Metroidvania indica un genere ben preciso, in stile platform, preferibilmente 2D ma anche 3D all’occorrenze, con regole ormai consolidate basate sull’esplorazione libera e la necessità di sbloccare nuove abilità per andare avanti nell’avventura. Rispetto ai platform, di cui i Metroidvania possono essere considerati un sottogenere, la maggior parte dei Metroidvania richiede ai giocatori di attraversare un’unica, enorme mappa di gioco con la possibilità di imbattersi durante la propria esplorazione in sfide troppo difficili che imporranno al videogiocatore di tornare indietro per trovare nuovi potenziamenti per accedere ad aree che non potevano raggiungere in precedenza.
In questo articolo, vi racconteremo le origini e l’evoluzione dei Metroidvania, dai primi esempi fino ai titoli più moderni. Addentriamoci dunque insieme alla scoperta dei profondi meandri di un genere sicuramente di nicchia, ma ancora amatissimo il cui termine viene dall’unione dei titoli di due famose saghe, ovvero Metroid e Castlevania. Entrambi i primi capitoli di queste leggendarie serie comparvero su NES nel 1986. Dal momento che l’uscita del primo Metroid precedette di poche settimane Castlevania, parleremo prima di questo gioco.
Metroid
In Metroid il giocatore controlla la Samus Aran, cacciatrice di taglie armata di una tuta supertecnologica. Samus ha il compito di addentrarsi nei meandri del pianeta Xebes per fronteggiare i temibili pirati spaziali. I malvagi alieni stanno cercando di diffondere una pericolosa specie di parassiti spaziali, ovvero i metroid.
Il primo Metroid proponeva una struttura a scorrimento, con meccaniche che univano il genere platform con elementi sparatutto. Nel corso dell’avventura è molto importante sia effettuare i salti e superare gli ostacoli con il giusto tempismo sia sfruttare sapientemente le armi a disposizione per liberarsi delle orde di alieni nemici.
A sancire il successo di Metroid, oltre all’ottimo gameplay e alle atmosfere horror-fantascientifiche, insolite per un prodotto Nintendo, fu proprio la struttura del gioco. A differenza di molti altri prodotti, infatti, in Metroid il giocatore non avanza in maniera lineare attraverso una serie di livelli. Il pianeta Xebes infatti propone un’unica enorme area, che il videogiocatore deve esplorare fin nei minimi particolari. Per procedere nell’avventura occorre dunque un ottimo senso dell’orientamento ed un uso sapiente della mappa. A complicare le cose c’è anche l’inacessibilità, nelle prime fasi del gioco, di molte delle aree, che potranno essere sbloccate solo grazie all’ottenimento di nuove armi e abilità, come super missili, soppi salti ecc. Sebbene ancora molto acerbi, il primo Metroid presentava già numerosi degli elementi che sarebbero diventati tipici dei metroidvania.
Castlevania
Solo due mesi dopo l’uscita di Metroid, Konami rilasciò per NES il primo capitolo di quella che sarebbe divenuta una delle sue saghe più famose, ovvero Castlevania. In questa avventura il giocatore accompagna il prode Simon Belmont nel suo attacco al castello di Dracula. Da bravo cacciatore di vampiri, il nostro Simon è equipaggiato di tutto punto. Oltre alla sua fida frusta Vampire Killer, infatti, il nostro eroe ha a disposizione un gran numero di armi, come asce, croci da lancio, boccette di acqua santa e non solo.
Pur riproponendo lo stesso mix di combattimento e piattaforme visto in Metroid, il titolo Konami presenta una struttura molto più lineare. Castelvania si snoda infatti attraverso sei livelli, ognuno con il suo Boss conclusivo. Simon deve farsi strada all’interno di ogni location a colpi di frusta, facendo attenzione sia ai numerosi ostacoli che alle miriadi di creature mostruose al servizio del nostro conte. Rispetto a Metroid, dunque, l’esplorazione passa decisamente in secondo piano ed è l’azione a farla da padrone.
Entrambi i nostri giochi godettero di un ottimo riscontro e diedero vita a due delle saghe di maggior successo dei primi anni novanta. Dopo un sequel su gameboy (Metroid 2: Return of Samus), la saga di Metroid trovò il suo capolavoro in Super Metroid, uscito nel 1994 su SNES. Castlevania invece ebbe prima una trilogia su NES, seguita da una serie di giochi usciti per SNES Mega Drive e PC Engine. Tra essi spicca il meraviglioso Super Castlevania 4 per SNES, che riproponeva la formula del capitolo originale elevandola all’ennesima potenza.
Sembrava quindi che le due saghe avrebbero proseguito la loro corsa parallelamente, con ben pochi elementi ad unirle. Tutto cambiò nel 1997.
Il primo Metroidvania
Nel marzo del 1997 vide infatti la luce, sulla prima Playstation, Castlevania: Symphony of the Night. In questo incredibile gioco il vestiamo i panni di Alucard, il figlio di Dracula, col compito di penetrare nuovamente nella magione del vampiresco genitore per far luce sui misteri che la avvolgono. Questa volta, però, il gioco non si svolge più in una serie di livelli lineari, ma presenta un’unica, enorme mappa, in maniera del tutto analoga a quanto visto nella saga di Metroid.
Nel corso dell’avventura, Alucard ha la possibilità di apprendere numerose abilità e di ottenere vari potenziamenti. Oltre che a rendere più semplici le battaglie contro i nemici, queste abilità consentono l’esplorazioni di tutte quelle aree che all’inizio del gioco risultavano precluse. Symohony of the Night, dunque, è riuscito ad unire insieme le atmosfere e le dinamiche action della saga di Castlevania con l’esplorazione e le meccaniche di avanzamento apparse nella saga di Metroid. Per questo motivo, nonostante stiamo parlando di un videogioco della serie Castlevania, Symphony of the Night è da molti considerato il primo metroidvania della storia.
L’evoluzione di un genere
Nel corso degli anni, il genere dei metroidvania si è ampliato, evoluto e allontanato dalle due saghe cui si ispirano, che hanno saldamente mantenuto le proprie caratteristiche. Da una parte, la saga di Metroid ha quasi sempre regalato grandi capolavori. Molti giochi della saga come, ad esempio Metroid Fusion o il più recente Metrodi Dread, hanno riproposto la struttura originale di Super Metroid, accompagnandola ad un comparto tecnico in costante aggiornamento e a numerose nuove idee.
Con la saga di Metroid Prime, invece, Nintendo ha tentato una strada diversa. Questa serie infatti unisce l’esplorazione e la scoperta di nuove abilità con una struttura completamente in 3D e le meccaniche tipiche di un FPS.
Minor fortuna invece ha avuto la saga di Castlevania (soprattutto a causa delle discutibili politiche di Konami). Dopo una serie di eccellenti titoli portatili (tra cui ricordiamo Aria of Sorrow o Circle of The Moon) e la dimenticabile saga Lords of Shadow, Konami ha preferito limitarsi a riproporre saltuariamente alcune collection con gli episodi più famosi della saga, spesso con veste grafica rinnovata.
I migliori metroidvania
Nel corso degli anni 2000, grazie soprattutto all’esplosione dei titoli indie, sono apparsi molti videogiochi che fondono le due saghe e hanno dato vita al genere dei metroidvania. Alcuni dei quali hanno raggiunto ottimi livelli di popolarità e successo.
Probabilmente la serie più popolare è Hollow Knight di Team Cherry e la saga di Ori di Moon Studios. Però, meritano certamente una menzione anche videogiochi come The Messenger, Guacamelee e Axiom Verge. Anche il recente Prince of Persia: The Lost Crown, di Ubisoft, presenta tutti i tratti caratteristici del genere metroidvania.
La cosa interessante è che tutti questi titoli, pur presentando realizzazioni tecniche all’avanguardia, hanno scelto di restare fedeli alla classica struttura bidimensionale. Una delle chiavi del successo dei metroidvania, che ha permesso a questo genere di crearsi uno zoccolo duro così forte di fan, sta proprio nella sua apparente semplicità. Per quanto spesso si tratti di giochi estremamente complessi ed articolati, infatti, quasi tutti i metroidvania hanno un’idea di fondo semplice nello stile di easy to learn, hard to master.
Oltre a questo la grafica bidimensionale, soprattutto se realizzata seguendo uno stile particolarmente originale ed artistico, esercita tutt’oggi un fascino speciale sui videogiocatori, che hanno come l’impressione di trovarsi davvero all’interno di un’opera d’arte.
Vedremo se, anche nei tempi futuri, il genere continuerà a mantenere il suo fascino e se il pubblico continuerà a premiarlo. Intanto possiamo prepararci tutti insieme ad accogliere Silksong, seguito di Hollow Knight. Vedremo se questo gioco saprà raccogliere l’eredità non solo del suo predecessore, ma di un intero genere che, per quanto ormai vetusto, sembra davvero non annoiare mai.
L’uscita di Metroid Prime Remastered, avvenuta l’8 febbraio 2023, ha rappresentato per molti giocatore la realizzazione di un sogno. Il Metroid Prime originale, uscito il 18 novembre 2002 su Nintendo Gamecube (e presente nella nostra lista dei migliori videogiochi della console nipponica), è infatti uno dei titoli più amati dell’intera saga di Samus e i fan chiedevano ormai da diversi anni una versione aggiornata di questo gioco.
Con Remastered la risposta di Nintendo è finalmente arrivata. Come avrete già intuito sbirciando il voto, la casa di Kyoto ha decisamente fatto centro. Andiamo ora a scoprire cosa rende Metroid Prime Remastered un titolo davvero imperdibile.
Ritorno a Tallon IV
Collocato temporalmente tra la prima avventura di Samus e Metroid 2: return of Samus, Prime vede la bella Samus rispondere alla richiesta di soccorso della fregata spaziale Orpheon, assaltata da un gruppo di pirati spaziali. Dopo una breve sequenza ambientata a bordo della nave, Samus approda sul pianeta Tallon IV, antica dimora della razza Chozo, da cui ha origine la tuta della nostra cacciatrice.
Qui Samus scopre che l’intero pianeta è contaminato da una sostanza mutagena chiamata Phazon e che i pirati spaziali stanno compiendo pericolosi esperimenti su di essa. Compito di Samus sarà fermare i pirati e allo stesso tempo investigare sulla pericolosa sostanza.
Un pianeta tutto da esplorare
L’area di gioco di Metroid Prime è costituita da un’unica gigantesca mappa, suddivisa in cinque regioni. Nella fattispecie, la superficie di Tallon, le rovine di Chozo, le grotte di Magmoor, ricche di lava e magma, la regione ghiacciata di Phendrana ed infine le miniere di Phazon.
Ognuna di queste zone appare molto ben dettagliata e con caratteristiche in grado di differenziarla in modo netto dalle altre. Ciò contribuisce a creare un’ottima varietà e a rendere l’esplorazione davvero divertente ed intrigante.
Anche le creature che abitano le varie aree appaiono estremamente diversificate tra loro, ognuna con i suoi attacchi unici, i suoi punti di forza e le sue debolezze. Ogni porta magnetica del gioco può nascondere letteralmente qualunque cosa: da infami trappole elettriche a enigmi legati ai simboli sui muri, senza dimenticare le caverne di fuoco e i condotti ghiacciati.
Per quanto riguarda le amnbientazioni, dunque, Prime non è invecchiato di un giornoe il rinnovato comparto grafico contribuisce a rendere l’esperienza ancora più piacevole e coinvolgente.
Un’avventura in prima persona
Ad una prima occhiata, Metroid Prime sembrerebbe appartenere al genere FPS. A differenza dei precedenti giochi della serie, infatti, la visuale di gioco è posta direttamente dietro al casco di Samus. Il giocatore si trova quindi immerso in un mondo completamente tridimensionale, col compito di esplorarlo e di far piazza pulita dei nemici grazie alle armi del suo fido braccio cannone.
Tuttavia, la caratteristica più incredibile di Prime è che riesce ad unire uno stile di gioco e una serie di meccaniche tipiche degli sparatutto con tutti gli elementi che hanno fatto la fortuna della saga di Metroid. Il focus del gioco infatti non sono tanto gli scontri coi mostri, quanto l’esplorazione, la scoperta di nuove aree e soprattutto l’ottenimento di nuove abilità. Queste ultime permetteranno a loro volta l’accesso ad aree precedentemente inaccessibili.
Parlando di abilità, sono presenti nel gioco tutti i cavalli di battaglia della saga di Metroid, dalla mitica morfosfera alle super mine passando per il rampino ad energia. Metroid Prime presenta però anche diverse novità, tra cui 4 diversi tipi di raggi per il nostro cannone principali, che svolgeranno un ruolo chiave anche nell’esplorazione.
Metroid Prime presenta anche una meccanica completamente nuova, ovvero la modalità scan. Il giocatore infatti ha la possibilità di attivare in ogni momento lo scan del casco di Samus, che permette di evidenziare elementi interattivi dell’area di gioco e persino svelare i punti deboli dei nemici.
Un metroidvania tridimensionale
Prime dunque unisce ottimamente la visuale in prima persona e la struttura tridimensionale con tutti gli elementi tipici di un metroidvania. Durante l’esplorazione di Tallon IV il giocatore deve prima di tutto setacciare tutte le aree disponibili, alla ricerca delle abilità necessarie per accedere alle aree ancora bloccate.
Questo naturalmente obbliga a percorrere più volte la medesima strada e a spostarsi di continuo da un’area del pianeta all’altra attraverso una serie di ascensori che fungono da collegamento tra le suddette aree. Occorre quindi essere muniti di un’ottimo senso dell’orientamento e di una buona memoria per non perdersi nei meandri del pianeta.
Ad aiutare Samus (e il videogiocatore) nella sua missione contribuisce la mappa di gioco, davvero dettagliata e di facile lettura. É addirittura possibile passare da una visualizzazione della mappa in due dimensioni ad una tridimensionale. Inoltre, dopo un certo lasso di tempo, il gioco stesso evidenzierà sulla mappa le zone utili per il progresso dell’avventura, onde evitare frustrazioni ed inutili perdite di tempo.
Nemici per tutti i gusti
Naturalmente una parte importante di Prime è costituita dagli scontri coi nemici. Come già accennato in precedenza, il gioco presenta una serie davvero nutrita di creature di ogni genere. Si spazia da mostri insettoidi a dragoni di lava fino ai temibili pirati spaziali, la cui pericolosità progredirà col procedere dell’avventura.
Per riuscire a sopravvivere nei suoi spostamenti tra un save point e l’altro il giocatore deve sfruttare al meglio tutte le armi e le risorse a sua disposizione, utilizzando anche lo scanner per svelare le varie debolezze delle creature che ha di fronte.
Questo discorso vale soprattutto per le boss fight, in cui Samus si trova a fronteggiare gigantesche e pericolose creature, ognuna delle quali richiede una strategia ben precisa per essere abbattuta. Spesso in queste battaglie il giocatore è costretto ad utilizzare in modo sapiente anche il visore di Samus. Nel corso del gioco infatti, il visore viene dotato di una visione a infrarossi e di una a raggi x. Queste funzioni sono fondamentali non solo per l’esplorazione ma anche per diverse fasi degli scontri coi boss.
Una remastered all’altezza?
Dopo aver rianalizzato gli elementi principali di Metroid Prime è tempo di parlare in modo specifico di questa remastered. Come intuibile, le principali differenze tra questa versione e le precedenti per Gamecube e Wii sono a livello visivo.
Metroid Prime Remasteredpresenta infatti una grafica totalmente rinnovata e aggiornata, con modelli, texture, illuminazione e colori che hanno ricevuto un restyling completo. Questo rende l’esplorazione molto più piacevole e in generale permette una miglior fruizione del gioco.
Nintendo però non si è fermata qui e ha deciso di inserire in questa remastered ben quattro diversi schemi di controllo, in grado di accontentare sia i nostalgici della versione Gamecube, sia i nuovi giocatori sia coloro che apprezzano l’utilizzo dei controlli di movimento.
Infine, Metroid Prime Remastered recupera da Metroid Prime Trilogy per Wii la funzione nuovo gioco plus, che mantiene tutte i dati delle scansioni della partita precedente e semplifica il completamento del diario di gioco.
Conclusione
Tirando le somme, Nintendo con questa remastered ha fatto davvero un ottimo lavoro, dando nuova linfa ad un titolo che era già considerato un capolavoro assoluto.
Certo, il gioco non è privo di difetti. Come già detto, la particolare struttura dell’avventura obbliga il giocatore a ripercorrere le stesse strade più e più volte. Per restare fedeli alla versione originale, si è scelto di non inserire nessun tipo di scorciatoia o teletrasporto. Questo può risultare un po’ noioso e frustrante per alcuni giocatori, soprattutto nella fase finale del gioco, in cui viene chiesto il recupero di una serie di artefatti sparsi per tutta la mappa.
Inoltre il sistema di puntamento non è proprio perfetto e, soprattutto nelle fasi in cui si è costretti ad affrontare numerosi nemici insieme, spesso risulta difficile passare da un nemico all’altro.
A parte queste piccole sbavature il gioco resta assolutamente valido ed è consigliatissimo sia per chi non ha mai provato il Metroid Prime originale sia per tutti coloro che volessero provare a rivivere questo classico in una versione più bella e al passo coi tempi.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: Nintendo Switch
Data uscita: 08/02/2023
Prezzo: 39,99 €
Ho provato il gioco tre mesi dopo la data d’uscita su Nintendo Switch per circa 17 ore.
Un tempo fu “cathode-ray tube amusement device”: questo è il nome del primo gioco elettronico brevettato. Creato da Goldsmith e Mann e distribuito nel lontanissimo 1947, rappresenta il primo e ancestrale tentativo di utilizzare un sistema computerizzato (o calcolatore, per usare un termine opportunamente desueto) a scopo puramente ludico.
Il concetto alla base del gioco è molto semplice: un proiettile sparato dal bordo dello schermo deve colpire un bersaglio situato al lato opposto, sta al giocatore modificarne la traiettoria affinché arrivi a segno.
Da quel tempo post secondo conflitto mondiale (il tema bellico del “cathode-ray tube amusement device” non è certo un caso) il mondo video ludico si è espanso a dismisura, esplodendo dai primi anni 80 dello scorso secolo, fino raggiungere i confini del fotorealismo. Oggi contiamo milioni di videogame e decine di generi e sottogeneri che, negli anni, hanno preso il sopravvento a turno, tornando in auge per poi cadere nel dimenticatoio e riprendere quota.
In questa sede, piuttosto che analizzare i vari generi, affronteremo la questione di natura tecnica legata alla programmazione del videogame.
Stile rétro
Innanzitutto, c’è da fare una distinzione preliminare:
i giochi sviluppati in un certo modo a causa di limitazioni tecniche legate all’epoca della loro realizzazione;
i titoli più recenti sviluppati proprio in quel modo per le scelte stilistiche dei programmatori e degli artisti grafici;
Al primo gruppo appartengono i giochi del passato realizzati con quella che a posteriori è stata definita “Pixel Art”, a causa della scarsa risoluzione dei monitor. Al secondo gruppo appartengono i videogame sviluppati in ambienti evoluti e che appartengono ad un determinato stile per una precisa scelta degli sviluppatori e non a causa di limitazioni tecniche di sorta.
Pixel Art
Ancora una volta restringiamo il campo ed andiamo ad occuparci del primo gruppo e dell’impatto straordinario (e involontario) che la Pixel Art ha avuto su tutto il mondo videoludico presente, passato e, forse, futuro.
Già, perché i videogame realizzati con i pixel ben in vista e in barba al fotorealismo e alla virtual reality, hanno fatto breccia nel cuore di appassionati di ogni età che, molto spesso, continuano a preferirli rispetto al melting pot di generi e tecnologie futuristiche tanto care ai best seller attuali.
Sia chiaro, le nuove generazioni di videogiocatori, quelle con il pad della playstation in mano (wireless e retroilluminato) digeriscono malvolentieri tale discorso, anzi, si aprono facilmente a smorfie se il viso del loro calciatore preferito non è stato riprodotto alla perfezione nell’ultima edizione di Fifa o del fu Pes. Ed è giusto che sia così: i titoli più venduti, più lavorati e più premiati hanno alla base motori grafici di sviluppo così avanzati che non avrebbe senso non sfruttare appieno.
Eppure, qualcosa sta cambiando…
Ready Player One
Personalmente faccio partire questo nuovo filone filosofico/nerd/nostalgico dall’uscita, nel 2018, del film di Steven Spielberg “Ready Player One”, adattamento cinematografico del romanzo di Ernest Cline “Player One”. La pellicola ci trasporta in un tragico 2045, in cui la terra è allo stremo a causa di sovrappopolazione e inquinamento. Le città sono state inglobate l’una nell’altra trasformandosi in enormi baraccopoli.
L’unico modo che gli esseri umani hanno di evadere da una realtà grama è rappresentato da OASIS, un mondo virtuale straordinariamente complesso nel quale si può letteralmente vivere una seconda vita. OASIS non ha limiti proprio grazie alla tecnologia futuristica con cui è stato sviluppato e programmato. Tralasciando i risvolti di trama, andrò subito al punto che mi ha fatto, poi, mettere alla ricerca di altri indizi sparsi qui e lì negli anni: per salvare quel mondo virtuale straordinario, c’è bisogno di essere un vero appassionato di videogame vintage. Un nerd, se mi lasciate passare il termine.
L’unico modo per salvare OASIS dalla distruzione è giocare ad “Adventure”, titolo rilasciato per Atari 2600 nel 1979, e che si impose come primo videogame di azione della storia, nonché il primo gioco in cui il proprio sviluppatore avesse inserito un easter egg (in termini video ludici, una sorpresa di vario genere che si può scoprire soltanto visitando un determinato luogo difficile da raggiungere e effettuando una serie precisa di azioni).
Il messaggio è molto chiaro: per superare la prova il “gioco non deve essere terminato ma soltanto giocato”. Insomma, piuttosto che godere delle meravigliose ed infinite potenzialità di OASIS, il segreto era divertirsi a giocare con un gioco che, visivamente, non è altro che un ammasso di pixel.
Un violentissimo ritorno al passato, un rimando alla cultura e alla tecnica che fu e che, dal mio punto di vista, cela un sottotesto ben più profondo del semplice gusto per i retro-game: ritornare al passato non significa essere nostalgici ma significa poter essere molto più felici senza essere puntualmente alla ricerca spasmodica del nuovo e del diverso.
Potrei fare una digressione entrando nel merito del concetto filosofico di “Decrescita Felice” teorizzato dal pensatore francese Serge Latouche, ma non è questa la sede.
Videogiochi in Pixel Art
Da allora, comunque, da quel 2018, ho potuto notare tantissimi e potenti tentativi di celebrare il tempo che fu senza entrare nel merito del filone della Pixel Art che ritengo essere un esercizio di stile apprezzabilissimo, capace di sfornare titoli splendidi e capaci di creare franchise miliardari (pensate per un attimo a Minecraft) ma che non incarna il concetto del bello perché volutamente datato che cerco io.
Alt 254
Scovai un indizio evidente, invece, nel 2020, all’uscita dell’acclamato “Alt 254”, gioco sviluppato dalla Rename Studio che narra le vicissitudini di un unico pixel nero, all’interno di un mondo, appunto pixeloso.
Avete capito bene: nel 2020, il protagonista di un gioco è un unico pixel che si muove in un mondo fatto di pixel. E senza voler strizzare l’occhio ai giochi del passato, ma proprio volendo entrare in quella famiglia per restarci come membro accreditato.
Da lì una serie di altri tentativi più o meno evidenti di ritorno al passato.
Saga di Ori
E qui mi piace citare addirittura il secondo Ori “The Will of the Wisps” un titolo che mi ha aperto un mondo di ricordi, più di “The Blind Forest”, perché ho visto un richiamo ancora più potente e voluto al mitico Metroid.
Ho rivisto tantissimo Samus Aran nei volteggi dello spiritello della foresta Ori e ho rivisto ancora di più le meccaniche di gioco di Ori fare “occhiolino occhiolino gomito gomito” a quelle del gioco del 1986 e, perché no, un richiamo qui e lì alle atmosfere del pianeta Zebes.
La celeberrima scrittrice di gialli Agatha Christie diceva sempre una cosa: “tre indizi fanno una prova”.
Clash Royale
Personalmente però, pur essendo in possesso proprio dei tre indizi che vi ho poc’anzi citato, ho voluto aspettare ancora un po’ e trovarne un quarto che potesse avvalorare ancora di più la mia teoria.
Il fortunato evento è accaduto esattamente un mese fa, quando, SuperCell, casa di produzione del franchise “Clash”, si apprestava a lanciare la nuova stagione di “Clash Royale”, famosissimo e pluripremiato Android e iOS game al quale giocano ogni giorni milioni di utenti in tutto il mondo.
Il video di presentazione fu rilasciato, come al solito, sul canale ufficiale YouTube del gioco e mostrava uno dei personaggi storici, un barbaro, venire risucchiato da una sorta di buco nero che scopriamo poi essere un tunnel temporale che lo trasporta nel passato dove, udite udite, tutto, compreso il barbaro, sono un ammasso di pixel. Il nome della stagione? “Ritorno al passato”. Tutta la stagione, nelle sue sfide a tempo e nei suoi minigiochi, è stata un rimando, molto ben fatto, a “Ritorno al Futuro”, al primo “Mad Max” e ai giochi anni ’80.
Conclusione
Il mondo dei videogame, dunque, continua a sperimentare e a vivere la sua naturale evoluzione tecnica e stilistica (lasciate però che un vecchietto come me possa avere un colpo a cuore nel vedere la grafica del tanto atteso “Return to Monkey Island”) ma è indubbio che ci sia una ricerca del passato, di quelle atmosfere e di quei “profumi” tipici del tempo che fu.
Non un nostalgico tentativo, però, di insegnare ai giovani quanto fossero belli gli anni 70,80 e 90 dello scorso secolo ma una vera e propria ripresa di quel mood che può, tranquillamente, coesistere con la tecnologia di ultima generazione.
E di questo, ammettiamolo, siamo tutti molto felici…
L’uscita di Metroid Dread, fissata per l’ 8 ottobre, è ormai vicinissima. Per i fan della saga – come il sottoscritto – l’attesa è stata lunga, lunghissima; precisamente 17 anni fa terminai la mia prima partita a Metroid Fusion – gentilmente prestatomi da un compagno di classe delle medie – lasciando una Samus Aran ormai braccata dalla Federazione dopo i fattacci avvenuti sulla stazione BSL.
Se vi state chiedendo di cosa diavolo parlo i casi sono due:
Siete dei giovani gamers, e Metroid Fusion è vostro coetaneo o quasi.
L’età avanza, ed i ricordi delle maratone sul GBA si fanno via via più sbiaditi.
A tutto ciò uniamo il fatto che negli ultimi 11 anni la saga è letteralmente sparita dai radar, eccezion fatta per l’ottima parentesi Samus Returns. Con questo articolo voglio fornire una panoramica sulla storia di Metroid, dal 1986 ad oggi, così da rispolverare la vostra cara Power Suit. O farvi scoprire la saga che ha rivoluzionato il genere Adventure 2d.
La cacciatrice di taglie
Prima di tutto introduciamo la protagonista indiscussa della nostra storia. Samus Aran nasce sulla colonia mineraria terrestre K2-L, di cui poi rimarrà l’unica sopravvissuta in seguito ad un attacco da parte dei Pirati Spaziali, capitanati da Ridley. Viene poi tratta in salvo dai Chozo, razza aliena di pennuti antropomorfi, e trasportata sul loro pianeta natale, Zebes.
Viste le condizioni di Zebes avverse alla vita umana i Chozo decidono di donare alla ragazzina una porzione del proprio DNA, al fine di renderla più forte, agile, resistente ed astuta di qualsiasi comune essere umano. È da questo momento che inizia il duro addestramento di Samus Aran, destinata a ricoprire un ruolo chiave nella prossima difesa della galassia.
Tutto quel che ho scritto non lo troverete nei videogiochi in realtà; è Kenji Ishikawa a raccontarci l’infanzia di Samus, tra le pagine del manga ufficiale di Metroid. Quel che ho accennato non è che un piccolo assaggio della storia completa, che partendo da qui condurrà Samus fino agli eventi narrati nel primissimo Metroid. La lettura per tutti gli appassionati è praticamente d’obbligo!
La missione Zero
Corre l’anno 1986 quando Nintendo pubblica Metroid, capostipite della saga. Titolo sicuramente atipico per gli standard del tempo, Metroid si proprone come un Adventure Platform 2d non lineare. Questa sua caratteristica lo renderà uno dei due titoli che hanno definito il celebre genere Metroidvania, tornato in auge negli ultimi tempi.
Anche se ne riconosco l’importanza storica devo esser sincero, Metroid risulta invecchiato piuttosto male, quindi andrò a parlare del suo remake, Metroid: Zero Mission; oltre a risultare un’ottima riproposizione dell’originale, Zero Mission include una sezione di gioco inedita.
L’incontro
Samus Aran è ormai divenuta una famosissima cacciatrice di taglie, fidata collaboratrice della Federazione Galattica. L’obiettivo di questa missione è tornare su Zebes – pianeta natale degli ormai estinti Chozo – dove i Pirati Spaziali stanno cercando di controllare i temibili Metroid.
I Metroid, che danno il nome alla saga, saranno un elemento chiave dei vari titoli della saga, in un modo o nell’altro. Forme di vita aliene simili a meduse fluttuanti, questi esseri risultano terribilmente aggressivi, e sono in grado di risucchiare l’energia vitale degli altri esseri viventi. Risultano inoltre incredibilmente resistenti, tanto che l’ unico modo di abbatterli è sfruttare la loro debolezza al ghiaccio; ecco spiegato perchè sia i Pirati che la Federazione sono tanto interessati a questa forma di vita.
Qui Samus esplora le profondità del pianeta Zebes, trasformate in una grande base sotterranea dai Pirati Spaziali. Abbattuti i due luogotenenti, Ridley e Kraid, la cacciatrice affronta Mother Brain, antica IA traditrice di fattura Chozo che ora capeggia la fazione dei Pirati. Dopo esser stata sconfitta Mother Brain attiva il meccanismo di autodistruzione della base; Samus è costretta a scappare, ma durante la fuga la sua navetta viene abbattuta da un fascio laser dei Pirati Spaziali, precipitando nuovamente su Zebes.
Sola e disarmata, Samus si infiltra quindi sulla nave madre dei pirati, e dopo aver recuperato la sua Power Suit procede alla distruzione del vascello. Così si conclude Zero Mission, i Pirati Spaziali sembrano ormai fuori gioco… O forse no?
Gli errori dei Chozo
Il secondo capitolo della saga è Metroid II: Return of Samus, sviluppato per Game Boy nel 1991. Anche di questo capitolo è stato ricavato un ottimo remake – Metroid: Samus Returns – che reinterpreta il titolo Nintendo in salsa moderna, conservandone comunque l’essenza.
La Federazione Galattica è preoccupata, soprattutto dopo la brutta storia su Zebes. Ha quindi in mente un altro lavoro, e sa già chi dovrà compierlo. Samus viene quindi inviata sul pianeta SR388, terra originaria dei Metroid. La missione è semplice quanto ardua: distruzione totale dei Metroid. Gli esseri sono davvero troppo pericolosi, e vanno quindi eliminati, stando a ciò che dice la Federazione.
La Regina
Samus affronta quindi i tanti Metroid presenti su SR388, ognuno contraddistinto da uno stadio evoluto ben specifico. Scopre poi che in realtà SR388 non è il pianeta natale delle meduse fluttuanti, ma che esse sono state create dai Chozo. I Metroid sono infatti stati rilasciati su SR388 col fine di annientare il vero essere nativo del luogo, il misterioso Parassita X. Dopo aver assolto il loro compito le creature si sono però ribellate ai Chozo, che con un gesto estremo le hanno sigillate nelle profondità del pianeta.
Samus riesce quindi a distruggere tutti i Metroid presenti su SR388, compresa la temibile Regina, e sancisce così la fine della temuta razza aliena. A quel punto l’enorme vulcano presente in superficie sta per eruttare, e distruggerà qualsiasi cosa, quindi Samus deve raggiungere la navicella ed entrare subito in orbita; lungo la via per la superficie si imbatte però in un uovo in procinto di schiudersi. L’esserino che ne esce, un piccolo Metroid, riconosce in Samus la propria madre per via dell’imprinting, e la assiste durante la fuga, liberandole il passaggio.
Nei pressi della navetta Samus si scontra poi con l’onnipresente Ridley, intenzionato a rubare il cucciolo di Metroid; la guerriera ha infine la meglio e riesce a fuggire da SR388, portando con sé l’unico esemplare di Metroid dell’intera galassia.
Capolavoro senza tempo
Giungiamo quindi all’episodio più emblematico dell’intera saga, ovvero Super Metroid, rilasciato per Super Famicom nel 1994. Tutto quel che veniva accennato in Metroid e Metroid II: Return of Samus viene ora elevato all’ennesima potenza; level design che fa ancora scuola, una delle migliori OST di sempre, direzione artistica sublime, gameplay solidissimo ed atmosfera a pacchi. Super Metroid è ancora oggi preso come IL termine di paragone del genere metroidvania, e questo non è affatto un caso. Uno di quei rari titoli senza tempo, che sembra non vogliano proprio invecchiare. Se non lo avete ancora giocato correte, perchè Super Metroid è letteralmente un pezzo di storia videoludica.
Il furto
Di ritorno da SR388, Samus consegna il cucciolo Metroid presso la stazione di ricerca Ceres, appartenente alla Federazione. Subito dopo esser ripartita riceve però un segnale S.O.S. dalla medesima stazione, ed al suo ritorno scopre che è stata invasa dai Pirati Spaziali. Qui avviene l’ennesimo scontro con l’arcinemesi, Ridley, che riesce a rubare la capsula contenete il Metroid e scappa, dirigendosi proprio su Zebes.
La vecchia base dei Pirati è stata infatti ricostruita sotto ordine di Mother Brain, l’IA Chozo che tutti credevano scomparsa in seguito alla Missione Zero. Il nuovo piano è quello di clonare il piccolo Metroid al fine di allestire un esercito di bioarmi. È quindi ora per la cacciatrice di tornare là dove tutto ha avuto inizio, sul pianeta Zebes, ed esplorarne nuovamente le profondità.
Mother Brain
Qui Samus affronta nuovamente i luogotenenti dei Pirati Spaziali, e dopo averli sconfitti si dirige nella parte più profonda del pianeta, Tourian, dove Mother Brain la sta aspettando. La IA però non si fa trovare impreparata; essa si è infatti dotata di un grosso esoscheletro apparentemente impenetrabile dai colpi di Samus.
Quando tutto sembra perduto ecco che fa la sua comparsa il “cucciolo” di Metroid, cresciuto a dismisura nel frattempo. L’essere attacca Mother Brain, stordendola, e ne trasferisce l’energia a Samus, ora capace di danneggiare il nemico. La IA però, ripresasi dall’attacco, colpisce il Metroid, uccidendolo, ma viene in seguito sconfitta da Samus che dovrà scappare in superficie per l’ennesima volta, poichè il pianeta sta per esplodere, definitivamente.
Si conclude così Super Metroid, i Pirati Spaziali annientati, Mother Brain sconfitta, ed i Metroid ormai estinti…
Other M, un titolo controverso
Metroid: Other M, rilasciato nel 2010 per Wii, è di fatto l’ultimo titolo della saga principale ad esser stato sviluppato, se non contiamo il remake Samus Returns. Un titolo abbastanza controverso, che si discosta quasi completamente dai suoi predecessori in quanto a gameplay; altro importante cambiamento è l’importanza della narrativa nell’economia di gioco, elemento relegato quasi a pretesto nei precedenti titoli, che ora diviene parte fondamentale dell’esperienza Other M.
Dopo le vicende raccontate in Super Metroid sembra che la galassia sia un posto sicuro, ma le apparenze ingannano. Samus riceve l’ennesima richiesta di soccorso da uno strano relitto, tale Bottle Ship. Poco dopo l’attracco la cacciatrice incontra il 7° Plotone della Federazione, capeggiato da una sua vecchia conoscenza, l’ufficiale in comando Adam Malkovich. Samus è stata una sottoposta di Adam durante il suo periodo nelle forze della Federazione, che ha poi lasciato per divenire una cacciatrice di taglie. Gli umani, esplorando la Bottle Ship, scoprono che quella nave sta conducendo delle pericolose ricerche – tecnicamente proibite – sulle bioarmi.
La creazione di MB
Una fazione della Federazione Galattica ha infatti ricreato delle forme di vita molto simili ai Pirati Spaziali, al fine di disporre di un piccolo esercito personale; ciò è stato reso possibile grazie a del DNA presente sulla Power Suit di Samus a seguito della missione su Zebes. Per controllarli è stato inoltre necessario creare MB, una interfaccia IA basata sull’ormai defunta Motherbrain ed innestata in un corpo di androide. MB si è ovviamente ribellata ai suoi creatori, impartendo all’intero arsenale di bioarmi un semplice compito, sterminare tutti i ricercatori, eccezion fatta per la sua creatrice, Madeline Bergman.
Come se non bastasse il gruppo fa una scoperta ancora più sinistra: nel Settore Zero della nave-laboratorio gli scienziati hanno ricreato dei Metroid, sempre grazie al DNA presente su Samus. Non Metroid qualsiasi, ma Metroid perfezionati, privati della debolezza alle basse temperature. Ciò li rende di fatto degli esseri praticamente imbattibili.
Tragici eventi
Adam Malkovich, ufficiale in carica, decide così di sacrificarsi, facendo irruzione nel Settore Zero al fine di disconnetterlo dalla Bottle Ship ed in seguito farlo detonare, distruggendo definitivamente i Metroid. Nel frattempo Samus si scontra con la sua arcinemesi, Ridley, o per essere precisi un clone di Ridley. La cacciatrice ha ovviamente la meglio, ed un Ridley ferito fugge, per poi finire preda di una Regina Metroid.
Ebbene si, Samus si scontra per la seconda volta con una Regina Metroid, sconfiggendola, e riesce a salvare la Dottoressa Madeline Bergman, direttore ricerca del complesso. La Bottle Ship si avvicina quindi al quartier generale della Federazione, e Samus si confronta finalmente con MB, l’IA responsabile di tutto ciò che è avvenuto. Giunge infine un plotone di marines dal vicino QG della Federazione, capitanati dal Colonnello, che fermano lo scontro tra Samus ed MB, uccidendo di fatto quest’ultima. La situazione è quindi sotto controllo, e Samus, Madeline ed Anthony – un soldato del 7° Plotone – vengono condotti al QG della Federazione.
Nell’ultima sezione di gioco Samus torna sulla Bottle Ship per recuperare un “oggetto insostituibile”; dopo essere arrivata al Ponte di Comando viene assalita da Phantoon, boss già presente in Super Metroid e che qui fa il suo ritorno. Manco a dirlo, lo sconfigge, e recupera il casco del defunto Adam Malkovich, fuggendo poi dalla Bottle Ship, la cui autodetonazione è stata attivata da remoto.
Si conclude così Other M, che come avrete visto presenta una trama ben più articolata dei precedenti capitoli.
Il parassita
Giungiamo quindi a Metroid Fusion, titolo per Gameboy Advance rilasciato nel 2004, che di fatto chiude la storia di Metroid, quantomeno fino alla prossima uscita di Dread. Fusion segue la medesima struttura dei suoi predecessori, quindi grande mappa esplorabile, scelta del percorso da fare e quant’altro. Il titolo riesce inoltre a proporre una riuscitissima atmosfera horror in alcune sezioni, come vedremo più avanti.
L’infezione
Samus viene inviata nuovamente sul pianeta SR388, al fine di condurre una scrupolosa indagine per confermare l’avvenuta estinzione dei Metroid. Qui viene però infettata da un organismo autoctono, il Parassita X, che si innesta nella sua Power Suit. Di ritorno da SR388 Samus accusa un malore; è il Parassita X che sta attaccando il sistema nervoso della cacciatrice. La sua navetta così si schianta su una fascia di asteroidi, rendendo necessario un recupero d’emergenza.
Viene dunque trasportata al Quartier Generale della Federazione; l’infezione ad opera del Parassita si estende velocemente, ed è necessario asportare chirurgicamente la Power Suit, ormai compromessa dal parassita. Risulta inoltre impossibile rimuovere l’organismo dal sistema nervoso di Samus, così la Federazione ha un’idea: utilizzare un vaccino ricavato dall’ultima manciata di cellule del cucciolo Metroid.
Il piano funziona, il parassita viene inibito dal vaccino a base di Metroid, e Samus acquista la totale immunità a quello strano essere, riuscendo addirittura ad assorbirlo senza conseguenze. Samus Aran diviene quindi un ibrido tra essere umano e Metroid, acquisendo sì la naturale immunità al Parassita X, ma anche la debolezza alle basse temperature tipica dei Metroid.
Inoltre perde tutti i suoi “potenziamenti”, essendo la Power Suit irrimediabilmente compromessa dall’infezione; quest’ultima viene inviata sulla stazione di ricerca BSL, al fine di venire studiata più a fondo. Ciò che rimane della famosa tuta è la Fusion Suit, un’unione tra l’originale Power Suit ed il Parassita X.
L’invasione
Poco dopo viene però avvertita un’esplosione proveniente dalla BSL, ed ovviamente Samus viene inviata ad investigare, “accompagnata” dal computer di bordo della nuova navetta, Adam. Arrivata lì scopre che la stazione è stata invasa dal Parassita X, e che gli scienziati sono tutti morti. Il parassita è inoltre in grado di riprodursi continuamente, essendo asessuato, e presto colonizzerà l’intera BSL.
Da questo momento Samus affronta varie forme del Parassita X, che vanno da bestie di ogni tipo ad un vero e proprio clone di Ridley, fino ad arrivare al più mortale degli avversari: SA-X, o Samus Aran-X, una replica della cacciatrice, resa ancor più pericolosa dalle abilità del Parassita.
Samus quindi esplora la BSL, evitando ove possibile lo scontro con SA-X, nemico decisamente fuori dalla sua portata; è così che scopre un laboratorio segreto in cui – indovinate un pò – la Federazione sta ricreando i Metroid, ancora una volta, l’ennesima volta. SA-X la segue ed attiva la sequenza di autodistruzione di quel laboratorio, essendo i Metroid i predatori naturali dell’organismo. Sia Samus che l’entità riescono comunque a sfuggire all’esplosione, che si spera abbia messo la parola fine alla faccenda Metroid.
Il computer di bordo, ribatezzato Adam dalla stessa Samus, avverte quest’ultima che da quel momento ci penserà la Federazione a metter le cose a posto, ed esorta l’eroina a lasciare la BSL al più presto. Adam lascia anche intendere che la Federazione sia particolarmente interessata alle capacità belliche del Parassita X.
La ribellione
A questo punto Samus prende una decisione, deve liberarsi dell’intero BSL, X non deve divenire una bioarma per nessun motivo. E soprattutto il plotone della Federazione in arrivo NON deve incontrare il parassita, che soggiogherebbe facilmente i militare, acquisendone così le conoscenze circa la navigazione interstellare. A quel punto niente potrebbe fermarlo dall’espandersi per tutto l’universo.
È così che Samus decide di andare contro il volere della Federazione Galattica. Il piano prevede di impostare una nuova rotta per la BSL; così facendo la stazione entrerà in collisione con SR388, precipitando sul pianeta ed annientando entrambi. Nessun Parassita X riuscirà a sopravvivere all’evento. Sfortunatamente Samus viene intercettata da SA-X, ed il duello è inevitabile. Fortunatamente la nostra eroina ne esce vittoriosa, e riesce così ad impostare le nuove coordinate di navigazione. A questo punto si avvia verso la navetta per fuggire.
Un ultimo ostacolo si frappone tra la cacciatrice e la sua salvezza; un Metroid Omega, precedentemente fuggito dal laboratorio segreto, la attende nella zona hangar. Samus lotta, ma il nemico è troppo potente, e lei non ha più accesso all’arma letale per qualsiasi Metroid, l’ Ice Beam. Quando tutto sembra perduto compare però SA-X, che istintivamente attacca e danneggia il Metroid, per poi venir colpito e regredire all’originaria forma di nucleo cellulare. Samus quindi assorbe il Parassita, riacquisendo tutto i suoi poteri e la sua Power Suit, e procede così all’eliminazione del Metroid Omega. Così riesce finalmente a fuggire mentre la BSL precipita su SR388, segnando la fine del Parassita X.
Si conclude così la storia di Samus Aran, ricercata dalla Federazione Galattica poichè ha disobbedito agli ordini. L’attesa durerà però ancora per poco, poichè lo ricordo nuovamente, l’8 ottobre potremo finalmente scoprire cosa ne è stato della cacciatrice di taglie più abile della galassia.
Si ok… Ma Prime?
I fan di vecchia data se lo staranno sicuramente chiedendo: che fine ha fatto Metroid Prime nel recap? La verità è che considero Prime una saga separata dai classici titoli 2D. Le vicende dell’intero arco che va da Zero Mission a Fusion è già delineato, e Prime è un “di più”. La trilogia spin-off tratta del periodo intercorso tra Zero Mission e Metroid II: Return of Samus, ed aggiunge un universo a sè stante praticamente. Ritengo che però meriti un articolo tutto suo, quindi ne sentirete parlare in futuro, e spero abbiate voglia di ascoltarmi ancora una volta.
Siamo arrivati alla fine, e spero che questo recap vi sia stato utile. La storia di Metroid è molto più complessa di quel che i titoli lascerebbero intendere ad uno sguardo distratto, ed il tempo per rigiocarsi l’intera saga spesso non c’è. Ora scusatemi, ma vado a lucidare il mio Arm Cannon, e vi consiglio di far lo stesso, perchè tra qualche giorno vi servirà di sicuro!
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