Per alcuni sono passati undici anni; per molti altri ben ventitré. La serie Diablo è finalmente tornata con il suo nuovo, moderno e – a tratti controverso – capitolo. Sono tra quelli che non sono mai stati pienamente soddisfatti da Diablo 3 e so che Blizzard è cosciente che esistono videogiocatori come me. Anche per questo motivo la casa di Irvine è tornata all’origine del male con un’opera cruda, violenta e moderna. Scopriamo insieme, in questa recensione di Diablo 4, se Blizzard Entertainment sia riuscita a tornare ai vecchi fasti riesumando il peccato originale, e anche se stessa, da un recente passato poco memorabile.
La figlia dell’odio
Ho iniziato la mia avventura su Diablo 4 nei panni di un nuovo viandante perso tra le desolate lande di Vette Frantumate, una fredda area in cui faccio subito conoscenza del bene e del male che dovrò affrontare nel corso dei sei atti che compongono la campagna principale. Le due facce della stessa medaglia prendono la forma di un lupo nero, l’horadrim Lorath e i petali di sangue di Lilith.
Così come Link è l’eroe prescelto che continuamente si risveglia in The Legend of Zelda, il Viandante di Diablo è una figura senza passato che diventa eroe di un mondo in eterna lotta: Sanctuarium. In Diablo 4, Blizzard ha aggiunto diversi particolari che rendono il videogiocatore maggiormente legato all’intera trama rispetto al passato. Uno su tutti: i petali di sangue, che sono stati casualmente – o così sembra – ingeriti dal nostro alter ego diventandone il legame tra me e la Figlia dell’Odio.
Il titolo di Lilith nasce da suo padre, Mephisto, Signore dell’Odio e uno dei tre Primi Maligni dell’universo di gioco insieme a Baal e lo stesso Diablo. Ma non solo: Lilith è anche la creatrice di Sanctuarium, che ormai libera dalla sue catene vuole tornare a regnare nel proprio mondo. Come di consueto per la saga, questa volontà ha generato nuovi scontri con le forze angeliche capitanate da Inarius, ma anche con gli altri maligni che temono il potere della nuova pretendente al trono. Non voglio essere causa di spoiler e quindi arriverò subito al punto: la trama di Diablo 4 è una piacevole scala di grigi, ricca di intrecci e personaggi che risaltano per la propria costruzione. Blizzard ha fatto un ottimo lavoro sui principali amici, gli horadrim, e i principali nemici, ma anche il tempo dedicato ai personaggi secondari è più che adeguato.
La campagna principale di Diablo 4 mi ha portato per mano alla ricerca di Lilith ed Elias, il vassalo della Figlia dell’Odio. Seguendo i petali di sangue, ho incontrato – in un mondo di gioco enorme – angeli e demoni in una trama che ritengo la migliore dell’intera serie.
Un mondo in eterna lotta
Sanctuarium è un mondo ricco di attività, poiché pieno di sofferenza, malvagità e figure ambigue, in entrambe le fazioni. In Diablo 4, questo concetto viene mostrato e dimostrato passo dopo passo: per esempio, tutti i maligni hanno antipatie tra i loro ranghi e simpatie tra gli umani. Le logiche di Lilith non sono banalmente spietate, ma hanno quasi un senso di ragionevolezza che mi hanno fatto chiedere se fosse veramente lei il male che devo combattere. E dopo la fine della campagna principale, una vera risposta non l’ho ancora trovata, poiché Diablo 4 termina con un cliffhanger tutto da completare, stagione dopo stagione.
Nello specifico, ho portato a termine la campagna principale di Diablo 4 nel giro di una decina di ore. Un tempo leggermente superiore a quello necessario per completare gli atti di Diablo II – di cui abbiamo recensito la nuova edizione Resurrected – e Diablo III. Ma come avete già intuito, Lilith è solo un pretesto per vagare all’interno di una mappa – divisa in cinque regioni – ricca di nemici e grinding. Per lo scopo, gli sviluppatori hanno deciso di applicare l’auto leveling: tutte le creature di Sanctuarium hanno sempre il nostro stesso livello, con qualche eccezione per alcune attività endgame come le Spedizioni principali e le Fortezze.
Naturalismo ai massimi livelli
Sanctuarium è un’enorme opera di Caravaggio in cui l’oscurità è data da sfondi neri su cui un barlume di luce spicca al fine di concentrare lo sguardo del videogiocatore verso i volti scarnificati e sofferenti delle persone e dei mostri che popolano questa landa disperata. Lo stile artistico di Diablo 4 mi ha riportato indietro ai primi due capitoli; in particolare a quell’opera magna che conosciamo con il nome di Diablo II, con l’importante differenza che i cinematic e la qualità generale sono strettamente contemporanee: il disagio dei villaggi è reale, palpabile. Affrontare una quest secondaria è quasi un dovere perché si può percepire una vera necessità tanto nell’ambientazione quanto nelle parole grazie a una scrittura e a un doppiaggio di ottima fattura.
La maggior parte delle creature che popolano Sanctuarium provengono da un bestiario consolidato da 27 anni di storia, ma non sono comunque tantissime e alla lunga gli incontri risultano ripetitivi. D’altro canto, tutti i nemici sono posizionati in modo coerente tra le cinque regioni, seguendo la storia dei luoghi e le caratteristiche ambientali – per esempio, gli scorpioni giganti e i predatori si trovano nelle zone desertiche mentre serpenti e relativi adepti tra le paludi. Ogni avversario ha inoltre le proprie caratteristiche con peculiarità crescenti in base al suo livello di importanza. I mostri comuni hanno il loro pattern, gli elité possiedono i consueti tratti caratteristici, mentre i boss hanno dei modi unici di attaccare: per batterli è necessario leggere i loro movimenti guardando le hit box che compaiono subito primo dell’attacco.
Endgame
Diablo 4 mi ha fornito diversi motivi per vagare nel mondo di gioco: il vero divertimento inizia una volta terminata la storia principale. Diablo è farming, gli hack and slash sono un genere in cui bisogna giocare ancora e ancora fino a trovare quell’oggetto che porta il personaggio a un altro livello, che in realtà è solo un nuovo punto di partenza per nuove build e nuovo grinding. Così, una volta terminata la campagna principale, il gioco ci sblocca la prima Spedizione Principale, un dungeon più lungo del solito che una volta completato ci permette di cambiare il Livello del Mondo.
Inizialmente si può scegliere tra due livelli, Avventuriero e Veterano: ho scelto il secondo e più difficile. Una volta completata la prima Spedizione Principale ho sbloccato il livello Incubo, che si consiglia di giocare dal livello 50, anche se è possibile affrontare la spedizione quando si vuole, esattamente come è possibile fare con i successivi: Inferno e Tormento.
Ogni Livello del Mondo ci mette contro sfide maggiori, ma anche ricompense maggiori. L’endgame è costituito sempre dalla solita struttura: uccidi, raccogli gli oggetti e potenzia il viandante. Ci sono diversi mondi per ripetere la sequenza: i dungeon, le quest secondarie e gli eventi a tempo.
I dungeon si dividono in Cantine, cioè mini-dungeon e i Dungeon veri e propri. Su quest’ultimi vale la pena soffermarci un attimo perché ho notato una rilevante sbavatura: il level design è eccessivamente banale. In praticamente tutte le mappe dei dungeon, ho visto lo stesso pattern: scegli se andare a nord (o sud) oppure a est (oppure ovest); a un certo punto le due strade si uniscono, e dando uno sguardo veloce alla mappa, si capisce subito da che parte proseguire senza essere costretti a percorrere zone “morte”.
Le quest secondarie sono invece uno dei principali motivi – se non il primo – per cui si parla di Diablo 4 come di un MMORPG alla stregua di World of Warcraft. L’ultima fatica di Blizzard è ricca di missioni secondarie volte a ripulire il male da Sanctuarium in perfetto stile “videogioco online”: liberare un’area da aberrazioni; raccogliere oggetti droppati dai mostri; scortare qualcuno; portare a termine un dungeon vicino a un villaggio e molto altro che ho già visto nel multiplayer online dedicato a Warcraft e non solo.
Nonostante il senso di déjà-vu, le quest secondarie di Diablo 4 si distinguono per la profondità con cui vengono presentate: anche ripulire una zona è raccontata come un’esigenza dei personaggi non giocanti. Una coerenza che ho apprezzato e che è in linea con lo stile della saga, come si evince dai Tetri Favori, quest perpetua che ci rende, di fatto, un cacciatore di taglie.
Completano infine il quadro gli eventi a tempo, attività simili a quelle già citate, ma concentrate ciclicamente in determinate zone della mappa per un determinato periodo temporale: Maree Infernali, Fortezze, Boss mondiali e tutto quello che serve per sentirsi parte di una comunità con cui ho potuto parzialmente interagire durante questa recensione di Diablo 4 grazie all’always online, che non mi ha mai fatto sentire solo (nonostante non abbia dedicato ancora abbastanza tempo alla modalità PvP), tranne quando volevo esserlo all’interno di un dungeon o una spedizione.
Il viandante
Sono cinque le classi attualmente disponibili su Diablo 4: Barbaro, Druido, Incantatrice, Negromante e Tagliagole. La mia scelta è ricaduta sul negromante, buildato come un tank grazie alle abilità di Sangue affiancato da un Golem a menare come un fabbro. Probabilmente la mia velocità di esecuzione è stata minore rispetto ad altre build, ma le volte in cui sono morto durante i primi 50 livelli si possono contare sulle dita di una mano.
Cambiare build è abbastanza veloce ed economico, ma è un po’ seccante dover rivalutare ogni singolo oggetto dell’inventario per farla rendere al meglio. Come tutti i Diablo, l’equipaggiamento fa la differenza a causa degli effetti speciali dei singoli oggetti sulle abilità di classe; di conseguenza, sopratutto durante l’endgame in cui i dettagli fanno la differenza, il videogiocatore è obbligato a riprogrammare la propria build in base ai loot che trova, soprattutto se questi sono core per quelle più in voga (anche perché spostare gli effetti da un oggetto all’altro è un crafting abbastanza costoso).
Le abilità invece possono essere gestite agevolmente dal relativo albero. Così come nel terzo capitolo, in Diablo 4 bisogna concentrarsi su quattro abilità specifiche. Lo skill tree funziona esattamente seguendo questo ragionamento: l’ideale è massimizzare le abilità attive che vogliamo usare e poi investire tutto sulle passive; infatti, dal livello 50 in poi, il viandante accede al Tabellone d’Eccellenza in cui può limare le caratteristiche del personaggio verso la build che preferisce, con una certa dose di pazienza ed eccesso di zelo.
In aggiunta a quanto detto fino ad ora, il gameplay di Diablo 4 si basa su una matematica minuziosa. Ogni statistica è stata valutata con estrema cura, anche se Blizzard dovrà dedicare ancora tanto tempo al bilanciamento delle classi, e probabilmente non riuscirà comunque nell’impresa data la natura degli hack’n’slash. In aggiunta, le nuove meccaniche e i nuovi parametri sono tutto fuorché banali: per esempio, il Colpo Fortunato non è un semplice critico, mentre Sopraffazione – meccanica basata sul subire pochi danni – permette di giocare diversamente rispetto ad altri videogiocatori che preferiscono buttarsi nella mischia.
Aggiornamento perpetuo
Diablo 4 può essere giocato in solitaria, ma rimane un live service. Non è solo una questione di always online, già presente in Diablo 3: ci sono tante feature che mi hanno continuamente ricordato che stavo visitando un mondo vivo. Girovagando per l’open world Blizzard in sella al mio cavallo, sono spesso finito dentro un evento a tempo nel quale partecipavano altri giocatori; quando ho deciso di evitarli, magari per dedicarmi a una quest secondaria, il mio viandante è finito col ritrovarsi in una zona martoriata da altri personaggi amici che mi hanno aiutato a portare a termine una missione che potevo tranquillamente completare da solo. E quando proprio volevo nascondermi finendo nei meandri di Sanctuarium, sono incappato in un Altare di Lilith che ha attivato un bonus +2 alle statistiche non solo del mio viandante, ma anche di tutti i personaggi che ho creato (live service per l’appunto).
Diablo 4 su Xbox Series X
Il lungo lavoro per portare Diablo 3 su console è servito. Diablo 4 sull’ammiraglia Xbox ha dei comandi pressoché ottimi. Ho giocato tutti i videogiochi della saga su PC e Diablo 4 non mi ha fatto sentire minimamente la mancanza di mouse e tastiera, nemmeno durante la navigazione dei menù, solitamente la parte più tediosa da gestire con un controller, anche se qualche lieve sbavutura nel muoversi all’interno dell’inventario è presente.
Per quanto concerne la parte tecnica, il comparto audio è da oscar al miglior sonoro: giocare Diablo 4 senza volume è altamente sconsigliato: musiche, doppiaggio e suoni ambientali sono assolutamente imprescindibili. L’immersione è totale.
D’altro canto, nonostante abbia molto apprezzato il lato artistico, la grafica di Diablo 4 su Xbox Series X non è ai livelli delle produzioni next-gen. Questo non mina assolutamente la bontà del gioco, ma le limitazioni che gli sviluppatori hanno dovuto imporre a causa del cross-gen si vedono largamente.
Conclusione
Sì, Diablo 4 ha una fortissima contaminazione da MMO, con diverse ispirazioni prese direttamente da World of Warcraft. La parte positiva è che queste caratteristiche si mescolano benissimo con l’intera saga, del resto Diablo 2 è stato uno dei videogiochi più giocati online nei primi anni duemila.
La scelta di rendere Diablo 4 un live service è azzeccata perché rende l’ultima fatica di Blizzard coerente con il suo passato e assolutamente al passo con i tempi. Nonostante le influenze esterne, Diablo 4 è il miglior hack and slash in circolazione mentre le Stagioni già annunciate ci diranno se sarà il migliore di tutti i tempi.
Un’ottima notizia per i fan di nicchia, un po’ meno per tutti gli altri: gli hack’n’slash sono videogiochi pensati per un numero esiguo di persone che hanno voglia e tempo per grindare. Diablo 4 è l’eccellenza del genere: artisticamente meraviglioso nella sua crudezza e violenza e tecnicamente al passo con l’Anno Domini 2023.
Dettagli e Modus Operandi
- Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, PC, PS4, Xbox One
- Data uscita: 06/06/2023
- Prezzo: 79,99 €
Ho provato il gioco a partire dal day one su Xbox Series X grazie a un codice fornito dal publisher.