O è carne, o è pesce. Poi ci sono io (e sicuramente anche qualcun altro lì fuori) a cui le combinazioni piacciono, e anche tanto. L’importante è che siano fatte bene. Il problema è che, quando hai questi gusti, potresti rischiare di ritrovarti a mangiare da solo. È quello che sta accadendo nell’ultimo periodo al mondo dei giochi di ruolo. In particolare, parliamo dei giochi di ruolo cartacei, fatti di manuali, set di dadi, battlemaps, miniature e soprattutto una smisurata dose di fantasia.
Questo settore da sempre strizza l’occhio al comparto videoludico: basti guardare a Baldur’s Gate, titolo che si impone come il migliore adattamento di Dungeons & Dragons per PC e console fin dal primo titolo della saga. Poi c’è il tanto osannato quanto criticato Cyberpunk 2077, figlio di Cyberpunk 2020 e Cyberpunk Red. E la lista potrebbe andare avanti per ore.
Parlando di titoli come questi, la differenza tra il mondo del gdr cartaceo e quello videoludico è ancora estremamente netta e percepibile. Sono, come detto, degli adattamenti. Poi ci sono dei nuovi sistemi (che in realtà tanto nuovi non sono) che vogliono veramente unire le due realtà: parliamo delle Virtual Tabletop.
Virtual Tabletop
Chi è nel giro ha sicuramente provato o almeno sentito parlare di Roll 20 e Foundry VTT, per citare due delle piattaforme più famose. Per chi non le conoscesse, si tratta di app per PC che permettono al Game Master di creare scene, schede di giocatori, npc e mostri. Il master inoltre può inserire musiche; filmati; mappe di ambientazioni o battlemaps per i combattimenti. E questa è solo la base, perché si possono aggiungere add-on per rendere i combattimenti animati, oppure fare in modo che un personaggio, muovendosi con il proprio token in un determinato punto della scena, attivi una trappola i cui danni e malus vengono automaticamente registrati sulla sua scheda. Il tutto condito da una serie di effetti visivi e sonori che permettono al giocatore di capire immediatamente cosa è appena accaduto.
Ed è proprio qui che le due realtà si mescolano diventando una cosa sola. Infatti, se si ha la possibilità di sostituire la dettagliata descrizione fornita da un game master, cuore del mondo “gdristico”, con effetti palesemente appartenenti al comparto videoludico, dov’è che finisce il gioco di ruolo dal vivo e inizia il videogame?
Ora bisogna essere sinceri: forse è una domanda che si pongono solo in pochi, ma, come accade per ogni cosa, è giusto farsela. Gli artisti si chiedono se le intelligenze artificiali potranno mai un giorno cancellare la loro professione (spoiler: no). Chi ama i gdr e i videogiochi è giusto che si interroghi su qual è la strada che stanno prendendo i due settori. Soprattutto dopo la pandemia, periodo in cui chi era abituato a ritrovarsi al tavolo con gli amici per una sessione di D&D e affini ha dovuto cercare delle alternative valide.
Il boom delle VTT (Virtual Tabletop) è arrivato proprio in quel momento, ma esse esistevano già prima e hanno continuato ad affermarsi con prepotenza anche dopo, al punto che è difficile trovare oggi un ruolista che non abbia mai partecipato ad almeno una sessione davanti ad uno schermo, connesso con gli amici su Discord mentre il monitor era piantato su Roll 20, Foundry e chi più ne ha, più ne metta.
Tornando al discorso iniziale: rendere un gdr dal vivo sempre più simile ad un videogioco è un male? Assolutamente no, per diversi motivi. Il primo è che c’è sempre il sacrosanto diritto alla scelta: nessuno impone l’utilizzo di questi strumenti. E ciò è tutt’altro che scontato, visto che le regole del gioco le fanno i produttori, spesso contestati per le scelte editoriali. Si può giocare al tavolo, al pc, o addirittura in entrambe le modalità alternandole.
Secondo: le piattaforme sono aperte, libere e vengono disegnate dai giocatori affinché si adattino meglio al loro stile di gioco. Se a qualcuno dà fastidio snaturare il gdr puro può comunque farsi un paio di ore di sessione la sera sulle VTT, magari con amici lontani, utilizzando lo scheletro delle piattaforme senza riempirle di addon che le renderebbero sempre più un videogioco anziché un gioco di ruolo dal vivo.
È l’algoritmo dei nostri tempi: le possibilità aumentano e gli strumenti sono sempre più multimediali, ma fortunatamente possiamo utilizzarli un po’ come ci pare. E meno male.
Di rado mi è capitato di dovermi prendere una pausa da un gioco perché ci sono troppe cose da fare. Poi è arrivato Baldur’s Gate 3, che per me è stata una grande scommessa: temevo che Larian Studios, autore di quei capolavori di Divinity Original Sin 1 e 2, avrebbe risentito del peso di un’eredità così grande, quella di dover dare un degno sequel ai titoli BioWare del 1998 e 2000. E invece, anche questa volta, hanno colpito nel segno.
Un mondo aperto
Dicevamo: Baldur’s Gate 3 è enorme, con un’infinità di cose da fare e di possibilità. Già al primo atto sembra di aver giocato due giochi anziché uno. Tantissime quest, tutte risolvibili (e fallibili) in svariati modi e che aprono a numerosi finali: si ha davvero la percezione di essere il protagonista di un mondo “aperto”, nel senso che tutto ciò che circonda il nostro personaggio e i suoi compagni (che si tratti di ambiente, npc e creature) reagisce alle nostre decisioni, sia nel breve periodo che a lungo termine.
E la cosa pazzesca, sicuramente una novità per chi non ha provato i precedenti titoli di Larian, è che si può veramente interagire con qualsiasi elemento nei modi più disparati. I dungeon hanno almeno un paio di entrate (se dice bene), se si hanno le magie o le pozioni giuste si può parlare con gli animali e aprire altre quest o scoprire segreti, si può provare a rubare ad un vendor e darsi alla fuga prima che si venga scoperti e così via.
Ma ancora più importante, è che il personaggio diventa realmente un’estensione giocatore. Anche i personaggi pregenerati, che hanno un loro background, vedranno la propria storia evolversi in base alle decisioni prese dall’utente. Volete essere dei paladini che aiutano i più deboli o dei ladri menefreghisti il cui solo interesse è il vil denaro? O addirittura dei malvagi warlock che si fanno gioco di innocenti? Sì, potete fare tutto questo, anche mescolando le parti.
Il peso di Dungeons & Dragons
La prima domanda che mi sono posto, quando ho iniziato il gioco, è stata: quanto bisogna conoscere la quinta edizione di Dungeons & Dragons per poter viversi questa avventura alle porte di una delle più grandi città del Faerun? La prima risposta è stata: se non conosci D&D, non ci capisci niente.
Ne parlavo con Alessandro, che era con me su Discord mentre ognuno giocava la sua partita in single player. Lui, della quinta edizione, ne sa molto più di me, visto che io ho virato su altri giochi di ruolo cartacei quali Pathfinder, per citarne uno. E infatti lui andava spedito. “Ai barbari l’armatura praticamente non serve”, mi ha raccontato, così come mi ha spiegato che un’arma versatile può essere impugnata sia a una che a due mani.
Insomma, se proprio vogliamo trovare un neo, bisogna ammettere che Larian è stata un po’ avara di spiegazioni, rendendo il tutorial una vera e propria sintesi delle regole del gioco cartaceo di cui Baldur’s Gate rappresenta una trasposizione estremamente fedele. La prima impressione è che si trattasse di un gioco di nicchia, solo per nerdoni da tavolo come me.
Poi è arrivato Sabba, un altro amico, anche lui su Discord per condividere la sua esperienza di gioco con noi altri. Era preso, anzi presissimo, e la cosa bella è che lui, di D&D, ne avrà sentito parlare per sbaglio mezza volta. Insomma, mi sbagliavo: Baldur’s Gate 3 può essere giocato da chiunque, anche se bisogna andarsi a leggere qualche spiegazione qua e là sul web, ogni tanto.
Paladino, sempre e per sempre
Ho passato un’ora buona a pensare al personaggio che mi sarei fatto. I pregen? Bellissimi, ma non mi convincono quanto Ifan, Principe Rosso o Fane (i personaggi di Divinity Original Sin). Allora ho puntato all’Oscura Pulsione, l’unico pregenerato personalizzabile di origine e classe. Spulcio tutte le classi, ma niente da fare: non riesco a non giocare il paladino.
Sono Kaldor, un dragonide d’argento, che segue la via della Vendetta. Armi a due mani, ovviamente, perché il Punire il Male deve arrivare chiaro e forte al nemico. Inizio a girare, speravo di ritrovarmi subito dentro Baldur’s Gate, come accadeva nel secondo capitolo della saga, ma niente: sembra che dovrò attendere un po’.
Non so se la cosa mi piace: l’idea di poter girare sin da subito nella metropoli, con la possibilità di uscire ed esplorare le terre selvagge mi stuzzicava alquanto, invece Larian ha deciso di mantenere la formula dei Divinity: grandi mappe, tra loro suddivise, ognuna delle quali rappresenta un diverso atto della storia. E se la cosa mi era piaciuta nei precedenti giochi della Larian, questa volta mi ha un po’ scombussalto.
Questo non significa, però, che il gioco non mi piaccia. E’ bello, bellissimo, enorme. Ero arrivato anche a buon punto nella prima run, quando ho deciso di ricominciarlo, perché pensavo che lo stessi rushando troppo (e sono tutt’altro che uno speed runner).
E quanto avevo ragione: mi ero perso un mondo di segreti e di dialoghi. Insomma, togliamoci dalla testa il “minmaxare” e qualsiasi altra forma di pro-playing: Baldur’s Gate 3 va goduto. E il tasto skip dovrebbe essere vietato.
Lunga vita ai gdr
È un po’ che gli amanti del genere aspettavano un nuovo titolo di questa portata. Dopo i già stracitati Divinity o i Pillars of Eternity, senza contare gli “extra fantasy” come per esempio Wasteland 3, gli amanti del turn based combat miscelato all’esplorazione libera e alla scoperta di segreti erano rimasti a bocca asciutta da troppo tempo.
Si tratta di una platea che adesso è sicuramente aumentata a dismisura: basti pensare che Larian Studios, che di gdr di questo tipo ne sa qualcosa, si aspettava un bacino di utenti pari a centomila giocatori al lancio, e invece se n’è trovata otto volte tanti.
L’effetto hype lo conosciamo tutti: è successo anche con Diablo IV (Recensione) dove però, a mio modesto avviso (purtroppo non solo mio, in realtà), si è spento subito, ancor prima della stagione 1.
Con Baldur’s Gate le cose cambiano, perché oltre all’hype c’è anche della sostanza. Un numero incredibile di possibilità, che rende ogni nuova run un’esperienza quasi del tutto nuova. Evviva Baldur’s Gate 3!
Dopo aver presentato tutti i videogiochirelativi all’universo Dune, focalizzerò ora l’attenzione sul variegato mondo dei giochi da tavolo, sempre relativo all’amato e immenso Duniverse. Allacciate le cinture, prendete un po’ di spezia e partiamo!
Il puro piacere dell’invenzione e della narrazione ad altissimo livello
Isaac Asimov
Dune – Avalon Hill, 1979
Il capostipite dei giochi da tavolo su Dune, primo e inconfondibile. Nel 1979, Avalon Hill pubblicò la prima edizione di Dune, un gioco da tavolo per 2-6 giocatori dai 12 anni in su della durata variabile stimata fra le 2 e le 4 ore.
Questa edizione ha sulla scatola l’immagine del vermone (Wurm box), immagine di pura fantasia dato che all’epoca non era ancora uscito il film di Lynch. Nel 1984 uscì la seconda edizione: il gioco era identico ma sulla scatola campeggiava la The Sting Cover (ispirata al film). Dello stesso anno sono due espansioni inedite, Spice Harvest e The Duel.
Ogni giocatore interpreta una fazione politica tra le sei disponibili e dispone di venti unità di combattimento, cinque leader di differente forza e precise peculiarità di fazione.
La plancia del gioco rappresenta il pianeta Arrakis, diviso in sezioni radiali, ove sono presenti territori sabbiosi, terreni rocciosi e cinque fortezze. Nei territori sabbiosi si effettua la raccolta della Spezia (ma sono pericolosi a causa dei Vermi), le zone rocciose permettono di ripararsi dalle tempeste, mentre le fortezze sono da conquistare per vincere la partita (ma favoriscono anche i movimenti delle unità).
Ecco una veloce panoramica al funzionamento dei turni:
la tempesta di sabbia si muove e distrugge le truppe allo scoperto;
scoperta di un nuovo cumulo di Spezia (su zone sabbiose) o comparsa di un Verme su uno già presente;
asta cieca delle carte Tradimento;
sbarco delle truppe dallo spazio su un terreno a propria scelta (si paga spezia al giocatore che ha la Gilda Spaziale; i Fremen non sbarcano);
spostamenti delle truppe sul pianeta in aree adiacenti (si paga spezia al giocatore che ha l’Imperatore);
fase conflitto nelle aree in cui ci sono unità di fazioni differenti (e non alleate).
Al combattimento contribuiscono oltre alle unità anche i leader e le Carte Tradimento. Può influire anche la presenza di un proprio Traditore (scelto a inizio partita) nelle file avversarie. Chi perde elimina tutte le sue truppe, il vincitore solo quelle ingaggiate nello scontro.
Come già indicato, vince la fazione che controlla tre fortezze, da soli o in alleanza. Esistono però anche altre condizioni di vittoria dettate dalle fazioni giocate: per esempio le Bene Gesserit vincono se la loro predizione iniziale sul vincitore si rivela corretta.
Il gioco è antico, ma è ancora molto apprezzato, e rappresenta un vero must per gli appassionati di giochi da tavolo, in particolare per gli amanti di Dune.
Dune: un gioco di conquista, diplomazia e intrighi – Gale Force Nine, 2019
Fotocopia o quasi del primo Dune, una vera e propria riproposta moderna del medesimo gioco da tavolo. Il regolamento è stato rivisto in minima parte, la grafica aggiornata e le carte sono colorate e di maggiori dimensioni… ma non si è fatto molto di più.
Nel 2020 è uscita l’espansione Dune: Ixians & Tleilaxu che aggiunge due nuove fazioni e qualche nuova meccanica.
Nel 2022 viene pubblicata l’ulteriore espansioneDune: CHOAM & Richese con altre due fazioni, un paio di varianti e abilità da assegnare ai leder.
Il gioco base è stato anche localizzato in italiano.
Dune: un gioco di conquista e diplomazia – Gale Force Nine, 2022
Versione “short” del classico gioco di Dune. Sempre per lo stesso editore viene presentato un gioco ancora simile ai precedenti, ma alleggerito e compresso (del resto, dal titolo si nota che manca la parola “intrighi”): si gioca in 2-4 giocatori per una durata di 30-60 minuti.
Anche questo titolo è stato tradotto e pubblicato in italiano.
Dune Betrayal – Gale Force Nine, 2021
Gioco diverso dai precedenti, veloce e per un alto numero di giocatori. Sempre dello stesso editore, questo titolo è ancora più veloce e con meno regole. Il gioco può essere avvicinato quasi a un party game (seppur non per neofiti), dato che i giocatori possono essere da 4 a 8 e la partita ha una durata contenuta di 20-40 minuti.
Nel gioco ci sono solo due fazioni (Atreides vs Harkonnen) e i giocatori riceveranno carte identità che segretamente li schiereranno per una delle due. Durante le fasi del gioco si dovrà cercare di identificare i propri alleati e i propri nemici, dispensando difese e aiuti ai primi e attaccando senza pietà i secondi. Ciascun giocatore alla fine accumulerà o perderà punti per la propria casata e, sommando tutti i risultati, un indicatore si sposterà di un certo numero di posizioni, come fosse l’ago di una bilancia. La fazione che sottostà all’indicatore sarà quella vincente.
Squadra e diritti vincenti non si cambiano e quindi, anche per questo gioco, è disponibile la versione in italiano.
Dune Imperium – Dire Wolf, 2020
Opera con diverse meccaniche note, ma ben miscelate. Il risultato è un bel gioco da tavolo su Dune con la grafica ispirata ai film di Villeneuve. L’età consigliata è dai 14 anni in su (anche 12 secondo me) e si può giocare con 1-4 giocatori per partite della durata di circa 2 ore.
Questo gioco voglio spiegarvelo un po’ nel dettaglio dato che l’ho intavolato spesso e volentieri.
Ogni giocatore interpreta il leader di una delle quattro casate nobiliari presenti nel gioco (due leader per ognuna di esse fra cui scegliere) e ciascuno ha un paio di poteri speciali, uno passivo e uno che si attiva con la speciale carta “anello con sigillo” della propria famiglia.
Una delle meccaniche principali è quella del “deck building”: all’inizio ogni giocatore ha lo stesso mazzo di carte, ma poi può acquistarne di nuove, aggiungendole o sostituendole ad altre, costruendo al meglio il proprio motore di gioco.
L’altra meccanica più importante è quella del “piazzamento lavoratori”, nel caso di Dune parliamo di agenti. Questi possono essere inviati in modo esclusivo sulle caselle del tabellone per ottenerne i benefici: accumulare denaro (solari); raccogliere spezia; reclutare e schierare truppe (utili in fase battaglia); ottenere vantaggi e influenza presso i percorsi relativi a Impero, Gilda Spaziale, Bene Gesserit e Fremen, pescare carte, etc. Per piazzare gli agenti su un certo luogo occorre giocare dalla propria mano una carta che ne riporta il simbolo (sperando di averla!) e a volte è anche necessario pagare un certo costo in risorse (acqua, spezia, solari, carte).
Terminata la fase di piazzamento, si passa a quella di rivelazione: tutte le carte ancora in mano al giocatore vengono rivelate ed è possibile ottenere due effetti principali (ma ce ne sono anche altri). Si possono cumulare punti persuasione per comprare altre carte per il proprio mazzo e collezionare “spade”, utili per la fase di combattimento.
In base alle truppe schierate e alle spade accumulate ogni giocatore determina il proprio punteggio di forza (si possono anche giocare carte intrigo per scombussolare i punteggi): chi ha più forza vince lo scontro e ottiene dei benefici riportati sull’attuale carta combattimento (che cambia ogni turno di gioco). In base al numero di giocatori sono previsti anche premi minori per chi è sceso in battaglia ma non ha vinto.
Poi seguono un paio di fasi meccaniche per resettare e preparare il turno successivo e il gioco si ripete fin quando uno o più giocatori hanno superato 10 punti vittoria, oppure non ci sono più carte combattimento per cui scontrarsi. Chi fa più punti vince.
I punti vittoria possono essere accumulati in vari modi: con i combattimenti; comprando specifiche carte; procedendo lungo i percorsi relativi alle fazioni o aggiunti a fine partita per mezzo di specifiche carte intrigo.
Il gioco base è stato localizzato in italiano ed è da poco stata pubblicata in italiano anche la prima espansione (L’Ascesa di Ix). Una ulteriore espansione (Immortality) è in uscita in inglese e probabilmente sarà anch’essa tradotta nella nostra lingua.
Risorse digitali
Per giocare in 1 o 2 giocatori ci si avvale di un mazzo di carte (Casa di Hagal) che gestisce gli avversari: online è reperibile un’app capace di sostituirlo. Anche per PC (passando da Steam e installando Dire Wolf Game Room) si trova un’applicazione gratuita ben pensata: oltre a gestire il mazzo dell’automa, prevede anche due varianti di gioco ulteriori non previste nel gioco da tavolo (Esploratori di Arrakeen e Blitz!).
Seppure non esistano digitalizzazioni ufficiali del gioco da tavolo, è possibile intavolare il gdt a livello virtuale grazie a Tabletop Simulator – di cui abbiamo parlato nel nostro articolo dell’evoluzione digitale dei giochi da tavolo – e a un workshop gratuito ben scriptato (seppur con alcuni bug). Al momento la versione online include anche l’espansione L’Ascesa di Ix.
Dune: War for Arrakis – CMON, fine 2023
Autori italiani, due fazioni, chili di miniature e ambientazione sentita. Dune: War for Arrakis è un gioco di guerra da tavolo asimmetrico 1 contro 1 (ma è per 1-4 giocatori) della durata di circa due ore e dai 14 anni in su.
Il titolo è stato finanziato con successo su Kickstarter e prodotto da CMON, partorito dalle menti italianissime di Marco Maggi e Francesco Nepitello.
La versione fisica del gioco dovrebbe uscire solo entro la fine del 2023 e quindi la prova sul campo è da rimandare, ma gli sviluppatori hanno fatto la mossa incredibilmente interessante di rilasciare il gioco gratuitamente su Tabletop Simulator durante la campagna kickstarter: questo per consentire a tutti di provarlo e valutare meglio se sostenere oppure no il progetto.
Il gioco presenta molte meccaniche interessanti e trasuda l’ambientazione creata da Frank Herbert; inoltre, risulta essere una nuova versione del precedente gioco 1 contro 1 asimmetrico di CMON, War of the Ring; quest’ultimo èambientato in modo simile nell’universo de Il Signore degli Anelli ed è apprezzatissimo dai giocatori.
Questi interpretano una delle due fazioni: la casa Harkonnen o la casa Atreides. Gli Atreides presentano i protagonisti del primo romanzo, che utilizzano le carte preveggenza per rievocare scene della storia e fare punti per vincere. Hanno il controllo sui potenti vermi delle sabbie di Arrakis e sono resistenti ai duri elementi naturali del pianeta. Gli Harkonnen sono i cattivi, inviano veicoli nel deserto per raccogliere la spezia e mirano a sterminare tutte le basi degli Atreides. Essi ottengono molte più azioni in un turno e hanno una potenza militare maggiore.
Una delle meccaniche principali è legata ai dadi azione che inseriscono alea, che aumenta, lato Atreides, grazie alla pesca casuale delle carte prescienza da soddisfare. Questi elementi pare abbiano creato un po’ di malcontento nella community dei giocatori; altri invece hanno rivelato che, a prescindere dai gusti personali, il problema è solo superficiale.
La curva di apprendimento del gioco è ripida, ma provando e riprovando non solo si riesce a capire come limitare l’alea e a compiere mosse interessanti anche quando i dadi o le carte non collaborano, ma addirittura si possono sviluppare strategie adeguate a contrastare l’avversario. A conti fatti, al momento pare che sia più difficile giocare in modo adeguato la fazione degli Atreides, ma molti giocatori hanno veramente gustato i numerosi dettagli del gioco (per esempio forze e debolezze dei leader) che sono spalmati assai bene sull’immaginario di Herbert.
Dune: i segreti della casa (Detective) – Portal Games, 2021
Gioco su Dune che ricalca le meccaniche della serie di giochi da tavolo “Detective: sulla scena del crimine”.
Seppur uscito sul mercato nel 2021, solo da fine 2022 è disponibile anche in italiano. Il gioco è un cooperativo per 1-5 giocatori che prevede un Prologo e tre Capitoli, ciascuno della durata di 2-3 ore.
Il gioco è il primo episodio di una trilogia e anch’esso è ispirato al famoso film di Villeneuve.
In questo gioco d’avventura story-driven profondamente tematico, i giocatori sono dei ribelli che combattono le macchinazioni della Casa Harkonnen. Per riuscire nell’intento, capitolo per capitolo dovranno raggiungere degli obiettivi, seguire piste e scoprire vari segreti.
Esistono varie risorse (limitate) fra cui la più importante è il tempo, da sfruttare al meglio per poter affrontare un determinato capitolo. Il tempo non sarà mai sufficiente per fare tutto quello che si vorrebbe e quindi sarà necessario prendere decisioni e concentrarsi solo su alcuni elementi offerti dalla storia.
Alla fine di ogni capitolo, giocato in modo collaborativo e con classici componentifisici, il gioco prevede di stilare un rapporto e consultare e usare risorse digitali (un sito web) ove impostare la linea ribelle con elementi che influiranno la storia e gli avvenimenti del capitolo successivo.
A fine capitolo si potranno anche spendere i punti esperienza accumulati per ottenere nuove abilità per i personaggi giocanti e per i comprimari alleati.
Sulla carta non si vince e non si perde, anche se nel terzo capitolo esiste un tracciato relativo ai Punti Vittoria, ma si coopera per sviluppare una storia intrigante e coinvolgente… in linea con i princìpi basilari del gioco di ruolo.
I capitoli possono essere rigiocati per esplorare strade diverse (resettando la precedente run), ma quando vengono tutti completati, si avrà accesso a una specifica storia conclusiva di grande impatto, capace poi di influenzare in modo radicale i successivi giochi della trilogia.
Il lockdown da Covid-19 ha fatto riflettere l’intera industria videoludica sulla bontà delle fiere. Diversi colleghi del settore si sono detti favorevoli nella cancellazione delle fiere “fisiche” a favore degli eventi digitali, di fatto preannunciando la cancellazione dell’E3 2022.
La mia posizione in merito è diametralmente opposta, ma conferma le analisi di alcuni giornalisti di settore: le fiere dei videogiochi sono indietro anni luce da quelle dei giochi da tavolo come Play Festival del Gioco 2022 di Modena; così tanto, che un appassionato di videogiochi come me, ritiene che il Play 2022 sia stata la miglior fiera di settore a cui abbia mai partecipato.
Il Play 2021 mi aveva dato ottime sensazioni, che avevo minimizzato perché la fiera ospitava molte meno persone del solito a causa della condizione sanitaria mondiale; infatti, una fiera con un numero limitato di espositori rende tutto molto più vivibile, e in generale, più piacevole. Però mi sbagliavo in merito a questa fiera; Play 2022 ha avuto 40mila presenze in fiera: un aumento del 70% rispetto all’edizione dello scorso anno, è stata ancora più divertente dell’edizione precedente, e adesso vi racconto la nostra giornata a ModenaFiere.
Il mattino ha l’oro in bocca
Sabato 21 maggio – Bologna, ore 8:01. L’orario previsto per farmi trovare sotto casa di Alessio è appena passato; io sono ancora in casa a preparare l’occorrente per il breve viaggio, mentre mi districo tra messaggi di scuse, macchina fotografica e panini al salame.
Con un onesto quarto d’ora di ritardo, già preventivato dalla povera vittima, carico Alessio in macchina e recuperiamo anche Sebastiano sotto casa sua. Sono le 8:40, siamo ampiamente in ritardo, ma millanto puntualità e li convinco a fermarsi per la colazione. Tra goliardia e sprazzi di lucida organizzazione, arriviamo in fiera alle 9:30. Siamo dentro circa dieci minuti dopo.
Capire la fiera
La nostra routine fieristica è ormai consolidata. La mattina si capisce la fiera. Giriamo velocemente tutti i padiglioni e capiamo subito che questa volta sarà diverso da quanto visto l’anno passato. I padiglioni sono sempre gli stessi, ma il numero di espositori è largamente maggiore. Il totale è 150.
I grandi classici sono sempre presenti nel padiglione A: La Tana del Goblin, Asmodee e Giochi Uniti; ci torneremo nel pomeriggio per provare qualche gioco da tavolo così da riposarci con del sano divertimento. Subito accanto ci sono i giochi di ruolo: il nostro cuore pulsa, ma finiremmo per non lavorare e quest’anno ci sono tante persone con cui parlare e tante cose da scoprire.
Il padiglione B è una continuazione del precedente, ma sostituisce i GDR con i miniature games, dove Warhammer fa la voce grossa. Il padiglione D, lo scorso anno dedicato ai librogame, al Play 2022 è l’area dell’affascinante BG Storico. Infine, c’è il padiglione C, che contiene uno dei miei più grandi amori: i card games.
Un lavoro da libro-giocare
Siamo persone dai grandi valori: prima di tutto amici e lavoro. L’ultimo anno abbiamo coniugato tutto in un’unica parola: librogame. Abbiamo incontrato tantissimi addetti ai lavori che ci hanno concesso belle parole e sensazioni positive sulla fiera; in particolare, con enorme piacere incontriamo il pluripremiato Andrea Tupac Mollica, che abbiamo intervistato qualche mese fa. Suoi sono due nuovi librogame presenti al Play 2022: The Conan Gamebook (Sergi, Orsini, Costantini e Trenti – Editore: Officina Meningi) e Il Tesoro di Re Salomone (Watson Edizioni). In realtà, buona parte degli espositori hanno un pezzo di Mollica al suo interno, anche quello di Aristea con il loro nuovo gioco di ruolo fantasy esoteric, Rayn.
Il tour tra i librogame passa ovviamente tra Ravene Acheron Books, in cui tra gli altri incontriamo anche il nostro ultimo intervistato, Mauro Longo. Raven ha presentato quattro nuovi libro-gioco: I Bucanieri Shadaki di Joe Dever, La Ricorrenza di Jen D.Pine, Biblioquest: Il Libro dei Libri di Anna Aglietti e il Regno Dell’Ombra di Ian e Clive Bailey. D’altro canto, Acheron Books ci delizia sempre per i suoi fantastici titoli; l’ultimo arrivato è Sette Eoni in Tibet di Antonio Costantini.
Pomeriggio tra ricerca e conoscenze
Abbiamo finito fiato e parole, ma siamo appena a metà della giornata. I panini preparati questa mattina ricevono finalmente il giusto tributo. In questo momento di pausa, riordiniamo le idee e, solo adesso, ci accorgiamo che il primo piano ospita tornei e competizioni da tavolo. Finita la pausa, è il primo posto che visitiamo, ma il tempo vola e c’è qualcosa di speciale che ci attende.
Shakespeare in Love
Nella legenda della vasta mappa del Play 2022, c’è un nome che mi attira: videogames. Guardo più volte, ma non trovo nulla. Alla fine, i miei compagni di viaggio mi vengono in soccorso: B34B, il numero dell’espositore.
Ci troviamo di fronte a un cabinato con un’enorme scritta in pixel art: Shakespeare Showdown. Scopriamo che il titolo è prodotto da loro, attori di una compagnia teatrale con il supporto dello studio di sviluppo Jarsick. La compagnia, come tutto il settore artistico, ha sofferto il lockdown e ha cercato nel videogioco un rifugio per entrare in contatto con il pubblico.
Il risultato è Shakespeare Showdown, un videogioco 2D ambientato nel multiverso shakesperiano che propone cinematiche realizzate da attori in carne ed ossa digitalmente processati in pixel-art. La demo provata è migliorabile nel gameplay, ma il connubio tra veri attori e arte digitale è romantico. Sarà colpa di Romeo o di Giulietta, di Mercuzio o di Macbeth, ma non vediamo l’ora di poter provare la versione definitiva del gioco.
Il giusto epilogo
Manca solo un ultimo passo per completare la nostra consolidata routine. Abbiamo visitato l’intera fiera, fermandoci a chiacchierare con chiunque: dai retailer ai più importanti scrittori e produttori di librogame italiani. Abbiamo provato un affascinante videogioco indie italiano e guardato il competitivo nostrano in azione. Tutto questo tra lavoro e divertimento, perché al Play 2022 ognuno ha qualcosa da dire e l’organizzazione ci ha permesso di confrontarci con chiunque godendo, e non soffrendo, l’elevato numero di persone presenti in fiera.
Soddisfatti, portiamo a termine la nostra ultima missione: provare, e far provare, quei titoli che stuzzicano la nostra mente. Tra una partita a Star Realms, un Bang! con un gruppo di simpatici ragazzi conosciuti al tavolo e un impegnativo Dune: Imperium, il tempo è già finito. É il momento di rimetterci in auto, ma ora abbiamo una consapevolezza in più: gli eventi videoludici hanno tanto da imparare dai giochi da tavolo e dalla mia fiera, il Play Festival del Gioco 2022.
L’arretratezza videoludica
Le fiere videoludiche non riescono a creare la naturale interazione che si denota negli altri eventi di settore. Questa difficoltà è contemporaneamente causa e conseguenza della mancanza, in Italia, di una vera fiera del videogioco.
Eventi come Lucca Comics & Games, Romics e Napoli Comicon sono fiere che trattano vari argomenti e solitamente quello meno approfondito è proprio il videogioco, come confermato anche dalla nostra visita al Be Comics 2022 di Padova.
Anche per questo motivo, il Milan Games Week era la fiera di riferimento per il videogame in Italia, almeno fino a quando, come lo scorso anno, non hanno deciso di fonderla con il Cartoomics, riducendo lo spazio per l’intrattenimento digitale.
La scelta di non avere una fiera che parli solo di videogiochi è un allarme importante per un’industria in larga espansione, ma è giustificata dalla realtà dei fatti. Gli eventi videoludici italiani permettono di godere degli stessi intrattenimenti dei giochi da tavolo: parlare con gli sviluppatori, provare nuovi giochi, guardare la scena competitiva e ascoltare la parola degli esperti del settore. Purtroppo, ad eccezione dei dialoghi con gli addetti ai lavori, nel contesto del videogioco, tutte queste attività sono passive, poco coinvolgenti e soprattutto solitarie.
Provare un gioco da tavolo implica: qualcuno che ti spieghi l’opera; la condivisione con amici o addirittura con appassionati che stai conoscendo in quel momento. La maggior parte dei videogiochi in fiera, invece sono attività single player, spesso addirittura demo che potresti tranquillamente scaricare sulla tua console tra le mura domestiche. Questa noiosa abitudine porta spesso gli spettatori della fiera a provare i giochi in multiplayer locale nello stesso modo di quelli per un singolo giocatore. Questo crea una dicotomia tra il divertimento di giocare Bang! tra appassionati sconosciuti e la disagiante solitudine di affrontarsi in Super Smash Bros. Ultimate durante una fiera.
A questo punto, molti potrebbero puntare il dito nei confronti della community videoludica, ma bisogna notare che coloro che giocano ai videogiochi in fiera sono spesso gli stessi che provano i giochi da tavolo nei medesimi eventi. La vera differenza è l’atteggiamento con cui un videogame è proposto in fiera rispetto a un GDT; provare un gioco da tavolo significa concentrarsi sulla plancia e mettere alla prova il titolo con l’aiuto degli avversari.
Il videogioco invece è solitamente presentato dagli addetti, a cui probabilmente vengono date errate motivazioni su quale debba essere lo scopo della loro presenza, come un terreno di guerra, in cui conta solo vincere; infatti, in questi eventi, videogaming significa vendere il prodotto e creare competizione tra gli appassionati. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni, ma queste sono, per definizione, rari eventi notevolmente lontani dalla regola comune; e fino a quando non si capirà che i videogiocatori vogliono condividere il gioco che stanno provando, insieme e non contro qualcuno, sarà meglio non avere una fiera esclusivamente dedicata al videogame.
Lo scorso weekend, Modena Fiere ha ospitato il PLAY: Festival del Gioco 2021, la kermesse emiliano-romagnola del gioco. Parteciparvi è stata ancora una volta un’esperienza intensa e divertente, ma tutte le sensazioni sono state amplificate dal lungo stop causato dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. Emozioni di cui sentivamo la necessità e che dopo averle riprovate, non possiamo farne a meno.
L’evento digitale non basta
La pandemia di COVID-19 è un evento che le prossime generazione leggeranno nei libri di storia e qualsiasi evento mondano andava giustamente fermato. Fortunatamente, la tecnologia ci è venuta in soccorso anche in queste piccole necessità, permettendoci di distrarci da una situazione così terribile; anche i format più consolidati come l’E3 (2021) o il Gamescom sono scesi a patti con gli eventi digitali. Tutto quello che abbiamo visto in questo anno e mezzo non è altro che un lungo video, che ci ha informati, ma non appagati.
Se da un lato gli show online hanno permesso anche a chi non poteva andare alle fiere di assistere interamente agli show, chi invece vuole portare la propria passione su un altro livello è rimasto deluso. Del resto, in un evento digitale non è possibile conoscere nuove persone, provare delle demo confrontandosi con altri appassionati o addirittura con gli autori, scoprire nuove nicchie… poiché quel piacere è occultato da noiosi menù a tendina e una moltitudine di informazioni celate. Al PLAY 2021 invece, siamo riusciti a fare proprio quello che ci mancava di più.
La fiera e le persone
In questa edizione abbiamo avuto la possibilità di incontrare svariate nuove persone, che hanno arricchito il nostro bagaglio culturale. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere autori di librogame; parlare con creatori di videogiochi indie impegnati nella lotta all’hikikomori, il fenomeno che spinge le persone ad abbandonare la vita sociale a favore di veri e proprie fasi di isolamento fisico e mentale; avere sempre qualcuno al nostro fianco che ci spiegasse una meccanica di gioco quando i dubbi non ci permettevano di proseguire nella partita. Gli eventi fieristici si basano sull’interazione delle persone: il PLAY 2021 è stato un continuo scambio di opinioni accompagnato da un elevato senso di responsabilità da parte degli espositori, che igienizzavano continuamente le proprie postazioni, e degli spettatori che hanno sempre rispettato le norme di sicurezza previste.
La fiera e le nicchie
Il PLAY 2021 non ci ha mostrato esclusive mondiali, ma ci ha fatto conoscere tante piccole nicchie che hanno attirato la nostra attenzione.
Il librogame, più una rivincita che una nicchia, è stata una piacevolissima scoperta di cui chi vi scrive conosceva le meccaniche, ma non aveva mai visto la passione che li circonda. Scrittori, disegnatori e tanti altri addetti ai lavori che si spendono per continuare a evolvere un genere che si dava per finito con l’avvento di film interattivi e videogiochi e che invece ha imboccato un proprio percorso di crescita virtuoso. Tornare a casa con la copia autografata da Andrea Tupac Mollica e Katerina Ladon di Hong Kong Hustleè un piacere immenso, che nessun evento digitale può dare.
In una fiera dove giochi da tavolo, giochi di ruolo e card game sono i padroni di casa, è stato sbalorditivo trovare una visual novel indie che ci ha fatto vivere un intenso momento di introspezione. Nostalgici Anonimi è un modo alternativo di narrare che Hufu e MITE (fondazione senza fini di lucro che favorisce il massimo livello possibile di benessere dei minori) hanno usato per affrontare il tema dell’hikikomori. Nel mio caso, è stata anche l’occasione per un’interessante conversazione con il creatore del gioco, che ha basato il suo titolo sull’importanza di accettare se stessi, rispettando l’ambiguità del carattere umano come somma di pregi e difetti.
La fiera e le demo
Provare nuovi titoli è abbastanza scontato anche negli eventi digitali, ma farlo con qualcuno che ti aiuta a padroneggiare il gioco passo dopo passo è decisamente più divertente. Oltre a Nostalgici Anonimi, il titolo più vicino al mondo dei videogiochi che abbiamo provato è stato Skytear, un gioco da tavolo ispirato ai MOBA, in particolare League of Legends: un titolo che abbiamo già provato qualche anno fa, ma di cui ora abbiamo potuto gustare l’importante rework ricevuto, grazie anche all’aiuto di esperti del gioco. Avere una persona che ti guida nel percorso d’apprendimento può essere un vantaggio, ma anche una necessità; quante volte abbiamo rifiutato una partita a un gioco da tavolo perché avevamo paura delle regole da imparare?
Conclusione
Il nostro Modena PLAY 2021 è stato un piacevole ritorno, in totale sicurezza, a una straordinaria normalità. Essere presenti ci ha ricordato quanto una parte del nostro divertimento passi dal condividere le nostre passioni con gli altri: guardando le persone negli occhi, scrutando i loro pensieri e abbracciando le loro emozioni. Gli eventi fieristici hanno lo svantaggio di farti tornare a casa con i piedi doloranti e annoiarti con file interminabili in attesa di provare una demo: prima della pandemia ne valeva la pena, oggi è assolutamente necessario.
In questo articolo esamineremo la superficie di un fenomeno che da qualche anno sta prendendo sempre più piede e che l’emergenza pandemia sta accelerando, per certi aspetti in maniera inattesa…
GDT… non GDR!
Attenzione all’ultima lettera: T e non R.
Oggi non parleremo di GDR(gioco di ruolo). Questo concetto, seppur in ambito videoludico possieda dei connotati abbastanza precisi tanto da costituirne un genere, nel mondo classico del carta-e-matita vive da anni uno scontro epocale fra giocatori, esperti, designer e utenti in generale… giusto per riuscire a darne la sola definizione!
Per fortuna, per i GDT le cose sono più semplici: la sigla indica i Giochi Da Tavolo, quelli che prevedono per l’appunto un tavolo e l’immancabile tabellone da poggiarci sopra. Dai più classici (Risiko, Monopoli, Cluedo, …) ai più recenti (Terraforming Mars, Root, Scythe…), tutti hanno una plancia comune, ma possono presentare anche altri componenti fisici, realizzati in materiali differenti come cartone, legno e plastica.
Come ultima nota introduttiva, e come ulteriore distinguo, i giochi che prevedono molte miniature, interi eserciti e che impiegano righelli, sagome di effetto, elementi scenici e simili, sono meglio noti come wargames.
Il fenomeno dei Giochi da Tavolo
Da circa quindici anni a questa parte, dapprima timidamente, ma poi con un impulso sempre maggiore, il mondo dei GDT (fisici) si è evoluto e si è espanso a dismisura. Le fiere del gioco quali Lucca C&G e Modena Play sono cresciute e hanno dedicato molto più spazio a questi passatempo; nello stesso momento sono nati blog, forum, pagine internet con recensioni, video di unboxing, demo, spiegazioni delle regole e migliaia di progetti crowdfounding sulle più note piattaforme online.
La forbice dell’età degli appassionati si è allargata ed esistono a oggi numerose categorie che coprono prodotti molto diversi: titoli dedicati alla famiglia, ai giocatori occasionali, agli hardcore gamers e così via… ce n’è per tutti i gusti. Inoltre, di recente, molti giochi moderni prevedono in modo nativo la modalità “solo” ovvero possono essere giocati anche se non ci sono amici o parenti disponibili a intavolare una partita.
Il salto dai giochi da tavolo in modalità solitaria alla loro implementazione digitale è breve, un passo quasi naturale, ma il fenomeno “digitale” è molto più variegato e complesso di quello che si potrebbe immaginare…
Uno degli approcci al GDT digitale è quello “simulativo”, ovvero ricreare in un ambiente virtuale tutti i suoi componenti fisici: plancia, segnalini, miniature, schede, carte e a volte anche il tavolo (Tabletop Simulator, Vassal, Tabletopia). Una sorta di piattaforma che funge da framework per intavolare i giochi di questo tipo.
Un altro modo è quello di prendere un gioco da tavolo e farne il porting, ovvero implementarlo in un programma per PC, tablet o dispositivi simili. Ecco, questo è ciò che si avvicina di più a un tipico videogioco per come lo conosciamo (che nasce però da un GDT).
Poi ci sono i giochi da tavolo (fisici) più moderni che includono elementi digitali, da “semplici” link raggiungibili via qrcode o simili, che rivelano contenuti segreti o altre informazioni, a vere e proprie app. Alcune di queste si limitano a semplificare dei passaggi e a randomizzare e preparare il setup, altre consentono di aggiungere effetti sonori, dialoghi ed elementi capaci di coinvolgere maggiormente i giocatori, altre ancora implementano una precisa meccanica e dunque sono esse stesse parte integrante del gioco.
E non finisce qui. In epoca di pandemia, alcuni GDT hanno tentato la via di ristrutturare un po’ le proprie regole per poter essere giocati anche da remoto, sfruttando qualsiasi programma di videochiamata o di videoconferenza…
Giochi da Tavolo online: hanno senso?
Ecco, questa è la classica domanda da un milione di dollari. E come sempre, esistono le varie fazioni di pensiero contrapposte.
C’è chi sostiene che un GDT ha poco senso se non lo si gioca con i propri amici al tavolo, mentre si ungono le carte con le patatine, mentre si inveisce contro tutti i presenti o, viceversa, ci si scervella insieme per risolvere le sfide in modo cooperativo.
Poi ci sono altri che vedono in questo nuovo approccio un modo di superare le distanze (imposte dalla pandemia, per esempio) o di poter giocare spendendo un po’ meno e non invadendo casa con chili di materiale e scatole…
Paragonare il mondo fisico a quello digitale o a una loro ibridazione non è semplice, e probabilmente neanche troppo significativo, dato che è evidente che le esperienze di gioco offerte sono profondamente diverse, pure se si sta giocando allo stesso titolo. Il fatto di poter vedere, manipolare i componenti e toccarli con mano e vivere la partita in presenza o, viceversa, gestire il tutto a schermo, tipicamente da remoto, sono cose completamente diverse.
Fisico vs digitale
Limitandomi a considerare i soli GDT digitali intesi come quelli portati sul PC (e piattaforme simili), ecco di seguito alcune osservazioni, spunti di riflessioni o indicazioni scaturite dal giocare alcuni titoli in versione digitale… dopo aver provato per diverso tempo le loro controparti fisiche.
Prezzo. Solitamente un gioco digitale costa meno della metà di uno fisico e spesso ci sono offerte o “bundle” interessanti a livello economico; tuttavia, se un gruppo di amici vuole giocarci insieme, ciascuno dovrà comprare la sua copia.
Spazio. Ovviamente un gioco digitale non occupa alcuno spazio fisico in casa, ma anche considerando l’occupazione su HD o altre periferiche di memorizzazione, lo spazio necessario è irrisorio (tipicamente una manciata di centinaia di megabyte), nulla in confronto ai “videogiochi classici”.
Regolamento. Ovviamente il regolamento del gioco fisico è identico a quello digitale, ma in quest’ultimo caso è più semplice organizzarlo in sezioni collegate e strutturate, eseguire ricerche per argomento o meccaniche di gioco, e trovarvi note supplementari o esempi utili a costo zero, non dovendo stampare su carta.
Demo. Questo è un plus delle edizioni digitali ed è eredità dei videogiochi. È possibile avere demo per spiegare efficacemente le regole e le meccaniche del gioco e imparare a giocare con pochi sforzi. Questa prassi è comune anche nel gioco fisico, dove solitamente è il possessore del titolo a svolgere il ruolo di facilitatore, spiegando regole, casi specifici ed eccezioni… fattibile ma oneroso in tempo.
Interfacce. Sono curate e rese identiche a quelle del gioco fisico, ma potenziate con animazioni, effetti sonori e altri elementi che possono aiutare a seguire meglio il turno di gioco e il suo flusso. Viceversa, alcuni elementi di minor conto o anche informazioni molto utili ma relative agli altri giocatori potrebbero essere più difficili da scovare, penalizzando un po’ la tattica e la strategia. Infine, la riorganizzazione di certi elementi può provocare un iniziale disorientamento per chi migra dalla versione fisica a quella digitale, ma di solito ci si abitua in breve tempo.
Grafica. Come sopra riportato, i giochi da tavolo digitali di per sé non necessitano di grandi risorse per essere installati e giocati. La grafica riprodotta a video è quella delle arti, dei disegni, dei font e dello stile del gioco fisico. Vari elementi possono essere ricostruiti in 3D e texturizzati, come pure è quasi sempre previsto un motore di gioco capace di zoomare o cambiare la visuale del tavolo e degli elementi: per un GDT, nulla in più di questo è necessario.
Suono. L’impianto sonoro è altalenante: mi sono imbattuto in giochi che hanno una vera e propria colonna sonora, un plus rispetto all’edizione fisica, e altri che seppur utilizzano temi gradevoli e di ambientazione, si sono ben presto rivelati noiosi e ripetitivi. Ciononostante, è da notare che per questa tipologia di giochi, la musica e gli effetti devono rimanere di contorno, aiutare a pensare piuttosto che rendersi protagonisti e distrarre il giocatore mentre pianifica le proprie mosse.
Bug e problemi. In alcuni casi sono usciti dei giochi in versione digitale ancora troppo acerbi e con numerosi problemi e bug, anche gravi. A meno di non incorrere in casi più unici che rari, questo non avviene per i prodotti fisici. È impensabile ristampare e rispedire un gioco errato a tutti coloro che l’hanno acquistato. Certo, possono esserci alcuni errori o la necessità di disporre di alcune faq, ma distribuire un prodotto fisico incompleto, non testato o non giocabile è abbastanza raro. Per contro, per un prodotto digitale è più semplice intervenire a posteriori, correggere gli sbagli e migliorare le cose, dato che oggi è naturale per chiunque scaricare patch o nuove versioni aggiornate.
Intelligenza artificiale e dintorni. Sostituire uno o più giocatori umani non è questione da poco. Nei giochi con alea, ovvero con tiro di dado, pesca di carte, setup random, etc, si spera che la difficoltà variabile delle IA non riguardi il poter barare o meno. Non possiamo verificare infatti che una IA forte faccia tiri migliori o peschi carte ad hoc in base alla situazione. Comunque sia, personalmente ho deciso di fidarmi delle IA e non ho riscontrato particolari vizi di gioco o forzature in tal senso.
Sempre dall’esperienza maturata sul campo, ho notato che spesso la differenza nel loro grado di “bravura” è data dal gestire in maniera più o meno oculata le strategie e le tattiche intese come tipo di mossa, tempistiche e ordine delle stesse. Un giocatore umano può invece sempre sorprendere con una mossa inaspettata e inizialmente controproducente. Di fatto le IA sono mediamente curate e offrono sfide adeguate, ma tipicamente non sono capaci di rimpiazzare un giocatore in carne e ossa.
Modalità di gioco. Le partite in locale di solito sono quelle che danno meno problemi tecnici ma anche meno soddisfazioni. Il giocatore umano è tipicamente uno e può sfidare quindi il gioco in modalità “solo” (quando prevista), oppure impostare una partita con più giocatori gestiti dalle IA.
Le partite in multiplayer sono sicuramente più soddisfacenti, anche se i giocatori umani sono sparsi per il globo e non sono seduti allo stesso tavolo. Un vantaggio è quello che pure se i nostri amici storici non hanno il gioco o non possono giocare in quel momento, molti altri sono sempre presenti online, e una partita si può organizzare facilmente. Per contro, giocare online prevede quasi sempre appoggiarsi a dei server dedicati e in più di un’occasione mi è capitato di venire disconnesso o di non riuscire a giocare per la troppa gente presente o per alcuni problemi tecnici. Anche altre seccature e bug non riscontrati durante le partite in locale paiono invece spuntar fuori sul più bello mentre si sta per chiudere la partita con successo e soddisfazione… nonostante ciò, spesso è possibile ricollegarsi al gioco senza dover subire l’eliminazione a tavolino.
Conclusioni
Il mercato del GDT digitale è in crescita e pescando dall’oceano della sua controparte fisica, sta recuperando e proponendo numerosi giochi. In tal senso, negli ultimi anni vengono pubblicati in forma digitale moltissimi titoli validi, puntando su un target di giocatori molto ampio (per età, generi e modalità di gioco). Seppur il gioco da tavolo tradizionale è uscito fuori dalla nicchia con le sue forze, disporre delle versioni digitali permetterà di essere conosciuto a un’utenza ben maggiore, favorendone anche la fruibilità grazie a un medium molto più accessibile e diretto, il videogioco.
In ultimo, tre cose:
I titoli digitali sono un buon modo per valutare l’acquisto della controparte fisica: costano significativamente meno e, giocandoci, possiamo farci un’ottima idea a riguardo.
I GDT digitali possono essere impiegati anche per allenarsi e per provare strategie diverse… da sfoderare quando si è al tavolo con gli amici.
La maggior parte delle piattaforme di gioco possono essere sfruttate per lavoro da autori, progettisti ed editori per simulare il GDT che stanno sviluppando prima ancora di realizzarne un prototipo fisico. Quest’ultimo è un passo imprescindibile dell’intero processo creativo, ma si può avviare questa fase in tempi minori, con problemi già risolti in fase “virtuale” e contenendo i costi di produzione.
Se avete letto fin qui e l’argomento vi interessa, scrivetelo nei commenti, così magari recensiremo per voi qualche GDT digitale…
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