gioco e di fermarsi a pensare. Aprite The Binding of Isaac e per questa volta non pensate a giocare un roguelike ma ad una storia.

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Forza Horizon 5 – Recensione: il racing arcade è tornato

Recensione in BREVE

Il mondo della simulazione ha i suoi pilastri, basti pensare a Gran Turismo oppure all’italiano Assetto Corsa Competizione, mentre il racing arcade ha sempre avuto degli alti e bassi. Forza Horizon 5, invece, cerca di costruire dove nessuno l’ha mai davvero fatto con così tanta costanza. E lo fa divertendo e dando ai giocatori ore e ore di contenuti sempre diversi, da godersi in compagnia o in solitaria.

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Forza Horizon 5 è il nuovo capitolo del franchise dedicato alle corse automobilistiche realizzato da Playground Games. Questo titolo si distacca molto dalla tendenza degli ultimi anni, che pone il giocatore all’interno di un vero e proprio simulatore, e fa tornare indietro le lancette dell’orologio: nello specifico a quando si correva solo per divertimento.

A differenza del sim-racing puro, che ha dalla sua titoli del calibro di Gran Turismo, Assetto Corsa Competizione e iRacing, il mondo racing arcade ha sempre avuto degli altri e bassi, con un Need for Speed che non ha sempre convinto. Per questo motivo l’uscita e il successo di Forza Horizon 5 possono fungere da segnale verso le altre software house per far capire alle software house che entrambi questi generi possono coesistere senza distruggersi.

Ed è subito divertimento con Forza Horizon 5

Forza Horizon 5 non ha una vera e propria trama, ma tende a giustificare le varie corse che vivremo durante la nostra avventura in Messico. Si abbandonano le strade cittadine inglesi di Forza Horizon 4 per andare in un luogo decisamente più caldo, che unisce deserto e città dai colori frizzanti. Fin dalle prime battute del gioco, possiamo provare una vasta gamma di bolidi, come per esempio le due auto presenti sulla copertina del gioco: la Ford Bronco Badlands del 2021 e la Mercedes-AMG One.

La struttura del gameplay di Forza Horizon 5 non è minimamente lontana da quella del suo predecessore e la mappa messicana è piena di cose da fare. Sì, perché il nostro obiettivo principale sarà quello di realizzare l’Horizon Festival in quella città (di cui non sappiamo il nome). Dunque, avremo un sacco di obiettivi da raggiungere, tutti a suon di pole position. Gli eventi a disposizione sono molteplici e nonostante sembrano fermarsi al semplice “vinci la gara”, bisognerà anche raggiungere degli obiettivi interni, così da sbloccare nuove auto. Senza contare che l’atto di tagliare per primi il traguardo significhi anche guadagnare denaro. Denaro che ci permetterà di acquistare auto e personalizzarla in ogni singolo aspetto: che sia il look o il tuning. Entrambi sono aspetti fondamentali per Forza Horizon, anche se uno è puramente sfizio personale, mentre l’altro può cambiare le carte in tavola durante le corse.

Eppure, spesso e volentieri Forza Horizon 5 ci chiederà di gareggiare con un’auto di “livello scarso”. In che senso? I bolidi che potremo usare in questo titolo hanno un certo livello rappresentato dalle lettere alfabetiche: la S è la migliore possibile, mentre la D è la peggiore. Ma alcune volte per poter partecipare a un evento, che sia multiplayer o singleplayer, dovremo necessariamente avere un’auto di un certo livello. E alcune volte sarà basso!

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Fonte: Xbox Game Studios

Poco fa abbiamo parlato di multiplayer e singleplayer, quindi potreste chiedervi se c’è una differenza o se è possibile giocare in solitaria: la risposta è sia sì, che no. Forza Horizon 5 richiede una connessione a internet costante, ma quando si va a selezionare la gara è possibile giocare contro l’intelligenza artificiale, la quale andrà ad adattarsi al tipo e livello dell’auto scelta. Rimanendo a tema multigiocatore, la piattaforma preferita non sarà un limite: quindi se vi trovate su PC e avete un amico su Xbox, potete incontrarvi senza alcuni problema. Senza contare che potete creare un clan dove invitare gente e diventare la miglior squadra di tutto l’Horizon.

È anche vero che gli sviluppatori di Forza Horizon 5 avrebbero potuto reinventare il modello di gameplay, ma forse gli sviluppatori hanno pensato “squadra che vince, non si cambia” e hanno voluto puntare al dare ai giocatori qualcosa da fare. Sì, perché spesso quando si gioca un open world, che sia un racing game o un titolo d’avventura, arriva sempre quel momento in cui si pensa:”e ora qual è il prossimo obiettivo?” ma con questo titolo è praticamente impossibile. Ogni singola parte della mappa è esplorabile, inoltre, proprio perché non è un simulatore e i danni non sono realistici, possiamo divertirci nel fare salti chilometrici o driftare nel deserto. Tutto ha un tornaconto e ci permetterà di sbloccare altri bolidi o ci darà denaro da spendere.

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Fonte: Xbox Game Studios

Quando ci riferiamo a tutti gli aspetti di Forza Horizon 5, intendiamo anche la radio. Sì, perché alcune volte passeranno in radio delle “canzoni abilità” che ti daranno accesso a un bonus per quanto riguarda la bravura alla guida. Quindi in quel caso dovrete sbizzarrirvi nel driftare, andare al massimo della velocità, curve veloci, distruzione degli elementi ambientali e salti. La mappa quindi serve solo per farmare punti abilità? Assolutamente no. A volte ci saranno dei segreti da scovare, come i Tesori Nascosti: auto d’epoca presenti sulla mappa e tutte da individuare. Ma ci sono anche dei salti speciali da fare, così come andare su tutte le strade, distruggere ogni singolo cartello e acquistare tutte le case disponibili dà una grande soddisfazione. Quindi no, non si tratta solo di arrivare primi, ma anche di collezionare tutto il collezionabile.

L’esperienza generale di Forza Horizon 5 promette ore e ore di divertimento, dove ci sarà sempre qualcosa da fare e qualcuno con la quale gareggiare. Dunque se amate i motori e desiderate andare più veloci degli altri senza pensare troppo alle conseguenze, questo titolo fa per voi. Ma se invece fate parte della categoria sim racer, sappiate che c’è del pane anche per voi. Sì, perché è possibile attivare la modalità “simulazione” dalle impostazioni, così da poter collegare il vostro volante e sfidare chiunque vi si pari davanti. La cosa che potrebbe far storcere il naso è l’assenza di un’istanza per questo tipo di giocatore. Quindi vi scontrereste anche con persone che utilizzano il controller.

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Performance e grafica unite

Quando si parla di mondi open world è facile pensare che gli sviluppatori siano dovuti scendere a compromessi per permettere al titolo di girare bene. A pagarne il prezzo, molto spesso, è la grafica di gioco. Ma Forza Horizon 5 mette performance e livello grafico sullo stesso livello, creando un sistema bilanciato dove nessuno sovrasta l’altro. Così da essere sia gradevole alla vista, sia riuscendo ad avere prestazioni elevate. È anche vero che gli sviluppatori hanno voluto sfruttare la next-gen al massimo, ma danno comunque la scelta finale al giocatore. Ed è anche questo un dei fattori più gradevoli del gioco: ci sono un sacco di funzioni sia per l’accessibilità che per gestire la difficoltà del gioco, in modo tale da dare a tutti l’esperienza che desiderano.

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Fonte: Xbox Game Studios

Al primo avvio del software ci verrà chiedo si selezionare quale modalità vogliamo usare per giocare: performance o grafica. La prima sblocca il framerate a 60 fotogrammi al secondo, abbassando la qualità grafica. La seconda, invece, funziona al contrario: grafica elevata, framerate bloccatto a 30 fps. La cosa che riesce a sbalordire è che nonostante l’abbiamo provato su Xbox Series S, che ha componenti i quali non dovrebbero eguagliare sua sorella, Xbox Series X, ci riesce benissimo.

Anche quando si seleziona la modalità performance, la qualità grafica rimane davvero altissima e sembra quasi che non ci sia davvero nessun compromesso, a esclusione di qualche pop-up quando si va a velocità talmente estreme da superare la rapidità dei caricamenti. Inoltre, non abbiamo mai avuto problemi di framerate ballerino o glitch. L’unico vero grande problema di Forza Horizon 5, soprattutto all’uscita, riguarda la connessione al server che spesso salta, impedendo agli amici di giocare insieme.

Salire a bordo: sì o no?

Forza Horizon 5 è un titolo esclusivo Xbox da non perdere. Proprio per via delle sue meccaniche semplici e per la forte componente online – che non manca di rispetto al singleplayer – riesce ad attirare tutti i tipi di giocatori. Che voi amiate le auto o siate solo dei casual gamer che vogliono divertirsi, preparare il Festival Horizon in Messico sarà una delle esperienze più divertenti da fare!

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Racing
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Sì
  • Prezzo69,99€

Ho approfondito le meccaniche di gameplay per circa 100 ore, dopo aver scaricato il gioco al Day One su Xbox Game Pass.

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Inscryption – Recensione Spoiler: una geniale follia

Recensione in BREVE

Inscryption demolisce tutti i preconcetti sui giochi indie. Quando abbiamo pensato di essere davanti a un breve, ma solido card game, che per motivi di budget era arrivato verso la fine del suo ciclo narrativo, il titolo ha cominciato realmente la sua strada verso una geniale follia. Vedere la quarta dimensione abbattuta provoca stupore e divertimento, ma è la trama il punto di forza, che convince fino all’ultima battuta.

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Dopo aver portato a termine Inscryption, ci siamo resi conto che l’opera di Devolver Digitals doveva essere recensita citando anche eventi possibilmente spoiler che possano giustificare il voto ed elogiare il grande lavoro di Daniel Mullins. Per questo motivo, ci siamo presi una lunga pausa dopo il nostro provato per dare il giusto tempo alla community videoludica di conoscere questa nuova perla indie.

Se volete godervi il titolo senza spoiler, vi consigliamo di leggere il nostro provato con la consapevolezza che il gioco nasconde molto di più; in caso contrario, continuate a leggere queste righe prendendo coscienza che andremo a vedere quanto è profonda la tana del Bianconiglio.

Il fotografo della baita

Inscryption è un escape room con meccaniche di card game e sarà così fino alla fine. La nostra odissea inizia all’interno di una casa in legno, dove sin da subito conosciamo il suo inquietante inquilino. Sempre avvolto nel buio e con un modo di fare decisamente violento, ci spiega che vuole fare un gioco con noi. Una premessa decisamente poco rassicurante, che diventa una macabra realtà quando scopriamo le regole.

Dobbiamo affrontare il nostro avversario in un gioco da tavolo, apparentemente di sua invenzione; ci muoviamo su una mappa tendenzialmente lineare, molto simile a quanto già visto in giochi come Slay The Spire ed Hand of Fate. Le caselle consentono di pescare carte extra da inserire nel nostro mazzo oppure di fare incontri con altri personaggi. La parte affascinante di questa avventura è data dal nostro misterioso avversario, che userà una maschera intagliata nel legno per rappresentare ogni personaggio che incontreremo nelle varie caselle. Oltre a questi, ovviamente non mancheranno le battaglie e gli scontri con i boss.

I combattimenti a suon di carte avvengono in una plancia 4×3, in cui una serie di bestie si affrontano per mezzo di due statistiche: attacco e difesa. Quando una creature attacca colpisce direttamente la difesa avversaria, che subisce danni permanenti. Lo scopo della battaglia è colpire direttamente i due giocatori; ogni volta che facciamo del danno al nostro nemico, o viceversa siamo colpiti, una bilancia pende verso il suo, o nostro, lato; quando la pendenza sarà massima, la battaglia termina. Il nostro sequestratore ci dà due possibilità; dopo il secondo fallimento, porrà fine alla nostra vita.

A questa semplice meccanica, si aggiungono gli effetti speciali di ogni creatura come la possibilità di volare colpendo direttamente l’avversario, il veleno o l’immersione acquatica per citarne alcuni. In più, è possibile comporre dei totem che forniscono sigilli specifici a un determinato tipo di creatura.

Il concetto di trial and error è insito in molti giochi, ma Inscryption ha qualcosa di particolare; infatti, prima di ucciderci, il macabro proprietario ci permetterà di creare una carta del nostro tentativo a cui assegneremo anche un nome e una foto. La carta sarà utilizzabile, se pescata in una determinata casella, nella successiva run, che vi assicuriamo sarà più di una.

Sfida sleale

I boss sono tutti diversi tra loro, e a loro modo paurosi. La tensione è vera e il card game, ben bilanciato, non permette molti errori; anche perché Inscryption non sarà sempre un gioco leale. Durante la nostra partita, ci è capitato di battere al primo tentativo uno dei boss, ma il nostro sequestratore ci ha punito spiegandoci che era troppo presto; morte improvvisa e necessità di iniziare da capo.

La slealtà mostrata dal nostro avversario durante le prime battute del card game, ci ha fatto prendere coscienza che forse non sarebbe bastato vincere la partita per fuggire. Questa conferma ci è arrivato molto presto, quando abbiamo dato un senso a quello che abbiamo visto sin dall’inizio. Il gioco ci invita più volte a muoverci all’interno della stanza, come a farci intuire che il gioco di carte è solo una parte del tutto. Andando avanti, questa idea è diventata certezza, ma il modo con cui veniamo accompagnati verso questa scoperta è semplicemente geniale. Sin dalle prime battute, l’ermellino, una delle nostre carte, parlerà con noi e tenterà di aiutarci. A questo seguiranno altre carte parlanti, che ci aiuteranno a porre fine al nostro terrore.

Il Pescatore, Inscryption

Il giorno peggiore della tua vita finora

Nell’esatto momento in cui pensiamo di essere giunti alla fine di un solido videogioco indie, breve ma intenso, è lì che comincia veramente Inscryption. Dopo aver battuto Leshy, questo il vero nome del sequestratore, una serie di brevissimi filmati ci portano dentro la vera storia. Non siamo dei sequestrati all’interno del gioco, ma stiamo impersonando Luke Carder, uno youtuber noto come The Lucky Carder, appassionato di unboxing di giochi di carte. Durante i primi video, scopriamo che Luke si è imbattuto in una manciata di pacchetti di Inscryption, un TCG vintage. Tra i pacchetti, ce ne è uno già aperto contenente le coordinate per trovare la versione digitale di Inscryption.

Rotta la quarta dimensione, il gioco prende dei toni decisamente più cupi; infatti, la casa di sviluppo del gioco, GameFuna, intima a Luke di restituire l’unica versione digitale di Inscryption. The Lucky Carder filma tutto e, in particolare, la sua avventura all’interno del vero Inscryption, un gioco 8-bit scritto su un floppy disk. Improvvisamente, siamo catapultati in un gioco di carte in 2D con visuale a volo d’uccello, particolarmente simile a Pokémon, in generale, e, per la precisione, a Pokémon TCG per Game Boy Color; qui, faremo la conoscenza degli Scriba, potenti entità che regnano su vari domini: Leshy, Scriba delle bestie, è uno di questi.

Luke Carder, Inscryption

Questione di punti di vista

Il capolavoro di Daniel Mullins sta tutto nella trama. Di fatto, c’è una lotta interna tra i quattro Scriba e Luke Carder è sia vittima che speranza di questo nuovo mondo, perché Inscryption è pericoloso e deve essere distrutto. Da qui in poi, le personalità degli Scriba si scontreranno, ognuna con i proprio scopi, dal più nobile al più maligno; superato il capitolo 8-bit infatti, finiremo nuovamente nel mondo 3D di Inscryption, in una situazione praticamente uguale a quella vissuta all’inizio, ma con un altro contesto e un altro Scriba. Personaggi differenti, ma uguale trattamento per il povero protagonista.

Quello che vi abbiamo raccontato è appena la metà del gioco, che proseguirà in un plot twist in cui la vita reale di Luke Carder si scontra con il videogiocatore The Lucky Carder in una dicotomia che si assottiglia sempre di più, capitolo dopo capitolo.

In tutto questo, anche se le regole cambiano leggermente, e si ampliano ulteriormente con nuove interessanti feature, il card game rimane invariato fino alla fine. Questo non significa che sia solo un contorno, anzi. Passo dopo passo, la sfida diventa sempre più impegnativa con dei picchi massimi durante il terzo capitolo dove la programmazione di ogni mossa diventa fondamentale. Rispetto alla trama, il gameplay risente fortemente dei protagonisti in campo e il gioco potrebbe diventare decisamente arduo per i neofiti. Anche noi, che apprezziamo molto i giochi di carte, abbiamo dovuto ripetere svariate volte alcuni punti particolarmente ostici.

Inscryption: Leshy a 8-bit

Arte Caotica

Il primo impatto con Inscryption dà l’idea di un gioco indipendente a bassissimo budget, ma sin da subito si nota la bravura degli sviluppatori nel creare comunque qualcosa di visivamente godibile; però, maschera dopo maschera, Leshy diventa sempre più carismatico ed inquietante. Le ambientazioni sono un po’ spoglie, ma le carte trasudano dettagli e il vero capolavoro sono i nemici e lo stesso Luke, figure che trasudano personalità e impongono, letteralmente, la propria visione.

Dopo un po’ di ore, tutto il contesto visivo ci è sembrato tremendamente vero, anche se i mezzi sono vetusti. Lo stesso vale per le tracce audio, che ci accompagnano in questa follia, a volte esagerando con rumori metallici che ci hanno infastidito per la loro eccessiva rumorosità.

Conclusione

Inscryption prende spunto da diversi titoli della scena indipendente, ma il risultato finale è unico. I più attenti avranno captato principalmente tre titoli che hanno ispirato Daniel Mullins: il già citato Hand of Fate, Doki Doki Literature Club! ed Her Story.

Il gameplay del gioco di carte è ben costruito e la difficoltà crescente è molto simile ad Hand of Fate. Sotto questo punto di vista, Inscryption è un po’ più semplice e meno frustrante, anche se alcuni picchi di difficoltà ci hanno messo a dura prova.

Tra citazioni di Pokémon e Yu-Gi-Oh!, la trama è colei che rende Inscryption superbo. Da Doki Doki Literature Club! è stata presa l’interazione con l’utente e il suo PC, che rende l’avventura intensa e inquietante come una puntata di Black Mirror; infatti, l’opera del Team Salvato si limitava a inorridire il personaggio del gioco, ma mai direttamente l’essere umano dietro lo schermo. Inscryption, invece con i suoi intermezzi creati da attori in carne ed ossa come in Her Story, chiude il cerchio e produce una storia completa, ricca e con qualche punto oscuro volutamente lasciato all’immaginazione della community, che si è subito gettata a capofitto nella sfida.

Se non vi piacciono i giochi di carte, potreste trovare Inscryption frustrante, a tratti noioso. Il terzo capitolo è decisamente lungo, tortuoso e, a volte ripetitivo, ma stiamo parlando di una vera e propria opera d’arte che colpisce tutti gli istinti primordiali di sopravvivenza dell’essere umano. L’essere in costante balia dell’avversario e ritrovarsi in situazioni simili con personaggi differenti, ci ha fatto sentire inermi, facendoci porre domande circa la casualità degli eventi e l’ineluttabilità degli eventi. E quando un videogame ti fa porre queste domande, significa che merita un posto nella nostra libreria.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: TCG, roguelike
  • Lingua: italiano
  • Multiplayer: no
  • Prezzo19,99€

Ho vissuto la strana vita del Lucky carder per circa 10 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Editoriali Guide

Giochi per due: consigli su giochi da condividere

Quando si ama qualcuno si vorrebbero condividere con quella persona le proprie passioni. Spesso per i videogiocatori è difficile farlo perché i giochi da console, soprattutto Xbox, Playstation e PC, sono fatti per essere giocati da soli o in multi­player online. Questo spesso limita l’esperienza del tutto diversa che si può avere nel giocare insieme sulla stessa console, nella stessa stanza, a contatto, ridendo insieme, scambiandosi opinioni e condividendo le sensazioni che il gioco ci suscita. Se condividere di persona i videogiochi non fosse importante, manifestazioni come la Games Week a Milano o Modena Play non esisterebbero più. Io da videogiocatrice ho provato con il mio compagno una serie di giochi che si possono giocare in coppia e sono qui per consigliarveli. 

Vediamo quindi una serie di giochi per due da giocare con una persona speciale. 

Degrees of Separation e il potere della diversità

Degrees of Separation

Ghiaccio e fuoco. Non potrebbe esistere nulla di così diverso. Questi due elementi sono opposti, si escludono a vicenda eppure è su questo contrasto che si basa Degrees of Separation. Il titolo è ispirato alla famosa teoria dei gradi di separazione elaborata dallo scrittore Frigyes Karinthy (se vuoi saperne di più)

I personaggi, Ember e Rime, vengono da due regni diversi uno completamente ghiacciato l’altro torrido e fiammeggiante. I due si incontrano in un terzo luogo, con loro portano i colori e il clima dei loro mondi d’origine dando vita ad uno split screen propedeutico al superamento dei livelli. I colori e lo scambio tra inverno ed estate permettono di apprezzare il lavoro artistico dietro questo gioco. La storia non è molto complicata e nasconde una bella morale su come le differenze possano essere punti di forza. Gli enigmi sono basati infatti sulle diverse reazioni che gli elementi di gioco hanno in base alla metà dello schermo in cui si trovano. Alcuni sono difficili ma fattibili e i comandi sono alla portata di tutti. 

Posso concludere che Degrees of Separation è un gioco breve e ben fatto a livello artistico che con i suoi colori brillanti allieterà i pomeriggi delle coppie che decideranno di giocarlo. 

Giochi per due amici: Unravel Two

Unravel two

Due Yarny sono meglio di uno, questo è il motto del secondo capitolo di Unravel. Gli Yarny, pupazzetti fatti dal filo di un solo gomitolo, sono creaturine magiche nate allo scopo di guidare le persone quando si sono perse. I due Yarny di Unravel Two seguono le orme di due amici legati da un’amicizia profonda. Questo legame è rappresentato da un filo che unisce i due Yarny. Proprio come l’amicizia che rappresenta il filo non è d’ostacolo all’avanzamento dei due pupazzetti anzi aiuta i protagonisti a procedere nei livelli. 

Unravel two è un gioco a scorrimento in coop che immerge i giocatori nell’atmosfera umida e malinconica di un faro. Li spinge ad aiutarsi a vicenda per avanzare nei livelli mentre sullo sfondo le figure sfumate dei bambini continuano la loro storia. 

Si tratta di un ottimo gioco da giocare con un amico o amica di vecchia per celebrare la propria amicizia magari in una serata autunnale, stretti sotto una coperta, col profumo di un tè caldo che riempie la stanza. 

LittleBigPlanet 3

Little Big Planet 3
Little Big Planet 3

Probabilmente conoscete già questo titolo o almeno gli altri che lo hanno preceduto. Nonostante Sackboy abbia ormai i suoi anni non ci stanca mai e torna a farci sorridere e correre con lui in questo nuovo capitolo. I colori di Little Big Planet sono molto vari e la grafica è tridimensionale anche se lo scorrimento è principalmente 2d, la trama è meno complicata di quella dei due giochi precedentemente citati ma di più facile comprensione. Si tratta di un gioco più fanciullesco ma comunque divertente con un mondo di gioco magico da salvare.

È un gioco perfetto da giocare tra amici o col proprio bambino magari per passare un pomeriggio diverso e rinforzare il vostro rapporto. 

Rayman Legends un classico tra i giochi per due

Rayman Legends
Rayman Legends

Anche per Rayman non servono grandi presenta­zioni né ci sarebbe tanto altro da dire se non che è un bel gioco. Ha tanti livelli con varie difficoltà, tante skin diverse con cui giocare e molti contenuti extra oltre alla campagna principale. Personalmente preferisco i giochi con una trama più preponderante ma Rayman è il giusto gioco di coppia per quando si ha voglia di svagarsi senza impegnare troppo la mente. La ragione per cui però questo gioco mi ha conquistato sono i divertentissimi livelli a ritmo di musica

È l’avventura giusta per allietare i pomeriggi piovosi dopo aver concluso i compiti o il tempo libero dopo il lavoro quando si ha solo voglia di svagarsi. 

It Takes Two: Il gioco per due per antonomasia

It takes two
It takes two

Un gioco di terapia. La storia di questo gioco è esattamente questo, un percorso di risanamento del rapporto tra i genitori di una bambina che erano sull’orlo del divorzio. Uno strano libro d’amore guida la coppia di genitori lungo un’avventura con lo scopo di risvegliare i sentimenti che legavano i due. Grazie ad un desiderio della figlia i genitori si risvegliano nei corpi di due pupazzi, per tornare ai loro corpi dovranno avventurarsi nei mondi creati tra i giocattoli della figlia, dovranno risanare il loro giardino o combattere una guerra tra api e scoiattoli. Tra queste bizzarrie riusciranno i due ad apprezzarsi come un tempo? 

Di questo gioco penso solo che parlare bene, lo trovo divertente, graficamente ben fatto con una storia e una morale quasi fiabesche anche se questo dettagli potrebbe infastidire i giocatori un po’ più cresciuti. È un videogame da giocare con il partner o con un figlio per immergersi in un’avventura di dimensioni familiari e contemporaneamente per osservare questa stessa familiarità da un punto di vista differente. 

Children of Morta

Children of Morta
Children of Morta

In quest’ultimo gioco che vi consiglio penso di aver trovato tutto ciò che cerco in un videogioco. Anche se a prima vista la grafica pixelata può sembrare retrò nasconde un curato background artistico, dettaglio che si avverte anche nella scelta della colonna sonora e dei colori meravigliosamente contrapposti delle scenografie. 

Children of Morta, a differenza di tutti gli altri giochi di cui vi ho parlato, è un trial and error diviso in dungeon. Tralasciando il lato artistico però rimane una trama ben strutturata e di semplice comprensione che introdurrà i personaggi giocabili in po’ per volta integrandosi con il gameplay in maniera apparentemente casuale. A livello di gameplay inoltre il gioco non è per niente semplice o scontato, vi è una crescita dei personaggi non troppo ramifica­ta ma ben fatta e dungeon con boss sempre più complicati. 

Questo è un gioco che si condivide più facilmente con altri gamers ma non nego che anche giocarlo con il proprio partner possa essere divertente. Vi perderete nelle lande ai piedi del Monte Morta come la sottoscritta? 

Giochi per due proprio come una volta 

Spero che questa piccola lista di consigli possa esservi stata utile, ovviamente questi non sono gli unici giochi per due disponibili sulle varie console ma sono quelli che mi sono sentita di consigliarvi. La passione per i videogiochi è nata per essere condivisa e spero che questi stralci di unione possano farvi apprezzare ancora di più i videogiochi e le persone con cui li condividerete. 

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Recensioni

Football Manager 2022 – Recensione: l’anno dei Big Data

Recensione in un Tweet

Football Manager 2022 prosegue l’opera di miglioramento e semplificazione dopo la rivoluzione degli ultimi anni. Si tratta di un’opera transitoria, che apporta però importanti miglioramenti. Gli aggiustamenti al motore grafico 3D hanno reso gli errori individuali un po’ più rari, mentre il pressing sembra funzionare molto bene, forse anche troppo. Infine, la nuova feature del Centro Dati è decisamente azzeccata e probabilmente monopolizzerà l’attenzione dei più accaniti fan della serie ora e nel futuro prossimo.

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Il calcio è divertente, perché ogni stagione si riparte da zero. Nei videogiochi calcistici non è sempre così e titoli come eFooball (ex PES) ci stanno facendo capire il perché. D’altro canto, nemmeno non apportare nessuna modifica come in FIFA è un’idea troppa apprezzata dai fan. In altre parole, alla fine ci pensa sempre Football Manager a trovare la giusta ibridazione. Lo scorso anno abbiamo seguito il rinnovamento di Football Manger 2021, quest’anno capiamo se Football Manager 2022 si è ulteriormente migliorato e se ha risolto i problemi noti della serie.

Centro Dati

C’è del personale orgoglio nel vedere il Centro Dati di Football Manager 2022. Lavorando nel settore, sono ben cosciente di quanto i colleghi che operano nel settore sportivo siano importanti. Del resto, per quanto le statistiche siano bistrattate da allenatori e giornalisti, i numeri non mentono e sempre più spesso se ne sente parlare, soprattutto nei post-partita. Già lo scorso anno, Sports Interactive aveva aggiunto qualche novità come l’expected goal (xG) e le analisi pre e post partita, ma quest’anno la scelta è più dirompente.

Dalla terza di partita di campionato, sarà possibile consultare il Centro Dati, una nuova schermata che raccoglie analisi e grafici, anche on-demand, per valutare l’andamento della propria squadra e dei team avversari. L’utilità sembra effettivamente alta, ma saranno i professionisti di Football Manager ad avere la parola finale, quelli che già usano excel kilometrici per decidere la miglior formazione da schierare.

Esattamente come il resto dello staff, bisognerà scegliere con attenzione gli analisti, perché il loro aiuto può essere pressoché illimitato. La mole di dati gestita da Football Manager 2022, permette di concentrarsi praticamente su ogni aspetto della propria squadra; di conseguenza, una volta compreso appieno, mi aspetto che il Centro Dati possa diventare il punto nevralgico di questo e dei successivi capitoli della serie.

Football Manager 2022: Centro Dati

Semplificato, non semplice

In linea con l’opera di snellimento degli anni precedenti, Sports Interactive ha pensato di fornire una serie di visualizzazioni standard particolarmente utili anche ai neofiti, che non vogliono entrare nel dettaglio dei numeri. La schermata di Prestazione Complessiva, ci fa capire come sta andando la squadra rispetto alla media dei nostri avversari, ma c’è molto di più; infatti, ogni tattica ha i proprio punti forti e le proprie debolezze, che dovrebbero essere in linea con i dati mostrati in questo grafico. Nel caso così non fosse, avremmo molto sui cui lavorare.

A questo riassunto, si aggiungono le Scoperte Chiave, punti salienti che ci chiariscono se stiamo vincendo, o perdendo, con merito o a causa della sorte. Infine, la schermata principale si completa con un focus su Attacco e Difesa, fondamentali da analizzare quando le cose non vanno come dovrebbero.

Staff: tutti qui, grazie!

I collaboratori sono da sempre croce e delizia di Football Manager. I più navigati utilizzano ormai da anni delle vere e proprie formule per capire l’effettivo valore di ogni singolo stipendiato; infatti, uno staff di scarso valore può fare danni enormi. Football Manager 2022 non cambia le regole, ma velocizza le riunioni, che adesso appaiono più interessanti e gestibili. Negli anni passati, infatti lo staff diventava alla lunga snervante con continue chiamate che rendevano il gioco più lento e ragionato di quanto non lo sia già.

Quest’anno, le riunioni di staff sono gestite tutte interamente in un’unica schermata aggiornata settimanalmente. Lo staff ci informerà in merito all’allenamento della squadra, ci darà consigli sul mercato e ci chiederà quali giocatori cercare, ci informerà sui talenti in sviluppo e ci consiglierà su come ampliare il nostro staff. Potremmo decidere di ignorare un consiglio, accettarlo oppure discuterne dopo la fine della riunione con più calma. La scelta è vincente, perché con pochi click sono riuscito a gestire tutte le azioni più importanti senza annoiarmi.

Grand Hotel Calciomercato

Paradossalmente, il problema più grande della serie è anche il più amato dai fan del pallone: il calciomercato. Nonostante la rivoluzione sia avvenuta in periodo di pandemia da Covid-19, il mercato è sempre stato un problema importante del gioco. Football Manager 2022 non risolve questa criticità, ma prova a buttare benzina sul fuoco con una nuova gestione dell’ultimo giorno di mercato. Si tratta di una schermata aggiornata ora dopo ora, in cui possiamo seguire il deadline day con tutto il pathos che richiede la situazione.

L’idea è sicuramente promettente, ma nel caso in cui scegliamo una squadra con un budget limitato, cioè qualsiasi squadra di Serie A, sentirsi coinvolti sarà particolarmente complicato. Almeno durante le prime stagioni. In ogni caso, apprezzo il tentativo, ma sembra solo un tentativo di togliere l’attenzione dal vero problema: le richieste folli di squadre, calciatori e agenti che rispecchiano ancora poco la realtà delle cose.

Football Manager 2022: ultimo giorno di mercato

Un matchday che funziona

Come già detto durante la recensione di Football Manager 2021, la nuova schermata della partita funziona. Sports Interactive ne sembra cosciente e ha deciso di continuare su questa strada apportando miglioramenti soprattutto sul nuovo motore 3D. Gli aggiustamenti riguardano quattro aree: animazioni, dribbling, pressing e ruoli.

Il risultato è una una visione della partita più fluida e un’intelligenza artificiale più strutturata;negli anni passati, infatti le brutte decisioni dei calciatori erano dovute soprattutto a un motore grafico che non consentiva una complessa gestione della palla. Il nuovo sistema di dribbling ha anche il compito di evitare clamorosi errori che portino a inutili lanci lunghi o follie risolvibili con un semplice passaggio all’indietro.

L’altra faccia della medaglia prevede una maggiore minuzia nel pressing. Adesso, la pressione è più corale e lo staff avvertirà quando alcuni giocatori faranno fatica a mantenere l’intensità richiesta durante la partita. Esattamente come nella realtà, infatti ci saranno dei giocatori che non si troveranno bene a pressare per tutta la partita, facendolo poco, male e magari di controvoglia. Questo dovrebbe teoricamente diminuire l’utilizzo del pressing, ma nella realtà dei fatti il gegenpressing è ancora il modo migliore per portare alla vittoria una squadra. Nel mio caso, ho avuto una quantità importante di vittorie con una Juventus atta a pressare tutto campo, anche se alcuni giocatori come Dybala e Cuadrado si lamentavano. Il risultato è stato clamorosamente migliore della stagione con Maurizio Sarri in panchina.

Infine, se siete degli amanti delle incursioni di Sergio Ramos, Sports Interactive ha pensato a voi introducendo i difensori centrali larghi che in una difesa a tre possono avere anche compiti offensivi.

Problemi vintage

I maggiori problemi di Football Manager 2022 sono gli stessi che hanno afflitto l’ultima edizione: mercato e giornalisti. Come detto poche righe sopra, il mercato di Football Manager non è mai stato troppo credibile e necessiterebbe di una completa rivisitazione dell’intelligenza artificiale che ci sta dietro. Per esempio, Dybala che in questo momento sembra vicino al rinnovo con la Juventus, nel gioco non vuole saperne nulla e ha abbondonato la nave a fine stagione. I media, invece hanno ricevuto un rework deludente lo scorso anno, ma Sports Interactive non sembra abbia preso in considerazione i feedback degli utenti. Non c’è veramente un problema nei giornalisti del titolo: le conferenze sono sempre state noiose e continuano a esserlo.

Un altro punto da rivedere della serie sono gli infortuni, ma quest’anno non ci ho nemmeno fatto caso. Del resto, si giocano così tante partite nella vita reale, e di conseguenza nel gioco, che sembra sia la realtà ad essersi adattata all’alto numero di infortuni di Football Manager.

Infine, dispiace come l’esclusività di alcune licenze abbia afflitto anche il gestionale di Sports Interactive; per esempio, Zebre è il nome della Juventus, che ha stretto una partnership con Konami, già da qualche tempo.

Football Manager 2022: conferenza giornalisti

Conclusione

Football Manager 2022 continua l’evoluzione dopo il restyling degli scorsi anni. Il risultato è soddisfacente per quanto riguarda il potenziamento del motore 3D, che ha risolto alcuni problemi di intelligenza artificiale durante il match day. Le nuove feature, invece mi sono piaciute, ma solo in parte. Approvo il Centro Dati, che sono certo diventerà più importante anno dopo anno, ma trovo sottotono l’ultima giornata di mercato. Inutile dire che avrei preferito un rifacimento dell’intera IA del mercato, ancora troppo spesso eccessivamente irreale. Alcune parti sottotono, come le conferenze stampa, non hanno ricevuto ulteriori aggiornamenti, mentre sembra che gli aggiornamenti sul motore grafico abbiano apportato eccessivo vantaggio a chi ama il pressing alto, adesso decisamente più efficace, forse anche troppo.

In altre parole, Football Manager 2022 è un titolo solido, che merita di essere provato per gli ottimi miglioramenti apportati al motore 3D e per il Centro Dati, ma purtroppo non abbiamo ancora ricevuto risposte sui più importanti problemi che affliggono la serie ormai da anni.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: gestionale, manageriale, sportivo
  • Lingua: italiano
  • Multiplayer: si
  • Prezzo54,99

Ho insegnato il pressing alle Zebre per circa 20 ore grazie a un codice PC gentilmente fornito dal publisher.

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Recensioni

Call of Duty: Vanguard – Recensione: un Bastardi senza gloria annacquato

Recensione in un Tweet

Call of Duty: Vanguard potrebbe fare molto di più, ma si limita a tracciare una linea senza picchi di una serie ormai lunga 18 anni. La modalità single player è l’emblema della contemporaneità videoludica. Una buona idea sprecata dall’eccessiva fretta di portare un’enorme quantità di contenuti extra alla modalità multiplayer, la più riuscita e assuefacente del titolo, che si è limitata a riportare quanto di buono già fatto con Warzone.

7.5


La seconda guerra mondiale è probabilmente lo scenario più spremuto degli sparatutto moderni e Activision ha un diritto di prelazione datato 2005. Call of Duty 2 è uno degli FPS più amati apprezzati di sempre, mentre il precedente lavoro di Sledgehammer Games, Call of Duty: WWII, è ricordato con estremo piacere dagli amanti della saga. Di conseguenza, Call of Duty: Vanguard si è portato dietro una grande speranza, che piacerà agli amanti della serie, ma che difficilmente porterà nuovi giocatori.

Call of Duty: Vanguard è diviso in tre parti principali: campagna, multiplayer online e zombie. Sappiamo che Activision porterà tanti nuovi contenuti nel corso del tempo, ma la nostra valutazione può tenere conto soltanto di quanto visto al lancio. E per forza di cose, almeno di due queste hanno bisogno di nuovi contenuti quanto prima.

Call of Duty Vanguard: L'avanguardia

Campagna

Ci aspettavamo che la deriva mutiplayer (ed esport) di Call of Duty avrebbe portato a un ridimensionamento del single player, ma ci dispiace per l’Avanguardia; l’idea di base era realmente coinvolgente. Il single player di CoD: Vanguard ci mette nei panni di cinque membri di una task force impegnata nell’operazione Phoenix, il cui obiettivo è il recupero di importanti documenti. I soldati dell’Avanguardia sono: lo sfortunato Novak, che ci lascerà anzitempo, il leader del gruppo, Arthur Kingsley dell’armata britannica, il cecchino russo Polina Petrova, l’aviatore americano Wade Jackson e Lucas Riggs, geniere australiano.

Tutti i membri dell’Avanguardia e i relativi nazisti hanno una caratterizzazione decisamente stereotipata, che fa l’occhiolino al cinema hollywoodiano. Una scelta decisamente votata ai più giovani, che ci ha ricordato il celebre Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, in una rivisitazione decisamente annacquata, molto più simile a una serie Netflix per adolescenti. L’idea generale del gioco è ricordare che la guerra porta morte e sofferenza, indipendentemente dalla fazione, etnia o ragioni per cui combatti. L’immediata morte di Novak ci fa pensare che non può esserci niente di peggio, ma i flashback dei singoli protagonisti ci rendono consapevoli che sopravvivere non è necessariamente una vittoria.

Bello, ma non bellissimo

Nella campagna di Call of Duty: Vanguard ci scontriamo nell’egocentrica follia nazista di Hermann Freisinger in diverse parti del mondo e del cielo. Germania, Francia, Russia, Africa e Oceano Pacifico saranno scenari di una guerra caotica e frenetica, che segue i canoni tipici della saga. Le ambientazioni forniscono degli scorci molto suggestivi, mentre la motion capture rende i volti realistici e cinematografici; questo, insieme a piacevoli dettagli come le divise naziste, rendono CoD: Vanguard un titolo visivamente molto godibile, anche se non proprio next-gen.

La cross-generation è sicuramente un freno, ma su Xbox Series X abbiamo affrontato un paio di cali di frame di troppo, che comunque non hanno rovinato un’esperienza di gioco solida. Sullo stesso livello si pone la parte sonora; alcune tracce sono decisamente molto azzeccate, soprattutto sul finale berlinese, ma che non raggiungono alcuni capolavori che abbiamo ascoltato nel recente passato della serie.

Il problema principale della modalità è sicuramente la breve durata di circa cinque ore che segue dei canoni molto, troppo standard. Abbiamo esplorato singolarmente le vite dei membri dell’Avanguardia per poi affrontare la missione finale in coop, con la sensazione che una minore frettolosità avrebbe potuto proporre dei momenti indimenticabili.

Call of Duty Vanguard: Polina Petrova

Multiplayer

Se FIFA e Call of Duty sono i titoli più acquistati dai videogiocatori italiani, il motivo è presto detto: FIFA e CoD appagano la necessità di competizioni dei casual player e degli esporter. Lo stile veloce, quasi arcade, di Call of Duty ha permesso a tanti videogiocatori di fare la guerra con una curva di apprendimento meno ripida di altri titoli competitivi (ad esempio, Counter-Strike). Sledgehammer Games ha mantenuto invariato questo stile, con tutti i suoi pregi e difetti.

Chi passa già tanto tempo in CoD, troverà Vanguard molto allettante per la presenza di tantissimi contenuti già disponibili al day one; infatti, il titolo conta già 20 mappe, di cui 16 per la modalità base mentre 4 in esclusiva per Collina dei Campioni, una delle due nuova modalità insieme a Pattuglia. La Collina dei Campioni è un torneo di sopravvivenza che si svolge su diverse arene, mentre Pattuglia è una rivisitazione di Postazione, con un obiettivo dinamico su tutta la mappa.

Full optional

Le stesse sensazioni di assuefazione che si possono provare da tempi di Call of Duty 4: Modern Warfare sono ulteriormente amplificate dall’esperienza ottenuta dal publisher con il battle royale Warzone. Sin dalle prime battute sarà possibile ottenere skin e nuove abilità da inserire in uno dei quattro slot a disposizione del proprio alter ego. In aggiunta, vi è la presenza dell’armaiolo, feature che permette di sbloccare utilizzo dopo utilizzo nuovi potenziamenti alle armi, che diventano così altamente personalizzabili. Infine, il matchmaking garantisce sempre nuove partite con un tempo che si assesta solitamente sotto al minuto di attesa.

In altre parole, Call of Duty: Vanguard prosegue quanto già costruito dai suoi predecessori, ma per l’innovazione bisognerà attendere; infatti, nonostante l’importante quantità di armi ispirate alla seconda guerra mondiale, difficilmente avremmo il tempo di gustare una battaglia retrò, soprattutto perché lo stile arcade del gioco ci riporta rapidamente alla modernità dei giochi contemporanei.

Zombie

Nei cimiteri di Stalingrado, l’Oberführer Wolfram Von List ha trovato risposte alla sua necessità di paranormale. Il Projekt Endstation ha squarciato le dimensioni e Von List ha stretto un’alleanza con una potente entità demoniaca: Kortifex l’Immortale. L’Alleanza, insieme ai quattro demoni Inviktor il Distruttore, Bellekar l’Arcanista, Norticus il Conquistatore e Saraxis l’Oscura, dovranno sconfiggere il male in questa versione della modalità zombie. La modalità prevede una hall principale, Der Anfang, dove ritrovarsi con altri compagni di squadra per poter scegliere quanti e quali round affrontare.

Ogni round prevede il completamente di un obiettivo, che passa attraverso la distruzioni di orde di zombie, che diventano via via più potenti. Alla fine di ogni round sarà possibile spendere i punti ottenuti per potenziare il proprio personaggio. Inutile dire che sarà fondamentale farlo, soprattutto se vorremmo provare l’Estrazione, un combattimento all’ultimo sangue disponibile dal quarto round, che porterà alla fine, gloriosa o meno, della partita.

Call of Duty Vanguard: Zombie

Minimale

Per molti videogiocatori di Call of Duty, la modalità Zombie è una delle più divertenti, ma in Vanguard manca ancora l’enorme scelta disponibile nella modalità multiplayer; infatti, ogni volta che saremmo catapultati dal Der Anfang a una nuova zona, si ha l’impressione di affrontare sempre la stessa missione. Anche se gli obiettivi sono effettivamente diversi, purtroppo nondovremmo fare altro che massacrare non-morti e premere il tasto X su un oggetto della mappa. Una ripetitività che siamo certi diminuirà con il tempo, ma che per ora non possiamo fare altro che constatare.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Sparatutto
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Si
  • Prezzo79,99€

Ho completato la modalità single playuer in circa 5 ore, dedicandomi alla modalità multiplayer per almeno il doppio del tempo grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher per Xbox Series X.

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Recensioni

Darkest Dungeon 2, provato dell’accesso anticipato

Cinque anni fa, il mondo videoludico, per mezzo di Red Hook Studios, è caduto in un terrificante labirinto denominato Darkest Dungeon. Nel contesto dei roguelike, che hanno ricevuto tante piacevoli novità nell’ultimo decennio, Darkest Dungeon è riuscito a farsi spazio grazie a un livello di difficoltà e senso di frustrazione difficile da trovare nei videogiochi contemporanei. Già dalle prime battute dell’accesso anticipato, Darkest Dungeon 2 ci riporta in una complicata ambientazione lovecraftiana, ma questa volta solo dopo aver ascoltati i fan della serie.

Darkest Dungeon 2 Accesso Anticipato: la locanda

Come prima, più di prima

In esclusiva su Epic Store Games, l’accesso anticipato di Darkest Dungeon 2 rispecchia il modo di dire anglosassone più ambito da un sequel: more of the same. Il secondo capitolo del gdr roguelike di Red Hook Studios ha mantenuto tutte le caratteristiche fondamentali del suo predecessore; lo scopo del gioco è salvare il mondo dall’immonda malvagità già incontrata nel maniero e che ora si è estesa sul pianeta. Lo faremo per mezzo di quattro eroi da un passato oscuro, che lotteranno nemici di differenti piani in uno scontro a turni in cui conterà il posizionamento su linea orizzontale.

Rispetto al passato, dove ci muovevamo a piedi in una scacchiera a due dimensioni, in Darkest Dungeon 2 avremo a disposizione una carovana tridimensionale (ampliabile) che ci permetterà di spostarci in zone più vaste. Purtroppo, questa nuova feature rende il gioco più lento, e non potendo tornare indietro, più volte ci è capitato di essere condotti dal gioco in una direzione non voluta con conseguente debacle. Le zone sono decisamente ben caratterizzate e se arriveremo alla fine, potremmo riposarci in locanda dove recuperaremo punti vita e soprattutto sanità mentale.

Darkest Dungeon 2 Accesso Anticipato: la carovana

Colui che sussurrava nelle tenebre

Lo stress è la caratteristica principale dell’accesso anticipato di Darkest Dungeon 2, ancor prima dei punti vita. Una volta che la barra si riempie, il personaggio avrà una crisi che lo porterà all’autolesionismo e a perdere fiducia nei suoi alleati. Nello specifico, i quattro prescelti costruiranno un rapporto che potrà essere di amore (o rispetto) oppure odio (o perplessità). Questa dicotomia fornirà bonus o malus decisamente impattanti, che possono divenire letali se scatenati nel momento meno opportuno.

Esattamente come il titolo originale, ci muoveremo all’interno di una mappa che prevede diversi tipi di bonus e soprattutto ostacoli. I vari punti d’interesse saranno raggiungibili per mezzo di una strada, che può essere “sicura” oppure infestata da creature che bloccano il percorso. I combattimenti, invece possono essere di tre tipi: la più classica delle battaglie, il covo (dove incontrare i boss) oppure una serie di tre sfide, solitamente prima del punto di ristoro. In Darkest Dungeon 2 non si potrà scappare dal male; infatti, è presente una barra di “loathing”, che indica quanto è pericolosa la zona che stiamo attraversando. Più questa barra aumenta, più i nemici saranno forti; sarà dunque indispensabile bilanciare i combattimenti con gli altri punti d’interesse per diminuire la pericolosità delle creature.

Darkest Dungeon 2 Accesso Anticipato: i rapporti (odio)

Combattimenti all’ultimo sangue (tridimensionale)

Il clou sono gli scontri con le creature che infestano il mondo. In particolare, i combattimenti di Darkest Dungeon 2 hanno un nuovo engine 3D che rende le animazioni uniche sia per ogni eroe che per ogni nemico. Il risultato estetico è brillante, mentre il gameplay è ancora concentrato sui numeri e sulla gestione di bonus e malus. I fan della serie troveranno un videogame ancora profondo, anche se alcune penalizzazioni non sono ancora state spiegate a dovere e richiederanno sicuramente degli aggiornamenti.

I nostri personaggi, ma anche i nostri nemici, si posizionano su una linea orizzontale e potranno usare solamente le abilità attivabili in quella posizione. Alcune di queste permettono anche di muovere eroi e avversari lungo la linea così da creare interessanti combinazioni che possono avvantaggiarci o crearci dei problematici grattacapi. In Darkest Dungeon 2, il party dovrà essere necessariamente eterogeneo, ma permane quasi sempre la necessità di un tank e un curatore.

Eroi per sempre

Il primo capitolo della serie permetteva di reclutare nuovi personaggi su una serie limitata di classi, ma con differenti abilità. Darkest Dungeon 2, invece dà una propria identità agli eroi, che saranno sempre gli stessi. Le abilità fra cui scegliere sono più delle quattro “equipaggiabili”, ma per ottenerle dovremmo scoprire di più sul passato del personaggio; per farlo, bisognerà visitare un punto d’interesse specifico. Riteniamo la scelta di rendere “nostri” gli eroi con cui viaggeremo molto azzeccata, visto che ora soffriremo un po’ di più per la loro (frequente) dipartita.

Come sappiamo, la morte è parte integrante della serie di Darkest Dungeon; però, nel secondo capitolo, essa è fondamentale per il proseguo. Ad ogni sconfitta, il nostro profilo aumenterà di livello, sbloccando una serie di ricompense via via più forti, tra cui nuove classi. Purtroppo, quando capiremo che la fine è vicina, la morte non arriverà subito; infatti, gli sviluppatori ci costringeranno a proseguire il nostro viaggio, anche se abbiamo perso la maggior parte dei nostri eroi, costringendoci a una lenta fine prima di poter cominciare una nuova spedizione totalmente da capo.

Conclusione

Darkest Dungeon 2 continua lungo la stessa linea del capolavoro del 2016, semplificando alcune parti un po’ troppo laboriose e innovando il comparto tecnico. L’idea di scartare il reclutamento a favore di eroi unici migliora due componenti del gioco: velocizzare il gioco semplificando la scelta dei personaggi e dare una trama agli eroi che avranno il duro compito di salvare il nostro pianeta. D’altro canto, aggiungere la terza dimensione ha creato delle animazioni più fluide e gradevoli, a discapito di una lentezza generale che può annoiare nel lungo periodo. Per fortuna, Red Hook Studios ha ancora diversi mesi prima di poter lanciare ufficialmente il gioco sul mercato e le premesse sono maledettamente positive.

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Hearthstone: Mercenari, tanto potenziale ma molto lavoro da fare

Activision Blizzard ha finalmente reso disponibile la tanto attesa modalità Mercenari su Hearthstone. Il popolare gioco di carte collezionabili basato sul mondo di Warcraft ha vissuto un lungo periodo di transizione che ha portato diverse modalità. Mercenari è stata la più attesa, ma è anche la migliore?

Hearthstone è divenuto famoso perché è riuscito a divertire pur semplificando le regole di giochi di carte storicamente più complessi. Questa formula, unita alla lore di World of Warcraft, ha permesso al gioco di essere un grande successo almeno fino a pochi anni fa; infatti, l’addio di Ben Brode nel 2018 sembrava culminare un periodo sottotono in cui la magia si pensava fosse realmente finita. Probabilmente da quel giorno Blizzard ha cominciato a lavorare a un gioco di carte diverso; più variegato, in cui la ladder è solo una parte di un mondo molto più sfaccettato.

Con il micro-mondo dei Mercenari, contenente al suo interno sia un gioco single-player che PvP, Blizzard vuole chiudere il cerchio della rivoluzione di Hearthstone.

I Mercenari di Hearthstone

La ladder classificata non è un gioco per casual player; nonostante Hearthstone sia un gioco con una varianza tendenzialmente più alta rispetto ai trading card game più popolari sul mercato, la fortuna ha un limite anche in un mazzo da trenta carte. Con Hearthstone: Mercenari, Blizzard vuole focalizzare l’attenzione sul motivo per cui la maggior parte dei giocatori saltuari si diverte: le combo. Nella modalità Mercenari di Hearthstone abbiamo sei personaggi nel nostro team e solamente tre alla volta potranno presenziare sul campo di battaglia. In questa lotta 3vs3 sarà importante saper amalgamare al meglio i propri mercenari, in modo da ottenere vantaggio dai bonus forniti da ognuno di loro.

Ogni mercenario possiede dei punti vita e dei punti attacco; a questi, si aggiungono tre abilità, tre equipaggiamenti ed opzionalmente anche una tipologia (per esempio, Grommash Malogrido è un “Orco”). Ogni mercenario parte dal livello 1 e può arrivare fino al livello 30, ottenendo le abilità rispettivamente al livello 1, 5 e 15. D’altro canto, gli equipaggiamenti arrivano al livello 30 o completando gli incarichi del mercenario (una serie di quest).

Quello che rende i mercenari veramente forti è la sinergia che questi hanno con le altre carte. Ad esempio, Varian Wrynn, Re di Roccavento e leader umano dell’Alleanza, possiede l’abilità “Assalto Spaccante” che fornisce un bonus di attacco a tutti gli umani, nel caso in cui il suo colpo distrugga un personaggio avversario. Queste combo sono attuabili sia per tipologia di mercenario che per tipologia di abilità; ad esempio, Tirion Fordring può lanciare abilità di tipo “Sacro”, mentre Uther ottiene al livello 15 “Ira Vendicatrice”, che similmente alla carta presente in gioco consente di infliggere 4 danni a un nemico casuale, ripetendo l’effetto per ogni abilità “Sacro” giocata nel turno.

Gameplay

Nel tentativo di bilanciare la modalità, Blizzard ha deciso di usare un sistema triangolare di debolezze per forzare i giocatori ad avere delle squadre eterogenee; infatti, ogni mercenario ha un colore, che può essere blu, verde o rosso. Esattamente come gli starter di Pokémon, l’acqua è superefficace sul fuoco, quest’ultimo sull’erba, che raddoppia i propri danni sull’acqua; in particolare, il rosso è colore dei protettori, il verde dei combattenti e il blu contiene gli incantatori.

Un’ulteriore complessità nel gameplay è aggiunta dalla velocità delle abilità. I sei mercenari che compongono il campo di battaglia si affrontano in una sistema in “tempo reale”; in altre parole, ogni giocatore sceglie le abilità che ogni proprio mercenario deve usare, e contro chi scagliarle. Una volta che entrambi gli sfidanti hanno fatto le proprie scelte, i danni sono stabiliti attraverso un sistema di velocità; attacca prima chi ha il numero più basso.

Infine, i danni possono essere inferti in due modi: l’Attacco è un danno fisico a cui corrisponde un danno subito nel momento in cui i mercenari si scontrano, pari agli attacchi base dei due contendenti; l’Abilità i cui danni sono inferti come un attacco a distanza, a meno che non sia specificato diversamente. Queste due tipologie di attacco comportano il dover ragionare con la variabile degli eventuali danni subiti in caso di attacco fisico.

Punto di Ritrovo

La modalità Mercenari di Hearthstone inizia in un campo limitatamente ampliabile. Prendendo spunto dai roguelike, Blizzard ha dotato il giocatore di una serie di punti di interessi; purtroppo, si tratta solamente di un’interfaccia carina per mostrare l’essenziale per giocare, e in qualche modo già presente anche nella modalità ladder. Il campo contiene infatti le due modalità di gioco, single e multiplayer, una carovana per la creazione dei gruppi, un falò per gli incarichi dei mercenari, una casella di posta per i messaggi degli sviluppatori e un negozio che ci porta nello store del gioco.

Il single-player è la modalità più innovativa per Hearthstone. Rappresentata dal “Punto di Ritrovo”, essa è caratterizzata da una mappa teoricamente procedurale simile a un card game roguelike come Slay The Spire, Hand of Fate o il più recente Inscryption. Ogni mini-mappa, affrontabile in modalità normale o eroica, consiste nello scegliere il percorso che ci porterà allo scontro con il boss finale, di cui dovremmo riscuotere la taglia e che ci dropperà dei punti potenziamento per i nostri mercenari.

In questo momento, le zone affrontabili sono molto poche e i percorsi consistono sempre di poche scelte; infatti, oltre agli scontri, i punti di interesse che potremmo incontrare sono: lo Spirito Guaritore, dover poter resuscitare i nostri mercenari, il Dono, che fornisce un bonus e il Mistero, cioè un evento casuale di cui il più importante fornisce dei punti extra che potenziano le abilità di un mercenario presente nel gruppo. Questa poca varietà risulta ancor meno appetibile, se consideriamo che portare un mercenario a livello 30 comporta una bella dose di farming, da moltiplicare per ogni mercenario che possediamo (attualmente 51).

La mappa dei Mercenari di Hearthstone

Fossa

La modalità PvP denominata “Fossa” porta le stesse regole del single player in uno scontro tra giocatori reali, che può risultare molto divertente e discretamente ragionato; infatti, le scelte che potremmo prendere non saranno molte, ma il gameplay richiede di ponderare tutte le scelte da fare, poiché incappare in macro-errori porta a sconfitta certa. Questo rende il PvP particolarmente interessante per i giocatori più casuali, perché una partita può durare davvero una manciata di minuti.

In questo momento, il PvP dei Mercenari di Hearthstone non ha un vero e proprio meta-game; di conseguenza, risulta molto rigiocabile e decisamente interessante anche per i veterani dei giochi di carte che cercano un’esperienza veloce, ma che richiede di considerare tutte le poche variabili in gioco per avere successo, solitamente pensando con più turni di distanza.

Infine, la vera differenza rispetto alle altre modalità riguarda il matchmaking. Come ovvio, i livelli dei mercenari contano abbastanza. Questo può comportare un’attesa discretamente lunga per trovare il giusto match, che in alcuni casi può generare una sfida contro un avversario controllato dal computer:

Nello stato corrente di Mercenari, se la coda dura per più di un minuto e mezzo e i tuoi punteggi interno ed esterno sono sotto determinate soglie (quella del punteggio esterno è 7.000), ti verrà assegnato un avversario controllato da un’I.A. Questa soglia significa che i giocatori più occasionali avranno sempre una coda rapida, ma quelli più accaniti potranno comunque competere tra loro per i primi posti della classifica.

Per ora abbiamo un solo livello di difficoltà della I.A., quindi essa verrà regolata calibrando il livello della sua squadra in modo da corrispondere al tuo punteggio interno. Se hai una squadra con un ampio spettro di livelli e ti viene assegnato un avversario controllato dall’I.A., la sua squadra rispecchierà il livello della tua (invece di prendere un livello medio) e quindi regolerà tale livello in base al tuo punteggio. I tuoi aggiornamenti post-partita saranno influenzati anche se avrai affrontato un’I.A.

Nota degli sviluppatori
Una busta dei Mercenari di Hearthstone

Conclusione

La modalità Mercenari di Hearthstone è un’aggiunta decisamente gradita, per svariati motivi. La modalità single-player è una ventata di aria fresca che attinge dai migliori giochi di carte digitali in circolazione; il PvP, invece permette di divertirsi spendendo veramente poco tempo. Inoltre, in questo momento, l’economia di gioco è decisamente vantaggiosa, grazie ai tanti regali fatti per incentivare il giocatore. In altre parole, il potenziale è enorme, anche se in mano abbiamo veramente poco.

Infatti, la modalità singola può offrire qualche ora di divertimento, ma le scelte sui percorsi sono veramente pochi e l’unico divertimento consiste nel livellare al massimo i proprio mercenari oppure provare nuove combo su un campo di battaglia che presenta una sfida decisamente bassa. Per quanto riguarda il PvP, poter provare nuove combinazioni è decisamente intrigante; purtroppo questo richiede la pazienza di farmare diversi mercenari fino a livello 30, perché, in caso contrario, i tempi di matchmaking ci porteranno spesso a dover affrontare dei bot. Un’esperienza decisamente poco gradevole per un casual player che vorrebbe solamente provare la sua nuova combo contro giocatori in carne e ossa.

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Editoriali

I valori dei Videogiochi: Subnautica

Quante volte i gamer si sono sentiti discriminati perché la loro passione non è considerata intellettualmente elevata dalla maggioranza delle persone? Quante volte è stato detto: perché non leggi invece di buttare la tua vita davanti ad una console? Ebbene siamo qui oggi per iniziare a sfatare questo mito. I videogiochi non sono e non sono mai stati solo una fonte di divertimento. In essi si possono trovare contenuti profondi ma anche informazioni e insegnamenti, sia di natura scolastica che personale. Vi porto l’esempio di Subnautica, che solletica temi come il rispetto dell’ambiente e delle altre creature o argomenti come il pregiudizio e la valutazione in base all’aspetto. 

Subnautica e il rispetto 

Subnautica è un survival rispettoso della vita. So che potrebbe sembrare un controsenso, siamo abituati, in questi tipi di gioco, a sfruttare le risorse in modo sconsiderato. Accumulando materiali e uccidendo tutto ciò che capita a tiro. Questo comportamento da parte di noi giocatori lo possiamo rivedere anche nella società odierna, che ci insegna che per stare bene serve avere tanto. Questo consumismo spesso ci influenza anche in cose minori, ad esempio nei giochi. In Subnautica invece questa mentalità ha vita breve. Non abbiamo armi perciò i predatori devono essere evitati e il cibo non si conserva facilmente perciò si è costretti a cacciare solo il necessario. 

Il contesto Survival 

Il concetto di sopravvivenza ai nostri tempi è qualcosa di molto distante dalle società progredite, pensiamo sempre più al superfluo perché non dobbiamo lottare per l’indispensabile. Questa condizione ci influenza e tende a renderci accumulatori nelle situazioni estreme. 

In Subnautica il giocatore è portato a rispettare il luogo in cui naufraga. Raccogliendo i materiali necessari a costruire le cose e a cacciare lo stretto necessario a sopravvivere. Conservare il cibo per lungo periodo è infatti un lavoro laborioso che può essere facilmente sostituito dalla caccia costante e dalla coltivazione di piante aliene. 

Le creature pericolose sono solitamente fonte di sfida per i giocatori di survival, dimostrano che abbiamo imparato a sopravvivere e ci siamo procurati i materiali giusti per battere anche i predatori più pericolosi. Nel gioco della Unknown Worlds Entertainment si ha una mentalità completamente opposta, gli animali più pericolosi infatti sono solo da evitare. Non si tratta infatti di una scelta del giocatore ma è lo stesso gioco che ci dice che il metodo migliore per superarli è girargli alla larga, si può leggere nelle descrizioni delle specie stesse: da evitare assolutamente. 

L’intreccio ben riuscito 

Il giocatore inizia come naufrago di una spedizione interstellare. È subito chiaro che gli obbiettivi principali sono quelli di sopravvivere e lasciare il pianeta alieno. Ovviamente si dovranno anche scoprire le ragioni dello schianto dell’astronave che ci trasportava: l’Aurora. Per raggiungere questi punti è d’obbligo esplorare tutta l’area di gioco, infatti i materiali necessari a fuggire dal pianeta sono distribuiti in tutta la mappa. 

La distribuzione dei materiali segue anche una logica particolare: più l’attrezzatura è complessa, più in profondità si troverà il materiale per costruirla. In questo modo si innesca un meccanismo per cui chi si impegna raggiunge obbiettivi sempre più alti suggerendo al giocatore una specie di meritocrazia. La dinamica del gioco però non diventa mai frustrante, ogni materiale è facilmente raggiungibile se si è al punto giusto della storia. 

Storia, gameplay, esplorazione e sopravvivenza si fondono in un’esperienza omogenea che permette di apprezzare tutte le sfumature del gioco. Nonostante la storia sia parte integrante dell’esplorazione non la limita in nessun modo anzi l’arricchisce. Sopravvivere non è il solo scopo del gioco, lo è anche seguire una successione di eventi e ammirare la meraviglia del paesaggio subacqueo. 

Il mistero degli alieni 

Durante l’esplorazione si possono notare delle strane strutture aliene costrui­te sul pianeta che potrebbero sembrare solo un vezzo artistico fino all’abbattimento della Sunbeam. Grazie a questo evento veniamo cosi a conoscenza anche della causa del nostro naufragio. L’Aurora, l’astronave in cui viaggiavamo, si è schiantata sul pianeta 4546B perché colpita dal laser di una delle base aliene. 

Le strutture verdi e nere, anche se in primis potrebbero sembrarlo, non sono un sofisticato sistema di difesa militare ma parti di un centro di ricerca. Sul pianeta infatti si è diffusa una malattia di cui possiamo osservare il lento avanzare anche su noi stessi. Il virus in questione si può trovare in vari esemplari di tutte le specie presenti sul pianeta. Inoltre scopriamo che gli alieni, chiamati Precursori, erano in cerca di una cura per il batterio Kharaa. Non avendola trovata hanno messo il pianeta in quarantena cosicché non si diffondesse nel resto dell’universo. 

Salvare sé stessi e il pianeta 

A questo punto gli obiettivi del giocatore aumentano e il tipico survival egoistico diventa un gioco mirato alla salvezza comune. 

Gli alieni si dimostrano così egoisticamente interessati alla cura e non si comprende bene se essi se ne siano andati dal pianeta o si siano estinti su esso per colpa del virus. Curarsi diventa strettamente necessario visto che il pulsante per disabilitare il cannone che ci impedisce di lasciare il pianeta può essere premuto solo da un individuo sano. 

Una precauzione presa probabilmente per evitare che qualcuno di loro fuggisse e diffondesse il batterio. Questo aggiunge un altro spunto di riflessione ovvero mettere il bene comune al di sopra del proprio. Il gioco non ci suggerisce quale risposta sia corretta ma ci insegna che il proprio interesse è strettamente connesso a quello comune. 

La salvezza del pianeta infatti diventa essenziale anche alla nostra stessa sopravvivenza e viceversa la nostra ricerca della cura diventa indispensabile alla sopravvivenza delle specie su 4546B. Subnautica sottolinea in questo modo lo stretto legame che vi è tra il mondo e le creature che vi abitano. Questo concetto è un valore aggiunto che ci viene donato, non esplicitamente ma facendoci riflettere su come lo stesso principio sia applicabile anche alla Terra. 

Un mostro umano 

Giunti all’ultima base aliena si scopre come mai i Precursori aveva fallito nell’estrarre la cura. Essi infatti avevano scoperto una specie resistente al morbo, l’animale più grande presente nella biosfera del pianeta: l’imperatore marino. O per meglio dire l’imperatrice marina. 

Nel punto più profondo della mappa infatti si trova il Centro di Contenimento Primario dove in un acquario di proporzioni enormi troviamo l’enorme creatura. Immergendoci nell’acquario la incontriamo e dopo qualche minuto di panico scopriamo che nonostante sia il più grande essere vivente sul pianeta è innocua. 

L’animale ha dimensioni notevoli e un’intelligenza. Ha inoltre la capacità di comunicare telepaticamente e così ci racconta che la razza aliena l’aveva rinchiusa nel tentativo di ottenere la cura con la forza. Ci chiede di dimostrarle di essere diversi dai nostri predecessori e aiutarla. 

Nell’enorme acquario in cui la troviamo con lei ci sono cinque uova in un’incubatrice che però è spenta. Gli alieni prima di noi non avevano creato le condizioni necessarie per la schiusa delle uova. L’accendiamo e grazie a questo gesto di altruismo ci viene alla fine svelato il modo di curarci. Questo a dimostrazione che la gentilezza non è sempre a discapito di chi la mostra. 

L’imperatrice marina è il simbolo che mette il giocatore in posizione di riflettere sul fatto che anche i mostri sanno essere umani, che essere brutti o grotteschi fuori non vuol dire per forza esserlo anche dentro. Una volta curati possiamo disattivare il cannone e ripartire. 

La profondità di Subnautica 

Durante tutta la durata del gioco ci si districa in un ambiente marino ben progettato e si ha a che fare con vari tipi di creature ostili e non si entra mai in possesso di una vera e propria arma o di un modo per danneggiare l’ecosistema di 4546B. Anzi, ad un certo punto, si può anche fermare l’inquinamento radioattivo derivante dal danneggiamento del reattore dell’Aurora. 

Il gioco sfiora molti argomenti importanti senza mai affrontarli direttamente, lasciando spazio al giocatore per riflettervi in completa autonomia.  

Il messaggio finale 

Seduti sulla plancia di comando del razzo che ci riporterà a casa quello che sentiremo non è sollievo ma nostalgia. Lasciando il pianeta marino su cui abbiamo passato tutto quel tempo, anche se in continua lotta con i pericoli e la fame, ci viene recapitato un ultimo messaggio della creatura che abbiamo aiutato che finalmente può morire tranquilla sapendo che i suoi cuccioli sono liberi. 

Solo delle persone senza cuore lascerebbero 4546B senza un po’ di rammarico. Abbiamo passato tempo e speso risorse, siamo cambiati nel lungo cammino fatto su quel pianeta e quindi lasciarlo è come lasciare un pezzetto di noi stessi. 

Subnautica: un viaggio videoludico 

Quindi ecco perché non me la sento di categorizzare Subnautica come un comune survival. Dietro alle meccaniche del videogame infatti si può ritrovare un pensiero rispettoso dell’ambiente e dell’equilibrio. Questo gioco come tanti altri non è solo un passatempo ma un vero luogo di apprendimento per tutti.  

Un videogioco proprio come un libro o un film, può essere un viaggio e una fonte di riflessione. Un giocatore può finire un gioco ed esserne cambiato nel profondo. 

Essere contrari ad un viaggio introspettivo solo perché scaturito da un videogioco potrebbe essere uno sbaglio: spero che queste parole vi diano lo spunto necessario per capire. Se volete un suggerimento per un altro gioco da vivere e per riflettere vi invito a giocare What Remains of Edith Finch e a leggere perché questo gioco ha cambiato la concezione di videogioco.

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Recensioni

Inscryption – Provato dell’inquietante gioco di carte

Il mercato indie è famoso per essere capace di sfornare videogiochi semplici, con idee o meccaniche geniali e profonde. Daniel Mullins ne ha fatto il suo cavallo di battaglia grazie al successo dei suoi titoli precedenti: The Hex e soprattutto Pony Island. Sulla falsariga di quest’ultimo, nasce Inscryption, un gioco di carte dai toni cupi la cui uscita è prevista il 19 ottobre solo su PC. Vi raccontiamo i nostri pensieri dopo aver provato la demo,

La bilancia di Inscryption

La vita come un gioco

Inscryption è la storia di una povera ragazza sequestrata all’interno di quella che sembra una baita. Vivremo la nostra esperienza tra quattro mura in legno con l’inquietante presenza di un pazzo furioso, che deciderà della nostra vita in base ai risultati che otterremo in un gioco di carte da lui ideato. Lo strano inquilino avrà sempre il volto nascosto nell’ombra, ma indosserà delle maschere per impersonare i personaggi più importanti del gioco.

Potremmo muoverci all’interno della stanza, dove sono contenuti pochi oggetti ancora abbastanza criptici: una cassaforte, un candelabro e degli oggetti del gioco; due in particolare: il regolamento e delle macabre miniature.

In Inscryption, quanto avviene sulla plancia di gioco si ripercuote su di noi. Per vincere uno scontro, dovremmo metaforicamente colpire il nostro avversario, che appoggerà dei denti (veri) su una bilancia; quando la bilancia sarà totalmente dalla parte di uno dei due giocatori, la partita terminerà. Per questo motivo, è particolarmente cinematografica la presenza della pinza: potremmo staccare uno dei nostri denti per guadagnare un punto in più sulla bilancia.

Durante la partita, avremmo due tentativi prima di fare una brutta fine. Queste chance sono scandite da un candelabro. Quando la luce di entrambe le candele terminerà, saremo condotti in una stanza dove verremo presumibilmente uccisi divenendo parte integrante del gioco; infatti, il terrificante nemico ci trasformerà in una carta da gioco che potremmo pescare nel nostro prossimo tentativo.

La mano del destino

Le meccaniche di Inscryption torneranno familiari a chi ha avuto modo di giocare a un altro titolo indie: Hand of Fate. La sfortunata ragazza si muoverà, per mezzo di una pedina, all’interno di una mappa, dove in base all’icona sulla casella potrà affrontare uno scontro, incontrare dei commercianti o ricevere dei bonus utili per la battaglia. In caso di sconfitta, faremo conoscenza dello stile roguelike del gioco, che caricherà casualmente una nuova plancia di gioco, mentre il boss finale sarà interpretato dal nostro sequestratore e richiederà una strategia specifica per essere battuto.

Scontri bestiali

Il gioco vero e proprio avviene all’interno di una griglia 4×3. Per vincere, bisogna colpire direttamente il proprio avversario tanto quanto basta per far pendere la bilancia dei punti totalmente dal lato dell’avversario.

All’inizio del gioco pescheremo delle carte dal nostro mazzo e potremmo giocare delle creature appartenenti a diverse tipologie di animali selvatici. Tra questi, menzione d’onore all’unica carta parlante: l’ermellino, che odierà essere sacrificato, conosce la malvagità del nostro sequestratore e soprattutto ci fornirà utili consigli durante il gioco.

Potremmo giocare le nostre carte solamente nelle prime quattro caselle davanti a noi. Una volta passato il turno, esse attaccheranno le caselle subito davanti a loro (tranne effetti particolari), senza ricevere alcun danno dalla carta avversaria. Nel caso in cui non ci sia nessuno su quelle caselle, il danno sarà inflitto al giocatore. Da specificare, che le creature dell’avversario, prima di attaccare, si muoveranno in avanti finendo al centro della plancia, come indicato dal suo lato di gioco.

Dal secondo turno, dovremmo pescare una carta dal mazzo prima di compiere qualsiasi azione. Durante la fase di pescata, possiamo scegliere tra due pile: il nostro mazzo, che contiene le carte ottenute durante la nostra run, oppure dal mazzo “scoiattolo”, una creatura debole che torna utile principalmente come sacrificio per le carte più forti.

Dopo aver pescato, potremmo usare tutti gli oggetti presenti sul nostro zaino e qualsiasi numero di carte nella nostra mano, a patto di poterne pagare il costo, diviso in sacrifico e ossa. Il primo si paga sacrificando le nostre creature in gioco, mentre il secondo attraverso dei gettoni che si ottengono ogni volta che un nostro animale muore.

La pinza di Inscryption

Più forti di prima

Durante i vari fallimenti per sconfiggere il primo boss, abbiamo capito che la morte è parte integrante del gioco; infatti, dopo ogni sconfitta abbiamo ricevuto nuove carte con nuove meccaniche da sfruttare, anche se abbiamo visto solo una modesta parte di tutti gli effetti presenti sul regolamento; in particolare, ci siamo imbattuti in animali che diventano più forti dopo un turno, creature volanti che bypassano le difese, animali con “veleno” il cui attacco è letale, ma sembra che ci sia molto di più da scoprire.

Da citare che trasformeremo la nostra ultima sconfitta in una carta; infatti, a partire dal nostro ultimo mazzo, dovremmo scegliere valore di attacco, difesa ed effetti di una nuova carta a cui noi assegneremo un nome e il nostro carnefice una foto.

Inscryption: il nostro alter ego.

Ferri del mestiere

Durante la partita di Inscryption, potremmo usare degli oggetti utili alla causa. Il più importante è lo zaino, che potrà contenere fino a tre oggetti e che si potrà riempire quando finiremo nell’apposita casella sulla plancia. In aggiunta, il gioco prevede dei totem, degli oggetti che forniranno dei bonus speciali ad animali di una certa tipologia, sia a noi che al nostro avversario.

Conclusione

Inscryption ha un’ambientazione tanto macabra quanto interessante, coerente con un gioco di carte impegnativo e potenzialmente complesso. Le meccaniche viste nel provato non sono molte, ma gli indizi ci portano a un titolo ricco di contenuti. Di contro, lo stile di gioco è molto simile a un altro titolo di successo come Hand of Fate e abbiamo alcuni dubbi sul bilanciamento delle carte. La casualità mitigherà il problema, ma potendo scegliere tra qualsiasi combinazione, il rischio è che una volta trovata la combinazione perfetta, il giocatore possa proseguire fino alla fine con eccessiva sicurezza e ripetitività.

ProContro
ambientazione immersivasa già di visto
gioco di carte difficiledubbi sul bilanciamento delle carte
tante meccanicherischia di essere ripetitivo