Nel panorama dei videogiochi indie esistono prodotti che hanno la potenzialità di veicolare dei concetti piuttosto importanti ai loro fruitori, soprattutto a quelli più predisposti a coglierne il significato. Tra i tanti, due importanti esempi di questo trend sono “Limbo”, sviluppato da Playdead (2010), e “To the Moon”, di Freebird Games (2011). Entrambi sono giochi indie in single-playerdi breve durata, ed entrambi hanno avuto un ruolo importante nel mercato indipendente con attestati di stima e amore da parte di addetti al lavoro ed appassionati di gaming, diventando parte importante del medium videoludico stesso.
Fra tutti ho scelto Limbo e To the Moon perché mi sono sono rimasti nel cuore, giungendo dentro di me in maniera differente e restando memorabili anche dopo tutti questi anni a dimostrazione che con pochi mezzi è possibile brillare di luce propria, rimanendo impressi nella memoria del videogiocatore.
Limbo è un puzzle-platform in 2D privo di dialoghi con altri NPC, senza una narrazione testuale o vocale, né il classico tutorial didascalico, ed è privo di HUD; lo stile di gioco è un “prova e muori”, con il frequente susseguirsi di enigmi e trappole di ogni tipo. Tecnicamente parlando, Limbo, gira su un motore grafico proprietario, leggero e adatto al contesto; un perenne bianco e nero, con giochi di luci e ombre molto suggestivi, in grado di donare all’intera esperienza un’atmosfera surreale.
Il protagonista è un ragazzino finito in un mondo oscuro; all’inizio lo vediamo steso sul terreno e tocca a noi svegliarlo, interagendo con i tasti. Questo gioco non è rivoluzionario, ma elegante e ricercato esteticamente, intelligente ed accattivante nelle sue meccaniche, con una narrazione visiva che ci guida in un quasi totale silenzio. Alcuni nemici si possono eliminare interagendo con l’ambiente circostante, mentre altri andranno schivati per poter andare avanti e scontrarsi con i vari enigmi da risolvere.
Limbo
To the Moon, è realizzato con RPG maker, difatti a vederlo ha l’aspetto di un classico gioco di ruolo anni ’90, privo però di alcuni elementi rpg più caratteristici, come il livello di progressione dei personaggi. Qui troviamo una grafica colorata, una narrazione che avviene tramite i tanti testi su schermo, fatti di dialoghi e descrizioni varie, con musiche che sanno toccare il cuore; il gameplay è ridotto all’osso, quasi ai livelli di una visual novel, se non per qualche minigioco e puzzle, che di tanto in tanto veicola la profonda e toccante trama.
Questo titolo vive di una trama toccante e piena di sentimenti. Il gioco ci mette nei panni di 2 dottori, Eva Rosalene e Neil Watts, dipendenti della “Sigmund Agency of Life Generation”. Quest’azienda, tramite l’impianto di ricordi artificiali, aiuta i pazienti in fin di vita ad avere una morte più serena, eliminando i loro rimpianti, ed esaudendo (in un certo senso), i desideri più importanti, quelli magari durati una vita
To The Moon
Less is more
I giochi indie sono sviluppati solitamente da piccoli studi indipendenti, che (spesso) non hanno l’aiuto economico di un editore, ma questo può voler dire anche avere meno vincoli e sentirsi più liberi di esprimere maggiormente la propria autorialità. Ciò che mi viene da pensare è che non è detto ci sia sempre l’intenzione conscia di veicolare un certo tipo di messaggio, ma ciò non vuol dire che esso stesso non si crei ugualmente durante lo sviluppo e che quindi poi giunga comunque al giocatore.
Parlando di cinema, un’opinione che mi è capitato di sentire sui film di Christopher Nolan, è che quando lui ha realizzato film con meno budget a disposizione, senza l’utilizzo di troppi effetti speciali e dovendo quindi mettere mano di più al cuore della pellicola stessa, è riuscito a realizzare opere che, secondo una parte della critica, son state complessivamente migliori di altre sue, magari più titolate e di maggior successo ai botteghini.
Il mio parallelismo richiama, tornando in ambito videoludico, la differenza tra alcune produzioni di grosse software house tripla A e quelle degli sviluppatori di giochi indie (entrambe le categorie hanno sia ottimi prodotti che mediocri, non dimenticandoci che poi esistono anche produzioni che si trovano nel mezzo), che non avendo tutta questa disponibilità di mezzi, sono anche più costretti a lavorare di più all’anima del videogioco stesso.
In queste condizioni possono riuscire a superare questi limiti, per far sì che essi diventino orizzonti da raggiungere e superare. Può capitare così, che possa venir fuori un’esperienza più immersiva, dando più spazio a trama e caratterizzazione, fornendo quel tocco artistico che passa anche da un’estetica più o meno ricercata. A livello di storie, concetti, è sempre più difficile tirar fuori qualcosa di nuovo ed originale, ma la differenza sta nel modo in cui le idee, anche le più usate, vengono rielaborate.
I due giochi protagonisti di questo articolo, insieme ad altri di cui magari vi parlerò in futuro, sono piccoli grandi gioielli, opere d’arte in miniatura, che fanno bene ad un’industria videoludica che ha, in generale, un po’ paura di sperimentare e di proporre qualcosa di diverso e nuovo, che abbia più anima, originalità e meno ripetitività.
Ritengo comunque che l’industria videoludica stia vivendo un periodo storico abbastanza positivo. I ragazzi di oggi sono in grado di apprezzare anche titoli retrò o comunque giochi nuovi realizzati appositamente così (anche remastered e remake possono aiutare, in certi casi), capendo così che non sempre serve la grafica pompata per divertirsi, ma che intrattenimento, sfida ed emozioni, possono essere ovunque.
Baldur’s Gate 3 ha risvegliato in molti, e fatto scoprire a tanti altri, la voglia di giocare ai videogiochi di ruolo. Ormai è stato detto e ridetto: il titolo ha sconvolto tutti, grazie da un gioco completo già al day one, senza dlc (se ce ne saranno, in futuro, sarà per espandere il gioco) e soprattutto dimostrando che un gioco senza microtransazioni funziona bene e invoglia all’acquisto.
Insomma, una vera e propria lezione di stile, impartita con una forza tale che, probabilmente, ora le grandi case saranno costrette a rivedere qualcosa sulle modalità di lancio dei propri titoli. Ma c’è chi questo lo faceva già prima di Baldur’s Gate, senza però aver ottenuto la stessa risonanza che ha avuto l’ultimo titolo di Larian Studios.
L’esplosione di BG3 ha aperto sicuramente una nuova stagione per gli rpg a turni, con movimento tattico, esplorazione, personalizzazione dei personaggi e possibilità di “piegare” la storia a proprio piacimento, grazie alle decisioni del giocatore e alle abilità dei personaggi con cui si decide di comporre il proprio gruppo. Per questo abbiamo deciso di rispolverarne qualcuno, neanche troppo datato, che finora hanno portato alta la bandiera del genere.
10 – Solasta: Crown of the Magister
Solasta: Crown of the Magister è stato un buon tentativo di trasposizione delle regole della 5 SRD (System Reference Document), ossia delle linee guida per la pubblicazione di contenuti sotto la OGL. Il videogioco di ruolo, prodotto da Tactical Adventures, si propone come una trasposizione del classico rpg da tavolo di quinta edizione, in un mondo originale.
Tira iniziativa, fai attacchi di opportunità e stabilisci la posizione dei personaggi, ma non solo: devi anche compiere scelte e decidere il tuo destino.
La peculiarità del gioco è la pubblicazione periodica di Dlc che offrono vere e proprie campagne tutte nuove, tra loro indipendenti, offrendo ai giocatori avventure sempre rinnovate.
Resta però il problema di un party pregenerato, con personaggi troppo silenziosi e con zero interazioni.
9 – Enchased: A Sci-Fi Post Apocalyptic RPG
Cambia l’ambientazione e cambiano tutte le regole (rispetto a BG3) ma restano la componente isometrica, il combattimento a turni e le scelte che determinano la storia.
Si tratta di Encased: A Sci-Fi Post-Apocalyptic RPG, gdr tattico e fantascientifico che è ambientato in un mondo distopico, dove si combattono nemici, si esplorano grandi aree “aliene”, si livella il proprio personaggio e si sceglie a quale fazione di sopravvissuti strizzare l’occhio e a quale tagliare le gambe.
Tra pistole laser e le immancabili armi da mischia, anche il carisma fa la sua sporca figura: a volte la lingua ferisce più dell’acciaio.
Fabbricare oggetti, combattere e negoziare sono le parole d’ordine di questo gioco che ha tanto da offrire.
8 – Tyranny
Il titolo di Paradox e Obsidian, pubblicato nel 2016, catapulta il giocatore in un mondo in cui la grande guerra tra il bene e il male è appena finita. E ad aver vinto è stato il male.
Il nostro personaggio si troverà di fronte ad un mondo che reagisce attivamente alle sue decisioni, viaggiando per un regno dove potrà ispirare lealtà o terrore.
Insomma, la piega che la storia può prendere è tutta in mano al giocatore, con un sistema di combattimento tattico, ma in tempo reale con pause.
La vera innovazione è che qui, più che in ogni altro gioco di ruolo, non solo le scelte contano, ma è proprio su questo aspetto che si focalizza il titolo, che grazie a questa meccanica presenta un’alta rigiocabilità.
7 – Disco Elysium
Qui parliamo di un piccolo gioiello, tanto caotico quanto affascinante. Figlio d’arte di titoli come Planescape: Torment, a cui è fortemente ispirato, si presenta come un gioco di ruolo non tradizionale: i combattimenti sono praticamente assenti.
Il videogiocatore si troverà a interagire con il mondo moderno e distopico attraverso un detective che ha perso la memoria, in un mondo moderno e distopico, affrontando la maggior parte dei casi tramite i dialoghi e test di abilità, muovendosi in un quartiere di una città che si sta ancora riprendendo dalla guerra.
Non mancano elementi che strizzano l’occhio all’horror e la modalità open world lascia grande spazio di manovra ai giocatori.
6 – Wasteland (2 e 3)
Dura la vita dei Desert Ranger: tra banditi, mostri, macchine impazzite e quant’altro, girare tra l’Arizona e il Colorado è un inferno. Fortunatamente, ormai non ci sono più regole: anzi, le regole le fate voi.
Succede questo in Wasteland 2 e 3, rpg isometrici con combattimenti a turni e dove “choice matters”, in cui coordinerete una squadra di Desert Ranger (tra personaggi da voi generati e png che potrete scegliere di portare con voi) in un mondo post apocalittico, dove potrete essere i buoni, i cattivi, i menefreghisti… quello che volete.
Il gioco permette anche una modalità multiplayer e, come segno distintivo del terzo capitolo, inserisce la possibilità di personalizzare il veicolo utilizzabile per viaggiare, immagazzinare scorte e anche per combattere.
Pillars of Eternity è stata una sfida: è un gioco tutto nuovo, che a parte i pilastri del gdr isometrico a turni, presenta una serie di novità anche complesse da digerire.
Un esempio è il sistema di regole, non esattamente intuitivo, che potrebbe allontanare più di qualche giocatore non così devoto alla causa dei giochi di ruolo da mettersi a “studiare”.
Eppure, entrambi i titoli portano sullo schermo due storie, tra loro collegate, tra le più avvincenti ed originali di sempre. Tanto basterebbe per divorarli tutti e due, ma bisogna ammettere che, una volta capito, il sistema di regole funziona e permette anche di sbizzarrirsi in build divertenti.
Inizialmente il gioco non era pensato per essere un turn based combat: la modalità è stata inserita in un secondo momento (almeno per il primo capitolo), e ciò permette anche di giocare i combattimenti di entrambi i titoli in real time.
Inoltre, per non farci mancare nulla, se nel primo titolo sarete chiamati a ricostruire una fortezza perduta e piena di mistero, nel secondo potrete solcare i mari a bordo del vostro vascello (personalizzabile e gestibile nei dettagli, anche assumendo i membri dell’equipaggio).
4 – Pathfinder Kingmaker e Wrath of the Righteous
Nato come un’alternativa a Dungeons & Dragons 3.5 (e poi proseguito per conto suo), Pathfinder si è imposto nel mondo del gdr cartaceo come grande competitor del titolo di Wizard of the Coast, puntando molto anche sul comparto videoludico.
I titoli Kingmaker e Wrath of the Righteous, arrivarono in un momento (2018 e 2021) in cui c’era forte carenza della trasposizione dei manuali sullo schermo di pc e console. Anche qui, la ricetta è quella già citata: personalizzazione del proprio personaggio e del party, i combattimenti sono a turni, la visuale è isometrica, le scelte determinano il destino dei personaggi (e del mondo) e così via.
Cos’hanno di diverso dagli altri rpg? Entrambi i giochi presentano delle aggiunte singolari e difficilmente individuabili in altri giochi del genere: mentre esplorate dungeon o città e vi perderete in una chiacchiera con png interessanti, in Kingmaker sarete chiamati a gestire un regno e le città che costruirete entro i suoi confini, mentre in Wotr sarete a capo di una crociata (sì, di un vero e proprio esercito) contro i demoni pronti a devastare il mondo. Anche qui, è possibile scegliere se combattere in real time o a turni.
3 – Baldur’s Gate (1 e 2)
Con questi titoli ci siamo allontanati molto dall’incipit: i primi due capitoli di Baldur’s Gate non hanno nulla a che vedere con l’ultimo capolavoro di LarianStudios, se non l’ambientazione. A separare i titoli di Black Isle dal terzo capitolo della saga ci sono ben 23 anni, tre edizioni di Dungeons & Dragons (in questo caso parliamo della 2°), manca completamente la modalità a turni.
Nonostante ciò, questi sono due gioielli, tra i primi videogiochi ad aver portato su pc la possibilità di plasmare la storia a proprio piacimento, grazie ad una vasta possibilità di scelte a disposizione del giocatore. I personaggi che accompagnano il protagonista sono molti, bisognerà decidere chi portarsi, mentre chi viene lasciato dietro non starà comodamente ad attendere in un accampamento accessibile tramite un pulsante nell’interfaccia.
Inoltre, ognuno dei companions ha propri obiettivi e desideri che, se non assecondati, li porterà addirittura a lasciare il party. La storia è da 10 e lode (BG2 è un proseguo del primo capitolo in questo caso) ed entrambi sono giochi che devono essere recuperati da chi non li ha mai giocati.
E nel caso vi trovaste bene con BG I e II, è il caso di provare anche i “fratellini” Icewind Dale I e II: un gioco pressoché identico, ma questa volta ambientato nelle Terre del Vento Gelido (sempre nel Faerun, enorme continente del mondo di Dungeons & Dragons), a migliaia di chilometri di distanza dall’Amn e la sua capitale, Baldur’s Gate.
2 – Planescape Torment
Questo titolo poteva essere inserito nel paragrafo dedicato a BG I e II (e Icewind Dale I e II), in quanto prodotto negli stessi anni (1999) sempre dalla Black Isle Studios, seguendo le stesse regole della seconda edizione di Dungeons & Dragons e presentandosi graficamente come un’estensione dei giochi sopra citati.
Ma Planescape Torment è un gioco a sé, un piccolo capolavoro che emerge da tutti gli altri titoli. A fare da padrona in questo mondo è la storia, dove i combattimenti ci sono, ma possono essere evitati e soprattutto non sono prominenti.
Il personaggio non viene creato soltanto ad inizio gioco, ma anche durante il gioco stesso: prendendo il controllo di The Nameless One, un essere immortale che dimentica qualsiasi cosa se ucciso (per poi tornare in vita, ovviamente), camminerete tra le strade della città di Sigil e negli altri piani dell’esistenza, cercando di ricostruire la memoria del protagonista.
Il nostro protagonista incontrerà diversi personaggi molto particolari (teschi che volano e parlano, succubi e tante altre stranezze), che potranno accompagnarlo nel suo viaggio. Molti di questi lo hanno già incontrato in passato, alcuni sono stati influenzati dalle sue azioni in qualche modo, ma lui non se lo ricorda.
1 – Divinity Original Sin (1 e 2)
Non potevano che stare sul podio questi due capolavori che probabilmente hanno permesso alla Larian Studios di diventare la “prescelta” per la realizzazione di BG3. I giochi differiscono sicuramente per meccaniche, con il secondo capitolo in cui è stata migliorata e potenziata la già validissima giocabilità del primo, che ancora oggi merita di essere giocato e rigiocato più volte.
I due capitoli non sono uno il continuo dell’altro, ma ci sono temi che ritornano e che fanno capire al giocatore di essere immerso in un mondo complesso, ma affascinante. In entrambi i giochi le proprie scelte fanno la differenza e il mondo circostante cambierà in base ad esse, ma è nel secondo capitolo che si fa più imponente la presenza dei personaggi pregenerati (che, come in BG3, possono anche essere selezionati alla creazione del personaggio come protagonista).
Rispetto al mastodontico Baldur’s Gate 3 manca la meccanica del salto, che ormai ha assuefatto tutti, ma c’è una cosa che i Divinity hanno in più rispetto all’ultimo titolo Larian: non esistono classi (guerriero, stregone, warlock etc.), bensì ogni personaggio può essere modellato a proprio piacimento, andando ad investire punti in diverse scuole di magia o arti da guerra al level up. Volete un paladino che, oltre a spada e scudo, scaglia lance di ghiaccio? Un arciere necromante? Un ladro evocatore? Sì, potete farlo.
E anche quest’anno l’estate è finalmente arrivata! Dopo tanto duro lavoro, i caldi mesi estivi sono l’occasione perfetta per godersi un po’ di riposo e vivere allegre serate in compagnia. E quale occasione migliore per riscoprire il genere videoludico che più di ogni altro è pensato per le partite di gruppo? Sto naturalmente parlando dei videogiochi party, più comunemente chiamati party game.
Si tratta normalmente di titoli strutturati come un vero proprio insieme di sfide e minigiochi, in cui più che la profondità della trama o la complessità del gameplay a farla da padrone sono l’intuitività e il divertimento.
Ma quali sono i migliori party game attualmente disponibili? Il nostro articolo si occuperà proprio di proporre una carrellata di quelli che a nostro giudizio sono i titoli più belli e divertenti da giocare in gruppo. Prepariamo i nostri occhiali da sole e le nostre bibite e uniamoci alla festa!
Mario Party Superstars
Super Mario è da sempre una grande star dei Party Game
Prima menzione quasi obbligatoria per quella che è la saga di party games per antonomasia, ovvero la serie Mario Party. Iniziata nel 1998 su Nintendo 64, questa serie vanta ben 17 episodi, usciti praticamente su ogni console Nintendo, sia casalinga che portatile.
Ogni Mario Party tende a riproporre, con piccole varianti, la stessa formula. Quattro giocatori si trovano a sfidarsi su un enorme tabellone in cui muovono il loro personaggio in base al risultato del lancio dei dadi. Dopo che ogni giocatore ha tirato, viene attivata una sfida che coinvolge tutti e quattro i partecipanti. Vince la partita chi riesce a raggiungere il traguardo col punteggio più alto.
Con l’evolversi della saga, la grafica è divenuta sempre più definita e spettacolare e i vari minigiochi si sono fatti più vari e complessi. Abbiamo scelto di premiare l’ultimo capitolo della saga, ovvero Mario Party Superstars, uscito nel 2021 su Nintendo Switch.
Superstas contiene tutto il meglio che Mario Party abbia da offrire, con una caterva di minigiochi, una grafica colorata e piacevole, un roster di tutto rispetto e soprattutto tanto, tanto divertimento. Se amate Super Mario considerate seriamente di recuperarlo. Il divertimento sarà garantito!
Just Dance 2023 Edition
Just Dance è proprio quel che ci vuole per animare una festa.
Se c’è un gioco che più di ogni altro si è dimostrato in grado di catturare qualunque tipo di casual gamer, quello è senza dubbio Just Dance. L’utilizzo massiccio di questo gioco nei centri estivi e nelle feste ne è la prova più lampante.
Nata nel 2009 su Nintendo Wii, la fortunata saga musicale di Ubisoft è riuscita a spopolare tra gli amanti della musica e del ballo, in particolare tra il pubblico femminile.
Le premesse di Just Dance sono semplicissime: armati del nostro controller (che deve necessariamente essere munito di sensore di movimento) non dovremo fare altro che mimare i movimenti delle sagome colorate che animeranno le canzoni contenute nel gioco.
Più precisi saremo nei nostri movimenti, più alto sarà il punteggio. Oltre al tempismo, avrà grande importanza nella valutazione finale la nostra abilità di muoverci a tempo con la musica della canzone.
Questo concetto, di per sé semplicissimo, si è rivelato assolutamente vincente e ha garantito a Just Dance un successo incredibile, al punto che la serie vanta ben quattordici capitoli.
L’edizione 2023, disponibile su Switch, PS5 e Xbox Series X/S, svanta ben 40 canzoni, a cui si aggiungono 12 versioni alternative di esse. Pronti a scendere di nuovo in pista? O le vostre capacità di ballerini non sono all’altezza?
Mario Kart 8 Deluxe
Mario Kart 8 è davvero un evergreen che non può mancare in nessuna libreria Switch.
Come immagino tutti sappiate, Mario Kart 8 è principalmente un gioco di guida. Tuttavia, l’enorme mole di armi e power up, la follia delle piste e il grande divertimento che pervade ogni corsa hanno più di una caratteristica in comune col genere dei Party Game.
Tutti i circuiti del gioco, infatti, sono disseminate di bonus e potenziamenti, spesso in grado di ribaltare totalmente le sorti di una gara, sebbene alla fine l’abilità del pilota abbia sempre (o quasi) l’ultima parola.
Mario Kart 8 offre sicuramente il meglio di sé nella modalità multiplayer a schermo diviso, che ormai da anni regala sfide all’ultimo sangue in grado di rovinare anche le amicizie più salde (o chissà, magari di rafforzarle!).
Nonostante la versione switch sia uscita da ormai 6 anni, Mario Kart 8 è tutt’oggi il gioco Switch più venduto in assoluto, a dimostrazione dell’incredibile divertimento e coinvolgimento che sa offrire, soprattutto se giocato in compagnia.
Pronti a lanciarvi in incredibili sfide all’ultimo guscio?
Overcooked: All You Can Eat
Ecco un gioco per tutti gli amanti della buona cucina.
E dopo danze sfrenate e folli corse in kart cosa c’è di meglio di una bella sfida culinaria? Nata nel 2016 su PS4, Xbox One, Switch e PC, la saga di Overcooked propone una serie di divertenti minigiochi, tutti ambientati in cucina.
Nei panni del nostro chef, dovremo soddisfare le sfide più disparate, che riguarderanno sia il tipo di piatto da realizzare, sia la velocità con cui prepararlo, sia la gestione degli angusti spazi della cucina.
Come ogni Party Game che si rispetti, Overcoocked dà il meglio nella modalità multiplayer, pensata originariamente per essere una sfida cooperativa, anche se esiste pure una modalità competitiva.
Overcoocked ha goduto di un sequel, nel 2018, mentre nel 2020 è uscita la versione All you can eat, che raccoglie insieme tutte le sfide e i minigiochi dei primi due episodi. Questa versione è disponibile per praticamente ogni sistema presente sul mercato, quindi se siete amanti della cucina o semplicemente cercate un passatempo per divertirvi in compagnia non potete assolutamente lasciarvelo scappare!
Move or Die
Move or Die è un gioco davvero in grado di rovinare ogni amicizia.
L’idea alla base di Move or Die è semplicissima. Alla guida di piccoli blob colorati, quattro giocatori si trovano all’interno di uno stage. L’energia di ognuno dei blob inizia subito a calare inesorabilmente, a meno che il giocatore non si mantenga in costante movimento. Sebbene a parole sembri semplice, i livelli sono infarciti di ostacoli, piattaforme mobili e impedimenti di ogni genere, che vanno ad ostruire costantemente i movimenti dei giocatori.
Allo scadere del tempo vincerà il giocatore con il livello di energia più alto. Naturalmente ogni giocatore avrà la possibilità di ostacolare gli altri blob, dando vita a battaglie selvagge e frenetiche che spesso saranno decise da pochissimi pixel di energia.
Move or Die è uscito originariamente su PC, ma è ora disponibile anche per PS4, Switch e per i vari dispositivi Android. Se ve lo siete perso recuperatelo assolutamente, a patto di essere dotati di una bella dose di pazienza!
Si è conclusa da poco la settimana più calda per il gaming internazionale. Dopo la dipartita dell’E3, il Summer Game Fest – coadiuvato dalle kermesse di svariati publisher – è ormai il massimo evento estivo in cui scopriamo i videogiochi che giocheremo nell’immediato futuro, o quasi. In questo articolo ho raccolto le impressioni, certezze, speranze e dubbi sugli eventi di maggior spessore: il Summer Game Fest, l’Xbox Games Showcase, l’Ubisoft Forward e il Capcom Showcase 2023.
Speranze e certezze
Le conferenze di queste ultime settimane non hanno mostrato tantissimi videgiochi superlativi, ma quando lo hanno fatto sono rimasto positivamente colpito.
Il videogioco su cui ho maggior certezze, nonostante siamo appena agli inizi, è Final Fantasy VII Rebirth. Il secondo capitolo della trilogia è ancora lontano – la data d’uscita è un generico 2024 – ma la sua presenza è pesante: Rebirth è l’unico gioco che già vedo con almeno una sfilza di nove nel suo background. Qualsiasi altro risultato sarebbe insoddisfacente. Il trailer del Summer Game Fest con Cloud, Tifa, Aerith ma soprattutto Sephiroth ha mostrato la volontà di Square Enix di continuare quanto ben fatto con il primo capitolo della triologia: Rebirth ha la mia completa fiducia.
Il secondo posto del meglio che ho visto va a Starfield. Ovviamente l’evento dedicato al gioco è di gran lunga migliore dei tre minuti di Final Fantasy, ma qualche dubbio ancora mi attanaglia: l’opera magna di Todd Howard è così bella da non sembrare reale. I diversi video di Starfield mi hanno detto che in questo videogioco si può fare letteralmente tutto: esplorare, combattere in prima e terza persona, costruire basi, avere dialoghi significativi e una personalizzazione unica del proprio personaggio. Sì, sembra il gioco definitivo non solo per gli appassionati di Xbox ma per qualsiasi videogiocatore. L’esperienza mi ha insegnato che fare qualcosa di così enorme, che non si limita a un open world ma bensì a intero universo, è veramente difficile; non sono ancora sicuro che sia veramente possibile. Ho bisogno di toccarlo con mano e per fortuna non mancata tanto: il 6 settembre potrò farlo.
Tra le solide certezze invece inserisco tre titoli che mi convincono sempre di più, trailer dopo trailer. Oggi voglio avere vita facile: al terzo gradino del podio metto Baldur’s Gate 3. Ormai in accesso anticipato da un bel po’ e in arrivo il 31 agosto, il gioco di ruolo di Larian Studios non è una novità, ma un videogioco che sicuramente giocherò. Scelta banale? Sì, ma sono sicuro che sarà vincente. Discorso simile, ma con meno certezze invece per Marvel’s Spider-Man 2 e Mortal Kombat 1. L’uomo ragno di Insomniac Games arriverà il 20 ottobre 2023 e credo che sarà un bel gioco. Durante il Summer Game Fest 2023 ho visto un gameplay solido e una resa grafica soddisfacente. Purtroppo ho qualche dubbio sull’innovazione che possa portare al genere, ma sarà un’opera da seguire e successivamente giocare. Sono del medesimo avviso per Mortal Kombat 1: la scelta di creare un universo parallelo non mi affascina e non mi aspetto grandi cambiamenti dal reboot: però è sempre MK e il trailer ha mostrato tutto quello che i fan vogliono: violenza, sangue e un macabro humor.
Anche se l’usato sicuro dei titoli appena citati ha avuto la meglio su di me, pongo comunque grandi speranze su Senua’s Saga: Hellblade 2. Sono uno dei pochi che non ha mai veramente amato il primo capitolo. L’ho giocato, l’ho trovato originale ma ho avvertito il senso di confusione della protagonista come un eccessivo ostacolo al gameplay. Discorso diverso per Hellblade 2; guardando il trailer ho provato un profondo senso di angoscia: non so se avrò voglia di provare queste sensazioni, ma ho percepito enormi passi in avanti nel suscitare emozioni, che alla fine è tutto quello che conta in un videogioco.
In fondo alla mia personale lista delle speranze, e in questo caso mi sento di dire “certezze”, posiziono Dragon’s Dogma 2: sono convinto che il nuovo capitolo del gioco di ruolo di Capcom ci sorprenderà. Un mappa più grande e un’intelligenza artificiale definita di “ultima generazione”. I fan avranno delle aspettative altre, ma al di fuori della propria nicchia non c’è tanta pressione: un enorme vantaggio perché questi ragionamenti hanno fatto passare in secondo piano un trailer convincente ma soprattutto ricco di parole importanti. L’intelligenza artificiale è fondamentale per i videogame. Ci potremmo svegliare al day one e scoprire che Dragon’s Dogma 2 ha rivoluzionato un pezzo di storia videoludica: sinceramente lo ritengo possibile.
Dubbi estivi
Può un open world su Guerre Stellari generare dubbi? In teoria no; in pratica voglio veramente andarci con i piedi di piombo con Star Wars Outlaws. Così come Starfield, l’open world di Ubisoft sembra essere il gioco definitivo. Nel video di presentazione all’Ubisoft Forward c’è tutto: esplorazione di pianeti, gunplay ricercato, viaggi nello spazio e combattimenti nello spazio. Se mi dovessi basare solamente sui video gameplay, Star Wars Outlaws finirebbe sul podio. Purtroppo però Ubisoft annacqua ormai da anni i suoi giochi con mondi aperti privi di carisma: temo che anche Outlaws venga sacrificato sull’altare dell’accessibilità a tutti i costi. Spero di sbagliarmi, ma oggi non mi voglio impegnare.
Un discorso simile mi sento di fare per Prince of Persia: The Lost Crown. In questo caso però ho voglia di credere nella rinascita del franchise. I miei dubbi nascono soprattutto dallo stile artistico scelto: a me piace, tanto, ma ricorda clamorosamente il ritorno di Crash Bandicoot con il quarto capitolo. E questo mi preoccupa: Prince of Persia non ha bisogno di prendere spunto da nessuno se non sé stesso. Il trailer non dice ancora molto, quindi per adesso è un interessante ma importante dubbio.
Prima di aprire l’antro delle paure personali, provo a respirare e parlare di un limbo che non mi dice ancora molto e che purtroppo temo non finirà bene. Vado sul sicuro affermando che il trailer di Avatar: Frontiers of Pandora è stato tremendamente scialbo. Mi è sembrato di tornare indietro di 20 anni e rivedere opere anonime come Harry Potter e La Camera dei Segreti. Un ragionamento simile ma più complesso invece va fatto per Lies of P. Il soulslike di Round8 Studio è sulla carta una gemma piena di carisma. In ogni trailer mostra il suo fascino ma puntualmente qualcosa mi dice che non sarà un’opera indimenticabile. Bioshock, Final Fantasy, Elden Ring: Lies of P mi ricorda i più grandi, ma le fasi di combattimento stanno sempre passando in secondo piano. Stiamo già mettendo mani alla demo, ma nonostante la resa stilistica, il carisma dei personaggi e le ambientazioni mozzafiato, preferisco prendere questo titolo con le pinze, ancora per un po’.
Dopo 10 anni di sviluppo, assenze importanti e rinvii lunghissimi, Ubisoft ha annunciato una closed beta di Skull & Bones, che si terrà dal 25 al 28 agosto 2023. Non è quantomeno curioso che un videogioco con queste vicessitudini si presenti in sordina a fine estate? Una decade di lavoro si presenta a Natale, se proprio vogliamo andarci leggeri possiamo pensare di venderlo in primavera. Ma agosto può significare solamente che anche Ubisoft ha forti dubbi. E anche io la penso come loro perché Skull and Bones, durante il Forward, è stato presentato con un trailer alle spalle di una band che cantava canzoni piratesche. Tutto si è visto e sentito fuorché il gioco, in una conferenza sui videogiochi. Strano? Decisamente.
Ora passiamo ai dolori: quei due videogame che ho visto e che mi fanno temere che l’attesa non sarà ripagata.
Partiamo dal primo: Alan Wake 2non mi ha convinto. L’opera di Remedy dovrebbe essere un mix bilanciato tra i survival horror di fine anni 90, Stephen King e film e telefilm cult tra horror e investigazione. Il risultato del breve gameplay del Summer Game Fest invece mi ha ricordato una versione annacquata di un qualsiasi remake di Resident Evil. Non è necessariamente un male, ma non è neanche un bene perché ho sentito mancare tante, troppe sfumature angoscianti che il primo Alan Wake mi ha saputo dare. Ripongo in Remedy ancora delle speranze, ma il 17 ottobre 2023 è vicino: spero solo che si tratti di una cattiva scelta di marketing, ma le premesse non mi hanno fatto impazzire.
Dulcis in fundo, o quasi: Avowed è ben lontano dall’essere pronto. Lo sapevo, ma non mi aspettavo nemmeno un trailer così mediocre. Da grande appassionato di Pillars of Eternity, l’idea di vedere una specie di The Elder Scrolls ambientato nel mondo di Eora è un sogno che si avvera, ma da quanto si è visto, Avowed sembra letteralmetne una mod di Skyrim, cioè un videogioco di 12 anni fa. Texture scarne, animazioni povere e ambientazioni disadorne. Sono cosciente che il piatto forte della casa è la trama, ma essa passa anche attraverso un mondo che la sappia valorizzare. In questo momento Eora è anonima, adesso come non mai il 2024 sembra troppo vicino.
L’uscita di Metroid Prime Remastered, avvenuta l’8 febbraio 2023, ha rappresentato per molti giocatore la realizzazione di un sogno. Il Metroid Prime originale, uscito il 18 novembre 2002 su Nintendo Gamecube (e presente nella nostra lista dei migliori videogiochi della console nipponica), è infatti uno dei titoli più amati dell’intera saga di Samus e i fan chiedevano ormai da diversi anni una versione aggiornata di questo gioco.
Con Remastered la risposta di Nintendo è finalmente arrivata. Come avrete già intuito sbirciando il voto, la casa di Kyoto ha decisamente fatto centro. Andiamo ora a scoprire cosa rende Metroid Prime Remastered un titolo davvero imperdibile.
Ritorno a Tallon IV
La trama e le ambientazioni di Metroid Prime sono davvero intriganti e suggestive.
Collocato temporalmente tra la prima avventura di Samus e Metroid 2: return of Samus, Prime vede la bella Samus rispondere alla richiesta di soccorso della fregata spaziale Orpheon, assaltata da un gruppo di pirati spaziali. Dopo una breve sequenza ambientata a bordo della nave, Samus approda sul pianeta Tallon IV, antica dimora della razza Chozo, da cui ha origine la tuta della nostra cacciatrice.
Qui Samus scopre che l’intero pianeta è contaminato da una sostanza mutagena chiamata Phazon e che i pirati spaziali stanno compiendo pericolosi esperimenti su di essa. Compito di Samus sarà fermare i pirati e allo stesso tempo investigare sulla pericolosa sostanza.
Le aree di Metroid Prime sono davvero vaste e diversificate.
Un pianeta tutto da esplorare
L’area di gioco di Metroid Prime è costituita da un’unica gigantesca mappa, suddivisa in cinque regioni. Nella fattispecie, la superficie di Tallon, le rovine di Chozo, le grotte di Magmoor, ricche di lava e magma, la regione ghiacciata di Phendrana ed infine le miniere di Phazon.
Ognuna di queste zone appare molto ben dettagliata e con caratteristiche in grado di differenziarla in modo netto dalle altre. Ciò contribuisce a creare un’ottima varietà e a rendere l’esplorazione davvero divertente ed intrigante.
Anche le creature che abitano le varie aree appaiono estremamente diversificate tra loro, ognuna con i suoi attacchi unici, i suoi punti di forza e le sue debolezze. Ogni porta magnetica del gioco può nascondere letteralmente qualunque cosa: da infami trappole elettriche a enigmi legati ai simboli sui muri, senza dimenticare le caverne di fuoco e i condotti ghiacciati.
Per quanto riguarda le amnbientazioni, dunque, Prime non è invecchiato di un giornoe il rinnovato comparto grafico contribuisce a rendere l’esperienza ancora più piacevole e coinvolgente.
Un’avventura in prima persona
Metroid Prime riesce a mantenere lo spirito dei titoli principali della saga potenziandolo con elementi fps.
Ad una prima occhiata, Metroid Prime sembrerebbe appartenere al genere FPS. A differenza dei precedenti giochi della serie, infatti, la visuale di gioco è posta direttamente dietro al casco di Samus. Il giocatore si trova quindi immerso in un mondo completamente tridimensionale, col compito di esplorarlo e di far piazza pulita dei nemici grazie alle armi del suo fido braccio cannone.
Tuttavia, la caratteristica più incredibile di Prime è che riesce ad unire uno stile di gioco e una serie di meccaniche tipiche degli sparatutto con tutti gli elementi che hanno fatto la fortuna della saga di Metroid. Il focus del gioco infatti non sono tanto gli scontri coi mostri, quanto l’esplorazione, la scoperta di nuove aree e soprattutto l’ottenimento di nuove abilità. Queste ultime permetteranno a loro volta l’accesso ad aree precedentemente inaccessibili.
Parlando di abilità, sono presenti nel gioco tutti i cavalli di battaglia della saga di Metroid, dalla mitica morfosfera alle super mine passando per il rampino ad energia. Metroid Prime presenta però anche diverse novità, tra cui 4 diversi tipi di raggi per il nostro cannone principali, che svolgeranno un ruolo chiave anche nell’esplorazione.
Metroid Prime presenta anche una meccanica completamente nuova, ovvero la modalità scan. Il giocatore infatti ha la possibilità di attivare in ogni momento lo scan del casco di Samus, che permette di evidenziare elementi interattivi dell’area di gioco e persino svelare i punti deboli dei nemici.
Tutte le abilità più famose di Samus tornano in Prime più in forma che mai.
Un metroidvania tridimensionale
Prime dunque unisce ottimamente la visuale in prima persona e la struttura tridimensionale con tutti gli elementi tipici di un metroidvania. Durante l’esplorazione di Tallon IV il giocatore deve prima di tutto setacciare tutte le aree disponibili, alla ricerca delle abilità necessarie per accedere alle aree ancora bloccate.
Questo naturalmente obbliga a percorrere più volte la medesima strada e a spostarsi di continuo da un’area del pianeta all’altra attraverso una serie di ascensori che fungono da collegamento tra le suddette aree. Occorre quindi essere muniti di un’ottimo senso dell’orientamento e di una buona memoria per non perdersi nei meandri del pianeta.
Ad aiutare Samus (e il videogiocatore) nella sua missione contribuisce la mappa di gioco, davvero dettagliata e di facile lettura. É addirittura possibile passare da una visualizzazione della mappa in due dimensioni ad una tridimensionale. Inoltre, dopo un certo lasso di tempo, il gioco stesso evidenzierà sulla mappa le zone utili per il progresso dell’avventura, onde evitare frustrazioni ed inutili perdite di tempo.
Nemici per tutti i gusti
Metroid Prime offre un’ottima varietà di nemici ed una serie di boss battles davvero epiche.
Naturalmente una parte importante di Prime è costituita dagli scontri coi nemici. Come già accennato in precedenza, il gioco presenta una serie davvero nutrita di creature di ogni genere. Si spazia da mostri insettoidi a dragoni di lava fino ai temibili pirati spaziali, la cui pericolosità progredirà col procedere dell’avventura.
Per riuscire a sopravvivere nei suoi spostamenti tra un save point e l’altro il giocatore deve sfruttare al meglio tutte le armi e le risorse a sua disposizione, utilizzando anche lo scanner per svelare le varie debolezze delle creature che ha di fronte.
Questo discorso vale soprattutto per le boss fight, in cui Samus si trova a fronteggiare gigantesche e pericolose creature, ognuna delle quali richiede una strategia ben precisa per essere abbattuta. Spesso in queste battaglie il giocatore è costretto ad utilizzare in modo sapiente anche il visore di Samus. Nel corso del gioco infatti, il visore viene dotato di una visione a infrarossi e di una a raggi x. Queste funzioni sono fondamentali non solo per l’esplorazione ma anche per diverse fasi degli scontri coi boss.
Una remastered all’altezza?
Con questa remastered Nintendo ha rinnovato in modo sapiente il gioco originale.
Dopo aver rianalizzato gli elementi principali di Metroid Prime è tempo di parlare in modo specifico di questa remastered. Come intuibile, le principali differenze tra questa versione e le precedenti per Gamecube e Wii sono a livello visivo.
Metroid Prime Remasteredpresenta infatti una grafica totalmente rinnovata e aggiornata, con modelli, texture, illuminazione e colori che hanno ricevuto un restyling completo. Questo rende l’esplorazione molto più piacevole e in generale permette una miglior fruizione del gioco.
Nintendo però non si è fermata qui e ha deciso di inserire in questa remastered ben quattro diversi schemi di controllo, in grado di accontentare sia i nostalgici della versione Gamecube, sia i nuovi giocatori sia coloro che apprezzano l’utilizzo dei controlli di movimento.
Infine, Metroid Prime Remastered recupera da Metroid Prime Trilogy per Wii la funzione nuovo gioco plus, che mantiene tutte i dati delle scansioni della partita precedente e semplifica il completamento del diario di gioco.
Conclusione
Tirando le somme, Nintendo con questa remastered ha fatto davvero un ottimo lavoro, dando nuova linfa ad un titolo che era già considerato un capolavoro assoluto.
Certo, il gioco non è privo di difetti. Come già detto, la particolare struttura dell’avventura obbliga il giocatore a ripercorrere le stesse strade più e più volte. Per restare fedeli alla versione originale, si è scelto di non inserire nessun tipo di scorciatoia o teletrasporto. Questo può risultare un po’ noioso e frustrante per alcuni giocatori, soprattutto nella fase finale del gioco, in cui viene chiesto il recupero di una serie di artefatti sparsi per tutta la mappa.
Inoltre il sistema di puntamento non è proprio perfetto e, soprattutto nelle fasi in cui si è costretti ad affrontare numerosi nemici insieme, spesso risulta difficile passare da un nemico all’altro.
A parte queste piccole sbavature il gioco resta assolutamente valido ed è consigliatissimo sia per chi non ha mai provato il Metroid Prime originale sia per tutti coloro che volessero provare a rivivere questo classico in una versione più bella e al passo coi tempi.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: Nintendo Switch
Data uscita: 08/02/2023
Prezzo: 39,99 €
Ho provato il gioco tre mesi dopo la data d’uscita su Nintendo Switch per circa 17 ore.
“Bioshock”. Avrei potuto anche scrivere questa unica parola, chiudere qui l’articolo e non aggiungere altro. Già, perché per qualunque amante dei videogame di qualità Bioshock è storia, anzi, è leggenda.
Quello che leggerete d’ora in avanti sarà il variopinto elogio di una saga, “Bioshock”, “Bioshock 2” e “Bioshock – Infinite”, che mi ha appassionato come quasi nessun’altra e che mi ha piacevolmente costretto a giocarla e rigiocarla fino a scoprire ogni più piccolo segreto, ogni sfaccettatura, ogni singolo passaggio. Con “Bioshock” e i suoi sequel, infatti, non si vive semplicemente una storia, non si vestono soltanto i panni del protagonista di turno ma si affrontano i propri demoni, ci si interroga, spinti dalla trama, a fare i conti con sé stessi e ad interrogarsi su cosa, fino in fondo, sia la nostra natura umana.
La nascita del mito
Ma andiamo con ordine. Nel 2007, sviluppato da Irrational Games e pubblicato da 2K Games, arriva “Bioshock”, un FPS destinato a cambiare la storia degli sparatutto in prima persona e non solo. Il titolo ebbe l’effetto deflagrante di una bomba atomica in un mondo video ludico che attendeva con ansia un nuovo capolavoro di cui cibarsi con voracità. Il lavoro dei ragazzi dello “Scoiattolo Cieco” si rivelò subito un gioiello preziosissimo, sia per il comparto tecnico e la programmazione perfetta sia per il design dei livelli e degli straordinari personaggi. Fu così che tutte le riviste di settore non poterono far altro che dare votazioni altissime tanto da raggiungere la media di 97/100. L’acclamazione di “Bioshock” fu unanime, così come la soddisfazione dei videogiocatori di tutto il mondo che si trovarono per le mani uno dei migliori titoli mai realizzati.
Quando si dice il colpo di fulmine!
Successore “spirituale” di System Shock 2, Bioshock venne ideato per stupire la platea videoludica e trasportarla in una realtà distopica in cui il giusto e lo sbagliato vanno a fondersi in un’ipocrisia generale e folle.
Il capostipite della serie inizia con il protagonista Jack intento ad affrontare il dramma di un disastro aereo rimanendo miracolosamente illeso. Precipitato al largo nell’Oceano Atlantico, scorge un faro poco distante. Entrato poi in una batisfera, viene trasportato suo malgrado all’ingresso della città di Rapture obbligato così a scoprire i tremendi segreti di un mondo sommerso intriso di pazzia, disumanità e degrado sociale da cui dovrà evitare di essere inghiottito.
La prima avventura si dipana proprio all’interno di questa stupefacente e affascinante città sottomarina in cui, prima del decadimento, si erano riunite menti illuminate e geniali che avevano come discutibile scopo quello di poter sperimentare senza freni, slegati dalla morale e dalle leggi terrestri.
Scopriamo, ben presto, che l’inizio della fine fu la scoperta di una sostanza estratta da alcune lumache di mare, l’Adam. Tale sostanza agisce sull’organismo umano come una sorta di tumore benigno che sostituisce le cellule presenti con cellule staminali potenziate e instabili. Risultato? Tanti poteri ma anche demenza e follia. Questi poteri vengono chiamati “Plasmidi” e donano a chi li possiede (i ricombinanti) le capacità, tra le altre, di congelare, bruciare, fulminare e generare api assassine. Tali poteri vanno costantemente rimpinguati dalla droga Adam che, come ogni sostanza stupefacente, causa dipendenza. Ed ecco che Rapture, nata come città utopica con lo sguardo rivolto al futuro e alla tecnologia, diventa in breve tempo un enorme calderone di morte e pazzia in cui umani dissennati vagano senza meta per procurarsi una dose.
E già così, ammettiamolo, potremmo parlare di un’idea originalissima alla base di Bioshock. Già così potremmo parlare di capolavoro. Per fortuna, però, Bioshock non si limita ad essere uno sparatutto in soggettiva tecnicamente e visivamente splendido ma anche un gioco in cui la trama ci lascia a bocca aperta e che ci regala chicche splendide come i Big Daddy e le Sorelline a cui non possiamo che dedicare una sezione più in basso.
Un Big Daddy ci sta caricando…
Tralasciando i risvolti di trama, per i quali il sottoscritto vi consiglia caldamente di recuperare i titoli e giocarli, i due sequel procedono nel solco tracciato da “Bioshock”, regalandoci in Bioshock 2 la possibilità di vestire i panni di un possente Big Daddy senziente e, nel terzo, di vivere un’avventura splendida tra l’onirico e il magico, il tutto sapientemente curato da una regia politica che ne fa, probabilmente, il titolo più maturo dei tre.
Big Daddy & Sorelline, terrore e genialità
Come abbiamo detto, gli abitanti di Rapture sono ormai perduti, vittime dei loro stessi vizi e perennemente alla ricerca di Adam. E la loro ricerca si estende, in modo macabro e purulento anche nei cadaveri disseminati qui e lì per una città senza freni. Già, perché con uno strumento terrificante simile ad una pistola con un lungo aculeo finale è possibile estrarre i residui di Adam che scorrono nelle vene del defunto. I cadaveri, però, restano incustoditi e a disposizione di tutti solo per pochissimi minuti perché, a pochi minuti dalla morte, ecco arrivare le visioni più agghiaccianti e terribili che Rapture proponga: i Big Daddy e le Sorelline. I primi sono dei robot corazzatissimi e armati di trivella meccanica che hanno un solo scopo: difendere le bimbe che li accompagnano. Queste creaturine a prima vista sembrano delle dolci e innocenti bambine che però si rivelano esseri mutati geneticamente e riprogrammati per “fiutare” l’Adam ed estrarlo dai cadaveri con i loro arnesi.
Ecco una sorellina in tutto il suo macabro e tremendo splendore
Non nascondo che quando le incontrai per la prima volta restai pietrificato e provai una sensazione di terrore misto a fascinazione. È indubbio che, pur silenti, i Big Daddy siano personaggi straordinari, non a caso diventati ultra-famose icone pop più volte rappresentate e ben presenti nell’immaginario videoludico attuale.
Quando le parole “bene” e “male” non hanno più senso
Non starò qui a raccontare minuziosamente le trame di questi capolavori senza tempo a distanza di così tanti anni dalla loro uscita ma è necessario trovare all’interno di essi un filo conduttore dell’intera l’epopea di Bioshock: la difficoltà di distinguere il bene dal male. Cosa è giusto e cosa è sbagliato. Durante tutti i tre i giochi, infatti, saremo spesso chiamati a fare delle scelte difficili che potranno o non potranno rendere il nostro personaggio più forte e, di conseguenza, l’incedere tra i livelli più agevole. Saremo chiamati a scegliere se liberare le sorelline del loro mostruoso fardello regalando loro una nuova infanzia umana oppure ucciderle prosciugandole del tutto del prezioso Adam. Detta così, potrebbe essere semplice dire quale sia la scelta giusta ma, in realtà, siamo ben oltre i limiti dell’ovvio.
Le sorelline non sono biologicamente umane, anzi, sono completamente prive di umanità nel loro stato e ciò, convenzionalmente, non le porta allo status di esseri umani. Non sappiamo i risvolti reali della loro “redenzione” che, per mano nostra, potrebbe lasciarle in una sofferenza perenne e con enormi problemi di carattere psicologico e sociologico. Neanche la dottoressa che le ha create, Brigit Tenenbaum non sa realmente cosa le sorelline siano in realtà né tantomeno conosce la loro origine. Vale la pena rischiare la propria vita per salvare questi soggetti che potrebbero essere stati creati artificialmente in laboratorio? Sta a voi deciderlo… dilemmi etici di tale portata saranno ben presenti anche nei sequel in cui potremo o non potremo forzare la legge di Rapture e quella etica per andare avanti, oppure partecipare ad un golpe che possa favorirci. E’ tutto nelle nostre mani e i vari finali disponibili, che cambiano in base alle nostre scelte, rappresentano il giudizio finale sulle nostre azioni. Provare per credere.
Sono ambidestro e ve lo dimostro!
Spero che a questo punto via sia passato il messaggio che “Bioshock” e fratelli siano dei capolavori visionari e senza tempo ma non potevi esimermi dal parlarvi di una delle meccaniche di gioco più importanti nonché più iconiche e riconoscibili del gioco: il doppio attacco combinato.
Abbiamo detto in incipit che a Rapture abbiamo la possibilità di acquisire poteri straordinari chiamati Plasmidi e che questi siano alla base di tutti e tre i titoli. Ciò non implica, però, che i nostri protagonisti non possano farsi largo tra selve di nemici a colpi di armi da fuoco, anzi. L’innovazione della saga di Bioshock è proprio rappresentata dal doppio attacco Plasmide/Arma da fuoco che possiamo sfruttare anche in base all’ambientazione. Per fare un paio di esempi banali, ma si può eliminare il nemico con enorme eleganza e in tanti modi diversi, se il nostro avversario si trova con i piedi nell’acqua sarà certo una buonissima idea utilizzare la scarica per fulminarlo per bene prima di finirlo con fucile o pistola mentre se si trova a camminare sul cherosene o sulla benzina, la fiamma ci aiuterà ad arrostirlo a puntino.
Boom e poi bang-bang!
Ecco, la possibilità di utilizzare la mano destra per sparare e la sinistra per utilizzare il potere fu un vero colpo di genio dei creatori che regalarono, così, ai posteri una saga da cui, successivamente, hanno attinto un po’ tutti a piene mani.
Una saga oltre il tempo e la tecnica
Degrado sociale, psicologia, cieca follia e lucida crudeltà sono gli ingredienti che, uniti ad un comparto tecnico di altissimo rilievo e da un level design degno di essere studiato nelle università di settore, fanno della saga di Bioshock una delle più importanti e ricordate dell’intera storia videoludica. Tre titoli che non sentono quasi per nulla il peso degli anni e che possono essere tranquillamente giocati anche al giorno d’oggi senza il timore di vivere un’esperienza vintage e poco appagante. Provare per credere.
Gli spokon – manga ambientati nei contesti sportivi – sono molto popolari in Giappone. In Italia, i manga – o per meglio dire gli anime – sportivi solo di rado sono riusciti a rubare la scena, ma quando lo hanno fatto il successo è stato clamoroso. Tra gli anni 80 e 90, L’Uomo Tigre, Holly e Benji e Mila e Shiro sono stati i cartoni animati nipponici ambientati nel mondo dello sport che di diritto sono entrati nella nostra cultura pop. Nella decade dei 2000 invece il padrone incontrastato è stato Slam Dunk, spokon sul basket del maestro Takehiko Inoue.
La maggior parte di voi conosce l’anime, trasmesso per la prima volta in Italia su MTV; ovviamente sapete dell’esistenza del manga, che probabilmente avete anche letto per conoscere la fine della trama; forse avete visto i quattro OAV (film), ma sono quasi certo che in pochi sanno che sono usciti anche diversi videogiochi ispirati alle avventure di Hanamichi Sakuragi e di tutto lo Shohoku.
Non disperate se non avete mai giocato a nessun videogioco su Slam Dunk: tutti i videogame dello spokon di Takehiko Inoue sono usciti solo per il mercato giapponese e la maggior parte di questi durante gli anni 90; di conseguenza, l’unico modo per videogiocare questi titoli risiedeva nelle conoscenze dirette con persone che vivevano nel Sol Levante oppure intrufolorsi nel sottobosco degli emulatori, che hanno il pregio di aver reso accessibili opere altrimenti introvabili in Europa.
Ecco a voi quindi la lista, in ordine cronologico, di tutti i videogiochi di Slam Dunk.
From TV animation – Slam Dunk: Yonkyo Taiketsu
Sviluppato da TOSE e pubblicato da Bandai,il 26 marzo 1994 approda su Super Nintendo il primo videogame dedicato a Slam Dunk. Il titolo è un vero e proprio gioco di basket con due modalità principali: Story, che ripercorre la prima parte del manga di Inoue sotto le vesti dello Shohoku; Exhibition in cui il videogiocatore può scegliere tra le quattro squadre più iconiche dell’opera: Shohoku, Kainan, Shoyo e Ryonan.
Yonkyo Taiketsu è unvideogioco semplicistico: si corre da una parte all’altra del campo passando, tirando e schiacciando quando si attacca e si blocca o si va a rimbalzo quando si difende. Un gioco invecchiato male, ma che presenta delle scene di intermezzo prese direttamente dall’anime che piaceranno agli appassionati di Slam Dunk.
L’opera è nota anche con il nome di From TV animation – Slam Dunk: Dream Team Shueisha Limited.
From TV Animation Slam Dunk – Shikyou Gekitotsu!!
Su questo titolo c’è un enorme confusione ulteriormente accentuata dal web. Molto spesso il titolo di questo gioco è usato come nome alternativo di Yonkyo Taiketsu!! per Super Nintendo, che ha anche un terzo nome: From TV Animation Slam Dunk – Dream Team.
In realtà, Shikyou Gekitotsu è anche il nome ufficiale del primo videogame di Slam Dunk per Sega Saturn, praticamente uguale alla versione SNES con l’unica importante differenza sulla vesta grafica, meno caricaturale e più “adulta” rispetto alla versione Nintendo.
Gakeppuchi no kessho League (1994)
L’11 agosto 1994 arriva su Game Boy quello che dovrebbe essere il porting di Yonkyo Taiketsu. In realtà, Gakeppuchi no kessho League è stato così tanto semplificato rispetto al gioco per SNES da risultare un’opera abbastanza diversa e a mio parere anche migliore dell’originale.
Slam Dunk per Game Boy è un videogioco della sua epoca. In quegli anni molti titoli nipponici presentavano una struttura JRPG-like: in Gakeppuchi no kessho League il videogiocatore si muove in una mappa del campo con visuale dall’alto e affronta gli avversari che si avvicinano in scontri uno contro uno. La sfida consiste nello scegliere da un menu testuale l’azione da intraprendere.
Slam Dunk 2: IH yosen kanzenban!! (1995)
Il 24 febbraio 1995, i gamer giapponesi ricevono su SNES il sequel di Slam Dunk, sviluppato ancora da TOSE e prodotto da Bandai. Quest’opera è un more of the same di Yonkyo Taiketsu con novità prese direttamente dalla versione Game Boy.
Slam Dunk 2 ha un comparto grafico cartoon che sfrutta le iconiche caricature dello spokon di Inoue. Il gameplay è praticamente uguale alla versione precendente, ma adesso è possibile intercettare i passaggi e sono state aggiunte le sfide uno contro, che a differenza della versione Game Boy si affrontano spostando la croce direzionale o premendo il pulsante di tiro o passaggio.
Zenkoku e no TIP OFF (1995)
Il 17 marzo 1995, Slam Dunk 2 arriva anche su Game Boy. Rispetto al precedente capitolo per la console portatile, Zenkoku e no TIP OFF non presenta alcun menu testuale da cui scegliere. L’adattamento per Game Boy riutilizza la mappa con visuale dall’alto del precedente capitolo, ma tutte le scelte di gioco sono delegate al giocatore con scelte live e time event.
Slam Dunk SD Heat Up!! (1995)
Il 27 ottobre 1995 il nuovo capitolo arriva solo su Super Nintendo. Heat Up è di fatto Yonkyo Taiketsu con una nuova veste grafica più pulita e aggiornata.
From TV Animation Slam Dunk: Super Slams (1995)
Ovviamente gli amici del Sol Levante non potevano farsi mancare una versione arcade di Slam Dunk. Il 27 ottobre 1995, oltre al già citato Heat Up per SNES, arriva nelle sale giochi anche From TV Animation Slam Dunk: Super Slams.
Il titolo di Banpresto è un orribile porting – in tutti i suoi aspetti – della modalità Exhibition del primo gioco di Slam Dunk per Sega Genesis: Slam Dunk – Shikyou Gekitotsu!!. La grafica è pessima anche per il suo tempo, mentre il gameplay non ha alcuna sfaccettatura che lo possa redenre memorabile.
SLAM DUNK from TV Animation (2020)
Il 25 novembre 2020, dopo 25 anni di attesa per un titolo decente, Slam Dunk riceve finalmente una versione mobile al passo con i tempi. SLAM DUNK from TV Animation è un gioco di basket arcade online con meccaniche da gioco di ruolo sviluppato dalla società cinese DeNA, che ha di recente iniziato una join venture con Nintendo.
Gli utenti si confrontano online con team formati da tre personaggi che provengono dal roster del manga. Rispetto a tutti i videogiochi di Slam Dunk visti fino ad ora, il titolo mobile contraddistingue i personaggi grazie ad abilità uniche, potenziabili grazie a un albero dei talenti e un sistema di leveling tipico dei gatcha per smartphone.
Ufficialmente SLAM DUNK from TV Animation non è disponibile per il pubblico europeo (nello specifico non è scaricabile dallo store Google), ma dal sito ufficiale è possibile scaricare il file APK installabile su qualsiasi smartphone.
Extra
Oltre ai titoli già citati, ci sono altre due videogiochi che non è facile collocare in un momento ben preciso perché privi di qualsiasi informazione ufficiale: From TV Animation: Slam Dunk: Shouri heno Starting 5 e Slam Dunk: I love basketball. Come potete notare voi stessi guardando i gameplay disponibili online, questi giochi sono chiaramente dei rifacimenti dei titoli che vi ho già presentato con qualche piccola modifica o semplicemente trasportati su un’altra console.
From TV Animation: Slam Dunk: Shouri heno Starting 5
In particolare Shouri heno Starting 5, sviluppato da SIMS, dovrebbe essere uscito per Game Gear il 16 dicembre 1994. Slam Dunk: I love basketball, sviluppato d SEC, ha come data di rilascio l’11 agosto 1995 su Sega Saturn.
I personaggi di Slam Dunk compaiono anche in altri due videogiochi per Nintendo DS usciti rispettivamente nel 2005 e nel 2006: Jump Super Stars e Jump Ultimate Stars: due picchiaduro con un roster formato da 160 personaggi dell casa editrice Jump. Non hanno mai varcato i confini asiatici a causa di problemi di copyright: in Giappone, i diritti dei i famosissimi personaggi del roster – oltre all’intero team dello Shohoku troviamo anche personaggi di Dragon Ball, One Piece e Naruto solo per citarne alcuni – appartengono a Jump, ma nel resto del mondo tutto diventa più frammentato e complicato.
Conclusione
Purtroppo, così come è avvenuto in passato per diversi giochi ispirati a manga e anime, anche Slam Dunk è stato vittima del ritardo di pubblicazione tra Giappone e Occidente tipico degli anni 90. Nella prima metà degli anni 90, nel Bel Paese, in pochi conoscevano lo spokon di Inoue, che è divenuto famoso solo dal 2000 in poi grazie all’anime su MTV. Nel nuovo millennio però SNES e Game Boy non erano più in produzione. Fortunatamente non ci siamo persi nulla: i videogiochi di Slam Dunk degli anni 90 erano veramente mediocri, anche se li ho personalmente giocati tutti e li ho amati nella loro bruttezza.
D’altro canto, non riesco invece a capire i motivi per cui il recente SLAM DUNK from TV Animation non sia mai arrivato in Europa dato che oggi l’opera di Takehiko Inoue è molto popolare anche in Occidente come si denota dall’uscita anche nelle sale italiane del film The First Slam Dunk.
Lifeweaver è la tanto agognata nuova aggiunta al comparto support di Overwatch 2, un eroe controverso che ha diviso la community in due, tra chi lo vede come la rovina del divertimento, chi invece crede sia stata un’aggiunta ammirabile. Voci di corridoio a parte, Lifeweaver risulta un eroe che fa del gioco di squadra la sua chiave di volta. Difficile per chi è alle prime armi, ma incredibilmente affascinante per chi ha la voglia di conoscerlo, andiamo subito a vedere come utilizzarlo al meglio.
Bocciolo Curativo
Il fuoco primario consiste in un proiettile guidato che, caricato nel tempo, aumenta le cure apportate agli alleati. Questa modalità di fuoco è perfetta per chi non eccelle in precisione, poiché basta puntare nella generale direzione di un alleato e la cura andrà a buon fine. Quello di cui dovrete preoccuparvi sarà il giusto tempismo di utilizzo. “Spammare” cure non rientra nella filosofia di questo eroe, il quale preferisce caricare del tutto il colpo prima di lanciarlo.
Attenti al rallentamento dovuto alla carica del bocciolo, un’errata scelta di tempo potrebbe rovinare facilmente i vostri piani.
Cure migliori a cadenza ridotta, o cure minori a cadenza rapida? Il tutto si decide nella situazione di gioco. Bisognerebbe ricordare inoltre, che il solo fuoco primario di Lifeweaver non completa il suo kit da curatore, costringendolo a trarre il meglio da tutte le sue abilità per avere la meglio.
Raffica di Spine
Il fuoco secondario è l’unica alternativa offensiva a nostra disposizione. Una vera e propria raffica di proiettili dalla stretta rosata, la quale però, non è particolarmente efficace nello scontro ad ampia distanza. Per quanto scenica, quest’arma non è un micidiale strumento di morte. Il suo potenziale di danno è infatti basso, e fare molteplici uccisioni sarà piuttosto raro.
Il “Damage Falloff” (Calo dei danni all’aumentare della distanza) non è presente in quest’arma, tenetelo bene a mente.
Allora come usare la raffica di spine? Ovviamente è possibile utilizzarla per difendersi da flankers fastidiosi o per finire nemici con poca vita, ma esiste un modo forse più efficace per sfruttare al meglio quest’abilità. Caricare l’ultra di Lifeweaver di Overwatch 2 è piuttosto facile se si alterneranno cure e danni. Curate chi ne ha bisogno e subito dopo tempestate di colpi la squadra avversaria, non importa se otterrete uccisioni, l’importate sarà alternare le due modalità di fuoco così da ricaricare velocemente l’Ultra.
Piattaforma di Petali
L’occhio pigro potrebbe osservare questa abilità e pensare non abbia effettiva utilità, ma sarebbe un’osservazione a dir poco superficiale. La piattaforma di petali è un’abilità unica nel suo genere, capace di essere efficace sia in offesa che in difesa. È scontato inoltre dire che il suo potenziale può essere apprezzato solo se chi la utilizza possiede una grande mentalità di squadra.
Ovviamente questa piattaforma non sarà invincibile, tenete d’occhio ciò che avete sotto i piedi o potreste trovarvi in situazioni inaspettate.
Utilizzate la piattaforma per portare alleati con poca mobilità (come Ana o Reinhardt) in luoghi cui altrimenti non potrebbero arrivare. Posizionatela anche in luoghi ove i vostri DPS alleati possano godere di postazioni di tiro sopraelevate (eroi come Widowmaker e Soldato 76 possono più di tutti sfruttare queste posizioni vantaggiose) Incredibile ma vero, questa abilità, se posizionata correttamente, può essere usata per contrastare Ultra nemiche, come ad esempio “Impeto terrestre” di Orisa o “Bomba gravitronica” di Zarya.
Se non trovate occasioni di sinergia né con la vostra squadra né con la squadra avversaria, potrete sempre utilizzare la piattaforma per voi stessi. Se posizionata ai vostri piedi può darvi una visuale migliore per curare e riposizionarvi velocemente. Potrete anche utilizzarla per fuggire da situazioni complicate. Molti eroi non saranno in grado di colpirvi da quella distanza, ma fate comunque attenzione: l’altitudine da sola non vi renderà invincibili!
Scatto Rinvigorente
Questa abilità è la vostra migliore amica quando la situazione volgerà contro di voi. Lo scatto vi permette di: schivare attacchi; allontanarvi da luoghi spinosi; rincorrere avversari in fin di vita, ma soprattutto recuperare una piccola quantità di salute nel mentre. Scatto Rinvigorente si ricarica abbastanza celermente, quindi usatela ogni volta ce ne sia bisogno, persino per recuperare quei pochi punti salute che, in situazioni di emergenza, faranno sempre la differenza tra la vita e il respawn.
Presa Vitale
L’abilità spartiacque. Colei la quale, in mani sbagliate, potrebbe sancire la sconfitta di un’intera partita. La famigerata arma dei sabotatori. Esagerazioni a parte,quest’abilità è estremamente potente ed è di vitale importanza saper padroneggiarla. Da tempo si sentiva la mancanza di un’abilità che permettesse di tirare a se alleati sconsiderati per salvarli da morte certa e “Presa vitale” fa esattamente questo.
Un’abilita tanto bella quanto infima. Non siate quei tipi di giocatori, suvvia!
Quante di quelle volte avete osservato Tank imbizzarriti o Flanker irragionevoli venire eliminati con facilità perchè non attenti alla situazione di svantaggio in cui si sono messi. “Presa vitale” sarà la loro (e la vostra) salvezza, poichè oltre ad attirarli alla vostra posizione, li renderà invulnerabili per tutto il tragitto.
Oltre a salvare i vostri alleati dalle più disparate situazioni, potrete sfruttare questa incredibile abilità in molteplici altri modi. Portate a voi alleati lasciati indietro così da accelerare i contrattacchi, riposizionate eroi con poca mobilità, oppure fate sfrecciare i vostri compagni nel campo di battaglia mentre eseguono la loro Ultra per dare vita a combo inaspettate. Le alternative sono tante, siate creativi e riuscirete a comprendere a pieno lo spirito di questo eroe.
Albero della Vita
In conclusione parliamo dell’Ultra caratteristica di questo eroe: l’albero della vita. Il suo utilizzo è piuttosto semplice: ad Ultra pronta vi basterà puntare un luogo accessibile e far crescere l’enorme albero, il quale inizierà subito a curare voi e i vostri alleati. Anche se le cure non raggiungono i livelli della “Trascendenza” di Zenyatta, l’albero ci permetterà di respirare per qualche istante, sempre che i nostri alleati riescano a combattere dentro la sua aura.
Ricordate che l’Albero può essere posizionato al di sopra del carico, così da ottenere una fonte di cure mobile.
Come ogni abilità di questo eroe di Overwatch 2, anche l’Ultra di Lifeweaver nasconde un utilizzo secondario. L’albero sarà infatti tangibile, il che significa che potrà essere utilizzato per bloccare passaggi stretti o per contrastare Ultra nemiche, ma ricordatevi: l’albero non è indistruttibile. Anche in questo caso la creatività e l’inventiva la fanno da padrona. Sperimentate con le mappe e sarete un passo avanti a tutti.
Consigli Finali
Se avete letto la guida finora, avrete certamente capito la natura altruista di questo eroe; ciò significa che se volete giocare un personaggio che sia in grado di eccellere individualmente, allora dovreste spostare la vostra attenzione altrove (e la nostra guida dei migliori healer fa proprio per voi). Se invece il lavoro di squadra è il vostro pane quotidiano Lifeweaver è l’eroe di Overwatch 2 che fa per voi. Comunicazione, comprensione delle situazioni di gioco, capacità di mantenere il sangue freddo, creatività: vi servirà tutto ciò per riuscire a sbloccare le favolose potenzialità che questo eroe ha in serbo per voi.
Per metroidvania si intende un’avventura bidimensionale che unisce elementi tipici dei platform con caratteristiche provenienti dalle avventure action. Come si può intuire, il termine è nato dalla “fusione” tra le serie di Metroid e Castlevania.
Inizialmente, la saga Nintendo e quella Konami avevano ben poco in comune (più lineare e action la seconda, più vasta ed esplorativa la prima). Fu solo nel 1997, con l’arrivo di Castlevania:Symphony of the Night, che il termine Metroidvania prese piede.
Ancora oggi, nonostante l’enorme avanzamento tecnologico e sebbene siano i giochi 3D a farla da padrone, il genere Metroidvania risulta molto amato dai videogiocatori; in particolare, alcune serie recenti, come Hollow Knight, sono riuscite a ottenere un ottimo successo e contribuiscono a mantenere questo genere in ottima salute.
Ma quali sono i dieci migliori Metroidvania in assoluto? In questo articolo proveremo a rispondere a questa fatidica domanda. Naturalmente sia la scelta dei titoli che l’ordine di inserimento sono frutto del gusto personale di chi scrive, ma credo potremo tutti concordare sull’incredibile valore di queste dieci opere. Raccogliamo le nostre armi, addentriamoci nel dungeon e iniziamo!
Bloodstained: Ritual of the Night
Bloodstained può essere a tutti gli effetti definito un Castlevania dei tempi moderni.
Uscito nel 2019 per PS4, Xbox One, Switch e Steam, questo titolo di ArtPlay è, a tutti gli effetti, un grande tributo alla saga di Castlevania. L’ambientazione gotica e medievaleggiante, le musiche estremamente ricercate e soprattutto le orde di demoni che affronteremo sembrano davvero uscite direttamente da un titolo della saga Konami.
Anche la trama di gioco, che vede la nostra eroina Miriam fronteggiare un’evocazione infernale causata dall’unico sopravvissuto di una gilda di alchimisti, si richiama palesemente alla saga dei Belmont. Di conseguenza, ogni fan di Castlevania non potrà che amare Bloodstained.
Un’ambientazione piacevole e ispirata, una mappa ben strutturata, boss battle impegnative e una miriade di armi e abilità. Il tutto condito con un comparto grafico moderno e musiche davvero tenebrose.
Bloodstained ha davvero tutto quello che serve per essere un ottimo titolo (pecca forse un po’ in carisma e originalità) e si merita di diritto di entrare nella nostra classifica.
Axiom Verge
Axiom Verge è una classica avventura 2d ricca di mistero e atmosfera.
Se per Bloodstained l’ispirazione a Castlevania era evidente, Axiom Vergeattinge a piene mani dalla saga di Metroid. In questa godibilissima avventura controlleremo lo scienziato Trace, sballottato dall’esplosione del suo laboratorio in un mondo sconosciuto. Sotto la guida dell’enorme testa Elsenova, Trace dovrà tentare di salvarsi la vita e risolvere i molteplici misteri del mondo in cui è stato catapultato.
Punti di forza di questo titolo sono la sua atmosfera a metà strada tra l’horror e l’high tech (che ricorda molto la saga di Alien), l’incredibile precisione dei controlli e il numero davvero enorme di armi ed equipaggiamenti.
Anche la trama, portata avanti da vari dialoghi testuali, è molto ben curata; il comparto tecnico invece si ispira palesemente agli action degli anni 90: il risultato è decisamente piacevole, anche se alcuni lo troveranno fin troppo datato. Se siete fan del genere, non fatevelo sfuggire!
Metroid Fusion
Metroid Fusion è stato il degno sequel di Super Metroid.
Uscito a cavallo tra il 2002 e 2003 su Game Boy Advance, Metroid Fusion ebbe l’ingrato compito di fare da sequel a quel Super Metroid che molti considerano tutt’oggi il miglior metroidvania mai uscito. Incredibilmente, però, Fusion si rivelò assolutamente all’altezza della sua eredità.
Il giocatore controllerà nuovamente la cacciatrice di taglie Samus, stavolta alle prese coi temibili parassiti X: organismi in grado di infettare e mutare le forme di vita con cui entrano a contatto. Grazie alla sua tuta “Fusione”, Samus sarà in grado di assorbire i parassiti sconfitti assimilandone le abilità.
La straordinaria giocabilità, le durissime sfide coi boss, l’incredibile comparto grafico (quasi miracoloso considerato che il gioco gira su GBA) rendono Fusion uno dei migliori titoli dell’intera saga di Metroid.
L’ambientazione può risultare piuttosto monotona, ma la bellezza degli scontri, soprattutto quello con SAX (su cui non faccio alcuna anticipazione) compensano ampiamente. Nessun fan della saga può in alcun modo farselo sfuggire.
Aria of Sorrow è un piccolo gioiello nella libreria del GBA
Ed ecco il primo esponente della saga di Castlevania a comparire nella nostra classifica! Uscito nel 2003 per Game Boy Advance, Aria of Sorrowripropone stile e meccaniche di Symphony of the Night, trasportandole in un contesto futuristico.
Il gioco è infatti ambientato nel 2035 e racconta le vicissitudini del giovane Soma Cruz (la cui vera identità sarà un grande colpo di scena), che si troverà suo malgrado risucchiato nel castello di Dracula, apparso a Tokyo durante un’eclissi.
Aria of Sorrow mette a disposizione del giocatore un enorme numero di armi e abilità e introduce il sistema delle anime tattiche. Sconfiggendo i nemici, infatti, Soma potrà assimilare le loro anime, sbloccando potenziamenti, abilità e persino nuove armi.
Nonostante l’accoglienza tiepida ottenuta all’uscita, Aria of Sorrow è riuscito a guadagnarsi un posto nel cuore di tutti i fan di Castlevania, ed è tutt’oggi considerato uno dei migliori capitoli della saga. Pronti ad affrontare di nuovo il castello di Dracula?
Monster Boy and the Cursed Kingdom
Monster Boy ci trasporterà in un viaggio fantasy colorato e divertente.
Uscito nel 2018 per praticamente qualsiasi sistema di gioco, Monster Boy ci trasporta in una coloratissima e divertentissima avventura.
Alla guida del giovane Jin, il giocatore sarà alle prese con una maledizione scagliata dallo zio Nabu, che tramuterà gli abitanti del regno in animali. Lo stesso Jin non sarà immune all’incantesimo e, nel corso della sua avventura, otterrà la capacità di trasformarsi in ben cinque forme animali distinte, ognuna con attacchi e abilità uniche.
Monster Boy si ispira palesemente a un classico dell’era 8 bit, ovvero Wonder Boy 3: Dragon’s trap, a cui si rifà sia per trama che per stile di gioco. Rispetto ai giochi fin qui analizzati, Monster Boy propone uno stile più scanzonato e divertente, ma non per questo meno profondo e impegnativo.
La varietà delle ambientazioni, la bellezza dello stile grafico, le enormi possibilità fornite al giocatore dalle trasformazioni in animale, unite a una giocabilità eccezionale, rendono questo gioco una vera gemma nel panorama dei metroidvania.
Metroid Dread
L’ultimo rampollo della dinastia dei Metroid è assolutamente all’altezza del suo ruolo.
Ed eccoci all’episodio più recente della saga di Metroid. Uscito nel 2021 su Nintendo Switch, Metroid Dread mette nuovamente il giocatore nei panni di Samus. La nostra cacciatrice dovrà vedersela ancora una volta coi parassiti X e soprattutto coi terribili E.M.M.I., robot colorati controllati dai parassiti.
Rispetto ai titoli precedenti della saga, Dread vanta un comparto grafico assolutamente moderno e d’impatto, con modelli poligonali, sfondi e animazioni di primissimo livello. Principale novità del gioco sono le battaglie contro gli E.M.M.I., a cui Samus dovrà dapprima sfuggire attraverso una serie di meccaniche Stealth per poi finirli dopo aver potenziato al massimo il suo raggio.
Queste sezioni aumentano notevolmente la varietà del gioco, già molto alta grazie alle numerose aree del pianeta che Samus può esplorare. Sono ancora una volta davvero memorabili gli scontri coi boss, sempre molto impegnativi e coinvolgenti.
Tutte queste caratteristiche, unite agli ottimi controlli e alla varietà delle armi, fanno di Dread un must per ogni possessore di Switch.
Ori and the Blind Forest
Le atmosfere magiche di Ori sapranno conquistare i cuori di ogni giocatore.
Uscito nel 2015 su Xbox One e giunto nel 2019 anche su Nintendo Switch, Ori and the Blind Forest narra le avventure dello spiritello Ori, caduto dall’albero sacro da cui ha origine.
Dopo una sequenza introduttiva strappalacrime, in cui assisteremo al ritrovamento di Ori da parte di Naru e alla morte di quest’ultimo causata dal deperimento della foresta, il giocatore avrà il compito di guidare Ori verso il salvataggio dell’albero sacro e di tutta la foresta.
La cosa più incredibile di Ori and the Blind Forest è la straordinaria atmosfera che riesce a creare. Lo stile grafico fiabesco, forte di un design dei personaggi assolutamente originale e di un uso sapiente degli effetti di luce, ci avvolgerà letteralmente, guidandoci dolcemente nei meandri della foresta accanto a Ori e al suo piccolo aiutante Sein.
Anche il sonoro, curatissimo e incredibilmente armonioso, contribuisce a coinvolgere totalmente il giocatore, che si trova più volte a provare la sensazione di trovarsi all’interno di un sogno.
Anche il gameplay è assolutamente all’altezza della situazione, con sezioni platform impegnative e un buon numero di attacchi e abilità, sbloccabili tramite l’accumulo di esperienza.
Sebbene il suo sequel, Ori and theWill of the Wisp, risulti nettamente superiore, abbiamo deciso di premiare l’episodio originale della saga. Se non lo avete giocato, recuperate assolutamente questo piccolo capolavoro.
Castlevania: Symphony of The Night
Symphony of The Night ha praticamente inventato il genere Metroidvania.
Non poteva certo mancare in questa classifica il gioco che ha praticamente inventato il genere dei Metroidvania. Symphony of The Night ha infatti dato una profonda svolta alla saga di Castlevania, unendo i suoi elementi action a fasi di esplorazione e potenziamento del personaggio.
Alla guida del tenebroso Alucard, figlio di Dracula, il giocatore ha il compito di investigare su un misterioso potere demoniaco emanato dall’antico castello del nostro malvagio genitore.
Nell’esplorare i meandri dell’antica magione, Alucard avrà la possibilità di raccogliere un gran numero di armi, potenziare i suoi parametri e sbloccare un enorme numero di abilità, tra cui la possibilità di trasformarsi in lupo, nebbia e pipistrello.
Il comparto tecnico di SOTN risulta ancora oggi davvero sontuoso, con eccezionali brani musicali di stampo gotico e una grafica che, pur senza far gridare al miracolo, mostra come anche la cara vecchia prima Playstation fosse in grado di realizzare ottimi titoli in 2d.
La longevità è notevole grazie alla presenza di finali multipli e di ben due versioni del castello da esplorare. Un titolo imprescindibile per ogni videogiocatore che si rispetti.
Hollow Knight
Hollow Knight è forse il miglior metroidvania in chiave moderna mai uscito.
Medaglia d’argento per il capolavoro di Team Cherry. Uscito nel 2017 e ora disponibile per ogni piattaforma possibile, Hollow Knight ci mette nei panni di un misterioso cavaliere impegnato in un viaggio nel regno decaduto di Nidosacro.
La trama del gioco, in maniera simile a quanto visto nella serie Dark Souls, è estremamente criptica e sarà compito del giocatore unire i puntini per comprendere appieno la storia del regno e di quanto sta accadendo.
Come Ori, anche Hollow Knightvanta un registro artistico di altissimo livello, con personaggi e ambientazioni che sfoggiano una personalità e un’originalità davvero invidiabili. Le musiche malinconiche e misteriose contribuiscono a creare un alone di mistero e a coinvolgere ancor di più il giocatore nel viaggio del nostro cavaliere.
L’altro incredibile punto di forza di Hollow Knight è la sua giocabilità. I movimenti del cavaliere sono di una tale precisione e fluidità da rasentare la perfezione e rendono sia le battaglie che le sezioni platform incredibilmente piacevoli e divertenti, nonostante la loro difficoltà decisamente elevata.
Gli scontri coi boss saranno davvero impegnativi (ma mai frustranti) e regaleranno ai giocatori grandi soddisfazioni una volta superati. La struttura della mappa risulta davvero ben studiata e metterà alla prova la capacità del giocatore di orientarsi e sfruttare al meglio tutte le abilità sbloccate durante il gioco.
Completano il pacchetto un’enorme quantità di oggetti, artefatti extra e la presenza di finali multipli, che donano al gioco una longevità enorme. Un capolavoro assoluto, che ogni giocatore degno di questo nome dovrebbe avere nella sua libreria.
Super Metroid
Nonostante abbia ormai quasi trent’anni, Super Metroid è da molti ritenuto uno dei migliori giochi di sempre.
Potrà sembrare una scelta banale; potrà essere poco credibile mettere in cima alla classifica un gioco così vecchio. Sarà l’effetto nostalgia. Saranno i ricordi, ma per chi scrive Super Metroid è tuttora il miglior Metroidvania di sempre (e trovate sul blog anche la nostra recensione contemporanea).
Fin dalla sua uscita, nel lontano 1994, la terza avventura di Samus fu considerata una delle migliori opere per SNES ed è spesso inserita nelle classifiche dei migliori giochi di sempre.
Super Metroid ha praticamente tutto. Una grafica 2d avveniristica per i tempi e tutt’oggi di buonissimo livello. Un sonoro maestoso e coinvolgente. Una giocabilità praticamente perfetta e un numero elevatissimo di abilità e armi nascoste. Si aggiunge a questo una world map praticamente perfetta in cui ogni area del pianeta Zebes risulta credibile e ben caratterizzata.
La cosa più appagante di Super Metroid è il senso di progressione che si avverte nel corso dell’avventura: gli enigmi, le zone nascoste e i nemici diventano via via più impegnativi man mano che aumentano le abilità a disposizione di Samus. Ultima menzione meritano gli incredibili Boss, davvero enormi e a tratti spaventosi.
Super Metroid è una vera opera d’arte. Uno di quei videogiochi che hanno segnato la storia del medium. Consiglio caldamente, soprattutto ai più giovani, di recuperarlo. Credetemi, non ve ne pentirete!
Il mondo dei metroidvania è davvero ricchissimo di titoli interessanti.
Eccoci giunti al termine della nostra panoramica. Come sempre, la parola passa a voi lettori. Conoscevate tutti i titoli della classifica? Avreste inserito altri giochi? O avreste posizionato diversamente quelli inseriti qui? Fateci sapere!
Talvolta, per immergersi al meglio all’interno del videogioco, tendiamo a scegliere prodotti con un importante longevità, in grado di tenerci incollati allo schermo con infinite quest e collezionabili. Ma si sa, con l’arrivo dell’età adulta il tempo per dedicarci alla nostra grande passione è sempre scarseggiante. Per fortuna però, non sempre maggiore longevità vuol dire maggiore qualità e i videogiochi capolavoro per chi ha poco tempo che vi mostreremo tra poco lo dimostrano in pieno.
What Remains of Edith Finch
Un titolo dalla durata di sole due ore di storia principale, mentre qualora si volesse completarlo al 100% la durata si alzerebbe a tre ore di gioco totali. Un videogioco così rapido che può portare a termine anche chi ha poco tempo, presenta in realtà un’insospettabile varietà di gameplay. Annoiarsi con questo titolo è davvero una sfida difficile da superare.
Una strana casa che fa da sfondo ad un meraviglioso level design. Ambienti così curati se ne vedono gran pochi in giro.
Il gioco narra di un’eccentrica famiglia stanziata nell’ isola di Orcas. Il protagonista della nostra storia arriverà di fronte alle porte di casa Finches, e guidato dalle parole del diario di Edith Finch, ne esplorerà ogni suo meandro, venendo a conoscenza delle peculiari morti dei suoi residenti. Una maledizione sembra esser calata sulla famiglia Finches e sta al giocatore scoprire la storia nascosta di ogni membro della famiglia.
L’esplorazione della casa sarà molte volte interrotta da flashback, i quali rappresentano le vere perle di gameplay. Stili grafici e modalità di gioco cambiano ad ogni “livello”, il tutto contornato da un’ottima narrazione di fondo che ci lascerà sospesi, a domandarci come sono andate realmente le cose. Se preferite uno stile di gioco rilassato e semplice, allora What Remains of Edith Finch è un titolo da provare assolutamente, di cui abbiamo parlato anche in questo articolo.
Last Day of June
Last Day of June è un titolo uscito nel 2017, un’avventura story-driven pronta a sbalordire con il suo comparto grafico, ed i suoi “colpi di scena”. Questa capolavoro si attesta sulle quattro ore, rendendo inoltre disponibile una caccia ai collezionabili per chi fosse interessato, e una storia emozionante, che ci pugnalerà molte volte allo stomaco.
Una tragica notizia cambierà il mondo intorno a noi.
La storia si svolge in una piccola cittadina di campagna, dove tutto sembra emanare una sorta di perfezione sospesa, rimbalzante tra i visi solari dell’esuberante vicinato. Il nostro protagonista è un uomo sposato, ed anche la sua vita sembra galleggiare in quell’atmosfera meravigliosa contenuta nel quadro che è lo stile grafico. Ma tale perfezione durerà poco. Una tragica notizia cambierà il mondo intorno a noi, spegnendo quei vivaci colori che ci davano speranza, trascinando il protagonista in un’estenuante lotta per cambiare il passato.
Il comparto grafico, tecnico, la caratterizzazione dei personaggi, tutto ciò regala al giocatore un’esperienza che lo abbraccia a 360 gradi. Accontentando sia gli amanti delle storie curate sia gli amanti dei puzzle-games. Una silenziosa notte, un tè caldo e voglia di rilassarsi, sono questi gli elementi per godersi a pieno questo ennesimo capolavoro.
To The Moon
Infine, il vero e proprio Capolavoro con la “c” maiuscola. Uscito nel lontano 2011, dalla Freebird Games, ha segnato per sempre i cuori di molti videogiocatori. Il gioco è un Adventure Game che si attesta sulle tre ore; un tempo che può sembrare quasi troppo breve per suscitare una tale emozione, ma vi sbagliereste. In sole tre ore, To The Moon riesce a mantenere incollato il giocatore che ha poco tempo grazie alla meravigliosa storia e alla (leggermente datata, ma sempre gradita) grafica pixel-art, regalandoci un indimenticabile esperienza da giocare tutta d’un fiato.
Il tempo passa, ma certi capolavori non appassiscono mai.
Il gioco racconta le vicende di due scienziati della Sigmund Corporation, un organizzazione in grado, tramite una tecnologia avanzatissima, di modificare i ricordi di pazienti moribondi così da regalargli il loro ultimo desiderio. I nostri protagonisti sono degli esperti, ma il paziente che visiteranno questa volta, sarà diverso da tutti gli altri. Raccontare di più sarebbe veramente troppo per un’esperienza così breve, quindi lascio a voi il piacere della scoperta. Vi posso assicurare che non rimarrete delusi da questo capolavoro.
Se non avete mai sentito parlare di questo titolo, correte a comperarlo. Se invece lo conoscente già, allora forse potreste non essere a conoscenza dei sequel. A Bird Story, Finding Paradise e Impostor Factory sono tutte valide alternative; le durate sono simili, mentre la bellezza è tutta da scoprire.