Di recente mi sono nuovamente appassionato ad Overwatch 2, arena shooter di cui ho amato il primo capitolo. Oggi però non voglio parlarvi del gioco in sé – è un gran bel titolo, giocatelo – ma del modello di monetizzazione adottato dalla Blizzard: il sempre più diffuso Battle Pass.
Cos’è il Battle Pass? Sostanzialmente Blizzard – o qualsiasi altra casa di sviluppo – propone un sistema di livellamento in cui ad ogni level up è associata una ricompensa: una skin; uno sticker; una emote; valuta di gioco o quant’altro. In genere si sale di livello completando sfide giornaliere o settimanali create dagli sviluppatori, o semplicemente giocando e rigiocando.
Secondo le software house, questo sistema esiste per “venire incontro” ai giocatori, ed evitare di ricorrere a brutture come le odiatissime – ma compratissime – lootbox. Fin qui verrebbe da pensare: «Cavolo, gioco e mi ricompensano pure, meglio di così!». Ed in effetti sembrerebbe di essere tornati ai bei vecchi tempi, quando per sbloccare qualcosa dovevi giocare, e non aprire il portafoglio.
Purtroppo la realtà è ben diversa: la mano al portafoglio bisogna metterla in ogni caso, perché qualsiasi battlepass esistente è suddiviso in due tier, uno gratuito, l’altro a pagamento. E indovinate dove stanno le ricompense decisamente migliori? Proprio così, nel Battle Pass pagamento, per la sorpresa di nessuno. Volete la nuovissima skin cyberdemon di Genji? Bene, preparatevi a sborsare una decina di euro per il Premium Battlepass, perché quella skin la trovate solo lì. Non avete voglia di pagare? Allora dovrete accontentarvi della skin di Winston con un berretto militare.
È giusto? Personalmente credo di sì: gli sviluppatori dovranno pur trarre profitto dal loro prodotto – Overwatch 2 è free to play – ed è inutile pensare che tutto ci sia dovuto, in quanto giocatori e clienti. La domanda che mi faccio però è un’altra: il Battlepass mi rispetta in quanto cliente e videogiocatore? Che rispetto ha del mio tempo?
Ciò di cui non ho ancora fatto menzione è proprio la natura “stagionale” dei tantissimi battlepass in circolazione. Perché sì, voi potete pure comprare il Premium Pass, ma sappiate che avrete un tempo limitato per sbloccare quel per cui avete pagato. Ed è così che il gaming “tradizionale” vira pericolosamente verso il gaming mobile, prendendone alcuni tra gli aspetti peggiori.
Ora quindi mi ritrovo “costretto” a giocare ad Overwatch 2, o qualsiasi altro titolo, perché devo completare le sfide quotidiane, le settimanali, poi quelle stagionali. E poi devo giocare comunque un variabile numero di partite al giorno, altrimenti al livello 60 del pass proprio non ci arrivo. E speriamo che non capiti alcun imprevisto nella vita reale: se per un motivo qualsiasi non posso videogiocare per qualche giorno, come recupero il tempo perso?
È così che il reparto marketing di questa o quella azienda riesce a creare il cosiddetto engagement: una sorta di “impegno” del cliente verso il prodotto consumato. O in parole povere, io che devo giocare ad Overwatch 2 ogni giorno, pena il perdere le esclusive ricompense del Battle Pass. Ricompense di cui probabilmente me ne fregherebbe poco, in altri contesti.
Ma dato che al reparto di marketing hanno studiato bene la lezione, sanno benissimo che ricompense “a tempo limitato”, “esclusive” sono l’esca perfetta per qualsiasi essere umano. Figuriamoci allora per noi videogiocatori, completisti come siamo. Perdere la skin del pass perché sono troppo pigro per completare il percorso stagionale o non ho abbastanza tempo? Impensabile. E poi quella skin tornerà disponibile in futuro? E Quando? Se non torna come faccio?
Ed ecco a voi che facciamo la conoscenza di un’altra simpaticissima dinamica di mercato: la famigerata fomo; Fear of missing out, letteralmente paura di perdersi qualcosa, ancora peggio se artificialmente esclusivo. Allora quale sarebbe la soluzione al problema? Semplice, le sfide me le farò piacere. Ed il tempo lo troverò in qualche modo. Una non soluzione, in poche parole.
E se per caso a me piacessero due o tre titoli con un sistema di progressione simile? Questo ovviamente non è contemplato nella logica del Battle Pass. Engagement a tutti i costi, a discapito del tempo del videogiocatore. Dedicare il proprio tempo solo ed unicamente a quel titolo, perché di tempo ne serve tanto.
Ora vi racconto la mia di esperienza, quella con il primo Overwatch. Gioco pagato 60€, preordinato addirittura. Mai acquistato una singola lootbox, ho solo aperto quelle che venivano assegnate ad ogni level up. Insomma, in soldoni dopo circa 200 ore di gioco mi ritrovavo con una miriade di skin leggendarie, emote, scene per la play of the game, icone, emote e tutto il resto. E mi preme precisare che di skin leggendarie ne avevo davvero tante, almeno una ventina, più altre decine e decine tra epiche e rare. E potevo acquistare le skin che più mi piacevano grazie alla valuta di gioco.
Veniamo ad Overwatch 2. Non ho speso un euro, non ancora almeno. Con circa una trentina di ore all’attivo, mi ritrovo con una skin di Winston col berretto militare, un’icona ed un paio di sticker. Basta. Se volessi le skin del Premium Battle Pass, devo pagare, e mi ci dovrei anche dedicare anima e corpo al gioco.
Paradossalmente ora per avere le vecchie skin leggendarie dovrei pagare altri soldi, perché le lootbox gratuite non esistono più. O meglio, è possibile accumulare 60 gettoni a settimana, ma una skin leggendaria costa anche 2000 gettoni. Quindi un grind lungo 9 mesi, per un’unica skin.
A questo punto la domanda sorge spontanea: ma il Battle Pass mi conviene davvero? Ma le lootbox facevano davvero così schifo? La risposta è sì, anche le lootbox sono delle brutture di marketing, ma quantomeno mi davano la possibilità di giocare quanto e quando volevo, e soprattutto non sentivo la necessità di cacciare fuori un solo euro in più o di loggare perché dovevo completare le missioni giornaliere. E oltretutto ricevevo molte, molte più rewards rispetto al sistema Battle Pass.
Questa è la natura tirannica del Battle Pass: un sistema di monetizzazione apparentemente innocuo; un sistema che in realtà punta a tenerci incollati a quel titolo, tra reward, missioni giornaliere e quant’altro; un sistema che non rispetta il mio tempo.