Ah la prima PlayStation! Quanti bei momenti passati davanti a quello scatolotto grigio pieno di emozioni, che prendeva ognuno di noi per mano trascinandoci in nuovi mondi tutti da esplorare. E quanti titoli, quanti generi, quanta varietà! Non mancava proprio nulla, ce n’era per tutti i gusti. Almeno così mi hanno detto. Già, perché sono nato un pelo dopo gli anni d’oro del videogame: io infatti, classe 2001, ho vissuto gli albori della PlayStation 2 che reputo la miglior console di sempre (ma è un mio parere personale). Purtroppo, titoli come Tomb Raider, Metal Gear Solid e Resident Evil per me erano sconosciuti, me li sono dovuto recuperare poi una volta cresciuto. E tra questi, mi duole dirlo, persi persino il messia dei “giochi di botte”, colui che ascese dal cielo per mostrare all’umanità intera come si crea un picchiaduro, ovvero Tekken 3.
Tekken 3, un mito senza tempo

Sono molto affezionato alla serie di Tekken dato che è la mia “fighting saga” preferita. In particolare, all’epoca di Playstation 2, ero letteralmente in fissa con Tekken 5 (che rimane il mio capitolo preferito): tra le tante modalità presenti ricordo che Namco aveva inserito la possibilità di giocare ai primi 3 prequel, ma ai tempi ero ancora un bambino e li reputavo abbastanza brutti.
Ora che sono cresciuto e che i miei gusti sono cambiati, dopo aver giocato davvero a Tekken 3 posso dire che mi ha davvero stupito: una volta finito il capitolo precedente, mosso dalla curiosità mi sono lanciato subito sul suo sequel e sono rimasto davvero incredulo da quello che stavo vedendo, pur essendo un gioco con tanti anni alle spalle.
Cosa mi ha portato a rimanere così sbalordito per molti sarà evidente: chi lo ha giocato sa perfettamente quali sono state le innovazioni che questo capitolo ha portato, trasformandosi in un vero e proprio tormentone per parecchi anni. Ma, per parlarne meglio e per comprendere effettivamente cos’è stato rivoluzionato, bisogna spendere due parole su quello che la saga di Namco voleva diventare all’inizio.
Tekken prima di Tekken

Dopo l’uscita di Tekken 2, Namco sembrava aver deciso quale strada seguire per la sua saga. Il secondo capitolo, infatti, non era nient’altro che il primo limato dai suoi difetti. Nessuna scelta fu più azzeccata di questa. Namco riuscì a creare un’infrastruttura solida e divertente, oltre che rigiocabile più volte grazie all’aggiunta di diverse modalità.
I fan non potevano chiedere di meglio: certo, i personaggi erano un insieme di poligoni che si muovevano, ma è altrettanto vero che erano presenti molti più colori a schermo che donavano più dettagli. Ogni personaggio aveva uno stage dedicato e il roster era molto più vario rispetto al capitolo precedente.
Le musiche erano orecchiabili, le modalità di gioco erano accolte positivamente e i personaggi erano caratterizzati molto bene (è impossibile dimenticarsi del bellissimo King in cravatta o dei capelli stravaganti di Heihachi Mishima). Inoltre, il gameplay era fatto veramente bene per i tempi che correvano: le animazioni donavano al gioco una buona dose di realismo ed eseguire le combo è ancora oggi appagante.
Dalle stelle alle galassie, il manuale secondo Namco
Tekken 2, in un certo senso, appariva ancora troppo simile al competitor di Sega, ovvero Virtua Fighter. Il gioco di Namco divenne famoso principalmente grazie alla console di Sony, ma non era abbastanza. Per questo, un anno dopo l’uscita di Virtua Fighter 3, la casa nipponica decise di mostrare il suo nuovo Tekken 3 con un trailer dedicato ad un evento per giochi arcade, ottenendo il riscontro positivo desiderato.
La gente rimase sbalordita e, quando nel 1998 uscì tra gli scaffali, Tekken 3 tenne fede alle promesse fatte. La fluidità di gameplay era (ed è ancora) davvero stupefacente considerando che era un gioco Playstation 1: io, che l’ho giocato da poco, ho trovato ancora gratificante ogni singolo colpo, anche a distanza di quasi trent’anni dall’uscita.
La facilità con cui si possono concatenare tutte le mosse con così tanta fluidità dona una sensazione di realismo e di immedesimazione senza precedenti soprattutto per l’epoca. Tekken 3 sembrava capace di teletrasportare il videogiocatore all’interno di quello che sta accadendo a schermo in quel momento.
Tekken 3 è diventato famoso anche per la meccanica del sidestep: premendo due volte il tasto per saltare o per abbassarsi, il nostro PG può fare un passo in profondità verso di noi o dalla parte opposta, aggiungendo la possibilità di poter attaccare su più lati e non solo frontalmente.
Tutto ciò avviene in armonia con la telecamera dinamica, che segue i movimenti dei nostri personaggi anche durante le animazioni di grappling, donando delle azioni sempre in movimento per ogni livello che affronteremo.
Una struttura di gioco diversa

Gli avversari da battere sono sempre i classici dieci, ma con un’eccezione: chi ha giocato i primi due capitoli sa che per ogni personaggio che scegliamo è presente un rivale dedicato che troveremo negli ultimi livelli del gioco.
Tekken 3 invece ci propone dieci livelli come sempre, ma i primi otto avversari sono randomici mentre gli ultimi due, che sono i boss finali, sono sempre gli stessi. Questo perché la storia del gioco non è più incentrata sulle singole rivalità tra i membri del roster, ma tutti insieme dovranno unire le forze per sconfiggere i due nemici in comune.
Per quanto riguarda la difficoltà, non ci sono più tutti quegli stratagemmi usati per rendere il gioco più difficile, ma che in realtà facevano solo arrabbiare il giocatore. Ora infatti il nostro personaggio, se viene scaraventato a terra, si rialzerà quasi subito, in linea con la rapidità del gioco.
I combattimenti, oltre a essere veloci, risultano perfettamente bilanciati. Sin dalla prima partita si ha la sensazione di poter battere chiunque e che basti solo trovare il modo giusto per farlo. Ora infatti non troveremo più un Lee che spara calci a raffica senza mai fermarsi e senza poterlo mai interrompere.
Prendendo spunto da quello che è stato fatto nel precedente capitolo, Namco ha deciso di tenere le modalità che hanno contribuito a prolungare la vita del gioco, ma con alcune aggiunte.
Come nel prequel sono ancora presenti le modalità Sopravvivenza, Squadre e Pratica, ma viene aggiunta la Tekken Force Mode, una modalità alla Double Dragon dove camminando con il nostro personaggio dovremo sconfiggere i membri della Tekken Force. Abbiamo poi la modalità chiamata Tekken Ball Mode, dove dovremmo letteralmente fare una partita a pallavolo colpendo la palla con pugni e calci.
Cosa ha reso Tekken 3 memorabile

Se qualcuno ha buon gusto lo piò notare subito e Namco, all’epoca, ha dimostrato di averne a vagonate. Per esempio, vogliamo parlare di quanto sono belle le aree di combattimento? Come nel prequel, gli sviluppatori hanno creato per ogni personaggio un’arena dedicata. La cosa che mi ha sorpreso è la sensazione di unicità che ho provato nel vedere quei posti virtuali.
Infatti sono riusciti a creare delle mappe diversificate tra loro, inserendo degli elementi in grado di renderle facilmente distinguibili fin da subito. Inoltre, se si conosce la storia dei personaggi, risulta facile capire perché ad ogni personaggio è stata assegnata quella determinata zona, dando cosí una sensazione di coerenza.
Il tutto è accompagnato da una colonna sonora che ancora oggi risulta essere fuori di testa: Tekken 3 infatti ha un accompagnamento musicale di tutto rispetto che risuona ancora nelle memorie dei giocatori.
Tutto il merito va a Nobuyoshi Sano, che ci ha saputo davvero fare riuscendo a creare qualcosa che richiamasse lo stile rivoluzionario del gioco. Harada, il direttore di Tekken 3, racconta su Playstation Blog :
Ero un grande fan di Sanodg (Nobuyoshi Sano, ndr), per cui ho pensato di coinvolgerlo nel progetto ma a volte avevamo opinioni divergenti. Il concetto di Digital Rock era troppo alla moda e difficile da comprendere per noi. Disse che il suono digitale era il futuro e alla fine mi decisi ad
affidargli l’intera direzione della musica, la quale si è rivelata una scelta giusta.
La bellezza del titolo si vede anche nei particolari più piccoli, come il vestiario dei personaggi: nessuno può dimenticare i pantaloni fiammeggianti di Jin Kazama, la tuta di Eddy o i pantaloni FILA abbinate a delle scarpe leggere e sportive di King. Gli sviluppatori sono riusciti nell’intento di creare un abbigliamento univoco, in linea con i
tratti caratteriali dei personaggi, rendendoli così iconici.
Perchè Tekken 3 ha fatto la storia
In quegli anni il titolo di “miglior picchiaduro 3D” era conteso tra Tekken e Virtua Fighter di SEGA, ma alla fine degli anni ’90 il vincitore indiscusso fu il titolo di Namco. Chiedersi a questo punto il perché è assolutamente lecito, dato che le risposte sono molteplici.
Per quanto io sia un fan della serie di Tekken, devo ammettere che, graficamente, il titolo di SEGA è nettamente migliore, grazie al fatto che il Dreamcast era più potente della console di Sony. I fondali, i movimenti dei personaggi e il comparto tecnico generale sono alcuni degli aspetti su cui Virtua Fighter 3 predomina a mani basse su Tekken 3. Ma allora cosa ha spinto i fan a preferire il secondo rispetto al primo?
Il segreto del successo
La risposta è da ricercarsi tra diversi fattori: prima di tutto bisogna considerare come la Namco ai tempi prese la decisione di far uscire il suo titolo su PlayStation e non su Dreamcast. Infatti, per quanto potesse essere più potente, non era così popolare come la console di Sony, che era diventata un’icona pop.
A causa di alcune meccaniche, il gameplay di Virtua Fighter era molto più complesso di quello di Tekken. Per fare il famoso sidestep bisognava fare una combinazione di tasti molto più lunga e difficile rispetto a premere il tasto su (o giù) velocemente per due volte di seguito.
Il gameplay del titolo SEGA era indirizzato a chi aveva già famigliarità con i titoli precedenti, mentre Namco ha preferito fare un “piccolo reboot”, mantenendo comunque una certa continuità con i prequel.

Infine ecco il motivo più importante: i personaggi erano davvero caratterizzati al meglio, con delle musiche e delle arene che richiamavano sempre il combattente a cui erano dedicate. Tutto ciò ha contribuito, un po’ come Ryu di Street Fighter o Scorpion di Mortal Kombat, a rendere determinati personaggi veramente famosi e iconici, il tutto sulla console più venduta degli anni ’90.
Tutte ciò ha contribuito a rendere Tekken 3 quello che è diventato: un prodotto che è riuscito a far parlare di sè anche fuori dal mondo videoludico, diventando un’ icona POP riconosciuta da chiunque.
E questi sono i motivi che hanno portato Tekken 3 a fare la storia dei videogiochi. E voi cosa ne pensate? Lo avevate già giocato o non lo avete mai provato finora? Fatecelo sapere sotto nei commenti e ricorda di seguirci per non perdere i prossimi articoli! E già che ci sei, perchè non dai uno sguardo alla nostra recensione su Tekken 8?