Categorie
Recensioni

Assassin’s Creed Shadows – Recensione

Assassin’s Creed Shadows è il nuovo, attesissimo episodio della celebre saga degli assassini. Nel corso degli ultimi vent’anni questa serie è stata croce e delizia per moltissimi videogiocatori. Anche questo episodio è stato oggetto di numerose polemiche a causa dei continui rinvii. Ubisoft, dopo anni di richieste da parte dei fan, esplora il Giappone feudale, un “set” intriso di storia, mitologia ed intrighi.

Rilasciato il 20 marzo 2025, AC Shadows strizza l’occhio sia ai fan di vecchia data che ai nuovi giocatori, offrendo al pubblico un titolo altamente cinematografico…forse pure troppo! Durante l’intero prologo, di una mezz’ora scarsa, toccheremo il pad per appena cinque minuti.

Per carità, siamo dei fan di titoli con una scrittura coinvolgente ed una trama articolata, ma restare semplici spettatori di un prologo per la maggior parte del tempo ci ha fatto storcere il naso.

Samurai e shinobi in un caos feudale

La trama si svolge durante l’epoca Sengoku, più o meno dal 1467 al 1615, un periodo segnato da infinite lotte intestine, poiché il territorio era frammentato in miriadi di feudi perennemente in lotta fra loro.

Si seguono le vicende di due protagonisti principali: Naoe, una shinobi legata alla confraternita degli assassini che reclama vendetta per la morte del padre e Yasuke, un samurai di colore che deve confrontarsi con il proprio senso di onore e le sue alleanze.

Le storie personali vengono abilmente intrecciate sia fra di loro sia con il più ampio conflitto assassini-templari proprio della serie, introducendo anche i dilemmi morali dei protagonisti che mantengono l’interesse dei giocatori sempre vivo.

Come accennato all’inizio, la scrittura del gioco è il fiore all’occhiello della produzione, con dialoghi realistici e ben recitati. A proposito di questo, il titolo è completamente localizzato nella nostra lingua. Se fossimo in voi, però, un “giro” in lingua originale giapponese (con sottotitoli in italiano ovviamente, a meno che non siate conoscitori della lingua orientale) ve lo consigliamo.

Ogni incontro nel gioco, dai contadini oppressi ai daimyo ambiziosi (signori feudali giapponesi) contribuiscono a creare una narrazione efficace e ad immergere il giocatore nel periodo storico di riferimento.

Il Giappone in modalità stealth

Come ben sapete, la caratteristica principale dei vari titoli della serie è sempre stata la possibilità di approcciare ai combattimenti ed alle situazioni in modalità stealth. Questa caratteristica viene mantenuta in Assassin’s Creed Shadows e anzi, viene spinta alla sua massima espressione con il personaggio di Naoe (l’unica dei due personaggi che può realizzare questo tipo di approccio), che può sfruttare ombre dinamiche e nascondigli naturali come anfratti di rocce, alberi e tetti di paglia.

Anche le armi riescono nell’intento di cogliere di sorpresa gli avversari. Il gioco sfrutta bene la varietà delle armi a disposizione nel Giappone feudale. Parliamo di gadget quali, ad esempio, shuriken avvelenati e bombe fumogene che aggiungono quindi una varietà strategica agli attacchi.

Nel corpo a corpo i classici pugnali e la intramontabile katana rendono il combattimento fluido ed appagante. Il combattimento richiede una certa dose di precisione e tempismo. Ovviamente, come in ogni episodio precedente, sta al giocatore scegliere il tipo di approccio che più gli si addice o che più si addice alla situazione.

Le quattro stagioni

In AC Shadows, Ubisoft ha apportato delle innovazioni che sicuramente sono da ritenersi interessanti e che portano, finalmente, una ventata di freschezza al titolo. Viene introdotto infatti, in questo capitolo, un sistema meteorologico dinamico. Le condizioni climatiche, infatti, cambiano in modo del tutto casuale durante la partita. Come nella realtà.

Immaginate di essere ad un punto cieco. Siete nascosti dietro un muretto ed i nemici sono a copertura dell’obiettivo nei punti giusti. Una intensa pioggia improvvisa od una fitta nebbia potrebbero volgere a vostro favore le sorti dello scontro, permettendovi di approfittare dell’effetto sorpresa e dalla scarsa visibilità.

Ma Ubisoft non si è fermata a questo. Viene introdotto anche l’alternarsi delle stagioni. Eliminare un nemico in primavera non avrà lo stesso effetto che eliminarlo in pieno inverno, con neve e ghiaccio.

A completamento delle innovazioni apportate e degne di nota, troviamo l’introduzione di un sistema di scelte morali che ha un impatto diretto sulla storia e sugli esiti dei protagonisti. Le varie decisioni possono sbloccare alleanze e decidere la sorte di numerosi personaggi, in particolare quelli secondari.

Mappe che non aiutano

Ciò che invece non ci è davvero piaciuto è la gestione della mappa di gioco. Essa è mediamente grande, più ampia rispetto a quella dell’ultimo capitolo, AC Mirage, ma risulta decisamente meno ampia, ad esempio, di AC Odissey o Assassin’s Creed Valhalla. Viene introdotto un sistema di vedette, che vengono inviate per trovare gli obiettivi da seguire. Inoltre, sebbene vengano forniti una serie di indizi, abbiamo trovato piuttosto ostico il solo individuare sulla mappa la destinazione da raggiungere. Ci è capitato di restare impantanati per minuti non sapendo che direzione prendere. Secondo noi, si tratta di una vera caduta di stile. Non manca, naturalmente, anche il classico rifugio da fondare ed ampliare.

Purtroppo, Assassin’s Creed Shadows non è esente dal problema che ha attanagliato un po’ tutti i titoli precedenti, ovvero l’imprecisione nella gestione dei movimenti del/della protagonista. Ci è capitato di restare bloccati dietro un asse di legno, o tra le canne di bambù, oppure di non trovare la giusta angolazione per scalare le pareti e restare così, fatalmente, alla mercé degli attacchi nemici, incontrando, il più delle volte, morte certa.

Assassin's creed Shadows

Paesaggi e musiche giapponesi

Ciò su cui quasi nulla si può appuntare ad Ubisoft è la qualità grafica raggiunta. I paesaggi mozzafiato, le espressioni dei volti e i fluidi movimenti dei personaggi, risultano davvero convincenti. Le città brulicano di vita, con mercati affollati, templi maestosi e castelli imponenti che catturano decisamente l’atmosfera del Giappone feudale.

Il motore di gioco riesce a sfruttare appieno l’hardware a disposizione. Anzi, il gioco è stato testato su un mini pc da gaming con AMD Ryzen 9, scheda grafica integrata sempre AMD e 32 gb RAM. Più che nelle fasi di combattimento, il gioco ha rallentato nelle fasi a cavallo, nello specifico, in quelle a galoppo, dove il tutto sembrava procedere al rallenty. testando in seguito il gioco su un monitor più performante (da 144 a 170 Hz) le cose sono migliorate.

Dal lato audio, Abbiamo apprezzato le musiche, tutte a tema, che immergono i giocatori nell’atmosfera, diventando più concitate e drammatiche nel momento del combattimento o di un evento importante del gioco. Anche gli effetti sonori sono incredibilmente realistici, ma era il minimo che potessimo aspettarci da parte di Ubisoft.

Assassin’s Creed Shadows, in definitiva, è un grande titolo. Il gioco non è esente da difetti, ma risulta sicuramente degno di essere giocato. Quello che “stufa” un attimo è l’enormità delle cose da fare nel mondo. Mi spiego meglio. Già per sbloccare Yasuke ci vuole un congruo numero di ore di gioco con Naoe, che, da sole, basterebbero per un videogioco tripla A stand alone (calcolate solo sulla storia principale). Se ci mettiamo che la mappa è divisa in nove regioni, ognuna con le sue peculiarità, fedelmente riportate, alziamo le mani al lavoro mirabile degli sviluppatori. Tuttavia, per riempire questo mondo “immenso“ sono state pensate innumerevoli missioni secondarie. Sappiamo che la quantità non è sempre sinonimo di qualità e anche in questo caso è così, portando il giocatore medio a prediligere la storia principale e perdendosi così molto dell’esperienza di gioco.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS5 PRO, Xbox Series X/S, Microsoft Windows
  • Data uscita: 20/03/2025
  • Prezzo: 69.99 €

Ho giocato ad Assassin’s Creed Shadows a partire dal day one su Microsoft Windows

Categorie
News

Assassin’s Creed Shadows, tutto quello che c’è da sapere per il day one

Dopo ritardi, e incertezze aziendali, Ubisoft è pronta a lanciare Assassin’s Creed Shadows. Il fermento sul franchise è solitamente molto alto, ma quest’ultimo sembra essere ancora maggiore rispetto a Valhalla, perché l’ambientazione scelta dalla compagnia francese è attesa dalla community da molto tempo: il Giappone. Per questo motivo, a pochi giorni dall’uscita mondiale di Assassin’s Creed Shadows, vi informo di tutto quello che c’è da sapere per preparsi al meglio al day one.

Quando esce Assassin’s Creed Shadows?

Il nuovo videogioco di Ubisoft uscirà il 20 marzo 2025. Per essere più precisi, su PlayStation 5 e Xbox Series X/S sarà possibile cominciare a giocare dalle 00:00 del 20 marzo. Gli utenti PC invece potranno iniziare la scoperta del Giappone dalle 23:00 del 19 marzo se hanno acquistato su Ubisoft Connect. Chi ha scelto Steam dovrà attendere le 05:00 del 20 marzo.

Una notizia delle ultime ore ha aggiunto un’interessante novità per la community Xbox. Microsoft ha infatti comunicato che Assassin’s Creed Shadows sarà disponibile, a partire dal day one, su Xbox Cloud Gaming. Questo significa che tutti i possessori di Xbox Game Pass Ultimate potranno giocare al videogioco da subito.

Buone notizie anche per i possessori di Steam Deck. Ubisoft ha annunciato che Assassin’s Creed Shadows sarà garantito anche su Steam Deck sin dal day one. Valve non ha ancora confermato se si tratta di una piena compatibilità o parziale. A breve riceveremo sicuramente ulteriori dettagli.

Specifiche console

Assassin's Creed Shadows: specifiche console day one

Dopo l’ultimo rinvio, Ubisoft ha rimaneggiato le specifiche console del gioco. A pochi giorni dal lancio, possiamo prendere per ufficiali e definitive le ultime mostrate. Assassin’s Creed Shadows avrà tre modalità su PlayStation 5, PS5 Pro e e Xbox Series X. Le modalità sono: Performance, Balanced e Fidelity.

Su PS5 e Xbox Series X, le caratteristiche sono le medesime: 2160p di risoluzione ed FPS bloccati rispettivamente a 60, 40 e 30 FPS con un utilizzo del Ray Tracing parziale. PS5 Pro differesce dalla sua versione “liscia” per il Ray Tracing Extended, completamente supportato ma solo nella specifica Fidelity.

Discorso diverso per Xbox Series S. La piccola di casa Microsoft avrà un’unica specifica con risoluzione a 1620P, 30 FPS e Ray Tracing “Selective”.

Secondo le ultime informazioni, il peso del gioco al day one è di circa 110GB.

Trama e Gameplay

Assassin’s Creed Shadows è ambientato nel Giappone Feudale. Durante la nostra campagna potremmo affrontare ogni missione impersonando uno dei due protagonisti. La prima è Naoe, assassina shinobi, esperta di furtività come molti protagonisti di Assassin’s Creed prima di lei. Il secondo è Yasuke, samurai che ricorda lo stile di lotta di Valhalla.

Qualunque sia la scelta, Ubisoft ha rivelato che la storia principale richiede tra le 30 e le 40 ore. Chi vuole invece portare a termine l’intero gioco, dovrà avventurarsi per circa 80 ore. Ovviamente, il contatore del tempo dedicato è destinato ad aumentare con i DLC e i contenuti gratuiti che arriveranno in seguito.

In aggiunta, Shadows è stato terreno fertile di critica per la modalità canonica. Si tratta di una versione del gioco in cui il videogiocatore non dovrà prendere decisioni, perché la trama sarà predeterminata, senza possibilità di deviazioni di alcun tipo. Jonathan Dumont, direttore creativo del titolo, ha giustificato questa scelta con la volontà di dare ai fan una narrazione definitiva e canonica, da aggiungere nella timeline del franchise.

Animus Hub

Come ampiamente spiegato qualche mese fa, Assassin’s Creed Shadows introduce un nuovo hub per la serie. Animus Hub è una piattaforma unificata che permetterà di accedere a tutti giochi del franchise da Origins in avanti.

Categorie
Recensioni

Indiana Jones e l’Antico Cerchio – Recensione

La storia è ciclica, in particolare quella cinematografica. Così come Star Wars, anche il franchise di Indiana Jones è approdato tra le braccia di Topolino e questo movimento finanziario ha riportato in auge il personaggio cinematografico più iconico di sempre. Sin dagli anni 80, il successo di Indiana Jones si è riversato anche sugli altri medium, con particolare fortuna per quello videoludico dove l’archeologo americano è stato particolarmente produttivo. Abbandonata dunque la serie di LEGO, Indy torna nelle fattezze “umane” di Harrison Ford per una nuova avventura videoludica sviluppata da MachineGames (dal 2014 impegnati su Wolfenstein e Quake), guidati dall’esperto Todd Howard (produttore esecutivo del gioco). In questa recensione vi dirò se Indiana Jones e l’Antico Cerchio sia riuscito a fare meglio del suo coetaneo film del 2023.

Ritorno all’avventura

L’Antico Cerchio è tutto all’insegna del ritorno, sia dentro che fuori lo schermo. Il ritorno di Indiana Jones nel mondo videoludico passa proprio con il ritorno all’avventura di Indy. Tutto inizia infatti tra i corridoi del Marshall College, dove il nostro protagonista insegna archeologia. Il dottor Jones ha deciso, senza troppa convinzione, di abbandonare le ricerche sul campo a favore di una vita più tranquilla, ma si sa, se Indy non è alla ricerca dell’avventura, allora sarà l’avventura a cercare lui.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: College

La trama prende il via con l’irruzione di un energumeno all’interno del museo universitario e il furto di un manufatto egizio. Il motivo è ovviamente collegato all’Antico Cerchio, un manufatto divino di cui non vi racconterò nulla, ma che ci riporta indietro all’epicità dei primi film di Indiana Jones.

Siamo nel 1937, dopo gli eventi dell’Arca Perduta, ma prima dell’Ultima Crociata. La seconda guerra mondiale è alle porte e gli indizi a seguito del furto conducono Indy in Italia, in particolare a Città del Vaticano, dove una cospirazione ha dato libero accesso ai fascisti tanto alla Città quanto al suo tesoro culturale. Tanto basterebbe per rendere affascinante il viaggio di questo nuovo Indy, ma MachineGames è andata oltre le mie aspettative.

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è un viaggio in un mondo che teme una nuova Grande Guerra. E tutte le mete del gioco sono eccezionali nella loro cura: Italia, Egitto, le giungle del Siam (Thailandia), Himalaya e qualche altra piacevole sorpresa che sarete voi a scoprire. E con loro i personaggi, reali e di fantasia, che hanno fatto la storia del globo e di questo titolo. Tra questi anche Mussolini, che fornirà il massimo supporto all’arcinemico del gioco, ovviamente nazista, Emmerich Voss.

Un particolare plauso va fatto agli attori dell’Antico Cerchio tanto per la qualità attoriale quanto per il doppiaggio. I complimenti non sono solo per Troy Baker, interprete di Indy applaudito anche da Harrison Ford, ma anche e soprattutto Marios Gavrilis, che impersona Voss, un occultista nazista senza scrupoli che ci riporta al nefasto periodo dell’Ahnenerbe. Per fortuna non saremo soldi a fronteggiare i nazisti. L’Indy Girl prescelta per questa avventura è la giornalista Gina Lombardi, magistralmente interpretata da Alessandra Mastronardi.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Mastronardi

Sotto il punto di vista tecnico, lo stile e le texture grafiche sono di altissimo livello. La scelta di avere tantissimi intermezzi in stile cinematografico è vincente. Durante la mia partita sono stato un po’ protagonista del videogioco e un po’ spettatore di un film di Indiana Jones, ed è stato bellissimo, anche perché le musiche di Gordy Haab sono eccezionali e meriterebbero di stare in una sala cinematografica.

Il mondo di gioco è suggestivo, così come la resa grafica dei suoi personaggi. Indy è Harrison Ford e gli altri attori si distinguono per la loro bellezza. Sotto questo punto di vista, l’unica nota negativa è sulle animazioni. Più di una volta la Mastronardi della mia partita (ma non solo) ha sofferto movimenti e spasmi ben lontani dalla realtà.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Egitto

Quello appartiene a un museo

Il canovaccio moderno dei videogiochi si adatta perfettamente a un titolo su Indiana Jones. Nonostante l’Antico Cerchio non sia un open world (ogni parte del mondo è un maxi-livello a sè stante), MachineGames mi ha permesso di gestire le missioni come avrei fatto in videogiochi come Skyrim o Cyberpunk 2077.

Di conseguenza, si può decidere se andare direttamente fino alla fine del gioco seguendo la missione principale oppure fermarsi ad aiutare i personaggi non giocanti e soprattutto esplorare e scoprire tutti i segreti, manufatti e perk che il gioco ci dona. Nello specifico, Indiana Jones non aumenterà di livello, ma potrà potenziarsi attraverso la lettura di libri, che troveremo in giro per il mondo o che potremmo acquistare da alcuni speciali negozianti. Inutile dire che fa parecchio comodo affrontare il finale con qualche abilità in più.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Emmerich Voss

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è un action in prima persona in cui è possibile combattere, ma decisamente sconsigliato. Negli scontri diretti, le armi principali sono due: i nostri pugni e un’arma speciale (il revolver di default). Come avrete già intuito, la scelta migliore è sempre quella che fa meno rumore. Sparare un colpo di pistola significa attirare l’attenzione di praticamente tutti. E morte spesso certa. D’altro canto le scazzottate sono abbastanza potenti già nella versione base, anche se in generale è sempre meglio essere furtivi.

L’Antico Cerchio è soprattutto un videogioco in cui conta la furtività, anche se molto diluita. I nemici hanno un indicatore sopra la testa che si riempe abbastanza lentamente. Non sarà troppo difficile passare inosservati e sarà sempre possibile cogliere di sorpresa i nemici alle spalle colpendoli alla testa con praticamente qualsiasi oggetto immaginabile (con effetti esilaranti, come i film insegnano).

Le fasi stealth, e la loro importanza, mi portano a parlare del punto più negativo del gioco. Nella mia esperienza, l’intelligenza artificiale è stata sotto la media per la maggior parte del gioco con un netto miglioramento solo nei livelli conclusivi. Più di una volta, in Città del Vaticano, sono riuscito a superare interi pezzi gremiti di fascisti semplicemente correndo fino alla porta che faceva scattare un cinematic. Per fortuna stiamo parlando di un videogioco estremamente ironico dove anche questi problemi passano in secondo piano, ma sono stato sorpreso, in negativo, dai pattern dei nemici.

Non fatevi però trarre in inganno: Indiana Jones non è, e credo non voglia proprio essere, un FPS stealth. Anzi, la scelta è la più azzeccata possibile, ma quello che rende l’Antico Cerchio un’opera sopra la media è la possibilità di vivere in prima persona un film di Indy, da protagonista, e al massimo dell’esperienza. Ed essere Indiana Jones significa risolvere enigmi.

Gli enigmi ambientali sono il vero fulcro dell’Antico Cerchio ed è qui che ho dovuto pensare come l’archeologo più famoso al mondo. MachineGames ha voluto rendere il gioco accessibile a tutti, ma come insegna Super Mario, anche sfidante per i veterani. Gli enigmi della missione principale mi hanno messo in difficoltà in qualche punto e mi hanno costretto a usare la macchina fotografica di Indy per avere un indizio in più.

Dove però le cose si fanno difficili è nelle secondarie e nella scoperta dei tanti misteri del gioco. Per trovare la maggior parte dei collezionabili, sarà necessario utilizzare la testa e soprattutto la frusta. Quest’ultima è appena utile durante i combattimenti, ma diventa fondamentale per gli enigmi ambientali.

Come avrete già capito, esattamente come in Skyrim dello stesso Todd Howard, la trama principale è solo una parte del divertimento e tutto il mondo vi spinge a divertirvi. Il level design è realizzato con la stessa qualità dei migliori Wolfenstein di MachineGames, poiché offre diverse strade per raggiungere lo stesso obiettivo. E qualora non vi bastasse, sappiate che Indy può camuffarsi. I travestimenti non solo vi daranno un’altra arma speciale in sostituzione al revolver, ma anche la possibilità di non essere (quasi completamente) avvistati dai nemici di estrema destra.

Indiana Jones Antico Cerchio Recensione: Frusta

In definitiva, mi sono goduto fino all’ultimo centimetro di questo mondo perché è bello essere Indiana Jones: è bello esplorare il mondo, trovare gli artefatti più rari e collezionare mappe, libri e attrezzatura nazista. E il videogioco vi mette nelle condizioni di farlo nel miglior modo possibile. Per quanto io non sia un appassionato del platinare i giochi, una volta terminata questa recensione tornerò tra il deserto di Giza e i monumenti di Roma per scoprire ogni singolo mistero ancora da scoprire, perché del resto sono il miglior archeologo del mondo.

Conclusione

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è il miglior videogioco di Indy mai creato. Un’affermazione di gran valore se consideriamo la lunga lista di videogiochi sull’archeologo americano, di cui tante avventure grafiche di altissimo livello. MachineGames è riuscita nel miracolo di sfruttare un’IP così importante al massimo del suo potenziale, creando una storia credibile che potrebbe tranquillamente essere trasportata su pellicola. La scelta di un gameplay basato sugli enigmi e supportato da uno stealth in prima persona è vincente, nonostante l’intelligenza artificiale sia decisamente acerba. Tutto il resto invece è tremendamente bello. Un must play per chiunque, anche per chi non ha mai visto un film di Indiana Jones.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Xbox Series X, Xbox Series S, PC
  • Data uscita: 09/12/2024
  • Prezzo79,99 €

Ho giocato e completato il gioco su Xbox Series X via Game Pass.

Categorie
News

Kunitsu-Gami: Path of the Goddess è ora disponibile

Dopo aver svecchiato tante importanti IP, tra tutte quella di Resident Evil grazie all’Engine proprietario, Capcom continua il suo prolifico periodo di produzioni di alto livello con un nuovo videogioco. Kunitsu-Gami: Path of the Goddess è un gioco di azione e strategia che nasce dal folklore giapponese ed è ora disponibile su Xbox Series X/S, Xbox One, PC, PlayStation 5 e PlayStation 4. In aggiunta, Kunitsu-Gami è già pronto per essere giocato anche su Xbox Game Pass.

L’ultima fatica di Capcom è ambientato sul monte Kafuku, un tempo luogo pieno di vita e e natura. Adesso invece è invaso da un’inquietante profanazione e dalle Furie. Sarà compito del videogiocatore fronteggiare la minaccia impegnandosi in un gameplay ibrido tra gioco d’azione e tower defense immergendosi in un ciclo giorno/notte unico. Con la luce del sole, i videogiocatori dovranno esplorare il villaggio e prepararsi a proteggere la Sacerdotessa Yoshiro. Durante la ntote, le Furie entreranno in scena e bisognerà difendersi dal male proveniente dalle porte Torii.

Categorie
News

Sand Land, pubblicata una demo e un trailer con un nuovo mondo

Bandai Namco ha mostrato una nuova zona di Sand Land, Forest Land, un mondo verde e rigoglioso immaginato appositamente per il videogioco e la serie animata dal compiato autore Akira Toriyama. In questo nuovo scenario, Belzebubù e i suoi amici si trovano ad affrontare un esercito spietato guidato da Muriel, dando vita a una serie di battaglie esplosive contro i generali di Forest Land. Per anticipare l’azione, un nuovo trailer ha svelato le incredibili sfide e i nuovi personaggi che i giocatori incontreranno in questo mondo affascinante.

Ma non finisce qui: per prepararsi a questa nuova sfida, i giocatori possono già immergersi nell’azione grazie a una demo di Sand Land, disponibile per PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox Series X/S e Steam. Nella demo, i giocatori possono esplorare una parte della mappa insieme a Belzebubù, lo sceriffo Rao e il Ladro, sperimentando le loro abilità uniche mentre attraversano le dune e affrontano i nemici. Inoltre, potranno provare la personalizzazione delle armi e gli upgrade per il proprio veicolo, aumentandone l’efficienza durante le battaglie e conducendo la propria squadra verso la vittoria.

Sia che si tratti di affrontare gli eserciti nemici o di personalizzare i propri veicoli, l’avventura promette di essere intensa e avvincente per tutti i fan del gioco e di Akira Toriyama.

Categorie
News

Princess Peach: Showtime è ora disponibile in esclusiva su Switch

Princess Peach: Showtime segna un momento epico per la Principessa Peach, finalmente pronta a prendere il centro del palcoscenico come protagonista indiscussa. Disponibile in esclusiva su Nintendo Switch, il gioco, già disponibile, offre un’esperienza avvincente e innovativa in cui i giocatori vestono i panni della principessa più amata dei videogiochi.

In questo nuovo primo capitolo, il Teatro Splendente è in pericolo, minacciato da una misteriosa nemica mascherata e dalla Compagnia dei Mosti. Ma Peach non è più la damigella in pericolo: è pronta a sfoggiare il suo coraggio e la sua versatilità, trasformandosi in una serie di eroine diverse. Con ben 10 identità da assumere, dai ruoli di spadaccina e detective a quelli di ninja e pasticciera, il gioco offre una varietà di gameplay mai vista prima.

Grazie al potere del suo fiocco magico, Peach può interagire con il palcoscenico e cambiare forma a suo piacimento, portando nuova vita all’iconico personaggio. L’avventura si sviluppa attraverso scenari mozzafiato e colpi di scena, offrendo un’esperienza coinvolgente e avvincente per i giocatori di tutte le età.

Princess Peach: Showtime! è presente sul Nintendo eShop anche con una demo gratuita.

Categorie
Recensioni

Prince of Persia: The Lost Crown – Recensione

Quando ho avviato per la prima volta “Prince of Persia – The Lost Crown” avevo molte domande che mi frullavano in testa, le classiche domande che ci si pone quando si ha tra le mani un metroidvania: il livello di sfida sarà crescente e ben livellato? Quanti pad manderà nel paradiso dei pad? La storia sarà ben scritta? Posso dire che il titolo di Ubisoft Montpellier ha superato quasi a pieni voti i vari esami. Ma andiamo con ordine.

Questa recensione, come spesso accade per il nostro blog, non nasce con l’obbligo di dover fornire informazioni su un titolo a pochissimi giorni dalla sua uscita, ma con la velleità di regalare al lettore il commento a un gioco sviscerato a fondo e per lungo tempo.

Prince of Persia: The Lost Crown è un buonissimo gioco, anzi, dal mio punto di vista è un gioco eccellente. Non perfetto, ma sicuramente un titolo che sarà ricordato. È stato molto piacevole scoprire che il protagonista del gioco non è un Principe di Persia, in barba al lore della serie che prese il via nell’ormai lontano 1989. Anzi, il principe persiano in questione è oggetto della ricerca da parte del nostro eroe che, baldanzoso e arrogantello, appare immediatamente sullo schermo.

Si tratta di Sargon, guerriero facente parte del gruppo di mercenari chiamati “Gli Immortali”. Veniamo a conoscenza del fatto che le gesta di questo gruppo di eroi sono state determinanti per la vittoria della Persia sull’Impero Kusana e che sono attesi a Palazzo per incassare gli onori e la ricompensa della famiglia reale. I festeggiamenti, però, durano ben poco perché il principe Ghassan viene rapito da un gruppo – allerta spoiler – guidato niente popò di meno che da colei che ha insegnato a Sargon tutto quello che sa: Anahita. Partiti all’inseguimento, gli Immortali giungeranno al leggendario Monte Qaf, un tempo roccaforte degli idoli persiani e colpito da una tremenda maledizione che ha squarciato il tessuto temporale.

La storia e l’intreccio

Ho deciso di partire dall’ultimo dei miei dubbi iniziali e il motivo è presto detto: è l’unico che mi è rimasto sullo stomaco. The Lost Crown non gode di una storia particolarmente originale. Certo, il tempo e il suo scorrere avanti (e indietro) portano un valore aggiunto e quando si arriverà al primo momento topico, che mi guardo bene da svelare, tornerà  molto utile a Sargon e darà maggiore slancio all’avventura. Però, di “trova e recupera” l’universo videoludico è stracolmo e, forse, una trama più coinvolgente avrebbe giovato. I colpi di scena sono quasi un po’ telefonati e non lasciano a bocca aperta. Non starò qui a raccontarvi minuziosamente cosa accade, ovviamente, ma è certo che non è per la storia che questo gioco mi è piaciuto molto. Già, perché questo gioco mi piaciuto veramente molto.

La caratterizzazione dei personaggi

Non essendo stato giocato in pre-lancio, ho potuto leggere diverse opinioni sui personaggi, molte delle quali hanno definito il nostro eroe poco profondo o, addirittura, piatto. Devo dire di non trovarmi affatto d’accordo. Sargon e, in generale gli altri personaggi, per quanto poco inclini al dialogo (gli scambi dialettici sono ridotti all’osso durante l’avventura tranne che per le battute iniziale dove sono addirittura eccessivi e tendenzialmente inutili) trasudano fierezza ed eleganza. Il nostro eroe possiede quel tocco presuntuoso che lo rende affascinante per quanto un pizzico stereotipato a tratti. Non sto parlando di personaggi dal carisma straripante né indimenticabili ma che portano ben avanti la storia, sono credibili e ben caratterizzati. Sargon è un eroe solitario, duro, forgiato nel fuoco di un’infanzia difficile e celata. Tutto questo si legge ampiamente tra le pieghe del suo dire e non era semplice. La squadra degli  Immortali,  è vero, non è indimenticabile ma, essendo presenti sullo schermo di gioco per un tempo ridottissimo non credo fosse necessario lavorarci più di tanto. Tendenzialmente scappano via per qualche strano obiettivo e ci lasciano soli a fare tutto il lavoro. Come sempre accade.

Prince of Persia: The Lost Crown - Boss Fight

Salta, colpisci, vola e para

Dal mio punto vista, quando si giudica un metroidvania vanno analizzate due componenti essenziali: il lato platform e le dinamiche di combattimento. Con The Lost Crown rasentiamo la perfezione.

Dal lato platform, il gioco è programmato magistralmente. Sargon compie le sue evoluzioni in modo impeccabile e non mi è capitato mai, in oltre 28 ore di gioco, di imprecare per un salto impreciso o per l’attivazione ritardata di uno dei molteplici poteri che il nostro protagonista acquisisce col raggiungimento di alcuni punti cruciali dell’intreccio. Sullo schermo accade esattamente quello che abbiamo deciso che accada nel momento esatto in cui lo abbiamo preventivato (nel bene e nel male)  e questo non può che far sorridere il giocatore più esigente, quello che si frega le mani davanti ad un nuovo titolo e cerca la sfida.

Com’è giusto e canonico per qualunque metroidvania, poi, progredendo col gioco, il livello di difficoltà aumenta, ma è una crescita dolce e gestibile. Sia da un neofita che da un amante del genere. Non ci sono scorci troppo frustranti che mettono a rischio l’integrità dei pad e questo, a mio parere, è un bene. A tal proposito, una nota di merito va data alla possibilità di scegliere la modalità libera che lascia libero sfogo al gioco stesso, permettendo al giocatore di scovare i segreti progressivamente, raccogliere i collezionabili nascosti qui e lì e setacciare della mappa in ogni angolo e quella guidata in cui il giocatore è “spinto” verso l’obiettivo e garantisce di poter giocare avendo sempre davanti agli occhi il checkpoint successivo da raggiungere. Io ho giocato nella prima modalità e non me ne sono pentito affatto. Il gioco è scorrevole, divertente e mai noioso (se non per un parte centrale leggermente più lenta ma comunque godibile). Altra nota di merito per gli sviluppatori di Ubisoft va data per aver inserito la possibilità di modificare il livello di sfida sotto tutti i punti di vista, scegliendo il grado di forza, di resistenza dei nemici e la loro aggressività. Personalizzabile anche il livello di difficoltà delle parate in base al tempismo con il quale si vuole che siano efficaci o meno. Oltre a questa custom ci sono comunque i classici livelli di gioco tra cui poter scegliere: Principiante,  Guerriero, Eroe ed Immortale. Noi l’abbiamo giocato a livello Eroe ed è stata un’esperienza davvero soddisfacente.

Prince of Persia: The Lost Crown - Il Principe

Per quanto riguarda il lato action e, quindi, il combattimento ci troviamo di fronte ad un canovaccio noto agli amanti del genere: attacco, combo, parata, parry. Tutto già visto, quindi? No, perché si vede che in quel di Montpellier hanno lavorato tanto per regalare al giocatore una estrema libertà di scelta riguardo al modo di affrontare i nemici. Contro il più debole degli avversari fino alle varie boss fight, infatti, il repertorio di Sargon è estremamente variegato tra attacchi di sciabola orizzontali, verso l’alto, dall’alto, in volo, calci e scivolate offensive. Molto importanti, com’è giusto e ci aspettavamo, le parate e il tempismo con cui vengono eseguite cosa che, in determinati casi, permette al nostro eroe di contrattaccare in modo così efficace da finire il nemico. Il tutto condito dall’utilizzo di svariati poteri che si acquisiscono nel corso dell’avventura e che non danno mai la sensazione di essere stati piazzati lì come riempitivo o solo per un mero senso estetico. Ogni potere ha un suo utilizzo sia in combattimento, in combo con le varie mosse offensive, sia durante le fasi più complesse di avanzamento platform. Prince of Persia – The Lost Crown è un gioco ragionato e ben lavorato. Nulla è stato inserito per caso e questo è senz’altro un bene. 

La magia e la bellezza

Fin dall’inizio del gioco, il colpo d’occhio è di tutto rispetto. Arrivo a dire che, per quanto essenzialmente in 2D, i fondali sono così profondi, ben fatti e belli da vedere che la terza dimensione va ad insinuarsi nell’occhio del giocatore e dà al titolo i gradi di opera pittorica di assoluto livello.

È vero che in alcuni tratti, forse, i ragazzi di Ubisoft hanno preferito tirar dritto regalando momenti meno alti dal punto di vista visivo, ma in linea generale, Prince of Persia: The Lost Crown è un gioco molto, molto bello da vedere. Consiglio, per quanto concerne le console, di giocarlo su PS5 o Xbox Series X, se possibile, per godere appieno del motore grafico estremamente soddisfacente. Belle le animazioni di Sargon che adopera i propri poteri stilisticamente in modo ineccepibile e che fanno godere quando si affronta qualunque nemico. Insomma, The Lost Crown è uno splendido quadro in movimento, una vera gioia per gli occhi.

Conclusione

Prince of Persia: The Lost Crown è un bel gioco, ben programmato e bello da vedere. Una piacevole scoperta per gli amanti dei metroidvania e ricco di spunti in grado di appassionare anche quelli che non amano particolarmente il genere. Avremmo preferito sentirci più coinvolti da una storia scritta meglio e più interessante ma tant’è. Resta comunque un eccellente lavoro dei ragazzi di Ubisoft – Montpellier che merita di essere giocato assolutamente.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4, Xbox One
  • Data uscita: 18/01/2024
  • Prezzo: 49,99 €

Ho provato il gioco poche settimane dopo il day one.

Categorie
Editoriali

Armored Core VI: rigiocare la saga dopo 25 anni

Era il lontano 1998, settembre per la precisione. Da poco diciannovenne e felice possessore della prima Playstation, uscita qualche anno prima sul mercato, mi apprestavo a festeggiare il mio compleanno, rigorosamente posticipato poiché, cadendo in agosto, gli amici erano tutti in vacanza. Nel giorno del mio compleanno bis, i miei amici si presentarono a casa con una decina di giochi per la mia amata console: tra questi, non posso dimenticare, c’era un titolo che stuzzicò da subito la mia curiosità. Si trattava di Armored Core, AC per gli amici.

Genesi

Armored Core nasceva da un’idea di Shoji Kawamori, mecha designer di storiche serie di anime (una delle più note in Italia è Capitan Harlock), oltre che dall’amore sconsiderato dei giapponesi per i robot giganti.

La saga di FromSoftware era ed è formata da simulatori di combattimento tra Mech (o Mecha), enormi robottoni guidati da un pilota che se le danno di santa ragione in scenari più o meno realistici. L’aspetto migliore del primo Armored Core era il fatto che si trattava di un titolo 3D in cui era possibile spostarsi in ogni direzione, sparare ovunque e trovarsi contro nemici che provenissero da ogni angolo, con una fluidità al tempo inimmaginabile.

La caratteristica principale della serie è sempre stata la personalizzazione del proprio mech. Il gioco metteva a disposizione una marea di potenziamenti per gambe, braccia e armi; scalabili al massimo, altamente modulari, i mech potevano essere plasmati ad uso e consumo del giocatore per affrontare le varie missioni, a patto di avere abbastanza crediti per farlo. Come ottenere crediti? È presto detto: bastava concludere le missioni e ottenevate la giusta ricompensa, dopo aver scalato ovviamente il costo dei proiettili usati e le spese di gestione.

Caratteristiche di gioco

Esplorare quei mondi e quegli scenari mi teneva incollato allo schermo per ore. Armored Core aveva una grafica poligonale in 3D che non faceva gridare al miracolo, ma considerando l’anno di uscita e la piattaforma, non si poteva chiedere di più onestamente.

Il gameplay fu considerato ottimo dalla critica e piacque molto anche a me: lo trovai molto interessante e coinvolgente. Questo mio giudizio deriva dalle ore di divertimento che trascorsi e dalla buona struttura a missioni che From Software creò. Gli scenari infatti proponevano città piene di detriti, basi lunari e ambienti desertici. La base lunare, in particolare, attirò la mia attenzione poiché la missione che ospitava era caratterizzata dalla bassa gravità. Nello specifico, nel tentativo di salvare la terra da un attacco dalla luna, il nostro mech avrebbe dovuto fare i conti con la poca gravità che influiva sui salti e sui suoi movimenti.

Un piccolo appunto negativo sul gioco era la difficoltà nel controllare il mech con il pad: i tasti da utilizzare erano troppi, a volta anche contemporaneamente. A parte questo piccolo intoppo, il primo Armored Core risultava godibile sotto tutti i punti di vista, grazie alle missioni ben congegnate, alla fluidità dei movimenti e all’arsenale a disposizione. Infine, la longevità era un altro punto forte, con quasi 50 missioni da completare. Il gioco fu pubblicato nel luglio del 97 in Giappone per poi arrivare in Europa nel giugno dell’anno successivo.

Ti potrebbe interessare anche:

Final Fantasy XVI – Recensione

Approccio a Fires of Rubicon

L’università, la ricerca del lavoro e tante altre vicissitudini – naturali nella crescita di ogni individuo – mi hanno portato ad allontanarmi dal mondo videoludico (ma sono rientrato alla grande negli ultimi anni). Dopo 25 anni, in una calda giornata di fine agosto, mi imbatto in Armored Core VI Fires of Rubicon. Dopo una rapida ricerca mi rendo conto di essermi perso ben quindici capitoli (spin off inclusi), ma i ricordi suscitati dal gioco sono più forti del tempo perso. Così lo ordino senza troppo pensarci.

Il giorno dopo, al day one, Armored Core VI è nelle mie mani. Emozionato inserisco il gioco nella mia Xbox Serie X, ed eccomi di nuovo ai comandi di un mech, dopo tanto, tanto tempo. Quello che non avevo messo in conto è che si ha a che fare con From Software (Dark Souls, Elden Ring): la difficoltà di gioco è elevatissima e non “settabile”; inoltre, gli sviluppatori sono noti per gettare letteralmente il videogiocatore nel mezzo del gioco senza alcun preambolo. Complice la mia età avanzata e i riflessi non più pronti come una volta, mi sono ritrovato ad impiegare due giorni per sconfiggere il boss alla fine del tutorial, maledetta From Software!

Addentrandosi più nel gioco, comprendo che la struttura portante del gameplay è immutata, ma ovviamente abbiamo una storia che fa da contorno alle battaglie.

Caratteristiche narrative e tecniche

Sul pianeta Rubicon 3 è stata trovata una nuova fonte di energia che le varie corporazioni tentano con ogni mezzo di accaparrarsi. Il giocatore interpreta un mercenario che, combattendo ora per una ora per l’altra di queste fazioni, cambierà il destino della guerra e del pianeta. Niente di trascendentale o innovativo dunque. Forse però è proprio questa la forza di Fires of Rubicon.

Giocarci è sempre e maledettamente divertente. Le mappe sono credibili e varie, forse eccessivamente post apocalittiche, ma è la storia che lo impone. Peccato non aver implementato una specie di open world. Infatti, gli scenari sono delimitati da una banda rossa laterale che il mech non può oltrepassare. Una scelta che sicuramente limita la strategia di combattimento.

Voci confermate dicono che avremo ben tre finali diversi, quindi sarà obbligatorio effettuare almeno tre distinte run e fare scelte diverse per completare pienamente il gioco. Le missioni hanno alti e bassi, alcune sono troppo facili altre ai limiti dell’impossibile, con boss finali veramente duri a morire. Fortunatamente ci viene in soccorso la modularità dei mech e il loro collaudo, che è possibile effettuare prima di iniziare ogni battaglia. In questo modo è possibile rendersi conto della efficacia della configurazione adottata.

I combattimenti, infine, sono davvero spettacolari, con un arsenale molto vario da utilizzare che rende piacevole sparare missili di vario genere nei denti degli avversari!

Conclusioni

Armored Core VI è il videogioco che From Software avrebbe voluto sin dall’inizio, ma che i limiti tecnici della tecnologia a disposizione impedivano di creare a suo tempo. Fires of Rubicon è un titolo maturo con bellissimi modelli poligonali dei robot, un ambiente vivo e dinamico, una IA non eccelsa ma percepibile, una storia convincente e una personalizzazione del robot ancora maggiore.

La longevità è di circa 25 ore: si snoda tra 5 capitoli, 41 missioni e la possibilità di scegliere tra finali alternativi. Il gameplay di Armored Core VI – rispetto al primissimo del 97 – mantiene inalterato il divertimento introducendo, grazie a mappe ben strutturate, un’importante componente strategica che costringe il videogiocatore a sfruttare le caratteristiche ambientali per cercare di sorprendere i nemici e procurarsi un vantaggio su di loro.

In definitiva, Armored Core VI è un gran gioco, sia che siate fan della serie sia se non abbiate mai pilotato un mech prima d’ora. L’opera di From Software merita la vostra attenzione, poiché la soddisfazione ed il divertimento che può dare non è inferiore a qualsiasi soulslike di Hidetaka Miyazaki.

Categorie
Editoriali

Giocare a Starfield senza alcuna aspettativa, un’esperienza da 10 e lode

Io, su Starfield, non avevo aspettative, nel senso che non lo attendevo proprio. Forse per distrazione sono rimasto fuori da tutto quel susseguirsi di news e rumors che, come succede da anni, ogni titolo Bethesda si porta dietro in attesa del lancio ufficiale, generando quel mix di hype per un nuovo gioco che si sa, avrà tantissimo da offrire, e di critiche preventive da parte di chi si aspetta una marea di bug che probabilmente rimarranno irrisolti nei secoli.

Ecco, io da tutto questo ne sono rimasto fuori, oltretutto involontariamente, finché navigando nel negozio di Steam mi è arrivata la notifica (tardiva): “Ehi, è uscito Starfield, compralo”. Quel poco che avevo sentito a riguardo era estremamente negativo (e per alcune cose, a ragion veduta, ma ne parliamo tra un po’), eppure ho deciso di comprare lo stesso il gioco. Il risultato? L’ho trovato strabiliante.

Ora, di cose che non vanno ce ne stanno parecchie. Dalla grafica distante anni luce dagli standard odierni alla gestione dell’inventario rimasta immutata nel corso dei diversi Elder Scrolls e Fallout, caotica e poco intuitiva, così come accade per il quest tracker che accorpa tutto lasciando giusto la possibilità di raggruppare le missioni per tipologia o fazione (ma con oltre mille pianeti, non era forse il caso di aggiungere un organizer per località?).

Queste, in sintesi, sono le principali cose che non vanno, di cui probabilmente si è discusso ovunque e di cui ha parlato anche qualche Nostradamus prima di poter mettere le mani sul gioco. Eppure, come dicevo, sto trovando Starfield un gioco eccezionale. Mi sono chiesto perché, e questa volta il mio incarnare l’autentico spirito della contraddizione non c’entra nulla: Starfield mi piace come pochi altri giochi perché puoi fare una miriade di cose e io da questo titolo non mi aspettavo proprio nulla.

L’ultimo lancio di Bethesda prosegue a modo suo la piccola rivoluzione avviata da Baldur’s Gate 3: si tratta di un gioco completo, senza microtransazioni o dlc (al netto di future possibili espansioni, ovviamente) e una libertà di movimento infinita. Mi sono ritrovato subito a vivere le stesse vibes che mi hanno regalato i diversi Fallout, di cui ho un bellissimo ricordo e mi sono trovato bene nonostante l’assenza V.A.T.S. (ossia della mira assistita introdotta nel terzo capitolo, poi utilizzata anche in New Vegas, Fallout 4 e Fallout 76), essenziale per chi non è proprio un campione negli sparatutto.

La cosa che più mi piace in questo gioco sono le quest. Sono tantissime, così tante da mettere all’angolo un maniaco del completismo come me. Infatti, se Baldur’s Gate 3 (ormai metro di paragone di ogni titolo videludico) mi ha stordito per la vastità delle mappe, tanto da infastidirmi perché sapevo che mi sarei perso qualcosa, lo stesso non è successo con Starfield: i pianeti, gli avamposti e gli npc sono così tanti che mi sono felicemente arreso all’idea di non poter materialmente esplorare tutto in una sola run (e neanche in due, tre, forse dieci).  

Poi c’è la bella novità della personalizzazione della navicella spaziale: se ne può avere una o un’intera flotta e per ognuna di queste si può modificare ogni singolo pezzo. A questo si aggiunge la possibilità di costruire avamposti negli oltre 1.000 pianeti dislocati nei 100 sistemi solari della mappa. Insomma, una figata pazzesca.

Certo, non è tutto oro quello che luccica: c’è più di qualche elemento che ha fatto storcere la bocca anche ad un outsider come me. La cosa che più mi da fastidio è la gestione dei dialoghi: avviando una conversazione, l’inquadratura passa ad un primo piano dell’npc di riferimento, il quale non si muoverà più di tanto dalla posizione originale. Per farla breve, se avete interagito con un personaggio che era di spalle, è capace che questo vi parlerà senza guardarvi in faccia, che non è il massimo.

Stessa cosa vale per le interazioni dei seguaci, i quali ogni tanto proveranno ad inserirsi nei discorsi avviati dal personaggio con i vari npc, ma il 90% delle volte sono commenti a sé stanti e che non provocano alcuna reazione. Insomma, è come quando l’amico poco simpatico si mette in mezzo e fa una battuta che nessuno capisce e quindi tutti stanno in silenzio facendo finta di nulla. Il gelo.

Male anche la realizzazione degli npc privi di interazioni che popolano il mondo: sembra che sia stato fatto copia e incolla su una decina di modelli e che le varie città siano abitate da un’infinità di fratelli gemelli, oltretutto vestiti uguali. Su questo bisogna chiudere un occhio o si rischia di spegnere il pc o la console.

Pecche inaccettabili da un gioco così tanto atteso, ma se non ci si aspetta nulla non è un problema passarci sopra. Anche la tanto citata “ripetitività” dei pianeti è stata criticata forse ingiustamente: non è vero che gli ambienti sono tutti uguali. Anche le lune, prive di vegetazione e fauna, presentano differenze tra loro (e ho girato già parecchi sistemi). Sulla presenza di insediamenti nemici estranei a quest (ossia i mini dungeons) è vero, vige ancora la ricetta Bethesda che abbiamo tutti quanti sperimentato per anni sia negli Elder Scrolls che nei Fallout: si trova la base nemica dove ci sono pirati spaziali, contrabbandieri o un’invasione di insettoidi alieni, la si ripulisce e si torna a casa con il bottino generato casualmente. E che male c’è, soprattutto vista l’enorme mole di quest che ci si trova a dover affrontare, già alle prime ore di gioco?

In conclusione, Starfield è un titolo da consigliare assolutamente a tutti gli amanti del genere che hanno voglia di esplorare, di immergersi in un viaggio planetario in cui le scelte contano, in cui l’azione frenetica si alterna con meritati momenti di pausa ad esplorare pianeti nascosti o a modificare e migliorare la propria nave, oppure a riposarsi nel proprio rifugio costruito con tanto sudore.

Categorie
Recensioni

Immortals of Aveum – Recensione

L’uscita di Immortals of Aveum, verso la fine di agosto, è indubbiamente passata un po’ in sordina. Il gioco, infatti, non ha goduto di una campagna pubblicitaria particolarmente efficace. Inoltre l’essere uscito in concomitanza con giochi davvero di primo piano, come Baldur’s Gate 3 (di cui abbiamo già parlato sul blog) non ha certamente giovato alla causa di Immortals of Aveum.

Tuttavia, fin dalle prime immagini mostrate, lo sparatutto targato Ascendant Studios e Electronics Arts è riuscito a catturare la nostra attenzione. Questo soprattutto in virtù della sua natura ibrida, a metà strada tra uno sparatutto ed un’avventura.

In questa recensione passeremo al microscopio Immortals per mettere in mostra pregi e difetti di questo particolarissimo titolo. Recuperiamo il nostro equipaggiamento magico e lanciamoci all’esplorazione del mondo di Aveum!

Nelle terre di Aveum

Immortals of Aveum: magia rossa

Come facilmente intuibile dal titolo, Immortals è ambientato nel mondo magico di Aveum. Quest’ultimo è formato da cinque regni distinti, con al centro un’enorme voragine magica chiamata Lo Squarcio. Da millenni i cinque regni sono falcidiati da un conflitto per il controllo della magia, denominata Sempiguerra, che ha di fatto ridotto le forze in gioco ai soli regni di Lucium e Rasharn.

Protagonista assoluto di Immortals of Aveum è Jak, giovane abitante della periferia di Seren, nell’enorme città di Lucium. In seguito all’uccisione dei suoi cari a causa di un attacco del regno di Rasharn, ora guidato dal tiranno Sandrakk, Jak scoprirà di essere un Advenuto, ovvero un essere umano in cui si manifestano poteri magici. Questo porterà il nostro protagonista a venire arruolato dalla Gran Magus Kirkan, leader degli Immortali, l’esercito magico protettore di Lucium. Inizia così la missione di Jak per risolvere una volta per tutte i conflitti che devastano Aveum e comprendere fino in fondo i suoi poteri.

La trama di Immortals, pur non brillando per originalità, si presenta interessante e abbastanza coinvolgente. il mondo di Aveum è ben caratterizzato e ricco di dettagli e i personaggi che incontriamo godono quasi sempre di una buona caratterizzazione. Mi limito a citare Zendara, una delle comandanti degli immortali, davvero carismatica e a tratti spassosa con le sue battute.

La trama di Immortals ci terrà compagnia per circa 13 ore, che potranno essere almeno raddoppiate qualora il giocatore decidesse di dedicarsi a tutte le prove secondarie e all’esplorazione di ogni area di Aveum. Non si tratta di una longevità particolarmente elevata, ma l’abbiamo trovata adeguata ad un titolo di questo tipo.

Uno sparatutto avventuroso

Immortals of Aveum: magia blu

L’aspetto di Immortals of Aveum che maggiormente colpisce è costituito proprio dal suo gameplay. Il titolo di Ascendant infatti si presenta come un mix piuttosto ben riuscito tra un FPS ed una classica avventura action. Il gioco si svolge in prima persona ed ha il suo fulcro, oltre che nell’esplorazione, nei numerosi combattimenti che affronteremo. Naturalmente, nel corso di queste battaglie, non abbiamo a disposizione armi da fuoco o da lancio, ma tutta una serie di artefatti magici, coi quali scatenare una serie di devastanti attacchi contro i malcapitati nemici.

Tuttavia, in Immortals rivestono un ruolo molto importante anche l’esplorazione dell’ambiente e gli enigmi. Per progredire nell’avventura, infatti, occorre guardarsi sempre attorno con attenzione, dal momento che spesso e volentieri la chiave per aprire la strada consiste nell’interagire con l’ambiente utilizzando uno degli incantesimi a nostra disposizione. Per esempio, alcuni degli elementi dell’ambientazione possono essere modificati dalla magia verde, mentre alcuni trabocchetti vengono rallentati dalle nostre fide ampolle temporali.

A differenza della miriade di sparatutto presenti sul mercato, Immortals of Aveum è completamente dedicato single player (ad oggi è completamente assente una modalità multiplayer nel gioco), proprio per valorizzare al massimo la sua doppia natura di shooter e avventura.

Tre colori per domarli tutti

Immortals of Aveum: magia verde

Nel mondo di Aveum, la magia si manifesta attraverso tre colori principali. Il rosso, che rappresenta entropia e violenza, il blu, che incarna forza e manipolazione fisica della materia ed infine il verde, legato a crescita morte e transizione. Jak durante la trama, scopre di essere un Triarca Magnus, ovvero un mago in grado di utilizzare la magia di tutti e tre i colori.

Attraverso il bracciale di Jak, il giocatore ha la possibilità di passare da un colore all’altro con la semplice pressione del tasto triangolo. Ognuno dei tre colori si adatta meglio ad una determinata situazione; nello specifico: il rosso è pensato per il combattimento ravvicinato, il blu per la distanza e il verde per il fuoco ripetuto. Sebbene spesso i nemici presentino debolezze specifiche per un colore, il giocatore ha la possibilità di privilegiare l’uno o l’altro in base al suo stile di gioco.

Gli scontri in Immortals sono davvero frenetici e spettacolari e ricordano molto le dinamiche dei cari vecchi sparatutto arena. Il giocatore deve restare sempre in movimento, fare attenzione a dove si trova e contemporaneamente gestire al meglio le sue risorse offensive per riuscire ad aver ragione della miriade di avversari che si trova via via ad affrontare.

Il tutto risulta davvero piacevole e divertente e gli scontri raramente diventano troppo punitivi e frustranti. Unica nota un po’ stonata sono le boss battle, un po’ troppo sempliciotte e ripetitive.

Incantesimi per tutte le occasioni

Oltre agli incantesimi di attacco, Jak dispone anche di varie abilità magiche di supporto. Queste abilità sono davvero molte e hanno un’ottima varietà di effetti. Abbiamo anzitutto a disposizione quattro artefatti magici, il primo dei quali è una frusta magica, utile sia per attirare i nemici che per arpionare alcuni specifici punti dello scenario. Abbiamo poi uno scudo di energia, capace di proteggerci da un numero limitato di attacchi nemici, una sorta di lente magica, utile per paralizzare alcuni nemici e soprattutto risolvere alcuni enigmi a base di raggi luminosi ed infine le pietre verdi, capaci di rallentare nemici e trappole.

Jak apprenderà inoltre una serie di abilità automatiche, tra cui la possibilità di levitare per brevi tratti, di appendersi ai flussi magici che attraversano Aveum e di generare un potentissimo raggio in grado di convogliare l’energia di tutti e tre i colori. Le varie abilità possono essere potenziate tramite una sorta di diagramma, che andrà a riempirsi attraverso una serie di pietre magiche. Queste pietre vengono raccolte da Jak dopo ogni battaglia.

In Immortals non esistono punti esperienza e level up. Il potenziamento di Jak avviene unicamente attraverso il suo equipaggiamento. Oltre ai tre bracciali, che possono essere creati e potenziati attraverso una serie di fucine, il nostro protagonista potrà essere equipaggiato anche con diversi anelli e potenziamenti magici. Ognuno di questi oggetti andrà a migliorare un diverso parametro di Jak.

Quindi, pur senza mostrare la profondità e ricchezza di uno strategico o di un gioco di ruolo, Immortals of Aveum presenta anche alcuni elementi tipici di un gestionale, che rendono l’esperienza più varia ed interessante.

Una festa per gli occhi

L’aspetto di Immortals of Aveum che maggiormente colpisce è senza dubbio il comparto grafico. L’Unreal Engine 5 fa davvero un ottimo lavoro e regala al giocatore ambientazioni davvero meravigliose, ben caratterizzate e ricche di particolari.

Anche i personaggi ed i nemici risultano ottimamente realizzati e dotati di un set di animazioni davvero fluide e credibili. Il gioco mostra il meglio di se durante i filmati di intermezzo, che su PS5 sfoggiano una risoluzione davvero altissima, anche se abbiamo notato un evidente calo di frame in alcune sequenze più brevi. Piuttosto anonima invece la colonna sonora, che presenta una serie di tracce non troppo ispirate ed anche un tantino ripetitive.

Conclusione

Immortals of Aveum si è rivelato davvero una gradevole sorpresa. Intendiamoci, non si tratta certamente di un capolavoro, ma il comparto grafico di primo piano, l’immediatezza dei controlli e la particolare natura del suo gameplay rendono lo sparatutto di Ascendant Studios un’esperienza davvero divertente e coinvolgente.

Unico vero difetto di Immortals è la sua longevità un po’ limitata, che tuttavia non va a intaccareil divertimento offerto da questa particolare avventura.

Consigliato sia agli amanti degli FPS che a tutti coloro che cercano un avventura immediata e non troppo lunga.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S/X, PC
  • Data uscita: 22/08/2023
  • Prezzo: 79,99 €

Ho provato il gioco a partire dal day one su PlayStation 5 grazie a un codice fornito dal publisher.

Panoramica privacy

Questo sito web usa Cookie al fine di fornire la migliore esperienza possibile. Le informazioni Cookie sono conservate sul tuo browser e hanno il compito di riconoscerti quando torni sul nostro sito web. Inoltre, sono utili al nostro team per capire quali seizioni del sito web sono maggiormente utili e interessanti.