La Milan Games Week 2023 si è appena conclusa e siamo certi quando diciamo che si è rivelata davvero corposa e ricca di contenuti. L’incredibile mole di visitatori ci ha fatto capire ancora una volta quanto il mondo videoludico e dei fumetti sia presente nella società italiana; anche se è vero che la fiera ha come target principale la cosiddetta generazione Z, siamo molto contenti nell’esserci imbattuti in tantissimi “giovani adulti” che si sono rivelati estramamente appassionati all’arte dei videogiochi.
Sia che abbiate presenziato o meno, noi de IlVideogiocatore.it abbiamo deciso di portarvi tra gli stand della Milan Games Week 2023 con un reportage ricco di foto.
In questo articolo potete vedere una selezione di foto tra i vari stand della Milan Games Week 2023, dove abbiamo avuto l’onore di intervistare illustri ospiti internazionali come Patrice Désilets (noto per aver creato la serie Assassin’s Creed) e Sebastian Kalemba (game director di The Witcher 4: Polaris), ma anche sviluppatori italiani, com i finalisti del Red Bull Indie Forge 2023, la cui ampia presenza ci fa capire della portata dell’industria italiana.
La fiera in definitiva è stato un ottimo mix tra divertimento e tecnologia, tra realtà aumentata, virtuale ma anche nostalgiche anteprime che abbiamo avuto modo di provare, in questo caso allo stand Nintendo, come Prince of Persia: The Lost Crown oppure il prequel Simon The Sorcerer Origins di Smallthing Studios.
Diteci, come vi è sembrata la Milan Games Week & Cartoomics 2023? C’eravate anche voi?
Il lockdown da Covid-19 ha fatto riflettere l’intera industria videoludica sulla bontà delle fiere. Diversi colleghi del settore si sono detti favorevoli nella cancellazione delle fiere “fisiche” a favore degli eventi digitali, di fatto preannunciando la cancellazione dell’E3 2022.
La mia posizione in merito è diametralmente opposta, ma conferma le analisi di alcuni giornalisti di settore: le fiere dei videogiochi sono indietro anni luce da quelle dei giochi da tavolo come Play Festival del Gioco 2022 di Modena; così tanto, che un appassionato di videogiochi come me, ritiene che il Play 2022 sia stata la miglior fiera di settore a cui abbia mai partecipato.
Il Play 2021 mi aveva dato ottime sensazioni, che avevo minimizzato perché la fiera ospitava molte meno persone del solito a causa della condizione sanitaria mondiale; infatti, una fiera con un numero limitato di espositori rende tutto molto più vivibile, e in generale, più piacevole. Però mi sbagliavo in merito a questa fiera; Play 2022 ha avuto 40mila presenze in fiera: un aumento del 70% rispetto all’edizione dello scorso anno, è stata ancora più divertente dell’edizione precedente, e adesso vi racconto la nostra giornata a ModenaFiere.
Il mattino ha l’oro in bocca
Sabato 21 maggio – Bologna, ore 8:01. L’orario previsto per farmi trovare sotto casa di Alessio è appena passato; io sono ancora in casa a preparare l’occorrente per il breve viaggio, mentre mi districo tra messaggi di scuse, macchina fotografica e panini al salame.
Con un onesto quarto d’ora di ritardo, già preventivato dalla povera vittima, carico Alessio in macchina e recuperiamo anche Sebastiano sotto casa sua. Sono le 8:40, siamo ampiamente in ritardo, ma millanto puntualità e li convinco a fermarsi per la colazione. Tra goliardia e sprazzi di lucida organizzazione, arriviamo in fiera alle 9:30. Siamo dentro circa dieci minuti dopo.
Capire la fiera
La nostra routine fieristica è ormai consolidata. La mattina si capisce la fiera. Giriamo velocemente tutti i padiglioni e capiamo subito che questa volta sarà diverso da quanto visto l’anno passato. I padiglioni sono sempre gli stessi, ma il numero di espositori è largamente maggiore. Il totale è 150.
I grandi classici sono sempre presenti nel padiglione A: La Tana del Goblin, Asmodee e Giochi Uniti; ci torneremo nel pomeriggio per provare qualche gioco da tavolo così da riposarci con del sano divertimento. Subito accanto ci sono i giochi di ruolo: il nostro cuore pulsa, ma finiremmo per non lavorare e quest’anno ci sono tante persone con cui parlare e tante cose da scoprire.
Il padiglione B è una continuazione del precedente, ma sostituisce i GDR con i miniature games, dove Warhammer fa la voce grossa. Il padiglione D, lo scorso anno dedicato ai librogame, al Play 2022 è l’area dell’affascinante BG Storico. Infine, c’è il padiglione C, che contiene uno dei miei più grandi amori: i card games.
Un lavoro da libro-giocare
Siamo persone dai grandi valori: prima di tutto amici e lavoro. L’ultimo anno abbiamo coniugato tutto in un’unica parola: librogame. Abbiamo incontrato tantissimi addetti ai lavori che ci hanno concesso belle parole e sensazioni positive sulla fiera; in particolare, con enorme piacere incontriamo il pluripremiato Andrea Tupac Mollica, che abbiamo intervistato qualche mese fa. Suoi sono due nuovi librogame presenti al Play 2022: The Conan Gamebook (Sergi, Orsini, Costantini e Trenti – Editore: Officina Meningi) e Il Tesoro di Re Salomone (Watson Edizioni). In realtà, buona parte degli espositori hanno un pezzo di Mollica al suo interno, anche quello di Aristea con il loro nuovo gioco di ruolo fantasy esoteric, Rayn.
Il tour tra i librogame passa ovviamente tra Ravene Acheron Books, in cui tra gli altri incontriamo anche il nostro ultimo intervistato, Mauro Longo. Raven ha presentato quattro nuovi libro-gioco: I Bucanieri Shadaki di Joe Dever, La Ricorrenza di Jen D.Pine, Biblioquest: Il Libro dei Libri di Anna Aglietti e il Regno Dell’Ombra di Ian e Clive Bailey. D’altro canto, Acheron Books ci delizia sempre per i suoi fantastici titoli; l’ultimo arrivato è Sette Eoni in Tibet di Antonio Costantini.
Pomeriggio tra ricerca e conoscenze
Abbiamo finito fiato e parole, ma siamo appena a metà della giornata. I panini preparati questa mattina ricevono finalmente il giusto tributo. In questo momento di pausa, riordiniamo le idee e, solo adesso, ci accorgiamo che il primo piano ospita tornei e competizioni da tavolo. Finita la pausa, è il primo posto che visitiamo, ma il tempo vola e c’è qualcosa di speciale che ci attende.
Shakespeare in Love
Nella legenda della vasta mappa del Play 2022, c’è un nome che mi attira: videogames. Guardo più volte, ma non trovo nulla. Alla fine, i miei compagni di viaggio mi vengono in soccorso: B34B, il numero dell’espositore.
Ci troviamo di fronte a un cabinato con un’enorme scritta in pixel art: Shakespeare Showdown. Scopriamo che il titolo è prodotto da loro, attori di una compagnia teatrale con il supporto dello studio di sviluppo Jarsick. La compagnia, come tutto il settore artistico, ha sofferto il lockdown e ha cercato nel videogioco un rifugio per entrare in contatto con il pubblico.
Il risultato è Shakespeare Showdown, un videogioco 2D ambientato nel multiverso shakesperiano che propone cinematiche realizzate da attori in carne ed ossa digitalmente processati in pixel-art. La demo provata è migliorabile nel gameplay, ma il connubio tra veri attori e arte digitale è romantico. Sarà colpa di Romeo o di Giulietta, di Mercuzio o di Macbeth, ma non vediamo l’ora di poter provare la versione definitiva del gioco.
Il giusto epilogo
Manca solo un ultimo passo per completare la nostra consolidata routine. Abbiamo visitato l’intera fiera, fermandoci a chiacchierare con chiunque: dai retailer ai più importanti scrittori e produttori di librogame italiani. Abbiamo provato un affascinante videogioco indie italiano e guardato il competitivo nostrano in azione. Tutto questo tra lavoro e divertimento, perché al Play 2022 ognuno ha qualcosa da dire e l’organizzazione ci ha permesso di confrontarci con chiunque godendo, e non soffrendo, l’elevato numero di persone presenti in fiera.
Soddisfatti, portiamo a termine la nostra ultima missione: provare, e far provare, quei titoli che stuzzicano la nostra mente. Tra una partita a Star Realms, un Bang! con un gruppo di simpatici ragazzi conosciuti al tavolo e un impegnativo Dune: Imperium, il tempo è già finito. É il momento di rimetterci in auto, ma ora abbiamo una consapevolezza in più: gli eventi videoludici hanno tanto da imparare dai giochi da tavolo e dalla mia fiera, il Play Festival del Gioco 2022.
L’arretratezza videoludica
Le fiere videoludiche non riescono a creare la naturale interazione che si denota negli altri eventi di settore. Questa difficoltà è contemporaneamente causa e conseguenza della mancanza, in Italia, di una vera fiera del videogioco.
Eventi come Lucca Comics & Games, Romics e Napoli Comicon sono fiere che trattano vari argomenti e solitamente quello meno approfondito è proprio il videogioco, come confermato anche dalla nostra visita al Be Comics 2022 di Padova.
Anche per questo motivo, il Milan Games Week era la fiera di riferimento per il videogame in Italia, almeno fino a quando, come lo scorso anno, non hanno deciso di fonderla con il Cartoomics, riducendo lo spazio per l’intrattenimento digitale.
La scelta di non avere una fiera che parli solo di videogiochi è un allarme importante per un’industria in larga espansione, ma è giustificata dalla realtà dei fatti. Gli eventi videoludici italiani permettono di godere degli stessi intrattenimenti dei giochi da tavolo: parlare con gli sviluppatori, provare nuovi giochi, guardare la scena competitiva e ascoltare la parola degli esperti del settore. Purtroppo, ad eccezione dei dialoghi con gli addetti ai lavori, nel contesto del videogioco, tutte queste attività sono passive, poco coinvolgenti e soprattutto solitarie.
Provare un gioco da tavolo implica: qualcuno che ti spieghi l’opera; la condivisione con amici o addirittura con appassionati che stai conoscendo in quel momento. La maggior parte dei videogiochi in fiera, invece sono attività single player, spesso addirittura demo che potresti tranquillamente scaricare sulla tua console tra le mura domestiche. Questa noiosa abitudine porta spesso gli spettatori della fiera a provare i giochi in multiplayer locale nello stesso modo di quelli per un singolo giocatore. Questo crea una dicotomia tra il divertimento di giocare Bang! tra appassionati sconosciuti e la disagiante solitudine di affrontarsi in Super Smash Bros. Ultimate durante una fiera.
A questo punto, molti potrebbero puntare il dito nei confronti della community videoludica, ma bisogna notare che coloro che giocano ai videogiochi in fiera sono spesso gli stessi che provano i giochi da tavolo nei medesimi eventi. La vera differenza è l’atteggiamento con cui un videogame è proposto in fiera rispetto a un GDT; provare un gioco da tavolo significa concentrarsi sulla plancia e mettere alla prova il titolo con l’aiuto degli avversari.
Il videogioco invece è solitamente presentato dagli addetti, a cui probabilmente vengono date errate motivazioni su quale debba essere lo scopo della loro presenza, come un terreno di guerra, in cui conta solo vincere; infatti, in questi eventi, videogaming significa vendere il prodotto e creare competizione tra gli appassionati. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni, ma queste sono, per definizione, rari eventi notevolmente lontani dalla regola comune; e fino a quando non si capirà che i videogiocatori vogliono condividere il gioco che stanno provando, insieme e non contro qualcuno, sarà meglio non avere una fiera esclusivamente dedicata al videogame.
Il sabato appena trascorso lo abbiamo passato tra gli stand della Fiera di Padova, che ha ospitato il Be Comics 2022. Anche se il nome suggerisce una kermesse all’insegna del fumetto, si tratta di un «festival internazionale del fumetto, del gioco e della cultura pop».
In effetti, si è cercato di dare il massimo spazio possibile alla crossmedialità. Una scelta allineata ai nostri tempi, poiché ovunque ci giriamo c’è la costante ricerca di creare un unico prodotto, come Netflix ci insegna, che possa essere interscambiato con la medesima qualità tra film, serie TV, fumetti, romanzi e videogiochi. Purtroppo, la volontà di eterogeneità si deve scontrare con una realizzazione che sfavorisce alcune industrie a favore di altre: nel caso del Be Comics! 2022, i videogiochi sono gli sconfitti.
Gli ospiti del Be Comics
Siamo delusi da quello che abbiamo ascoltato sul tema dei videogiochi e, soprattutto, siamo infastiditi da due peculiarità: l’ottima qualità dei contenuti quando non si è parlato di videogame e lo spreco di potenziale di eccellenti oratori che di videogiochi sanno veramente parlare.
Ma Gamestop non vende videogiochi?
Gamestop TV con Kobe e Kafkanya del Be Comics 2022 è stato il motivo per cui ci siamo alzati dalla sedia. I due ospiti ci hanno piacevolmente intrattenuto con un simpatico, e intellettualmente onesto, siparietto sul nuovo canone di Star Wars. La conoscenza di Kafkanya sull’universo di Guerre Stellari non è in discussione, così come spesso i ragionamenti di Kobe trovavano fondamento sulle mie sensazioni in merito ad alcune opere mediocri della serie. Purtroppo, gli eventi sono precipitati quando dall’ottima premessa di parlare di Star Wars, un brand fortemente crossmediale come giustamente detto da Kafkanya, si è finito per glissare sull’enorme mole dei videogame ad esso dedicati: sono oltre cinquanta.
Kobe e Kafkanya hanno risposto alla domanda su quelli da giocare assolutamente con due titoli: Star Wars Jedi Fallen Order e Star Wars Eclipse, che non vedrà la luce probabilmente nemmeno in questa generazione di console. Possiamo comprendere che alcuni titoli sono decisamente vetusti: consigliare a un pubblico pop la serie Star Wars Jedi Knight oppure lo strategico L’Impero in Guerra può suonare anacronistico, ma EA ha un parco titoli decisamente ampio e contemporaneo. Possiamo chiudere entrambi gli occhi e tralasciare Star Wars Battlefront (2015), ma è possibile non spendere una parola su Star Wars: Knights of the Old Republic mentre alle loro spalle veniva mostrato il trailer del remake annunciato di recente?
Marchetta Pokémon
Pokétonx è un profondo conoscitore del franchise Pokémon; Pietro Spina è un abile oratore e scrittore videoludico. E proprio per questo siamo affranti dalla narrazione di Leggende Pokémon: Arceus. Quando due profondi esperti del franchise si confrontano su un gioco così sperimentale, le tue aspettative sono alte, poiché a distanza di quasi due mesi dall’uscita dell’opera, si possono tirare le somme su quali siano i risultati dell’esperimento e cosa, di Leggende Pokémon: Arceus, si può portare sulla serie principale. E se ce lo chiedete: sì, le prime due persone a cui avremmo posto queste domande sarebbero stati proprio Pokétonx e Pietro Spina.
Purtroppo, i trenta minuti a disposizione dei due appassionati di Pokémon si sono conclusi con una dimostrazione pratica di quello che possiamo vedere sul nuovo aggiornamento gratuito del gioco e pochi altri dettagli non rivelati sotto il sacro comandamento del non spoilerare. Non abbiamo avuto modo di averne conferma, ma la sensazione è che qualcuno abbia abbozzato in fretta e furia un canovaccio da seguire scrupolosamente: aggiornamento gratuito; no spoiler; Pokémon Scarlatto e Pokémon Violetto. In altre parole, quanto di più sbagliato possibile quando hai tra le mani due talenti che possono rendere veramente interessante una conversazione sul brand Pokémon.
Gli espositori presenti al Be Comics
Il primo campanello d’allarme è riecheggiato quando io e Sebastiano abbiamo visto gli espositori suddivisi per categoria. Il rapporto tra la differenti sezioni parlano chiaro: tra Comics & Books e Gaming & Esportshow c’è un rapporto di sei a uno; tra Games (giochi da tavolo e affini) e videogiochi è due a uno. A questi bisogna aggiungere anche tutti gli store che contengono per la maggior parte action figure, carte collezionabili, fumetti, romanzi, giochi da tavolo e praticamente nessun videogame.
Per dirla in altri termini, gli stand dedicati al gaming sono stati solamente quattro. Ovviamente la qualità supera la quantità e precisiamo che la Gaming Zone di GameStop (partner dell’evento) è la più grande dell’intero festival. Purtroppo però si tratta dello stesso stand che siamo abituati a vedere praticamente in tutte le fiere nazionali in cui è possibile provare, in ordine cronologico: una demo di Kirby e la Terra Perduta; un paio di giochi usciti da relativamente poco tempo, Triangle Strategy (che abbiamo recensito) e Leggende Pokémon: Arceus per Nintendo Switch; videogiochi con ormai quasi un anno o più alle spalle come Assassin’s Creed: Valhalla, Resident Evil Village o addirittura God of War.
Conclusione
Vogliamo essere sinceri: possiamo accettare che gli espositori di gaming siano pochi e decisamente mediocri, ma ci dispiace che siano state sprecate importantissime opportunità per parlare di videogiochi e crossmedialità con conoscenza e intelligenza. I numeri del 2021 parlano chiaro: i videogiochi sono un settore da 180 miliardi e si stima che si arriverà a 220 miliardi nel 2024, senza dimenticare il fenomeno degli eSport, in continua crescita, con montepremi milionari e giocatori professionisti. L’informazione italiana sta mancando enormi opportunità: parlare di un videogioco di Satoshi Tajiri come parlerebbe di un film di Christopher Nolan; valutare e commentare gli eventi di Star Wars: Episodio III e Rogue One: A Star Wars Story con quanto accaduto in Star Wars Jedi: Fallen Order. E quale migliore occasione del Be Comics: «festival internazionale del fumetto, del gioco e della cultura pop»?
Durante l’ultimo weekend, la Fiera Milano ha ospitato l’evento completamente dedicato ai videogiochi più importante d’Italia, la Milan Games Week. Dall’edizione del 2014, il festival è entrato nel circuito europeo insieme alle edizioni di Parigi, Madrid e Varsavia. Questo rende l’evento fieristico prestigioso e i videogiocatori italiani hanno risposto con grande entusiasmo; infatti, il sold out non è figlio dell’evento storico particolarmente delicato che stiamo vivendo con la pandemia da Covid-19, ma la necessità della comunità videoludica di rivedersi per condividere una passione.
L’evento ha previsto la comunione della fiera videoludica con il Cartoomics, ma ho passato la maggior parte del mio tempo ad assaporare il gaming italiano per comprenderne la sua evoluzione, dopo questo lungo periodo di pausa. Dalla Milan Games Week mi porto a casa tre peculiarità che contraddistinguono il settore videoludico, in particolare quello italiano: i match e tornei dell’eSport, l’indie dungeon e ovviamente le interviste e gli show di alcune delle personalità più influenti del settore.
Esport, il motore del gaming italiano
Sarà sufficiente guardare la classifica dei giochi più venduti fino a Natale per capire che i videogiocatori italiani amano la competizione. Come dimostrato dalle ricerche di IIDEA durante questi anni, FIFA 22 eCall of Duty: Vanguardsaranno i titoli più apprezzati; il motivo di questa scelta risiede nella necessità di competizione del gamer, in particolare quello più giovane. A partire da questo, potrete facilmente intuire quanto abbia apprezzato, durante l’Intel Esport Show, in egual misura le prodezze degli eSporter e la passione del pubblico, che ha mostrato quanto i videogame uniscano lo sport e l’intrattenimento in un unico medium capace di dare enormi emozioni e soddisfazioni.
Non siamo ancora all’elevata mole di spettatori d’oltreoceano, ma la passione del pubblico è in netto aumento e la si può constatare solamente se si è presenti in eventi tematici come la Milan Games Week. Agli occhi dello spettatore italiano contemporaneo, una prodezza dalla durata di un istante di Pow3r equivale a dribbling secco di Chiesa o un ace di Berrettini. I freddi numeri lo dimostrano, ma soltanto presenziare a un evento dal vivo fa percepire l’intrattenimento sportivo degli eSport.
Indie Dungeon
Parlare con gli sviluppatori è il motivo per cui amo andare in fiera. Esattamente come già avvenuto al PLAY di Modena, ho dedicato la maggior parte del mio tempo al confronto con diversi sviluppatori e imprenditori italiani sul settore videoludico e la sua evoluzione. Da qui lo spunto che come Paese dobbiamo fare ancora tanto; banalmente perché le istituzioni non riescono a mantenere il passo dei nostri talenti, che si sono esaltati durante lo show meneghino.
I giochi mostrati all’Indie Dungeon erano dodici, di cui due hanno attirato la mia attenzione perché portano in Italia uno dei generi più apprezzati dagli amanti della scena indipendente: i metroidvania.
The Darkest Tales
Già noti per Bud Spencer & Terence Hill – Slaps And Beans, Trinity Team ha presentato The Darkest Tales; un metroidvania crudo, a tratti splatter che unisce l’acume del genere con la cultura italiana. La trama racconta di un orsacchiotto che entra nella mente della padroncina, verosimilmente malata, con l’obiettivo di difenderla dai suoi stessi incubi. Il risultato è un metroidvania scandito da una voce narrante, similmente a quanto già visto in Lost in Random, ma con la sagacia di alcuni dei personaggi italiani più amanti come Pinocchio, ma in salsa horror.
The Perfect Pencil
Un’altra faccia della medaglia è il metroidvania di Studio Cima, The Perfect Pencil. Il titolo prevede che il protagonista affronti un ambiente che rispecchia le sue paure. Tratto dal percorso personale del creatore, Stefano Rauzi, The Perfect Pencil può essere affrontato in due modi: come un classico gioco del suo genere, sfruttando quindi riflessi e colpo d’occhio tipici del gameplay di un metroidvania oppure usando l’abilità peculiare del protagonista; infatti, una volta riempita una parte della propria matita, potrà sfruttare la camera sul suo volto per scoprire importanti segreti del livello o della trama.
Inutile dire, che oltre al gioco, ci sono sempre le persone. Conoscerle in eventi come la Milan Games Week mi ha dato maggior empatia con la loro creazione, sensazione a volte difficile da provare con una demo su Steam, magari giocata in un momento di apatica noia. Le fiere servono a questo, ad aggiungere la quarta dimensione, dove il proprio tempo si unisce a quello degli sviluppatori, in uno scambio interessato di opinioni ed interessi.
Show Pokémon
Gli eventi disponibili tra il Main Stage e The Square hanno fatto passare il tempo velocemente e con estremo piacere mi sono accorto che il brand Pokémon è vivo e vegeto. Approfittando dell’imminente uscita di Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente, mi sono reso conto che avere trentuno anni e giocare ai Pokémon è qualcosa di assolutamente comune, come dimostrato da Francesco Pardini. Anzi, la bellezza dei Pokémon è che non esiste un’età definita per amare il franchise; infatti, ho conosciuto ragazzi e ragazze di tutte le generazioni, che amano un brand che ritenevo fosse interessante solamente per i giovani vecchi della mia età.
La Milan Games Week mi ha mostrato che mi sbagliavo. Il franchise Pokémon, nonostante i diversi errori di Game Freak negli anni, è ancora estremamente importante, anche grazie alla capacità di evolversi su più fronti. La minuzia del competitivo ha permesso agli eSporter di Pokémon Spada e Scudo di diventare delle figure di riferimento del panorama videoludico italiano, ma i mostriciattoli si prestano anche a veri e proprio talk show che sembrano destinati a trasformarsi in base al medium di riferimento, ma mai a morire.
Conclusione
La fotografia del Milan Games Week 2021 mostra la necessità dei videogiocatori di esprimere la propria passione oltre al gioco in sé. I videogiochi non possono essere più visti come un passatempo solitario, semplicemente perché si sono evoluti. La nostra soggettività ci dirà se in meglio o in peggio, ma l’evento di Milano è il manifesto ideale per far comprendere come il videogioco sia un medium che crea connessioni sociali, che diventa comunità in eventi dal vivo. Nulla di nuovo, ma rendersene conto dopo uno stop forzato, ha decisamente tutto un altro sapore.
Lo scorso weekend, Modena Fiere ha ospitato il PLAY: Festival del Gioco 2021, la kermesse emiliano-romagnola del gioco. Parteciparvi è stata ancora una volta un’esperienza intensa e divertente, ma tutte le sensazioni sono state amplificate dal lungo stop causato dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. Emozioni di cui sentivamo la necessità e che dopo averle riprovate, non possiamo farne a meno.
L’evento digitale non basta
La pandemia di COVID-19 è un evento che le prossime generazione leggeranno nei libri di storia e qualsiasi evento mondano andava giustamente fermato. Fortunatamente, la tecnologia ci è venuta in soccorso anche in queste piccole necessità, permettendoci di distrarci da una situazione così terribile; anche i format più consolidati come l’E3 (2021) o il Gamescom sono scesi a patti con gli eventi digitali. Tutto quello che abbiamo visto in questo anno e mezzo non è altro che un lungo video, che ci ha informati, ma non appagati.
Se da un lato gli show online hanno permesso anche a chi non poteva andare alle fiere di assistere interamente agli show, chi invece vuole portare la propria passione su un altro livello è rimasto deluso. Del resto, in un evento digitale non è possibile conoscere nuove persone, provare delle demo confrontandosi con altri appassionati o addirittura con gli autori, scoprire nuove nicchie… poiché quel piacere è occultato da noiosi menù a tendina e una moltitudine di informazioni celate. Al PLAY 2021 invece, siamo riusciti a fare proprio quello che ci mancava di più.
La fiera e le persone
In questa edizione abbiamo avuto la possibilità di incontrare svariate nuove persone, che hanno arricchito il nostro bagaglio culturale. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere autori di librogame; parlare con creatori di videogiochi indie impegnati nella lotta all’hikikomori, il fenomeno che spinge le persone ad abbandonare la vita sociale a favore di veri e proprie fasi di isolamento fisico e mentale; avere sempre qualcuno al nostro fianco che ci spiegasse una meccanica di gioco quando i dubbi non ci permettevano di proseguire nella partita. Gli eventi fieristici si basano sull’interazione delle persone: il PLAY 2021 è stato un continuo scambio di opinioni accompagnato da un elevato senso di responsabilità da parte degli espositori, che igienizzavano continuamente le proprie postazioni, e degli spettatori che hanno sempre rispettato le norme di sicurezza previste.
La fiera e le nicchie
Il PLAY 2021 non ci ha mostrato esclusive mondiali, ma ci ha fatto conoscere tante piccole nicchie che hanno attirato la nostra attenzione.
Il librogame, più una rivincita che una nicchia, è stata una piacevolissima scoperta di cui chi vi scrive conosceva le meccaniche, ma non aveva mai visto la passione che li circonda. Scrittori, disegnatori e tanti altri addetti ai lavori che si spendono per continuare a evolvere un genere che si dava per finito con l’avvento di film interattivi e videogiochi e che invece ha imboccato un proprio percorso di crescita virtuoso. Tornare a casa con la copia autografata da Andrea Tupac Mollica e Katerina Ladon di Hong Kong Hustleè un piacere immenso, che nessun evento digitale può dare.
In una fiera dove giochi da tavolo, giochi di ruolo e card game sono i padroni di casa, è stato sbalorditivo trovare una visual novel indie che ci ha fatto vivere un intenso momento di introspezione. Nostalgici Anonimi è un modo alternativo di narrare che Hufu e MITE (fondazione senza fini di lucro che favorisce il massimo livello possibile di benessere dei minori) hanno usato per affrontare il tema dell’hikikomori. Nel mio caso, è stata anche l’occasione per un’interessante conversazione con il creatore del gioco, che ha basato il suo titolo sull’importanza di accettare se stessi, rispettando l’ambiguità del carattere umano come somma di pregi e difetti.
La fiera e le demo
Provare nuovi titoli è abbastanza scontato anche negli eventi digitali, ma farlo con qualcuno che ti aiuta a padroneggiare il gioco passo dopo passo è decisamente più divertente. Oltre a Nostalgici Anonimi, il titolo più vicino al mondo dei videogiochi che abbiamo provato è stato Skytear, un gioco da tavolo ispirato ai MOBA, in particolare League of Legends: un titolo che abbiamo già provato qualche anno fa, ma di cui ora abbiamo potuto gustare l’importante rework ricevuto, grazie anche all’aiuto di esperti del gioco. Avere una persona che ti guida nel percorso d’apprendimento può essere un vantaggio, ma anche una necessità; quante volte abbiamo rifiutato una partita a un gioco da tavolo perché avevamo paura delle regole da imparare?
Conclusione
Il nostro Modena PLAY 2021 è stato un piacevole ritorno, in totale sicurezza, a una straordinaria normalità. Essere presenti ci ha ricordato quanto una parte del nostro divertimento passi dal condividere le nostre passioni con gli altri: guardando le persone negli occhi, scrutando i loro pensieri e abbracciando le loro emozioni. Gli eventi fieristici hanno lo svantaggio di farti tornare a casa con i piedi doloranti e annoiarti con file interminabili in attesa di provare una demo: prima della pandemia ne valeva la pena, oggi è assolutamente necessario.
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