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Two Point Museum – Recensione

Sono cresciuto con una venerazione per Bullfrog Productions. Theme Park e Theme Hospital furono giocati da tutti i miei cugini, me compreso, il più piccolo tra tutti. Per la giovane età, vidi il titolo sui parchi tematici solo di sfuggita, ma giocai con avidità Theme Hospital per centinaia di ore. Ero troppo piccolo per essere bravo con i gestionali. Per questo motivo sono grato a Mark Webley e Gary Carr – ormai icone del settore anche grazie ai loro successivi capolavori come Black & White e Fable – per aver inaugurato Two Point Studios. Dopo aver amato, e recensito Two Point Hospital, rieccomi dunque di nuovo a capo di una strampalata équipe, questa volta per dirigere e fornirvi la recensione di Two Point Museum, un nuovo gestionale che ci porterà a essere il direttore di svariati musei (contemporaneamente).

Mi aspetto poche obiezioni all’affermazione: “Two Point nasce come vero erede di Theme Hospital”. Al primo titolo dello studio dobbiamo dare il merito di averci fatto rivedere su chiave moderna il difficilissimo Theme Hospital, semplificandolo ma mantenendo intatta la sua natura. Two Point Museum invece ha fatto qualcosa di simile con i suoi predecessori più moderni, Two Point Hospital e Two Point Campus, nel bene e nel male.

Two Point Museum basa tutta la sue esperienza su basi solidissime, che ben conosciamo. Le modalità di gioco sono due: storia (o carriera oserei dire) e una libera, un vero e proprio editor sandbox dove impostare tutte le regole della partita in totale libertà. La modalità storia mi ha fatto impersonare un direttore di museo, in totale cinque, su cui balzare (quasi) contemporaneamente. Il primo museo, incentrato sulla preistoria, è anche il tutorial del titolo. Per i veterani, Two Point Museum è come andare in bici: hai il dubbio, dopo tanti anni, di non ricordarti come si fa, ma una volta in sella ti accorgi che niente è cambiato.

Il punto più evidente di questa somiglianza è di natura tecnica: la grafica e le texture sono esattamente quelle dei primi due capitoli. Da un lato è piacevole vedere le stesse proporzioni su un tema diverso, ma qualche sforzo in più sarebbe stato gradito. Questo non significa che Two Point Museum non sia bello da vedere, anzi. I personaggi sono strambi al punto giusto e l’ambientazione museale si adatta perfettamente allo stile no-sense di tutta la serie. L’obiettivo è sempre lo stesso: fare soldi attraverso la felicità dei clienti. E per farlo bisognerà adornare i propri musei nel mondo più stravagante. Forse anche troppo.

Recensione Two Point Museum: Sonic

Per diventare il migliore nel mio campo, ho dovuto riportare in auge musei ormai in crisi. Partendo da zero, ho dovuto costruire dalle fondamenta (o quasi) i nuovi musei. L’inizio ricorda quanto già visto nel passato, più o meno recente. Il gameplay, almeno nella modalità storia, si concentra sul soddisfare requisiti basati sul guadagno, far felici i visitatori, ma anche costruire strutture sempre più all’avanguardia. Per farlo è stato necessario assumere un personale qualificato. Ai classici cassieri e addetti alla pulizia e manutenzione, si aggiungono le guardie che evitano furti al museo e ovviamente gli esperti archeologi, dediti ai tour guidati in museo e soprattutto le spedizioni.

Recensione Two Point Museum: Spedizione

Dovrebbe stare in un museo

La vera, e ben riuscita, novità di Two Point Museum sono le spedizioni. Ogni museo di fama internazionale deve avere dei reperti unici. Per ottenerli, ho assoldato dei novelli Indiana Jones (come si può notare dall’abbigliamento degli esperti di preistoria) che ho mandato in giro per il mondo. Nel gioco questo si traduce nel cliccare su un velivolo che aprirà una mappa in stile gioco da tavolo. Potremmo muoverci tra le caselle e scegliere dove mandare la nostra troupe di esperti. Ogni spedizione potrà essere composta da uno o più membri del nostro museo, e non solo archeologi. Ovviamente mandare un inserviente o un cassiere in spedizione, significa perdere un prezioso aiuto all’interno del museo. Toccherà a noi trovare il giusto bilanciamento per soddisfare i visitatori, scoprire nuovi reperti con le spedizioni e non pagare troppi stipendi.

Purtroppo per i veterani, non è difficile tarare l’ago della bilancia. Di fatto, tutta la gestione economica si basa proprio sullo stipendio del personale. Nel caso in cui quest’ultimo sarà infelice, basterà aumentare di qualche punto percentuale il suo stipendio, per dimenticarsi del problema, anche se durante la spedizione ha contratto una malattia o rischiato di essere azzannato.

Recensione Two Point Museum: Reperto

Anche se le spedizioni sono la parte più divertente, la vittoria si ottiene gestendo al meglio il museo, e soprattutto curandosi della felicità dei visitatori. Per farlo bisogna comprendere i suoi bisogni e soddisfare la loro sete di – cito testualmente – coinvolgimento e conoscenza. Per le necessità umane, così come avveniva in passato, basta cliccare sulla scheda di ogni visitatore per capire cosa manca al museo. Il perno principale però sono quei due requisiti, e novità del titolo: coinvolgimento e conoscenza.

Ogni reperto mostrato all’interno del museo può fornire un numero massimo di coinvolgimento e conoscenza. Posso tradurre il concetto di coinvolgimento con “divertimento”. Ogni reperto dovrà essere abbellito per poter maggiormente appassionare il visitatore. Purtroppo, questo si tramuta in trasformare il museo in un circo di dubbio gusto, pieno di ammennicoli che hanno come unico scopo quello di maxare la statistica di coinvolgimento. Lo stesso vale per la conoscenza, che aumenterà aggiungendo cartelli informativi vicino al reperto. E se poi vorrete rompere il gioco, allora ci vorrà poco: ho piazzato cartelli e abbellimenti anche davanti ai reperti senza ottenere alcun malus.

Come avrete già capito, Two Point Museum fa del colore il suo punto forte. E anche se con qualche esagerazione, ci riesce alla grande. Tanto i reperti quanto le location (cinque, tutte diverse, tra fantasmi, dinosauri e spazio) sono bellissime. Anche le strutture edificabili all’interno del museo sono per la maggior parte gradite e divertenti novità. Non mancherà la stanza dello staff o il laboratorio di ricerca, ma la stanza dei fantasmi (veri fantasmi) o i giochi dei bambini (che come specifica il gioco: sono immuni alla conoscenza) mi hanno fatto davvero divertire.

Un mix leggero

Per i nuovi del franchise, Two Point Museum è un divertentissimo inizio. Per i veterani, un simpatico riempitivo che si prende poco sul serio, ma che non ha osato abbastanza. La scelta di trasformarmi in direttore di museo è grandiosa. La follia del franchise è perfetta per i musei, le spedizioni e le sue location. Purtroppo, tutto è troppo simile ai precedenti capitoli. Dal terzo episodio mi aspettavo qualcosa di più. La strada è buona, ma ci vogliono sforzi extra sia in termini tecnici che di gameplay (soprattutto in una maggiore profondità della gestione) per poter gridare al capolavoro come abbiamo fatto per Two Point Hospital (che risorgeva dalle ceneri di EA) e come fatto per Theme Park e Theme Hospital (erano altri tempi, ma soprattutto altri livelli di difficoltà).

Two Point Museum è un videogioco che divernte per tante ore, ma che ha mostrato sia fan che agli sviluppatori che non è più tempo di imboccare la strada sicura. Senza modificare il core, come è stato fatto, non si poteva fare di meglio, ma dopo Museum non potrà esserci un altro capitolo simile. Mark Webley e Gary Carr dovranno osare di più.

Conclusione

Two Point Museum è una rivisitazione senza rischi dei precedenti capitoli. Le novità sono tutte divertenti e ben riuscite, in particolare le spedizioni. La location dei musei e dei reperti è il posto perfetto per sviluppare la follia del franchise. Purtroppo però l’intero gioca sa di già visto e le novità potrebbero non bastare a tutti gli appassionati dei gestionali. I neofiti trovano in Two Point Museum un ottimo punto d’inizio, poiché la difficoltà è chiaramente tarata verso il basso. Gli esperti invece potrebbero trovare divertenti solo le prime ore di gioco. Una volta viste e scoperte le ottime novità del titolo, avranno ben poche possibilità di saggiare un gestionale che possa metterli in difficoltà.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series X/S, PC
  • Data uscita: 27/02/2025
  • Prezzo29,90 €

La recensione di Two Point Museum è stata realizzata, a partire dal day one, su Xbox Series X/S grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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STALKER 2 festeggia i 6 milioni di giocatori

GSC Game World ha annunciato una notizia che rallegrerà i fan dello studio di sviluppo ucraino. Con un post su Steam, la software house ha festeggiato i 6 milioni di giocatori su STALKER 2. Non sono stati rivelati ulteriori dettagli su questa statistica, ma si tratta in ogni caso di un successo che vale la pena riportare.

Queste le parole di GSC Game World:

La Zona non è mai stata così rumorosa! Nelle aree di sosta, gli stalker cantano canzoni e suonano la chitarra. Le risate si sentono ovunque: da Zalissya a Wild Island e oltre! A un certo punto anche il Quiet’s Camp si è trasformato in un ingorgo.

Oggi festeggiamo i 6 milioni di stalker che sono venuti a giocare a S.T.A.L.K.E.R.2: Heart of Chornobyl. Sei milioni! Una cifra difficile da comprendere, ma reale grazie a voi. Siamo incredibilmente grati e orgogliosi che ognuno di voi abbia lasciato un segno unico nella Zona.

Da quando è uscito, nonostante tutte le sue difficoltà dovute dall’invasione russa in Ucraina, STALKER 2 ha raggiunto ottimi successi sia in termini commerciali che di critica videoludica. Sei milioni di giocatori sono un numero importante considerando il livello di difficoltà di STALKER 2.

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Doom: The Dark Ages, il director conferma approfondimenti sulla trama: “Un Doom senza trama è soltanto un videogioco arcade”

Il prossimo capitolo della celebre saga, Doom: The Dark Ages, promette di ampliare la sua narrazione con un maggiore focus sulla trama. Gli sviluppatori hanno confermato che il gioco includerà più cutscene rispetto ai titoli precedenti, rispondendo così alla crescente richiesta dei fan di un universo narrativo più strutturato. Se finora la serie si è sempre concentrata sull’azione frenetica, questa volta la storia avrà uno spazio più significativo.

Fin dai primi capitoli, Doom ha messo il gameplay al centro dell’esperienza, lasciando la trama spesso sullo sfondo. Con The Dark Ages, questa tendenza cambia: il gioco introdurrà più scene d’intermezzo per sviluppare meglio la trama, offrendo ai giocatori uno sguardo più approfondito sulla mitologia e sugli eventi che plasmano il mondo di gioco.

Il direttore creativo ha spiegato che questa scelta deriva dalla volontà di arricchire l’universo di Doom, senza tuttavia appesantire l’esperienza con troppi elementi narrativi. L’obiettivo è trovare un equilibrio tra azione e storia, mantenendo il ritmo serrato tipico della serie.

Un’evoluzione dettata dai fan

A spingere gli sviluppatori verso questa direzione è stato l’interesse crescente della community per la lore della serie. I giocatori si sono dimostrati sempre più affascinati dai dettagli narrativi nascosti nei giochi precedenti, portando il team a dare maggiore spazio alla trama di Doom The Dark Ages. Questa evoluzione dimostra come il franchise continui ad adattarsi alle richieste del pubblico, senza snaturare la sua essenza.

Nonostante l’aggiunta di nuove cutscene, Doom: The Dark Ages rimarrà fedele alle sue radici: azione frenetica, combattimenti brutali e un’ambientazione oscura e coinvolgente. Il nuovo equilibrio tra gameplay e narrazione potrebbe rendere l’esperienza ancora più immersiva, attirando sia i veterani della serie che i nuovi giocatori.

Doom: The Dark Ages è atteso il 15 maggio 2025 su Xbox Series X/S, PlayStation 5 e PC.

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Monster Hunter Wilds, record di vendite e guadagni

Il 28 febbraio 2025, Capcom ha pubblicato Monster Hunter Wilds su PlayStation 5, Xbox Series X/S e PC. Il nuovo capitolo della serie, sequel del fortunato Monster Hunter: World, ha già superato ogni record di vendite e guadagni. Sia per quanto riguarda Capcom che per l’intera industria videoludica.

Sul proprio sito ufficiale, Capcom ha rivelato che Monster Hunter Wilds ha venduto, nei primi tre giorni, otto milioni di copie. Grazie a questo record, Monster Hunter Wilds è il videogioco Capcom più velocemente venduto nella storia dell’azienda. Un successo straordinario se pensiamo che sia riuscito a superare franchise iconici come Street Figther, Resident Evil e Devil May Cry.

A questo traguardo se ne aggiunge anche un altro dichiarato da GameDiscoverCo: Monster Hunter Wilds ha generato entrate per oltre 69 milioni di dollari nelle prime 24 ore su Steam. Il valore è poi raddoppiato già a partire dal 2 marzo: 150 milioni di dollari di entrate su Steam.

Record straordinari che dimostrano l’amore del pubblico verso la serie e il divertimento che Monster Hunter sta dando, e ha dato in passato, a tutti i suoi videogiocatori.

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Doppiaggio italiano: intervista ad Alessandro Ambrosio

Noi appassionati di videogiochi lo sappiamo bene, creare un videogioco ha mille sfaccettature, che vanno oltre la grafica ed il gameplay. La creazione di un gioco comprende una e cento arti, tanto da arrivare, almeno per i giochi tripla A, ad impiegare centinaia di persone per il suo sviluppo. Anche il doppiaggio svolge ormai un ruolo fondamentale.

Uno degli aspetti importanti nel processo di sviluppo, vista anche la trasformazione nel corso del tempo del videogioco da semplice passatempo a media da intrattenimento, in cui spesso abbiamo personaggi con caratteristiche ben definite e una storia a fare da sfondo, è il lavoro del doppiatore, che dona voce ai personaggi e che fa emozionare e coinvolgere i giocatori.

Proprio per questo, ho avuto il piacere di intervistare Alessandro Ambrosio, giovane emergente nel panorama del doppiaggio italiano. Alessandro ha all’attivo un bel po’ di esperienza fandub, ma è coinvolto già in alcuni progetti professionali.

I primi passi

Doppiaggio

IlVideogiocatore.it: Ciao Alessandro, benvenuto sulle pagine del nostro blog, grazie per aver accettato la nostra proposta di intervista, cominciamo subito.

Alessandro Ambrosio: È un grande piacere per me! È la mia prima intervista, cercherò di fare bella figura!

IlVideogiocatore.it : Com’è iniziato il tuo percorso nel doppiaggio? Quali gli studi e cosa ti ha spinto ad avvicinarti anche a quello dei videogiochi?

Alessandro Ambrosio: Già da quando avevo quattro anni avevo le mani sopra una tastiera e un mouse. Ho imparato tantissime cose giocando a quei vecchi giochi educativi su CD-ROM nei quali ti insegnavano tutte le varie parole e concetti per i più piccoli, includendo anche la lingua inglese, che ho ormai reso la mia seconda lingua continuando a crescere e a giocare, imparando una parola diversa ogni giorno che passava.

Creavo storie ispirandomi a quelle che vedevo nei videogiochi quando giocavo coi miei giocattoli. Mi piaceva dar loro voci diverse e fargli esprimere varie emozioni. Inconsciamente stavo già “doppiando” i miei primi personaggi! Col tempo mi sono avvicinato di più al concetto di doppiaggio: cominciavo a riconoscere le voci dei doppiatori e mi divertivo a ridoppiare scene di giochi, film o animazioni.

Dopo il liceo mi sono iscritto a un corso di recitazione e in seguito ho frequentato la Voice Art Dubbing, un altro corso di recitazione ma specifico per il doppiaggio, che consiglio vivamente a tutti quelli che sono interessati a questo mondo, o che vogliono solamente imparare a gestire meglio la propria voce e lavorare sulla propria timidezza.

È un team di grandi professionisti del settore che mi hanno aiutato a fare progressi incredibili. Mi sono infine iscritto a un sito di Freelance come Speaker, dove mi sono stati commissionati più di 400 ordini!

Giochi preferiti e sfide

IlVideogiocatore.it: Sei quindi anche un appassionato di videogiochi? Quali sono i tuoi preferiti?

Alessandro Ambrosio: I videogiochi sono parte della mia vita e devo davvero molto a loro. Ormai ho perso il conto di quanti ne abbia giocati e adoro scoprire titoli nuovi, ma ritorno spesso a giocare ad alcuni dei miei preferiti, come ARK, World of Warships… e poi Skyrim.

In qualche modo finisco sempre a rigiocarlo di nuovo. Ultimamente poi mi sto appassionando al mondo di Warhammer e ho finito Space Marine 2, che mi ha riportato parecchio indietro nel tempo con un’esperienza di gameplay di impatto che non si vedeva da molto in un titolo tripla A.

Doppiaggio
ARK: Survival Ascended

IlVideogiocatore.it: Quali sono state le maggiori sfide che hai incontrato o che stai incontrando e, se ce ne sono state, quali difficoltà hai superato?

Alessandro Ambrosio: Se riascoltassi i miei vecchi audio di quando ho iniziato mi verrebbe da piangere. Non per nostalgia, ma perché sono terrificanti! Ho fatto davvero enormi progressi dopo aver studiato e ne vado molto fiero.

A volte però mi capita di correre troppo e mangiarmi qualche parola. Questo è molto frustrante per me, ma so che è solamente questione di pratica costante e prima o poi mi perfezionerò. Ora non mi resta che fare il mio primo turno di doppiaggio in un vero e proprio studio. Dopo aver fatto un grosso giro per Roma, potrei aver scoperto qualche contatto per cominciare!

IlVideogiocatore.it: Come ti prepari per il ruolo da doppiare in un videogioco?

Alessandro Ambrosio: Prima di iniziare cerco di ottenere tutti i dettagli possibili da chi mi sta commissionando, dall’aspetto fisico alla storia, ma mi è stato insegnato che per conoscere un personaggio basta rispondere a due domande: “Chi è” e “Qual è il suo scopo”.
Poi segue un riscaldamento vocale di qualche minuto, preparo l’interfaccia audio, avvio la registrazione ed entro nella mia cabina.

IlVideogiocatore.it: C’è un ruolo oppure un personaggio che ti piacerebbe doppiare in futuro?

Alessandro Ambrosio: Ti dirò la verità, non c’è mai stato un “personaggio preferito” su cui avrei voluto sentire la mia voce. Ho sempre pensato che qualsiasi opportunità che potessi ricevere in questo settore sarebbe stata preziosa per me. Per questo non vedo l’ora di potermi mettere in gioco.

Forse mi piacerebbe essere un Astarion da Baldur’s Gate 3. Neil Newbon ha conquistato il pubblico con la sua performance e il suo personaggio iconico, e anche a me piacerebbe lasciare un segno del genere prima o poi!

Doppiaggio
Astarion, Baldur’s Gate 3

Prospettive per il doppiaggio

IlVideogiocatore.it: Da esperto del settore come vedi il presente del doppiaggio di videogiochi in Italia e come ne vedi il futuro?

Alessandro Ambrosio: Il doppiaggio in Italia viene preso molto sul serio, ed è ormai diventata una tradizione che va avanti da generazioni. Posso dire che facciamo un ottimo lavoro, ma ci sono tante persone che preferiscono godersi i titoli in lingua originale e non possiamo biasimarli. Spesso capita che nel doppiaggio italiano l’adattamento modifichi eccessivamente le frasi, dandone un senso completamente diverso.

Infatti, se poi vai a risentire quella stessa frase in lingua originale, ti viene solo da dire “Ma come ci sono arrivati a dire ‘sta roba?!”. Poi noi eliminiamo completamente gli accenti, mentre in lingua originale ce n’è quasi sempre una grande varietà. Ciononostante, il doppiaggio italiano è in grado di regalare emozioni se non addirittura più potenti di quelle originali, e continuerà a farlo. È questione di gusti in fondo!

Esperienza sul campo

IlVideogiocatore.it: Invece, parlaci ora della tua esperienza. So che hai partecipato ad un progetto indie in uscita su Steam, ma anche di un ingaggio fortuito in un noto gioco free to play, raccontaci un po’.

Alessandro Ambrosio: Hanno richiesto la mia voce in vari progetti indie. Uno dei più recenti è stato Days of Defiance, un progetto in sviluppo di Robo Poets (Demo disponibile su Steam ndr) nel quale la nazione di Escalia è governata da due tiranni, e il giocatore ha il compito di fondare una resistenza assemblando una squadra di professionisti, portare a termine varie missioni, gestire le proprie risorse e il benessere della squadra.

Questi ultimi infatti potrebbero accumulare stress durante le operazioni, addirittura rifiutandosi di seguire gli ordini o scappare in preda al panico. Insomma, un po’ come se X-COM e Darkest Dungeon si fondessero. È stato molto divertente recitare la parte di uno dei professionisti. Ho dovuto registrare i vari “bark”, ovvero le risposte degli NPC a varie azioni del giocatore, come ad esempio quando vengono selezionati, quando gli vengono dati ordini ecc.

Ho dovuto registrarle proprio in base alle emozioni del personaggio in questione, da motivato ad arrabbiato, ed è stato molto divertente!
Per quanto riguarda l’altro gioco, forse più di un anno fa mi è stato commissionato un lavoro su un gioco di guerra, dove il mio ruolo era quello di un caricatore su un carro armato, ma non mi era stato detto di quale gioco si trattasse.

Al tempo ero ancora a metà dei miei studi e non avevo ancora la mia cabina di registrazione. Avevo il microfono messo su uno stand nel mio armadio! I vestiti attutivano le onde sonore, cancellando una buona parte del riverbero, così da non dover fare troppe modifiche a livello tecnico (se volete iniziare, è un ottimo metodo!).

In ogni caso, qualche mese dopo aver concluso questo ordine, ripresi a giocare a War Thunder, perché ho una fissa con i veicoli da guerra e questo gioco riesce a darmi sempre un’ottima esperienza. Dopo aver selezionato l’Italia come nazione ed essere entrato in gioco, la partita inizia sempre con un “ready check” dei vari operatori del carro. Infatti ad un certo punto sento la frase “Caricatore pronto!” e penso tra me e me: “Questa voce mi è un sacco familiare…”.

Dopo che mi si ricarica la mitragliatrice del carro, sento di nuovo: “Mitragliatrice pronta!”. Allora mi fermo e mi dico “Aspetta un attimo… ma sono io!”.
Ed ecco come ho scoperto di essere finito su War Thunder!

War Thunder (2012)

Il bello del doppiaggio

IlVideogiocatore.it: Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Alessandro Ambrosio: La cosa più bella è che io non lo considero nemmeno un lavoro. Per me è come se fosse uno dei miei hobby, e mi diverto tantissimo a farlo. E nel momento in cui il tuo lavoro ti diverte, credo tu abbia raggiunto un grande obbiettivo nella tua vita. Immaginate che mondo sarebbe se tutti quanti ci divertissimo ad andare a lavoro!

IlVideogiocatore.it: Quali consigli daresti a coloro che vogliono intraprendere una carriera nel doppiaggio di videogiochi?

Alessandro Ambrosio: Comincerò dal dire che è un settore molto difficile dove inserirsi. Prima era molto più facile accedere a uno studio per assistere a un turno e farsi poi sentire, ma dopo il COVID si è chiuso un po’ tutto. Io che di recente ho fatto un giro a Roma, avrò chiesto a più di una decina di studi e quasi tutti mi hanno detto di no.

Fortunatamente però ho trovato un paio di studi che ricontatterò a breve, e ho avuto modo di fare amicizia con un doppiatore che era disposto ad aiutarmi se mai avessi avuto bisogno.

Perciò i miei consigli sarebbero: dedicatevi anima e corpo a questo lavoro, oppure non fatelo, perché dovrete allenarvi costantemente e perfezionarvi, e dedicare buona parte del vostro tempo a quello una volta che sarete nel giro; non scoraggiatevi, ma continuate a provare e riprovare. Questo vale sia per le vostre registrazioni e allenamenti, sia per quanto riguarda il cercare opportunità di lavoro.

IlVideogiocatore.it: Progetti per il futuro?

Alessandro Ambrosio: Dato che mi trovo più vicino a Roma, sto attualmente cercando lavoro lì, e se tutto va bene mi ci trasferirei direttamente, così da facilitare i miei spostamenti. Ho un piano B, ovvero Milano, dato che insieme sono le capitali del doppiaggio, e spero di riuscire finalmente ad inserirmi nel giro, conoscere tante nuove persone e poter dare la mia voce a tantissime opere diverse.

IlVideogiocatore.it: Bene Alessandro, l’intervista è conclusa, grazie mille per il tuo tempo, ti auguriamo tanto successo per il futuro!

Alessandro Ambrosio: Grazie per avermi dato l’opportunità di dire la mia, a presto!

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Civilization 7 – Recensione

Gioco ai videogame da oltre 30anni e, crescendo, è nata la passione per i titoli strategici e per i gestionali più impegnativi. Curiosissimo per natura, ero affascinato dall’idea di poter fondare e far fiorire imperi virtuali. Già dai tempi dei primi capitoli di Civilization, opera nata dal genio di Sid Meier agli inizi degli anni Novanta e sviluppata originariamente da MicroProse, mi sono trovato catapultato in un universo ricco di sfide: un mondo in cui si parte con una singola città per poi costruire un impero prospero, facendo i conti con la diplomazia, la scienza, la guerra e la cultura. Nel corso del tempo la serie si è evoluta sotto l’egida di Firaxis Games (che Sid Meier stesso ha co-fondato) e la pubblicazione di 2K, arricchendosi di nuove meccaniche e approfondimenti, ma mantenendo sempre l’ossatura tipica del “4X”: Explore, Expand, Exploit, Exterminate. E ora, finalmente, è arrivato il momento di parlare di Civilization 7. Ho avuto l’opportunità di provarlo in anteprima e, da giocatore di lunga data, posso dire con fermezza che questa nuova incarnazione sa come tenerti incollato allo schermo, ammaliandoti con la sua complessità e la sua profondità strategica. A patto che…

Un’eredità importante e un nuovo capitolo che sa stupire

Iniziare a parlare di Civilization 7 significa anche ripercorrere, in parte, la storia di questo franchise. Per questioni anagrafiche, non ho giocato al capostipite della serie, datato 1991, ossia quando Meier sperimentava con l’idea di trasformare la storia umana in un gigantesco board game digitale. Ho vissuto di più il passaggio a Civilization II, con grafiche migliorate e le prime vere battaglie che regalavano un senso di realismo, sebbene fossimo ancora nelle prime fasi della grafica bidimensionale. Con Civilization III si è aperta una nuova stagione di tradizione mista a innovazione, e Civilization IV ha segnato l’epoca della colonna sonora epica (chi non ricorda la traccia iconica all’avvio?) e di un miglioramento generale del sistema di gioco. Civilization V, poi, ha introdotto l’innovazione dell’esagono nelle caselle di mappa e lo spostamento delle unità, mentre Civilization VI ha continuato a innovare aggiungendo la suddivisione delle città in distretti e ulteriori migliorie in campo diplomatico e artistico.

Arriviamo a Civilization 7: un titolo che, pur mantenendo la medesima struttura a turni e lo stile “crea e gestisci il tuo impero dalla preistoria all’era moderna (e oltre)”, aggiunge ulteriore complessità a un sistema che, a ogni nuova iterazione, diventa più ampio e ricco di sfaccettature. Non a caso gli sviluppatori di Firaxis tengono a sottolineare la profondità delle meccaniche, l’importanza della diplomazia (con nuovi accordi e opzioni di interazione tra leader) e la possibilità di personalizzare ulteriormente lo sviluppo della propria civiltà, dal punto di vista culturale, scientifico, militare e religioso.

Civilization-7-Recensione-Spagna

Un piccolo gioiello, ma… per chi ha molta dedizione

Civilization 7, come i suoi predecessori, non è un gioco che si “apre e si gioca” in pochi minuti giusto per passare il tempo. È un titolo che pretende passione e dedizione, capace di fagocitare intere giornate se ci si lascia assorbire dalla pianificazione necessaria per progredire in tutte le aree cruciali dell’evoluzione della propria civiltà. Le differenze rispetto a Civilization VI si notano soprattutto a livello di micromanagement: la gestione dei distretti urbani e delle infrastrutture è stata ampliata ulteriormente, con la possibilità di specializzare sempre di più le città verso determinati output (cultura, produzione, commercio, scienza o addirittura turismo e intrattenimento). Se a questo si aggiunge un’IA migliorata nelle trattative diplomatiche – per quanto perfezionabile, come da tradizione – ci si ritrova a dover studiare ogni mossa con estrema attenzione.

Quando descrivo Civilization 7 come un “piccolo gioiello”, voglio dire che è un gioco dalle tante sfaccettature e che brilla sotto diversi punti di vista. Offre una gamma incredibile di scelte al giocatore, regalando una sensazione di controllo onnipotente sul proprio destino digitale. Tuttavia, come tutti i gioielli preziosi, va maneggiato con cura e con calma. Non aspettatevi di lanciare la partita e di capire tutto in un paio d’ore: io, che credevo di conoscere bene la serie, ho dovuto fare i conti con numerosi cambiamenti e nuove meccaniche che mi hanno costretto a rivedere le mie strategie abituali. La bellezza di Civilization 7, però, è proprio questa: la costante scoperta di nuovi equilibri, di sinergie tra edifici e distretti, di scelte politiche che influenzano le relazioni internazionali e di sentieri tecnologici che portano a vantaggi inaspettati.

La mia prima disfatta: gli Stati Uniti mi soffiano la vittoria

Nonostante la mia lunga esperienza, la prima partita a Civilization 7 è andata in modo sorprendentemente… disastroso. Avevo puntato tutto su un obiettivo ben preciso, convinto che nessuno dei miei avversari avrebbe potuto competere con me in quel settore. Invece, gli Stati Uniti si sono dedicati silenziosamente a un altro tipo di vittoria – la diplomatica, nello specifico – e hanno concluso tutti i passaggi necessari per ottenerla prima che io potessi dire “Ho vinto!”. Ebbene sì, ho perso la partita. Ho assistito a una schermata di sconfitta che, nonostante la comprensibile frustrazione del momento, mi ha spinto a riflettere su quanto Civilization 7 sia un titolo tanto affascinante quanto spietato.

Questo insuccesso ha riacceso in me la voglia di giocare “un altro turno”, classico mantra del fan di Civ. Finita la partita, mi sono trovato a ricominciare, testardo, deciso a non farmi fregare di nuovo dalla diplomazia altrui. Ma proprio questa è la grande forza di Civilization: ogni volta che ci si trova di fronte a una sconfitta, non ci si sente ingannati dal gioco, ma piuttosto si avverte la necessità di studiare nuove strategie, di pianificare diversamente e di non lasciare spazi agli avversari. Insomma, un perfetto esempio di come un videogame possa stimolare la creatività e le capacità di analisi del giocatore.

Leader e bonus: un menù da veri gourmet della strategia

Uno degli aspetti che trovo più interessanti di Civilization 7 è la selezione dei leader, ancora più varia che in passato (e in continua espansione, se consideriamo i DLC futuri che senza dubbio arriveranno). Firaxis ha da sempre puntato sul proporre personaggi storici provenienti da ogni parte del mondo, ognuno con il proprio bagaglio di bonus e malus che vanno a influenzare radicalmente lo stile di gioco. Stavolta, ho deciso di sperimentare due leader che mi incuriosivano particolarmente: Franklin e Napoleone.

La scelta di Franklin per la mia civiltà è stata motivata dalla volontà di spingere sull’acceleratore dello sviluppo tecnologico. Immaginate la scena: mi sono ritrovato a capo di un esercito che, almeno all’inizio, doveva essere l’esercito dell’antica Roma, guidato però dall’illustre statista americano. La sensazione è, a dir poco, straniante: un Franklin in toga che tiene discorsi di ispirazione alla corte romana lascia presagire un contesto quasi distopico. Ma è una distopia affascinante e, nonostante il paradosso storico, efficace dal punto di vista ludico. I bonus di Franklin, infatti, favoriscono la produzione di scienza e la fondazione di nuove città in maniera equilibrata, consentendo un rapido progresso tecnologico e un discreto miglioramento della produzione industriale con l’andare dei secoli.

Napoleone, invece, è tutto l’opposto: un condottiero carismatico, che offre vantaggi militari e diplomatici nei confronti delle civiltà confinanti. Giocare con Napoleone significa abbracciare una strategia aggressiva, basata sullo sviluppo di un esercito potente e sull’espansione territoriale rapida. Naturalmente, non bisogna sottovalutare le conseguenze diplomatiche: se attaccate a ripetizione i vostri vicini, rischierete sanzioni, alleanze avversarie e boicottaggi commerciali. Eppure, se ben gestita, l’aggressività militare di Napoleone può garantire un vantaggio tattico insormontabile, specialmente nelle prime ere, quando i confini si delineano e si definiscono le sfere d’influenza.

Civilization 7 Recensione: Napoleone

Tra epoche, distretti e meraviglie: il fascino del passare del tempo

Un altro aspetto che mi ha sempre rapito di Civilization è la transizione tra le varie epoche storiche. Dalla preistoria si passa gradualmente all’età classica, al medioevo, al rinascimento, all’età industriale, moderna, contemporanea e persino al futuro prossimo. Questa progressione segna dei passaggi quasi rituali, in cui ogni era porta con sé nuove tecnologie, nuovi edifici e nuove sfide, come l’accesso a risorse strategiche che prima non erano disponibili o la necessità di aggiornare le proprie strutture.

In Civilization 7, il passaggio tra un’epoca e l’altra è ulteriormente enfatizzato dalla possibilità di potenziare i distretti cittadini in modo sempre più specifico. Se ad esempio volete puntare tutto sulla cultura, potete costruire e ingrandire i vostri distretti teatrali, con musei, grandi opere e così via. Se preferite la scienza, potete dedicare intere zone urbane alla creazione di campus, laboratori e meraviglie naturali convertite in centri di ricerca. Oppure, ancora, potete specializzare alcune città verso la produzione bellica, erigendo caserme avanzate e poligoni di tiro per velocizzare l’addestramento delle unità militari. Tutto si incastra come un enorme puzzle, che richiede di valutare le risorse sul territorio, la posizione geografica, la presenza di fiumi, montagne, coste e altre caratteristiche che possono influenzare la resa dei vostri distretti.

Civilization 7 Recensione: Carri armanti

Scelte difficili: cooperare o dominare?

Uno degli elementi più intriganti di Civilization 7 è il continuo doversi porre domande cruciali: collaborare con i vicini o dichiarare guerra? Firmare trattati di non belligeranza o stringere accordi commerciali e culturali per rafforzare le proprie linee di rifornimento? Soprattutto a difficoltà più elevate, gli avversari controllati dall’IA si rivelano piuttosto smaliziati, pronti a prendere decisioni che massimizzano i loro interessi. Di conseguenza, non è raro vedere alleanze inaspettate o tradimenti clamorosi. In una delle mie partite, ad esempio, avevo stretto un accordo di cooperazione scientifica con un’altra civiltà, che sembrava condividere il mio interesse per la ricerca. Mi sentivo al sicuro, finché non mi sono accorto che quel patto serviva ai miei “amici” solo per guadagnare tempo, potenziare i propri distretti scientifici e infine lanciarsi nella corsa a una vittoria basata sulla scienza, tagliandomi fuori sul traguardo finale. Ho perso la partita anche in questo frangente, e ammetto di aver trattenuto a stento una risatina nervosa, perché il gioco sa essere crudele e geniale allo stesso tempo.

La sfida della difficoltà e il “bello” di un gioco complesso

Spesso mi viene chiesto: “Ma come fai a divertirti con un gioco così complesso? Non è meglio qualcosa di più immediato, che non richieda di leggere venti schermate di tutorial?” La mia risposta, da giocatore appassionato di gestionali e strategici, è che la complessità può essere uno stimolo enorme per la mente, una sfida che dà soddisfazione proprio perché non si limita a premiarti se premi un paio di tasti a caso. Civilization 7 è un titolo che va studiato, capito e interiorizzato, e il percorso di apprendimento è parte integrante del divertimento. All’inizio si commettono errori, si trascurano determinati aspetti e si perde la partita senza neanche rendersene conto.

Con il passare delle ore, però, iniziamo a comprendere come funziona il motore del gioco: come combinare i distretti in modo efficiente, quando è il momento di avviare un trattato commerciale, come gestire al meglio le risorse strategiche e così via. È in questa curva di apprendimento che risiede la magia di Civilization. Ognuno di noi, appassionati del brand, ha avuto la sua “prima volta” con un capitolo della serie e ha sperimentato quel senso di spaesamento misto a curiosità che ti spinge a migliorare turno dopo turno. Civilization 7 porta avanti questa tradizione di “profondità”, e la eleva grazie a un’interfaccia più pulita, a indicatori più chiari delle varie risorse e a un sistema di consigli e suggerimenti che, seppur non infallibile, cerca di guidare i neofiti.

Civilization 7 Recensione: Roma

La mia esperienza con Franklin e Napoleone: due modi di dominare il mondo

Tornando alla mia esperienza più recente, voglio raccontarvi come ho gestito le partite con i due leader che ho scelto di provare in maniera approfondita: Franklin e Napoleone. Con Franklin, come accennato, mi sono concentrato principalmente sulla ricerca scientifica, puntando a una rapida esplorazione di quelle tecnologie che potessero assicurare un salto di qualità alle mie unità e alle mie strutture produttive. Ho cercato di mantenere un buon rapporto con i vicini, stipulando contratti commerciali vantaggiosi e patti di non belligeranza che mi permettessero di crescere in pace. Il percorso scientifico, però, non è privo di ostacoli: se non si costruisce un esercito minimo per la difesa, si rischia di diventare un bersaglio facile per le civiltà più aggressive. Quindi ho dovuto bilanciare la corsa alla ricerca con la realizzazione di un apparato militare almeno accettabile.

Con Napoleone, invece, ho calzato l’elmo del conquistatore. Ho iniziato la partita consapevole che avrei dovuto crescere velocemente da un punto di vista territoriale, per assicurarmi più risorse e un vantaggio geografico sugli avversari. Ho scelto di fondare città in prossimità di giacimenti di ferro e di cavalli, necessari per costruire un esercito imponente già in epoca classica e medievale, e poi ho premuto l’acceleratore sulla produzione militare. Devo dire che la sensazione di spadroneggiare sul campo di battaglia con Napoleone è molto appagante: i bonus militari permettono di formare battaglioni più potenti e di sferrare attacchi rapidi, cogliendo di sorpresa le civiltà che si basano sulla diplomazia. Certo, un approccio del genere comporta un continuo rischio di escalation: attacchi un vicino, l’altro si insospettisce, si creano alleanze difensive e potresti ritrovarti a combattere su più fronti. Eppure, l’adrenalina di veder crescere il mio impero di turno in turno, sottraendo città cruciali ai rivali, è stata impagabile.

Diplomazia avanzata e trattati internazionali

Un punto di forza di Civilization 7 è l’evoluzione del sistema diplomatico. Già in passato, la serie introduceva concetti come la religione e la vittoria culturale, ma qui è tutto portato a un livello più raffinato. Le coalizioni nascono e muoiono a seconda delle pressioni geopolitiche, e la possibilità di organizzare congressi mondiali o conferenze internazionali per decidere il futuro delle risorse, delle meraviglie o dei diritti umani può davvero cambiare l’esito di una partita. Ho visto nazioni apparentemente amiche voltarmi le spalle all’ultimo minuto, magari costrette da pressioni esterne, e altre invece offrirmi aiuto per ragioni di interesse comune. Ed è proprio qui che ci si sente come un direttore d’orchestra, cercando di armonizzare le note di politica interna ed esterna, mentre le nazioni rivali cercano di dare un tocco diverso alla sinfonia.

Il bello è che non c’è un’unica strada vincente: potete scegliere di restare neutrali e di farvi i fatti vostri (puntando su scienza o cultura), oppure potete essere i pacificatori del mondo cercando di convincere tutti a firmare patti di non belligeranza, o ancora potete abbracciare la via del militarismo per sottomettere i popoli rivali prima che possano danneggiarvi. Ogni scelta comporta vantaggi e svantaggi, e non esiste una strategia che funzioni in tutte le partite, perché molto dipende da quali civiltà vi trovate di fronte e dalla conformazione geografica della mappa, che può favorire uno stile di gioco rispetto a un altro.

Le sconfitte: inevitabili ma formative

Un altro elemento che può colpire i nuovi giocatori (e che può scoraggiare chi si aspetta un titolo immediato) è la frequenza con cui ci si trova in situazioni di disfatta. In Civilization 7 non è raro perdere una partita, a volte dopo diverse ore, per un obiettivo mancato o perché un alleato, senza che voi lo sapeste, ha lavorato sodo per ottenere una vittoria diplomatica, religiosa o culturale. Ricordo ancora quella partita in cui mi ero focalizzato sullo sviluppo marittimo, costruendo flotte potenti per difendere le mie rotte commerciali e tenere lontani i pirati dall’oceano. Ero così concentrato su questo aspetto che non ho notato come una civiltà amica, con cui avevo buoni rapporti, stesse accumulando pian piano punti per la vittoria culturale, diffondendo la sua influenza grazie a grandi artisti e musicisti. Quando me ne sono accorto, era troppo tardi: nel giro di pochi turni, il “mio amico” ha trionfato, mentre io mi ritrovavo con una poderosa marina militare ma un pugno di mosche in termini di obiettivi.

Non nego di aver provato un po’ di frustrazione, ma questa è anche la bellezza di un gioco che non regala nulla. Serve costanza per imparare a vigilare su tutti gli aspetti contemporaneamente, e ogni sconfitta diventa un’occasione per perfezionare le nostre abilità da strateghi.

Civilization 7 Recensione: Franklin

Tecnicamente solido

Dal punto di vista tecnico, Civilization 7 si mostra solido, ben ottimizzato e con una grafica rinnovata: gli scenari sono ancora più dettagliati, le città si animano di luci e movimenti in tempo reale, e i vari modelli dei leader sono resi con grande cura. Quando si zooma sulla mappa, si notano particolari come le strade, i campi coltivati e i distretti specializzati.
L’interfaccia utente è migliorata rispetto ai precedenti capitoli: i menu sono più ordinati e i suggerimenti contestuali aiutano i giocatori a prendere decisioni consapevoli, anche se talvolta la mole di informazioni da gestire può risultare soverchiante. Per chi ama gli strategici a turni, tuttavia, questa abbondanza di dati è quasi una carezza, perché amplia la gamma di scelte possibili.

Da giocare e rigiocare

Dopo tutte queste ore trascorse ad affrontare partite mozzafiato e a studiare strategie nelle varie epoche, ho raggiunto una conclusione piuttosto netta: Civilization 7 merita un voto di tutto rispetto. È un titolo che, a mio avviso, stupisce per varietà e profondità, per la cura con cui Firaxis ha ulteriormente perfezionato la formula, ma richiede di essere capito, apprezzato e, soprattutto, di essere “giocato parecchio” prima di poterne cogliere tutte le sfumature. Non è un gioco adatto a chi cerca immediatezza o a chi vuole intrattenersi per mezz’ora, magari in modo spensierato. Qui siamo davanti a un’esperienza che pretenderà ore su ore della vostra vita, ma che saprà ripagarvi con momenti di autentica soddisfazione, quando riuscirete finalmente a completare un obiettivo epocale o a stringere un’alleanza cruciale che vi permetterà di rovesciare i rapporti di forza.

Civilization 7 è un prodotto che si inserisce con onore nella serie, portando avanti il DNA di Civilization in modo coerente e affascinante. Consiglio a chiunque sia incuriosito di provare, magari partendo a un livello di difficoltà medio-basso, così da familiarizzare con le meccaniche prima di lanciarsi nelle sfide più ardue. Ma siate pronti a impegnarvi e a leggere qualche guida o suggerimento online, perché la strada per diventare grandi leader è lunga e tortuosa.

Conclusione

Civilization 7 si conferma il “piccolo gioiello” di cui parlavo, un titolo complesso che farà la gioia di noi eterni amanti della strategia e che potrà far innamorare anche chi non ha mai provato un gestionale di questa portata, a patto di metterci la giusta dose di pazienza e di entusiasmo. D’altronde, come appassionato di vecchia data, so bene che la formula di Civilization ha sempre richiesto tempo e applicazione, ma è proprio in questa “lentezza” e ricchezza di sfaccettature che il gioco riesce ancora a brillare, rendendo ogni singolo turno un passo verso la gloria… o verso il baratro, se qualche leader avversario dovesse sorprendere con una strategia inaspettata. In ogni caso, non c’è niente di più esaltante che dire “ancora un turno” alle due del mattino, mentre la vostra civiltà entra trionfante in una nuova, fantastica, era.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS5 PRO, Xbox Series X/S, Nintendo Switch, PS4, Xbox One, PC
  • Data uscita: 11/02/2025
  • Prezzo69,99 €

Ho provato Civilization 7 in anteprima grazie a un codice per PlayStation 5 gentilmente fornito dal publisher.

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Indiana Jones e l’Antico Cerchio – Recensione

La storia è ciclica, in particolare quella cinematografica. Così come Star Wars, anche il franchise di Indiana Jones è approdato tra le braccia di Topolino e questo movimento finanziario ha riportato in auge il personaggio cinematografico più iconico di sempre. Sin dagli anni 80, il successo di Indiana Jones si è riversato anche sugli altri medium, con particolare fortuna per quello videoludico dove l’archeologo americano è stato particolarmente produttivo. Abbandonata dunque la serie di LEGO, Indy torna nelle fattezze “umane” di Harrison Ford per una nuova avventura videoludica sviluppata da MachineGames (dal 2014 impegnati su Wolfenstein e Quake), guidati dall’esperto Todd Howard (produttore esecutivo del gioco). In questa recensione vi dirò se Indiana Jones e l’Antico Cerchio sia riuscito a fare meglio del suo coetaneo film del 2023.

Ritorno all’avventura

L’Antico Cerchio è tutto all’insegna del ritorno, sia dentro che fuori lo schermo. Il ritorno di Indiana Jones nel mondo videoludico passa proprio con il ritorno all’avventura di Indy. Tutto inizia infatti tra i corridoi del Marshall College, dove il nostro protagonista insegna archeologia. Il dottor Jones ha deciso, senza troppa convinzione, di abbandonare le ricerche sul campo a favore di una vita più tranquilla, ma si sa, se Indy non è alla ricerca dell’avventura, allora sarà l’avventura a cercare lui.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: College

La trama prende il via con l’irruzione di un energumeno all’interno del museo universitario e il furto di un manufatto egizio. Il motivo è ovviamente collegato all’Antico Cerchio, un manufatto divino di cui non vi racconterò nulla, ma che ci riporta indietro all’epicità dei primi film di Indiana Jones.

Siamo nel 1937, dopo gli eventi dell’Arca Perduta, ma prima dell’Ultima Crociata. La seconda guerra mondiale è alle porte e gli indizi a seguito del furto conducono Indy in Italia, in particolare a Città del Vaticano, dove una cospirazione ha dato libero accesso ai fascisti tanto alla Città quanto al suo tesoro culturale. Tanto basterebbe per rendere affascinante il viaggio di questo nuovo Indy, ma MachineGames è andata oltre le mie aspettative.

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è un viaggio in un mondo che teme una nuova Grande Guerra. E tutte le mete del gioco sono eccezionali nella loro cura: Italia, Egitto, le giungle del Siam (Thailandia), Himalaya e qualche altra piacevole sorpresa che sarete voi a scoprire. E con loro i personaggi, reali e di fantasia, che hanno fatto la storia del globo e di questo titolo. Tra questi anche Mussolini, che fornirà il massimo supporto all’arcinemico del gioco, ovviamente nazista, Emmerich Voss.

Un particolare plauso va fatto agli attori dell’Antico Cerchio tanto per la qualità attoriale quanto per il doppiaggio. I complimenti non sono solo per Troy Baker, interprete di Indy applaudito anche da Harrison Ford, ma anche e soprattutto Marios Gavrilis, che impersona Voss, un occultista nazista senza scrupoli che ci riporta al nefasto periodo dell’Ahnenerbe. Per fortuna non saremo soldi a fronteggiare i nazisti. L’Indy Girl prescelta per questa avventura è la giornalista Gina Lombardi, magistralmente interpretata da Alessandra Mastronardi.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Mastronardi

Sotto il punto di vista tecnico, lo stile e le texture grafiche sono di altissimo livello. La scelta di avere tantissimi intermezzi in stile cinematografico è vincente. Durante la mia partita sono stato un po’ protagonista del videogioco e un po’ spettatore di un film di Indiana Jones, ed è stato bellissimo, anche perché le musiche di Gordy Haab sono eccezionali e meriterebbero di stare in una sala cinematografica.

Il mondo di gioco è suggestivo, così come la resa grafica dei suoi personaggi. Indy è Harrison Ford e gli altri attori si distinguono per la loro bellezza. Sotto questo punto di vista, l’unica nota negativa è sulle animazioni. Più di una volta la Mastronardi della mia partita (ma non solo) ha sofferto movimenti e spasmi ben lontani dalla realtà.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Egitto

Quello appartiene a un museo

Il canovaccio moderno dei videogiochi si adatta perfettamente a un titolo su Indiana Jones. Nonostante l’Antico Cerchio non sia un open world (ogni parte del mondo è un maxi-livello a sè stante), MachineGames mi ha permesso di gestire le missioni come avrei fatto in videogiochi come Skyrim o Cyberpunk 2077.

Di conseguenza, si può decidere se andare direttamente fino alla fine del gioco seguendo la missione principale oppure fermarsi ad aiutare i personaggi non giocanti e soprattutto esplorare e scoprire tutti i segreti, manufatti e perk che il gioco ci dona. Nello specifico, Indiana Jones non aumenterà di livello, ma potrà potenziarsi attraverso la lettura di libri, che troveremo in giro per il mondo o che potremmo acquistare da alcuni speciali negozianti. Inutile dire che fa parecchio comodo affrontare il finale con qualche abilità in più.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Emmerich Voss

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è un action in prima persona in cui è possibile combattere, ma decisamente sconsigliato. Negli scontri diretti, le armi principali sono due: i nostri pugni e un’arma speciale (il revolver di default). Come avrete già intuito, la scelta migliore è sempre quella che fa meno rumore. Sparare un colpo di pistola significa attirare l’attenzione di praticamente tutti. E morte spesso certa. D’altro canto le scazzottate sono abbastanza potenti già nella versione base, anche se in generale è sempre meglio essere furtivi.

L’Antico Cerchio è soprattutto un videogioco in cui conta la furtività, anche se molto diluita. I nemici hanno un indicatore sopra la testa che si riempe abbastanza lentamente. Non sarà troppo difficile passare inosservati e sarà sempre possibile cogliere di sorpresa i nemici alle spalle colpendoli alla testa con praticamente qualsiasi oggetto immaginabile (con effetti esilaranti, come i film insegnano).

Le fasi stealth, e la loro importanza, mi portano a parlare del punto più negativo del gioco. Nella mia esperienza, l’intelligenza artificiale è stata sotto la media per la maggior parte del gioco con un netto miglioramento solo nei livelli conclusivi. Più di una volta, in Città del Vaticano, sono riuscito a superare interi pezzi gremiti di fascisti semplicemente correndo fino alla porta che faceva scattare un cinematic. Per fortuna stiamo parlando di un videogioco estremamente ironico dove anche questi problemi passano in secondo piano, ma sono stato sorpreso, in negativo, dai pattern dei nemici.

Non fatevi però trarre in inganno: Indiana Jones non è, e credo non voglia proprio essere, un FPS stealth. Anzi, la scelta è la più azzeccata possibile, ma quello che rende l’Antico Cerchio un’opera sopra la media è la possibilità di vivere in prima persona un film di Indy, da protagonista, e al massimo dell’esperienza. Ed essere Indiana Jones significa risolvere enigmi.

Gli enigmi ambientali sono il vero fulcro dell’Antico Cerchio ed è qui che ho dovuto pensare come l’archeologo più famoso al mondo. MachineGames ha voluto rendere il gioco accessibile a tutti, ma come insegna Super Mario, anche sfidante per i veterani. Gli enigmi della missione principale mi hanno messo in difficoltà in qualche punto e mi hanno costretto a usare la macchina fotografica di Indy per avere un indizio in più.

Dove però le cose si fanno difficili è nelle secondarie e nella scoperta dei tanti misteri del gioco. Per trovare la maggior parte dei collezionabili, sarà necessario utilizzare la testa e soprattutto la frusta. Quest’ultima è appena utile durante i combattimenti, ma diventa fondamentale per gli enigmi ambientali.

Come avrete già capito, esattamente come in Skyrim dello stesso Todd Howard, la trama principale è solo una parte del divertimento e tutto il mondo vi spinge a divertirvi. Il level design è realizzato con la stessa qualità dei migliori Wolfenstein di MachineGames, poiché offre diverse strade per raggiungere lo stesso obiettivo. E qualora non vi bastasse, sappiate che Indy può camuffarsi. I travestimenti non solo vi daranno un’altra arma speciale in sostituzione al revolver, ma anche la possibilità di non essere (quasi completamente) avvistati dai nemici di estrema destra.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Frusta

In definitiva, mi sono goduto fino all’ultimo centimetro di questo mondo perché è bello essere Indiana Jones: è bello esplorare il mondo, trovare gli artefatti più rari e collezionare mappe, libri e attrezzatura nazista. E il videogioco vi mette nelle condizioni di farlo nel miglior modo possibile. Per quanto io non sia un appassionato del platinare i giochi, una volta terminata questa recensione tornerò tra il deserto di Giza e i monumenti di Roma per scoprire ogni singolo mistero ancora da scoprire, perché del resto sono il miglior archeologo del mondo.

Conclusione

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è il miglior videogioco di Indy mai creato. Un’affermazione di gran valore se consideriamo la lunga lista di videogiochi sull’archeologo americano, di cui tante avventure grafiche di altissimo livello. MachineGames è riuscita nel miracolo di sfruttare un’IP così importante al massimo del suo potenziale, creando una storia credibile che potrebbe tranquillamente essere trasportata su pellicola. La scelta di un gameplay basato sugli enigmi e supportato da uno stealth in prima persona è vincente, nonostante l’intelligenza artificiale sia decisamente acerba. Tutto il resto invece è tremendamente bello. Un must play per chiunque, anche per chi non ha mai visto un film di Indiana Jones.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Xbox Series X, Xbox Series S, PC
  • Data uscita: 09/12/2024
  • Prezzo79,99 €

Ho giocato e completato il gioco su Xbox Series X via Game Pass.

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Elden Ring Nightreign: annunciata la data d’uscita e aperti i pre-ordini

FromSoftware e Bandai Namco hanno finalmente svelato la data di uscita di Elden Ring Nightreign, il nuovo titolo multiplayer cooperativo action survival ambientato nell’universo di Elden Ring. Il gioco sarà disponibile dal 30 maggio su PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X/S, Xbox One e PC. Contestualmente, sono stati aperti i pre-ordini Elden Ring Nightreign, con diverse edizioni tra cui scegliere.

Edizioni disponibili per il pre-ordine

I pre-ordini Elden Ring Nightreign sono già disponibili e offrono diverse edizioni per soddisfare ogni tipo di giocatore:

  • Standard Edition (digitale per tutte le piattaforme, fisica per PS4, PS5 e Xbox Series X/S)
    • Include il gioco base.
  • Deluxe Edition (solo digitale)
    • Contiene la Standard Edition.
    • Codice per il DLC.
    • Artbook digitale e colonna sonora digitale.
  • Seekers Edition (Fisica per PS4, PS5, Xbox Series X/S)
    • Include i contenuti della Deluxe Edition.
    • Steelbook esclusiva.
  • Collector’s Edition (Fisica per PS5, Xbox Series X/S e PC)
    • Include i contenuti della Deluxe Edition.
    • Statua da 25 cm del “Selvaggio”.
    • Steelbook e artbook con copertina rigida (40 pagine).
    • Set di 8 carte dei Crepuscolari.

Bandai Namco ha inoltre annunciato una replica in scala 1:1 dell’Elmo del Selvaggio, realizzata in edizione limitata (9999 pezzi) con certificato di autenticità.

Con l’uscita sempre più vicina, l’hype per Elden Ring Nightreign è alle stelle. Riuscirà FromSoftware a replicare il successo del suo acclamato predecessore? Lo scopriremo il 30 maggio.

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Avowed, Digital Foundry: “È il trionfo tecnico di Obsidian”

L’imminente lancio di Avowed, il nuovo gioco di ruolo di Obsidian Entertainment, ha suscitato notevole interesse nella comunità videoludica. In particolare, Digital Foundry ha elogiato Avowed definendolo: “Il trionfo tecnico di Obsidian”. Questo riconoscimento evidenzia i progressi significativi dello studio nell’ottimizzazione e nell’uso avanzato dell’Unreal Engine 5.

Avowed si distingue per la sua estetica unica, che combina elementi di The Elder Scrolls e Chrono Cross (il seguito spirituale di Chrono Trigger uscito nel 1999 su PlayStation), offrendo ambientazioni ricche di colori vivaci e strutture imponenti. Il gioco presenta un mondo aperto suddiviso in aree di dimensioni moderate, ognuna ricca di dettagli e atmosfera, invitando i giocatori a esplorare e immergersi nelle Terre Viventi.

Implementazione avanzata dell’Unreal Engine 5

Uno degli aspetti più impressionanti di Avowed è l’implementazione delle principali funzionalità dell’Unreal Engine 5: Nanite, Lumen e le mappe di ombre virtuali. L’uso di Nanite consente transizioni fluide tra diversi livelli di dettaglio, riducendo la percezione del “pop-in” e migliorando l’immersione nel mondo di gioco. Questo è particolarmente evidente nella resa degli alberi e delle strutture, che mantengono una qualità costante indipendentemente dalla distanza dell’osservatore.

Lumen offre un’illuminazione globale in tempo reale e riflessi realistici, adattandosi dinamicamente ai cambiamenti dell’ora del giorno nel gioco. Questo sistema illumina le scene in modo naturale, con ombre ricche e riflessi dettagliati su superfici lucide, contribuendo a creare un ambiente visivamente coinvolgente.

Le mappe di ombre virtuali migliorano ulteriormente la qualità delle ombre, eliminando i difetti tipici delle tecniche precedenti. Obsidian ha adottato un approccio ibrido, combinando mappe di ombre virtuali per dettagli più grandi e ombre in spazio schermico per elementi più fini, bilanciando così qualità visiva e prestazioni.

Avowed su Digital Foundry: Lumen

Prestazioni su console e PC

Avowed offre diverse modalità grafiche. Su Xbox Series X, sono disponibili le modalità Qualità (30fps), Prestazioni (60fps) e Bilanciata (40fps su schermi a 120Hz). La modalità Qualità offre la massima fedeltà visiva, mentre la modalità Prestazioni privilegia la fluidità a scapito di alcuni dettagli grafici. La modalità Bilanciata rappresenta un compromesso tra le due, offrendo un’esperienza visiva e di fluidità equilibrata.

Su PC, il gioco supporta sia Lumen hardware che software, con la versione hardware che offre riflessi e illuminazione globale più dettagliati. Tuttavia, queste funzionalità richiedono hardware potente per mantenere prestazioni ottimali. Il gioco include anche opzioni di upscaling come DLSS, FSR e TSR, permettendo ai giocatori di bilanciare qualità visiva e frame rate in base alle capacità del loro sistema.

Avowed su Digital Foundry: paragone modalità Xbox Series X

Stabilità e ottimizzazione

Con Avowed, lo studio ha compiuto notevoli progressi anche per quanto concerne bug e problemi tecnici al day one, offrendo un’esperienza sorprendentemente stabile e ben ottimizzata. Sebbene possano ancora verificarsi occasionali problemi, come piccoli scatti dovuti alla compilazione degli shader su PC o rari crash su Xbox, il gioco rappresenta un significativo passo avanti rispetto ai titoli precedenti dello studio.

In conclusione, Digital Foundry ha evidenziato come Avowed rappresenti un trionfo tecnico per Obsidian Entertainment. L’uso avanzato delle funzionalità dell’Unreal Engine 5, combinato con un design artistico ispirato e un’ottimizzazione solida, rende Avowed un’esperienza imperdibile per gli appassionati di giochi di ruolo e per chi cerca un’avventura visivamente stupefacente.

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Metal Gear Solid Delta: Snake Eater conferma la sua data d’uscita

Il PlayStation State of Play ha permesso a Metal Gear Solid Delta: Snake Eater di mostrarsi ancora una volta. Un nuovo trailer ha confermato la data di uscita: il 28 agosto 2025 Metal Gear Solid Delta arriverà su PlayStation 5, Xbox Series X/S e PC.

Il video ci ha anche fatto conoscere, nuovamente, i membri dell’Unità Cobra e ha rivelato il ritorno dello special game: “Snake vs Moneky”. Quest’ultimo sarà disponibile, per ora, solo su PlayStation e PC (nuove comunicazioni arriveranno anche per la versione Xbox).

Lo showcase di PlayStation è servito anche per dare il via ai preordini per tutte le edizioni digitali e fisiche del gioco, che ricordiamo essere il remake di Metal Gear Solid 3: Snake Eater, l’opera di Hideo Kojima che debuttò nel 2004 su PlayStation 2.

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