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Exoprimal: abbiamo provato l’open beta

A partire dallo scorso venerdì Capcom ha reso disponibile per tutto il weekend una versione beta di Exoprimal, il nuovo sparatutto della casa di Osaka. Dopo tre giorni passati a distruggere dinosauri in sfide a squadre all’ultimo respiro, siamo pronti a darvi le nostre impressioni.

Armature e dinosauri

L’ambientazione di Exoprimal è quantomeno insolita.

Il concept e l’ambientazione di Exoprimal sono quantomeno originali. In un imprecisato futuro, la razza umana ha sviluppato una serie di teconlogie avanzatissime, tra cui gli ologrammi senzienti ed un sistema di teletrasporto.

La principale applicazione bellica di queste tecnologie è rappresentata dalle Exocorazze, micidiali esoscheletri dalla devastante potenza combattiva. I principali nemici che i possessori di queste incredibili tute saranno chiamati ad affrontare sono nientemeno che….i dinosauri!

In base a quanto si legge sul sito del gioco, la causa della loro comparsa sarebbe da riscontrare in una serie di misteriosi vortici apparsi su tutta la terra. La beta di Exoprimal tuttavia non fornisce grandi informazioni sulle cause di tale fenomeno. Fatto sta che in ogni partita i giocatori si troveranno a fronteggiare non solo le exocorazze avversarie, ma orde di centinaia e centinaia di lucertoloni.

Con un’idea che ricorda di vicino opere come Turok e Cadillacs and dinosaurs, Capcom propone nuovamente una lotta tra futuro e passato, tra tecnologia e forza primordiale, tra uomo e dinosauro.

Questione di sopravvivenza

La modalità sopravvivenza è stata l’unica disponibile nella beta di Exoprimal.

Dopo la creazione del nostro avatar (ancora piuttosto scarna a dire il vero) siamo stati sottoposti ad un breve tutorial, che ha fornito le basi del movimento e delle meccaniche di Exoprimal.

Una volta completato, la beta permetteva di ripetere il tutorial (per poter sperimentare altre exotute) oppure di lanciarsi nella modalità sopravvivenza. Quest’ultima si è rivelata essere una sfida tra due squadre di cinque giocatori ciascuno.

Guidati dalla sinistra intelligenza artificiale Leviathan, probabile antagonista del gioco, i giocatori dovranno superare una serie casuale di quattro missioni, quasi sempre incentrate sull’eliminazione di dinosauri. Si tratterà per esempio della semplice eliminazione di un dato numero di bersagli, oppure della difesa di una determinata zona per un tot di tempo, o ancora dell’abbattimento di belve particolarmente grosse e coriacee, come triceratopi o tirannosauri.

La squadra che completerà per prima le missioni otterrà una serie di vantaggi. Al termine di queste missioni, infatti comincerà la sfida finale, in cui le due squadre si scontreranno con regole particolari. Nello specifico, in una sfida vincerà la squadra che raccoglierà per prima 100 nuclei energetici. In un’altra ci sarà una torre mobile che andrà scortata fino al campo avversario mentre nell’ultima entrambe le squadre avranno a disposizione un martello. Dopo averlo caricato al massimo, l’attrezzo andrà usato per distruggere un nucleo energetico situato nel campo avversario.

Anche in queste sfide avremo a che fare con un numero esorbitante di dinosauri, che renderanno l’esito delle partite ancora più incerto e l’azione ancora più martellante. Raggiunto un determinato punteggio, sarà possibile sbloccare alcuni speciali moduli, che ci consentiranno di controllare per un breve periodo un dinosauro gigante (di solito un tirannosauro) con cui portare scompiglio nel campo avversario.

Per gli amanti degli sparatutto non si tratta certo di modalità mai viste prima, ma la varietà delle missioni mi ha regalato diverse ore di divertimento e le partite non sono mai sembrate troppo simili tra loro.

Una tuta per ogni occasione

Le exotute sono apparse davvero belle e ben caratterizzate.

Il maggior punto di forza di Exoprimal è sicuramente costituito dalle Exocorazze. Esse presentano un design davvero bello ed accattivante e sembrano tutte ben caratterizzate. La varietà di forme e colori è davvero buona e conferisce ad ogni armatura una forte personalità.

Come prevedibile, ogni corazza corrisponde ad una particolare classe e sono suddivise tra assalto, colosso e supporto. Le corazze assalto sono quelle dotate della maggior forza d’attacco e di una buona capacità di movimento. Deadeye è la più bilanciata, Zephyr è specializzata nel corpo a corpo mentre Barrage e Vigilant sono rispettivamente l’artificiere ed il cecchino.

Le corazze colosso sono quelle più tozze e massicce ed hanno elevata resistenza ed enorme potenza offensiva o difensiva, a scapito di mobilità e gittata. Tra queste Krieger è la più potente, Roadblock la più forte in difesa e Murasame la più potente nel corpo a corpo.

Infine le unità supporto hanno il compito di curare le unità alleate (Witchdoctor), supportare dall’alto (Skywave) e fare un mix delle due azioni (Nimbus).

Ogni corazza è dotata di un attacco base e di quattro abilità uniche, che dovranno essere ricaricate dopo l’utilizzo. Non sarà difficile per i giocatori trovare la corazza più congeniale al proprio stile di gioco. Personalmente ho provato tutte le corazze e non ne ho trovata nessuna che non risultasse interessante o che non abbia dato qualche soddisfazione.

Prime impressioni

L’azione in exoprimal è davvero al cardiopalma!

A livello tecnico, la beta di Exoprimal fa sicuramente bella figura. La grafica è davvero bella, nitida e definita. Le animazioni ed i movimenti risultano assolutamente fluidi e dinamici. Il gioco non ha praticamente mai mostrato rallentamenti, nemmeno nelle fasi più concitate, in cui letteralmente centinaia di dinosauri inondavano lo schermo abbattendosi sui giocatori.

Anche il sonoro, pur non brillando in modo particolare, è sembrato molto azzeccato per le atmosfere del gioco. Il design dei dinosauri e delle corazze, armi comprese è estremamente curato e ricco di particolari. Unica nota stonata sono le ambientazioni, che appaiono piuttosto piatte e ripetitive e consistono quasi sempre in città abbandonate e semidistrutte.

Anche per quanto riguarda i controlli, la beta risulta promossa in pieno. I movimenti dei nostri personaggi sono estremamente precisi, veloci e funzionali. Una volta presa la mano, sarà possibile sfruttare al meglio tutte le risorse delle nostre corazze in modo efficacie e soddisfacente, dando vita a battaglie all’ultimo sangue davvero coinvolgenti e divertenti.

Come già scritto, abbiamo potuto osservare solo la modalità sopravvivenza, ma quel che abbiamo visto ci è piaciuto. La combinazione tra azione cooperativa contro i sauri e sfida agli altri giocatori rende le partite sempre varie ed imprevedibili ed ha grandi potenzialità per creare un gameplay ancora più ricco ed accattivante nella versione finale del gioco.

Conclusioni

Exoprimal ha sicuramente un ottimo potenziale.

Per concludere, la beta di exoprimal ci ha sicuramente ben impressionato. Comparto tecnico e giocabilità sembrano essere di buon livello e la varietà delle missioni conferisce un’ottima varietà.

Certo, resta una grande incognita. Riuscirà Exoprimal a ritagliarsi un posto in un panorama così affollato e con una fanbase esigente come quello degli sparatutto? Dovremo ancora attendere qualche mese per saperlo, ma secondo noi il gioco Capcom è da tenere d’occhio.

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Editoriali

Batman: i migliori e peggiori videogiochi dell’uomo pipistrello

Batman: il crociato incappucciato, nato nell’ormai lontano 1915 dalla mente di Bob Kane e Bill Finger, è indubbiamente uno dei più grandi e famosi supereroi del mondo. Visto il grande fascino e l’enorme popolarità del personaggio, non stupisce il gran numero di videogiochi dedicati al cavaliere oscuro. In questo articolo proponiamo una carrellata di dieci titoli che, nel bene e nel male, hanno caratterizzato la storia di Batman nel mondo dei videogiochi.

Per rendere le cose più divertenti, abbiamo pensato di stilare due vere e proprie classifica sulle opere di Batman, una dedicata ai peggiori mentre l’altra ai migliori. Buona Bat-Lettura a tutti!

Flop Five

Ed ecco a voi quelli che, a giudizio di chi scrive, rappresentano i cinque peggiori titoli mai realizzati su Batman. Prima di cominciare precisiamo che si è scelto di non considerare né i giochi mobile né i vecchi titoli LCD, ma solo giochi usciti per console e computer.

5. Batman Forever, 1995 (SNES, GENESIS, DOS)

Batman Forever
Batman Forever, nonostante le buone idee, fu penalizzato dai suoi controlli.

Uscito per sfruttare il successo della pellicola da cui è tratto, Batman Forever sfoggia una grafica digitalizzata molto simile a quella della serie Mortal Kombat e si presenta come una via di mezzo tra un plattform e un picchiaduro a scorrimento. Il titolo Acclaim possiede un buon comparto tecnico e offre una discreta varietà, anche grazie al gran numero di gadget utilizzabili.

Ciò che però lo affossa completamente è il suo sistema di controllo. Acclaim infatti ebbe la bella pensata di riproporre il sistema di combattimento di Mortal Kombat e di adattarlo a questo gioco. Ciò rese i salti un vero e proprio incubo e obbligò gli sviluppatori ad assegnare comandi vitali per la prosecuzione dell’avventura (come il rampino) a pulsanti secondari, spesso da usare anche in combinazione.Inutile dire quanto scomodi e frustranti risultassero questi comandi.

Batman Forever poteva essere un gioco più che discreto, ma a causa dei suoi controlli e della terribile monotonia dei combattimenti entra di diritto nella nostra flop five ed è destinato a restarci…forever!

4. Batman: The Caped Crusader, 1988 (PC)

Batman The Caped Crusader
Giocare a caped crusader era proprio come usare un fumetto interattivo. Il che non sempre è un bene…

Sviluppato a fine anni ottanta su praticamente tutti gli home computers, Batman: The Caped Crusader è una semplice avventura a scorrimento laterale basata su esplorazione e combattimenti. Nei panni di Batman, il giocatore ha la possibilità di scegliere se sfidare il Joker o il Pinguino, senza reali differenze tra un’avventura e l’altra.

Grafica e sonoro sono più che discreti per i tempi, ma ciò che rovina l’esperienza di gioco è la scelta degli sviluppatori di realizzare lo svolgimento dell’avventura tramite vignette. Ogni volta che Batman lascia una schermata, infatti, si ritroverà in una nuova vignetta con una nuova location. Quella che ha lasciato, tuttavia, non scomparirà, ma resterà sullo sfondo senza alcuno scopo se non quello di infastidire e confondere il giocatore.

Come se non bastasse, il sistema di combattimento è estremamente impreciso e legnoso e crea ben presto un senso di frustrazione. Anche in questo caso, un titolo potenzialmente interessante, rovinato da scelte discutibili e da una realizzazione non proprio impeccabile.

3. Batman Forever, 1996 (Arcade)

Batman Forever Arcade
L’arcade di Batman Forever è un titolo davvero terribile.

Ancora una volta un titolo dedicato al film di Joel Schumacher. Stavolta però si tratta di un gioco davvero terribile. Batman Forever è infatti un banale picchiaduro a scorrimento dotato di un gameplay incredibilmente scialbo e ripetitivo, con pochissime azioni di attacco disponibili e un numero davvero spropositato di nemici tutti uguali.

A peggiorare ulteriormente la situazione c’è il fatto che l’azione viene continuamente interrotta dalle animazioni dei power up dei personaggi, che spesso si rivelano inutili. Anche la grafica risulta ben al di sotto degli standard dei tempi. Un gioco davvero scialbo, senza nulla che lo renda interessante. Da evitare assolutamente.

2. Batman: Dark Tomorrow, 2003 (Gamecube, Xbox)

I numerosi bug grafici e i controlli resero Dark Tomorrow un vero e proprio incubo.

Dark Tomorrow è un’avventura 3D e propone una trama originale ispirata prevalentemente al Batman fumettistico. Sebbene il gioco proponga un buon numero di situazioni diverse (fasi stealth, combattimenti ed esplorazione) e riproponga in modo coerente le atmosfere delle storie di Batman, già all’uscita fu letteralmente rigettato da critica e pubblico.

Le ragioni dell’insuccesso sono da ricercare nei terribili controlli del gioco, che rendevano un incubo tentare di fare qualunque cosa a causa della loro oscena imprecisione. Il gioco inoltre presentava un numero incredibile di bug che andavano a peggiorare ulteriormente l’esperienza.

Come ciliegina sulla torta, Dark Tomorrow propone un ampio numero di finali, quasi tutti negativi. A causa dei problemi elencati, però, raggiungere l’unica good ending risultava quasi impossibile. Soprattutto per il fatto che uno dei sovraccitati bug era presente proprio nello scontro finale. Non c’è che dire, il gioco ha avuto davvero un domani oscuro.

1. Batman and Robin, 1998 (PlayStation)

Batman and Robin riuscì ad essere brutto quanto il film da cui era tratto.

Ed ecco il vincitore della nostra flop five! Tratto dal terribile film di Schumacher del 97, Batman and Robin è una sorta di clone di Tomb Raider che alterna sezioni di esplorazione a combattimenti coi vari nemici.

Purtroppo non c’è davvero nulla in questo gioco che funzioni bene. La grafica è poco pulita e molto confusionaria, il sonoro tende ad essere monotono e i controlli sono terribilmente imprecisi e poco funzionali, soprattutto a causa della pessima gestione della telecamera.

Non era semplice essere all’altezza della bruttezza del film da cui è tratto, ma Batman and Robin ci riesce alla grande e si porta a casa il primo posto della nostra classifica.

Top Five

Dopo esserci divertiti con la nostra flop five, passiamo ora a quelli che, sempre secondo chi scrive, sono i cinque migliori titoli dedicati all’uomo pipistrello. Naturalmente si tratta in gran parte di giudizi soggettivi, ma nessuno potrà negare l’ottima fattura dei giochi che andremo ad analizzare. Accendiamo i bat-segnali e lanciamoci!

5. Batman Returns, 1992 (SNES, Genesis)

Batman Returns offriva davvero un’ottima esperienza arcade.

Partiamo con un classico dei primi anni novanta. Batman Returns è un classico picchiaduro a scorrimento in stile arcade e permette ai giocatori di rivivere tutti i momenti salienti del film di Burton conditi da decine e decine di nemici da riempire di mazzate.

Pur risultando a tratti piuttosto ripetitivo, il gioco è dannatamente divertente e soddisfacente, grazie alla precisione dei suoi controlli e alla grande varietà di mosse e gadget a disposizione del giocatore. Anche la grafica ed il sonoro risultano di tutto rispetto e contribuiscono alla buona riuscita dell’esperienza. Da provare assolutamente, anche solo per un pomeriggio di sano divertimento.

4. The Adventures of Batman and Robin, 1994 (SNES)

La grafica e le atmosfere di TAOBAR erano davvero fedeli al cartone animato originale.

Rimaniamo nell’era dei sedici bit anche con questo divertentissimo classico, spesso dimenticato. Ispirato alla classica serie animata anni 90, The Adventures of Batman and Robin è un interessante mix tra plattform, avventura e picchiaduro a scorrimento e presenta una serie di livelli dedicati a quasi tutti i principali nemici di Batman.

La varietà dei livelli e del gameplay risulta davvero elevatissima e raramente il giocatore si troverà ad affrontare due livelli che risultino simili tra loro. I controlli sono precisi e immediati, mentre il comparto tecnico riesce a ricreare in maniera quasi perfetta le atmosfere della serie animata da cui il gioco è tratto, ancora oggi considerata un capolavoro assoluto dell’animazione.

Meritano una menzione particolare le battaglie coi boss, davvero ispirate ed epiche, sebbene molto difficili. Se non lo avete mai provate e siete fan di Batman recuperatelo assolutamente, anche solo tramite emulatore. Non ve ne pentirete!

3. LEGO Batman: Il Videogioco, 2008 (PS2, PS3, XBox, Gamecube, PC)

LEGO Batman Il Videogioco
Nella fortunata serie Lego non poteva certo mancare un gioco dedicato al crociato incappucciato!

Gradino più basso del podio per il primo titolo dedicato a Batman della fortunata serie lego. Esattamente come gli altri titoli della serie, Lego Batman è un’avventura in stile plattform ambientata nel mondo dei famosi mattoncini di origine danese.

Sia la risoluzione degli enigmi che i combattimenti obbligheranno il giocatore a fare largo uso dei mattoncini LEGO per la costruzione di armi, piattaforme e vari altri oggetti utili alla prosecuzione dell’avventura.

Oltre ad offrire un grande divertimento grazie alla semplicità dei comandi e alle atmosfere scanzonate tipiche della serie, Lego Batman è impreziosito dalla presenza di un numero davvero enorme di avversari dell’uomo pipistrello. Una volta terminato il gioco, sarà addirittura possibile rigiocare l’avventura vestendo i panni dei cattivi.

Nonostante la sua semplicità, Lego Batman si guadagna la medaglia di bronzo grazie all’enorme divertimento che sa regalare.

2. Batman: The Video Game, 1989 (NES)

Il gioco di Batman per NES fu davvero un classico del parco titoli della console nintendo.

Secondo posto per un grande classico dell’era otto bit. Batman: The Video Game si ispira in modo palese alla saga di Ninja Gaiden (basti pensare alla capacità di batman di utilizzare le pareti come trampolino), ma riesce a brillare di luce propria.

Il titolo Sunsoft è un action plattform davvero frenetico e divertente, con un livello di difficoltà molto elevato ma mai troppo frustrante o punitivo. I bonus e i potenziamenti delle armi sono numerosi ed estremamente appaganti e le sezioni plattform, per quanto ardue, risultano dannatamente soddisfacenti una volta superate.

Anche grafica e sonoro, se rapportato agli anni in cui il gioco è uscito, si mostra assolutamente all’altezza e riescono a ricreare perfettamente le atmosfere del primo film di Burton, a cui il gioco si ispira, pur scegliendo di non seguirlo in maniera troppo fedele. Ogni fan di Batman che si rispetti deve avere questo gioco nella sua collezione.

1. Arkham Asylum, 2009 (PS3, Xbox 360, PC)

La serie Arkham è stata davvero uno spartiacque per la vita videoludica di Batman.

Con ben poca sorpresa invece, si aggiudica il primo premio il gioco che ha elevato più di ogni altro lo status di Batman nel mondo dei videogiochi. Abbiamo scelto di inserire solo Asylum per scongiurare il rischio di ottenere una classifica monopolizzata da questi giochi.

La serie Rocksteady ha di fatto inventato un nuovo genere, quello delle avventure open world dedicate ai supereroi. Con il suo mix di azione stealth, esplorazione, risoluzione di enigmi e combattimenti a mani nude, la saga di Arkham ha da subito catturato i favori di critica e pubblico, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti ed è ancora oggi il punto di riferimento per numerose produzioni (basti citare la serie Spider-Man di Sony).

Le trame e le atmosfere dei vari giochi, tutte originali e pensate appositamente per questa saga, sono davvero avvincenti, interessanti e ben strutturate e riescono ad accontentare sia i fan dei fumetti che quelli del Batman cinematografico.

Sebbene consideri City il migliore della saga, ho scelto di premiare Asylum poiché si tratta del precursore, nonché del gioco che ha gettato le basi per l’evoluzione dell’intera serie.

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Fire Emblem Engage – Recensione

Recensione in BREVE

Fire Emblem Engage è uno strategico solido, ricco e divertente. Il gioco presenta una trama avvincente, un sistema di gioco divertente e appagante e un cast di personaggi interessante e ben caratterizzato. Unici difetti sono la mancanza di profondità e la varietà, non sempre elevatissima. Consigliamo assolutamente l’acquisto ai fan della saga e dei gdr in generale.

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Dopo l’ottimo successo di Three Houses e dello spin off Warriors: Three Hopes, Nintendo regala ai fan un nuovo episodio della serie principale di Fire Emblem. Fin dai primi trailer, Fire Emblem: Engage è riuscito a catturare l’attenzione di tutti gli appassionati della saga grazie alla presenza di quasi tutti i personaggi principali della serie. Con l’aumento delle informazioni a disposizione è stato chiarito che questi personaggi sarebbero comparsi nel gioco sotto forma di spiriti custodi e avrebbero permesso ai nostri protagonisti di potenziarsi grazie alle loro abilità. Questa particolare caratteristica, unita all’amore che da sempre i fan riservano alla saga di Fire Emblem, ha contribuito a tenere alta l’attenzione su Engage. Scopriamo in questa recensione di Fire Emblem: Engage se l’attesa è stata ripagata.

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La trama di Engage, sebbene piuttosto lineare, riserva molti colpi di scena.

Il risveglio del drago divino

Dopo un classico Flashforward che, nella tradizione di Fire Emblem, ci mostra un anticipo della nostra battaglia finale, Engage inizia con il risveglio del nuovo protagonista, Alear. Il nostro eroe (il cui nome e genere possono essere personalizzati) si ritrova in una sorta di camera magica al centro della regione di Lythos.

Qui scopre presto di essere nientemeno che l’ultimo Drago Divino, custode della pace nel continente di Elyos, e di essere rimasto addormentato per mille anni in seguito ad un terribile scontro contro il Drago Maligno Sombron. Il lungo sonno ha causato una parziale perdita dei ricordi di Alear, che si ritrova catapultato in un mondo che ha di nuovo bisogno del suo intervento.

Un continente sull’orlo della guerra

Il mondo di Fire emblem engage, pur non possedendo la complessità di alcuni dei suoi predecessori, risulta comunque piuttosto interessante.

Il continente di Elyos si trova da qualche tempo a dover affrontare la minaccia dell’Elusia, il più pericoloso ed infido dei suoi regni. Forti di oscuri e misteriosi poteri magici, gli elusiani hanno da qualche tempo cominciato ad espandersi verso i regni vicini, mettendo a rischio la pace. Come se non bastasse, da qualche tempo in tutta l’Elyos appaiono misteriose e terribili creature, le aberrazioni, che causano morte e distruzioni nei centri abitati. Dietro a queste minacce si cela il ritorno del temibile Sombron e della sua influenza maligna.

Alear lascia ben presto il Lythos per partire in un’avventura che lo vedrà attraversare tutti i regni di Elyos: la pacifica terra di Firene, la bellicosa Brodia, la desertica Solm e persino l’oscura Elusia.

Nel corso del viaggio il drago divino incontra numerosi personaggi da ognuno di questi regni. Molti di essi si rivelano potenti alleati oppure temibili avversari. Tutti i territori del mondo di Engage risultano molto ben caratterizzati e i rapporti tra i regni si rivelano abbastanza interessanti, pur senza raggiungere la complessità dell’intreccio politico visto in Three Houses.

La trama di Engage, pur restando piuttosto lineare, si rivela molto avvincente, interessante e riserva alcuni colpi di scena davvero emozionanti. Le vicissitudini dei nostri eroi, come nei precedenti Fire Emblem, vengono narrate dalle sequenze di intermezzo visibili tra una missione e l’altra. I dialoghi sbloccabili invece servono solamente ad approfondire i rapporti tra i nostri numerosi personaggi.

Il signore degli anelli

Gli anelli degli emblemi rappresentano la principale novità di Engage.

La principale novità proposta da Engage è rappresentata dagli anelli degli emblemi. Questi manufatti permettono al nostro Alear di richiamare alcuni potenti spiriti, chiamati emblemi, che racchiudono le essenze dei principali eroi della saga di Fire Emblem. Si tratta certamente di una trovata commerciale, che strizza palesemente l’occhio agli appassionati di Fire Emblem Heroes, titolo mobile su Fire Emblem che propone un’idea molto simile.

Tuttavia, la presenza di questi spiriti aggiunge un tocco di originalità alle battaglie, oltre a permettere a tutti i fan di vecchia data di giocare di nuovo con tanti personaggi noti. Anelli ed emblemi giocheranno un ruolo pesante nella trama del gioco, soprattutto dopo che Alear scoprirà che anche i suoi nemici sono in grado di utilizzare gli anelli per evocare gli emblemi.

Un comparto tecnico all’altezza

Per quanto concerne l’aspetto tecnico, Fire Emblem Engage si mostra all’altezza delle aspettative. Rispetto a Three Houses la grafica appare molto più pulita e curata e le animazioni delle battaglie risultano più fluide, spettacolari e belle da vedere.

Anche le mappe e gli sfondi in cui si svolgono le battaglie propongono scenari molto dettagliati e riescono a differenziare nettamente le caratteristiche tipiche di ogni regione che andiamo a visitare.

La grafica di Engage è davvero pulita e spettacolare.

I momenti più spettacolari in assoluto sono senz’altro le animazioni dedicate alle unioni con gli emblemi, in particolare quelle dei loro attacchi speciali, che sfoggiano un vero tripudio di luci e colori.

Le scene di intermezzo sono anch’esse ben realizzate, in particolare i filmati in modalità cinematica. Questi ultimi, pur essendo in numero piuttosto limitato, regalano animazioni che sembrano uscite direttamente da un moderno anime.

Anche il sonoro si presenta davvero bene, con una serie di musiche molto ispirate e d’atmosfera, perfettamente in linea con gli altri titoli della saga. Merita una menzione particolare la canzone che accompagna la sequenza iniziale del gioco, davvero azzeccata e d’atmosfera, sia nella versione occidentale che in quella giapponese.

Un fire emblem tradizionalista

Le battaglie di Engage richiamano in tutto e per tutto quelle dei capitoli precedenti.

Per quanto riguarda il gameplay, Engage ripropone tutti gli elementi tipici della serie Fire Emblem. Il gioco è diviso in 26 capitoli, ad ognuno dei quali corrisponde una battaglia. Vincendo gli scontri, la storia procede attraverso una serie di sequenze animate che trasportano il giocatore al capitolo successivo. Oltre alle missioni principali si sbloccheranno anche diverse appendici, missioni secondarie che spesso permettono al giocatore di reclutare nuovi eroi.

Le battaglie si svolgono con il tradizionale sistema a turni. Durante la fase del giocatore possiamo spostare le unità lungo la mappa, farle attaccare, cambiare il loro equipaggiamento e far loro compiere determinate azioni, come aprire porte o parlare con alcuni nemici per convincerli a passare dalla nostra parte.

Torna anche il classico sistema del triangolo delle armi (spada batte ascia, ascia batte lancia e lancia batte spada) con i tipici punti di forza e debolezza legati alle classi dei personaggi e al loro equipaggiamento. A livello di classi, Engage propone qualche piccola novità (per esempio i cavalieri lupo) ma resta complessivamente ancorato alla tradizione, con solamente qualche piccola variante.

Anche per quanto riguarda gli intermezzi tra uno scontro e l’altro, il gioco è fedele agli antichi canovacci. Torna quindi la mappa del mondo con la possibilità di affrontare scontri di allenamento, missioni secondarie o proseguire nella trama.

Al posto del monastero visto in Three Houses Engage introduce il Somniel, sorta di base volante nella quale potremo approfondire i rapporti tra i nostri personaggi (emblemi compresi), svolgere tutta una serie di mini giochi per migliorare le nostre statistiche e affrontare una serie di sfide particolari alla torre delle lotte. Purtroppo anche in Engage sarà possibile portare al massimo il livello di affinità con un solo personaggio. Dunque dimentichiamo l’intreccio di love stories visto in alcuni dei capitoli più vecchi.

Nel complesso, dunque, Engage si mostra meno innovatore rispetto a Three Houses (che abbiamo approfondito in passato), ma riesce ad evitare in parte quella ripetitività ed eccessiva lunghezza che aveva in parte gravato sul suo predecessore.

Marth, ho scelto te!

La meccanica delle unioni risulta davvero divertente e spettacolare.

Anche sul fronte del gameplay, la principale novità di Engage risiede sicuramente nella presenza degli anelli degli emblemi. Prima di ogni scontro, infatti, il giocatore ha la possibilità di assegnare ad ognuno dei suoi eroi un anello, a cui è associato un eroe leggendario.

Questi anelli forniscono ai nostri eroi tutta una serie di bonus e abilità passive, che si potenziano con la crescita dell’affinità tra personaggio ed emblema. In più, in ogni momento dello scontro il nostro personaggio ha la possibilità di attuare l’unione – l’engage del titolo – ovvero una sorta di fusione tra eroe ed emblema.

In stato di unione, il nostro eroe per tre turni disporrà di una potenza molto maggiore e potrà sfruttare le armi e le abilità del suo emblema, tra cui spiccano alcune devastanti mosse speciali. La barra dell’unione può essere ricaricata tramite una serie di fonti di energia sparse lungo la mappa.

Le unioni, oltre ad essere molto spettacolari, forniscono agli scontri un pizzico di varietà in più e permettono al giocatore di scegliere se associare ad ogni eroe un emblema della medesima classe, in modo da massimizzarne le caratteristiche, oppure generare una combinazione di classe utile per fronteggiare le varie situazioni.

Una sfida adatta a tutti

I livelli di difficoltà di Engage mostrano un livello di sfida adatto a tutti.

Anche Engage propone una scelta fra tre livelli di difficoltà: normale, difficile e folle. Se a livello normale il gioco è a tratti persino troppo facile, già a difficile propone una sfida di tutto rispetto.

Per non subire enormi perdite o addirittura sonore sconfitte il giocatore deve valutare con estrema precisione le sue mosse e studiare con attenzione le abilità e l’equipaggiamento di ogni eroe. Il gioco inoltre non è particolarmente generoso in quanto ad oro, quindi anche le spese per gli armamenti vanno valutate con cura.

A difficoltà folle il gioco è arduo e punitivo e diventa una sfida degna anche per i più esperti giocatori di Fire Emblem. Giungono in soccorso al giocatore la cronogemma, artefatto in grado di avvolgere indietro il tempo per alcuni turni e la mancanza dell’usura delle armi.

Anche engage permette al giocatore di scegliere se inserire o meno la morte permanente dei personaggi. Per conto mio, suggerisco di lasciare assolutamente questa opzione, poichè senza di essa, Fire Emblem perde gran parte del suo fascino.

Engage è davvero un degno erede della dinastia dei Fire Emblem

Conclusione

Engage è davvero un ottimo titolo. Uno strategico divertente, longevo e con un’ottima trama. I suoi unici punti deboli sono da individuare nella ripetitività del gameplay e nella linearità della storia.

Per il resto il gioco è davvero ottimo e rappresenta quel ritorno alle origini che molti giocatori chiedevano dopo le molte innovazioni introdotte da Three Houses. Consigliamo l’acquisto a tutti i fan della saga e agli amanti dei giochi di ruolo.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS5 PRO, Xbox Series X/S, Microsoft Windows, PS4, Xbox One
  • Data uscita: 14/03/2025
  • Prezzo: 74,99 €

Ho giocato e completato il gioco su PlayStation 5.

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I 5 migliori giochi per Gamecube

Il Nintendo Gamecube non è certamente stata la più fortunata tra le piattaforme della grande N. La console di sesta generazione della casa di Kyoto, la cui epopea è durata dal 2001 al 2007, non è infatti riuscita ad imporsi come leader del mercato.

Causa di questo parziale insuccesso sono state alcune scelte commerciali poco azzeccate da parte di Nintendo (prima fra tutte quella di affidarsi ad uno strambo formato mini-dvd), oltre alla spietata concorrenza di Xbox e Playstation 2.

Tuttavia, Gamecube ha saputo conquistare un posto speciale nei cuori dei videogiocatori grazie all’incredibile qualità del suo parco titoli. In questo articolo riscopriamo i cinque giochi, in esclusiva, che più di tutti gli altri hanno segnato la storia del cubo viola di Nintendo.

Luigi’s Mansion

Luigi’s Mansion segna il debutto di Luigi nel ruolo di protagonista su Gamecube.

Nella nostra carrellata non potevamo che partire dal titolo di lancio di Gamecube, ovvero Luigi’s Mansion. Uscito insieme alla console nel settembre 2001, Luigi Mansion mette per la prima volta sotto i riflettori Luigi, il fratello del ben più famoso Mario, che in questo gioco viene “promosso” da semplice spalla del protagonista ad eroe assoluto dell’avventura.

Nel tentativo di salvare il fratello, Luigi deve esplorare una magione infestata dai simpatici ma letali fantasmi Boo. Per fare ciò, Luigi può ricorrere ad un vasto e strampalato arsenale di armi ed accessori. Tra essi spiccano la torce, in grado di svelare i fantasmi nascosti e l’aspirapolvere Poltergust 3000, che rappresenta la nostra arma principale.

Luigi’s Mansion va a stravolgere i canovacci della serie, eliminando gli elementi platform e gli ostacoli e concentrando l’attenzione sulla risoluzione di enigmi e sui combattimenti. Il gioco riesce a creare un mix vincente tra riflessività e azione e risulta sempre estremamente piacevole ed intrigante.

Dal punto di vista tecnico, il gioco presenta una grafica molto pulita e gradevole e un sonoro buffo e coinvolgente al punto giusto. L’unico neo di Luigi’s Mansion è rappresentato dalla sua longevità, non proprio elevatissima. Se ne avete l’occasione recuperatelo assolutamente. Avrete diverse ore di divertimento garantito.

Super Mario Sunshine

Mario Sunshine trasporta i possessori di Gamecube nelle assolate lande di Delfinia.

Super Mario Sunshine dovette raccogliere la pesante eredità di Super Mario 64, primo gioco 3D della serie. Sunshine tuttavia riesce a non sfigurare davanti all’illustre predecessore.

In questo gioco accompagniamo Mario durante la sua avventura all’isola di Delfinia, nel tentativo di fermare il malvagio Bowser Junior (qui al suo debutto nella saga), intenzionato a rapire Peach e ad imbrattare tutta l’isola con la sua vernice speciale.

Mario sarà costretto ad esplorare le varie aree dell’isola per raccogliere i soli custodi, in grado di riportare la situazione alla normalità. Per compiere quest’impresa il baffuto idraulico può fare affidamento sullo Splac 3000, specie di pompa in grado di emettere potenti getti d’acqua. Grazie ad essa Mario potrà ripulire le aree dell’isola infette dalla melma, nonché effettuare una serie di planate ed acrobazie particolari.

La struttura di Sunshine riprende direttamente quella di Mario 64, ma va ad espanderla. Partendo dalla città di Delfinia, che rappresenta l’area centrale del gioco, Mario potrà liberamente esplorare i vari livelli, che si presentano davvero vasti ed articolati.

Come in una sorta di open world, Mario è costretto perlustrare a fondo ogni area per riuscire a risolvere i vari enigmi e mettere le mani sugli agognati soli custodi. Il livello di sfida, rispetto agli altri titoli della serie, stavolta è davvero arduo, sia per quanto riguarda l’individuazione delle azioni da compiere, sia per la loro effettiva messa in atto.

Sunshine presenta un sistema di controllo molto ricco e stratificato, anche se non sempre immediatissimo, aspetto che contribuisce a creare grande frustrazione nei livelli più complessi. Grafica e sonoro sono, come sempre, estremamente curati e fungono da ottimo accompagnamento nella nostra avventura.

Se siete fan della serie di Mario recuperate assolutamente Sunshine, ma preparatevi ad una sfida davvero dura!

Super Smash Bros. Melee

Smash Bros. Melee per Gamecube è ancora considerato da diversi giocatori il migliore della saga.

E non poteva mancare quello che è considerato da molti il miglior picchiaduro per Gamecube. Smash Bros Melee prende tutto quanto c’era di buono nel primo gioco, uscito per Nintendo 64 e lo espande oltre ogni orizzonte.

Il roster di Melee conta più di venti combattenti diversi, provenienti da tutti i maggiori franchise di Nintendo, dai pokèmon a Legend of Zelda passando per Fire Emblem, saga che deve anche a Melee la sua diffusione in occidente.

I nostri eroi hanno una nutrita serie di stages in cui riempirsi allegramente di mazzate. Che siano sfide a tempo, battaglie all’ultima vita o un mix di regole personalizzato dal giocatore, gli scontri di Smash sono sempre adrenalitici e caotici. Questo grazie al perfetto sistema di controllo del gioco, che riesce a creare un incredibile equilibrio tra un party game e un vero picchiaduro competitivo.

I comandi di Melee sono apparentemente molto semplici, ma ottenere un controllo efficacie del personaggio e soprattutto una padronanza completa del suo intero set di mosse richiederà moltissima pratica ed altrettanto tempo.

Completano il quadro un enorme numero di modalità e regole per gli incontri e la possibilità di competere in 4 giocatori contemporaneamente, per dare vita a sfide davvero epiche in grado di mettere in discussione anche le amicizie più salde!

Anche se non siete amanti del genere consiglio caldamente di recuperare Melee e farci qualche partita, meglio ancora se in compagnia di un amico!

The Legend of Zelda: The Wind Waker

Windwaker è davvero una perla preziosa nel panorama dei titoli Gamecube.

Poteva mancare in una classifica di giochi Nintendo un esponente della saga di Legend of Zelda? Naturalmente no! La lotta con Twilight Princess è stata davvero durissima, ma ho deciso di premiare Wind Waker per la sua originalità e per l’importanza che ha avuto nell’evoluzione della serie.

In questo gioco l’indomito Link si trova ad esplorare una Hyrule completamente sommersa dalle acque. Di conseguenza, il nostro incappucciato eroe è costretto a navigare di isola in isola per raccogliere le reliquie necessarie a fermare il malvagio Ganondorf e salvare ancora una volta il suo mondo.

Nelle sue peregrinazioni Link sarà accompagnato da Re Drakar, trasformato da una maledizione in una barca di legno. Grazie alla Wind Waker, una magica bacchetta del vento, il nostro Link potrà controllare i venti, permettendo a lui e al re di setacciare tutto l’enorme oceano che compone la mappa del gioco.

Alla sua uscita, Wind Waker non fu apprezzato universalmente, soprattutto a causa del suo stile grafico molto simile ad un cartone animato, che non trovò il favore di molti videogiocatori.

Tuttavia ciò che rende Wind Waker un’esperienza davvero incredibile e l’assoluta libertà di movimento che il gioco consente, assolutamente inedita per gli anni in cui uscì. Dopo una breve parte introduttiva, durante la quale il percorso è obbligato, il giocatore ha la possibilità di organizzare in piena autonomia il suo viaggio.

L’esplorazione in Wind Waker è davvero ben fatta e coinvolgente e ci farà immedesimare completamente in Link durante le sue peregrinazioni marittime. Anche la grafica, per quanto particolare, resta estremamente piacevole e calzante. Stesso discorso per il sonoro, che offre alcune delle tracce più memorabili dell’intera saga. Merita una menzione in particolare la musica che accompagna gli spostamenti in barca di Link, davvero meravigliosa.

Ogni amante dei giochi di avventura e in generale ogni videogiocatore dovrebbe provare Wind Waker nella sua vita. Perdere questo capolavoro sarebbe davvero un peccato.

Metroid Prime

Metroid Prime è forse il miglior gioco in assoluto per Gamecube.

Concludiamo la nostra rassegna con quello che è forse il titolo che più di ogni altro i fan vorrebbero veder fare ritorno su Switch. Metroid Prime, uscito nel febbraio 2003 in Giappone, segna il passaggio della saga di Samus Aran alla terza dimensione.

Grazie ad un’inedita visuale in soggettiva, infatti, il giocatore viene trasportato direttamente dietro al visore della letale cacciatrice, pronto ad accompagnarla in una nuova incredibile avventura. Samus questa volta si ritrova ad esplorare la fregata Orpheon ed in seguito il pianeta Tallon IV, nel corso di una durissima lotta contro un enorme numero di creature mutate dal Phazon, micidiale liquido radioattivo.

Il grande merito di Prime sta nel fatto che ha saputo unire in maniera encomiabile la grafica tridimensionale e la modalità in prima persona con le meccaniche tipiche della saga. Non ci troviamo infatti di fronte ad un semplice FPS, bensì ad una vera e propria avventura in cui la risoluzione degli enigmi e l’esplorazione attenta delle aree rappresentano ancora il cuore pulsante del titolo.

Per completare la sua missione, infatti, Samus ha ancora una volta bisogno di sbloccare ogni potenziamento e ogni abilità della sua tuta. Questo porterà la bella cacciatrice a setacciare ogni angolo del pianeta, alla ricerca di ogni area rimasta libera.

Non manca naturalmente nemmeno l’azione, grazie al nutrito arsenale di cui Samus dispone e alla nuove possibilità fornite dalla visuale in soggettiva. Le armi a disposizione sono davvero moltissime, così come le trategie da seguire per sconfiggere i vari nemici.

La grafica del gioco, sfrutta fino all’ultima goccia le possibilità di Gamecube e riesce ad immergere totalmente il giocatore nell’avventura, ricreando un mondo futuristico davvero accattivante e terrorizzante.

Davvero un must assoluto per ogni possessore di Gamecube che si rispetti e di cui è ora disponibile anche una versione rimasterizzata per Nintendo Switch.

E voi che dite? Conoscevate tutti i titoli citati nell’articolo? E quali giochi avreste inserito nella vostra personale top five? Scrivetelo nei commenti qui sotto!

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Recensioni

Forspoken – Recensione

Recensione in BREVE

Forspoken è una buona avventura 3D ma non riesce ad essere nulla di più. L’esplorazione è nel complesso interessante e ben fatta. I combattimenti, per quanto spettacolari, non mancano di sbavature e imprecisioni che ne pregiudicano la riuscita. Il comparto tecnico, infine, pur presentando un’ottima grafica e un sonoro sopra la media, non risulta essere superiore a molti altri titoli simili presenti su PS5. Davvero un peccato!

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Da pochi giorni è finalmente disponibile per tutti i possessori di Playstation 5 la nuova fatica di Square-Enix: Forspoken. Il gioco rappresenta il debutto di Luminous production, team interno a Square, che si è occupato dello sviluppo del gioco.

L’uscita di Forspoken è stata piuttosto travagliata. Conosciuto inizialmente come Project Athia, il gioco sarebbe dovuto uscire il 24 maggio 2022, ma è stato più volte posticipato fino alla sua uscita effettiva, avvenuta nel 24 gennaio 2023.

Fin dalle prime fasi di sviluppo, Fospoken prometteva di essere la prima vera avventura di nuova generazione, con un comparto tecnico e grafico in grado di sfruttare al massimo le capacità di Playstation 5. Sarà stato in grado di mantenere le promesse?

Frey, la nostra eroina, ha il brutto vizio di cacciarsi spesso nei guai.

Frey nel paese delle meraviglie

All’interno di Forspoken vestiamo i panni di Alfre Holland, meglio nota come Frey. La giovane orfana afroamericana vive nel malfamato quartiere newyorkese di Hell’s Kitchen, con la sola compagnia della gatta Homer. Come apprendiamo presto, Frey ha la brutta abitudine di inguaiarsi con la giustizia e di frequentare pessime compagnie.

Trovatasi con le spalle al muro, Frey decide di affidare la sua amata compagna a una giudice magnanima per regolare i conti con la gang che l’ha presa di mira. Proprio in questo frangente, la giovane si imbatte in un bracciale dorato, che, una volta entrato in contatto con lei, spalanca un misterioso portale simile ad uno specchio.Vinta dalla curiosità, Frey, come una novella Alice, entra nel portale, ritrovandosi intrappolata nel mondo medievaleggiante di Athia.

Attraverso lo specchio

Qui la ragazza si accorge presto di non essere sola. Il bracciale che aveva trovato, da lei battezzato Cuff (bracciale in inglese), è infatti dotato di vita propria e inizia a comunicare con la mente di Frey, divenendo il suo compagno più stretto nel corso dell’avventura.

La protagonista si rende conto anche di possedere incredibili poteri magici, che le risultano subito indispensabili per difendersi dalla fauna locale, composta da creature mostruose e pericolose. La ragazza raggiunge quindi il villaggio di Cipal, principale centro abitato del mondo di Forspoken. Qui Frey viene accolta con ostilità e apprende che gli abitanti del mondo di Athia non se la passano per nulla bene.

Le Tantas rappresentano, almeno all’inizio, le principali antagoniste di Forspoken.

Lo strano mondo è infatti da diverso tempo affetto da un miasma venefico, denominato Rovina, in grado di trasformare ogni essere che entra in contatto con esso in una creatura pericolosa ed aggressiva. Stranamente, però, Frey sembra totalmente immune al fenomeno.

Come se ciò non bastasse, le Tantas, sorta di matrone magiche considerate le protettrici del mondo, da qualche tempo sembrano essere impazzite e sono diventate violente verso la pololazione, già tormentata dalla Rovina.

Entrata in conflitto con una delle Tantas, Frey, accompagnata dal suo nuovo amico Cuff e dalle fide scarpe da ginnastica, incomincerà un viaggio nel misterioso mondo di Athia, per mettere fine alla minaccia delle Tantas e riuscire in qualche modo a tornare a casa.

Una compagnia piacevole

La trama di Forspoken, pur non facendo gridare al miracolo per originalità, è scorrevole e nel complesso piacevole. Il gioco è ricchissimo di riferimenti ad Alice nel paese delle meraviglie e concentra molto l’attenzione su Frey e sulla sua crescita.

Da ragazza burbera, aggressiva e poco propensa a prestare attenzione al prossimo, Frey nel corso del viaggio diventa una donna matura e inizia a capire l’importanza della cura per l’altro e del senso del dovere. La storia del gioco procede in maniera abbastanza lineare e scorrevole, con l’eccezione di una grande rivelazione cha avviene verso la fine della storia.

Molto apprezzabili i dialoghi, che spesso mettono in risalto la distanza tra gli abitanti di Athia, uniti tra loro dalla sofferenza e dal desiderio di un domani migliore, e la durezza di Frey, disillusa da una vita di abbandono e disinteresse.

Anche il rapporto tra Frey e Cuff funziona molto bene, proponendo sia siparietti comici molto gradevoli, sia riflessioni più profonde ed interessanti. Come ci auguravamo esaminando la demo, Square sembra essersi ispirata al personaggio di Grimoire Weiss della saga di Nier, la cui voce ricorda molto da vicino quella di Cuff.

Bello ma non troppo

I paesaggi di Forspoken spesso risultano un po’ troppo vuoti.

Dal punto di vista tecnico, Forspoken non riesce purtroppo a mantenere le (alte) aspettative che lo accompagnavano. Il gioco, infatti, pur presentando una grafica davvero bella e pulita, non si distacca in maniera netta da altri titoli dello stesso genere.

Intendiamoci, il Luminous Engine fa un ottimo lavoro. I luoghi che Frey visita, risultano sempre di ottima fattura. Anche la città di New York, presente in alcune sezioni del gioco, è stata ricostruita in maniera davvero ottima.

Tuttavia non si avverte mai alcun reale salto di qualità rispetto a giochi come Horizon: Forbidden West o Elden Ring. Lo stesso discorso vale per i personaggi, molto realistici nelle fattezze e nelle animazioni, ma non in grado di stupire in maniera particolare.

Per quanto riguarda i nemici invece, come già osservato nella demo, Forspoken si rivela piuttosto deludente. Le creature che affronteremo, infatti, siano esse belve, persone corrotte dalla Rovina o veri e propri mostri, non impressionano particolarmente e sembrano essere piuttosto banali e stereotipati.

Un plauso va fatto invece ai combattimenti, che spesso coinvolgaoo un numero altissimo di nemici. Anche nelle fasi più concitate, il gioco riesce sempre a mantenere un’ottima fluidità, senza evidenti rallentamenti o cali di frame.

Il comparto tecnico di Forspoken colpisce in positivo, ma non riesce ad eccellere.

Un sonoro davvero meritevole

Una nota estremamente positiva è il sonoro. La musica di Forspoken, curata da Bear McCreary e Gary Schyman, presenta brani davvero piacevoli e coinvolgenti. In particolare, risulta davvero azzeccata e d’atmosfera l’alternanza di musica classica di stampo epico con una serie di tracce più ritmate ispirate alla musica beat.

Che si tratti di accompagnare feroci combattimenti, tragici momenti di introspezione o grandi colpi di scena, il sonoro di Forspoken non si fa mai trovare impreparato e le varie tracce calzano sempre a pennello. Una particolare menzione meritano i motivi che fanno da sottofondo agli scontri coi boss, davvero potenti e coinvolgenti.

Un gameplay tra alti e bassi

L’esplorazione è forse l’aspetto più piacevole di Forspoken

Forspoken è una classica avventura 3D open world. Dopo le prime due ore di gioco, che trascorrono con una narrazione estremamente lineare e senza particolari possibilità di esplorazione, Frey ha la possibilità di muoversi liberamente lungo l’enorme mappa del mondo, lasciando al giocatore la possibilità di decidere se dedicarsi alla storia principale o esplorare liberamente i dintorni alla ricerca di potenziamenti o nuovi equipaggiamenti.

L’esplorazione è resa davvero veloce e scorrevole da quella che è di fatto l’aspetto più interessante di Forspoken, ovvero il parkour magico. Come detto in precedenza, Frey scopre di essere dotata di poteri magici. Questi non le servono solo per combattere, ma le forniscono anche diverse abilità in grado di facilitare i suoi spostamenti. La prima di esse le consente di correre a velocità elevatissima superando gli ostacoli più semplici, fiondandosi da un dirupo all’altro come in una spericolata corsa ad ostacoli.

Occorre tuttavia fare attenzione, almeno all’inizio, a non abusare di queste abilità. Esse infatti portano Frey a consumare rapidamente il suo mana, obbligandoci ad attendere il suo ripristino ed esponendoci a eventuali attacchi nemici. Col proseguo dell’avventura, la protagonista, oltre ad aumentare il mana a disposizione, va a sbloccare nuove capacità, tra cui la possibilità di scivolare sull’acqua, di appendersi con fruste di fuoco alle sporgenze e di compiere balzi altissimi. Per questo motivo è consigliabile attendere l’ottenimento di tutte queste abilità per dedicarsi seriamente all’esplorazione.

Un mondo vasto ma vuoto

La mappa di gioco è davvero chiara e ben strutturata, anche se un po’ spoglia…

A differenza di quanto pensato osservando la demo, Forspoken non è composto da una serie di macro aree esplorabili progressivamente, ma da un’unica grande mappa, che contiene tutti i domini delle quattro Tantas. Pur essendo caratterizzati da atmosfere e colori differenti, in linea con quelli delle loro dominatrici, le aree di gioco tendono ad avere molti elementi in comune, cosa che creerà un certo senso di ripetitività.

Ad accrescere questa sensazione contribuisce la scelta, non troppo ispirata, di lasciare un solo centro abitato ad Athia. Ad eccezione del villaggio di Cipal, infatti, tutte le città del gioco sono deserte, eccezion fatta per le guardie delle Tantas, le quali saranno ben poco disposte a scambiare due parole con noi. La sensazione di vuoto e solitudine viene in parte mitigata dagli spassosi dialoghi con Cuff e, fortunatamente, non va ad intaccare la bellezza dell’esplorazione. Sarebbe però stato davvero bello poter esplorare altri centri abitati, magari con abitanti dotati di abiti e tradizioni differenti.

La mappa di gioco è chiara e ben realizzata e permette di inquadrare facilmente i nostri obiettivi e di farci un’idea precisa sia dei luoghi che vogliamo visitare sia dell’ordine con cui farlo. Le nostre mete principali saranno i rifugi, che consentono di sbloccare nuovi incantesimi e viaggi rapidi, i labirinti segreti, in cui possiamo affrontare varie ondate di mostri fino a sbloccare gli oggetti contenuti in fondo al dungeon e i campanili, che rivelano le porzioni della mappa ancora ignote.

Un combat system non sempre all’altezza

Il combat system è forse la parte più debole del gioco.

L’aspetto parso meno convincente di Forspoken sono i combattimenti. Per difendersi dalle creature di Athia, Frey ha a disposizione un nutrito set di magie, suddivise in incantesimi di attacco e di supporto. Gli incantesimi sono ulteriormente divisi in quattro colori diversi, uno per ogni elemento, cioè terra, fuoco, acqua e fulmine.

Con l’eccezione della magia del fuoco, più adatta al combattimento ravvicinato, gli altri set di incantesimi sono parsi davvero troppo simili tra loro. Le magie infatti si limitano spesso a scagliare proiettili di vario tipo contro i nemici, con effetti nemmeno troppo diversi. L’unico aspetto che ci porta a scegliere se ricorrere a un set o all’altro è la debolezza dei vari nemici ad uno specifico elemento.

Anche gli incantesimi di supporto appaiono davvero poco sfruttati e si limitano spesso a creare esplosioni o altri effetti offensivi, spesso nemmeno troppo dissimili dalle magie di attacco vere e proprie. Sono pochi gli incantesimi realmente differenti, con proprietà curative o che abbiano effetti originali o particolarmente utili.

Ogni incantesimo d’attacco può essere caricato mantenendo premuto il pulsante dedicato, generando un effetto più potente ed efficacie. Tuttavia spesso gli scontri si risolvono in un lancio continuo di incantesimi e in tentativi spesso maldestri di schivare gli attacchi nemici.

Difesa da rivedere

La fase difensiva, che già aveva suscitato diversi dubbi durante la demo, ha purtroppo confermato vari punti deboli. Durante gli scontri, infatti, non è possibile né parare gli attacchi né effettuare delle schivate “perfette” (scelta davvero strana, visto che questo tipo di azione sarebbe stato adattissimo al personaggio di Frey…).

Gli attacchi dei nemici infatti vengono parati automaticamente da Cuff, a patto di disporre del mana necessario. Con la pressione del tasto triangolo nel preciso momento in cui saremo colpiti genereremo un contrattacco magico, in grado di sbalzare via i nemici e di far recuperare energia a Frey.

Questa meccanica non è parsa particolarmente funzionale, poiché rischia di essere abusata negli scontri semplici e di rivelarsi inutile contro i nemici più coriacei, i cui attacchi non possono essere bloccati ed obbligano a schivate continue e spesso goffe. Alcuni scontri, in particolare quelli coi nemici più grossi e coriacei, risultano davvero lunghi, ripetitivi e frustranti.

Nel complesso, il combat system risulta pieno di buone idee e ragionevolmente coinvolgente, ma ha davvero troppi punti deboli. Intendiamoci, le battaglie di Forspoken restano molto fenetiche e visivamente sono davvero spettacolari, ma con una di cura maggiore avrebbero potuto essere molto più divertenti ed appaganti.

Gestione superflua

La gestione dell’equipaggiamento in Forspoken sarà utile ma non fondamentale.

Un aspetto molto importante di Forspoken è la gestione delle abilità di Frey e delle sue statistiche. Come abbiamo già detto, nel corso dell’avventura, Frey può sbloccare molti nuovi incantesimi, che vanno prima scoperti col proseguo della storia o leggendo i libri di magia sparsi per il mondo e successivamente sbloccati spendendo il nostro mana. Potssiamo accumulare mana sia sconfiggendo i nemici, sia svolgendo le missioni sia semplicemente raccogliendolo dalle apposite fonti lungo la mappa.

La gestione delle nostre statistiche e abilità passive è invece riservata alla scelta dell’equipaggiamento, composto da mantello, collana e unghie. Ognuno di questi oggetti ci fornisce particolari abilità e può essere personalizzato (ad eccezione delle unghie). Possiamo potenziare il nostro equipaggiamento ai rifugi grazie ai materiali collezionati durante il corso del gioco.

C’è da dire che, ad eccezione dello sblocco dei nuovi incantesimi, nessuno di questi oggetti sembra impattare in modo così decisivo, almeno per quanto riguarda lo svolgimento della trama principale (ho completato il gioco con a disposizione un numero davvero esiguo di mantelli, collane e unghie).

Tante ore extra

Il diario e i menù di Forspoken sono davvero chiari, completi e precisi.

La storia principale di Forspoken si svolge nell’arco di 12 capitoli (più un treidcesimo dedicato all’endgame). Per raggiungere i titoli di coda, almeno al livello di difficoltà più basso, saranno sufficienti poco più di una decina di ore.

Tuttavia il cuore di questo gioco, come per ogni avventura open world, risiede nella bellezza della scoperta e dell’esplorazione. Frugare ogni angolo di Althia, completare ogni missione secondaria e scoprire ogni mistero della trama porta a moltiplicare il tempo effettivo di gioco, donando a Forspoken una longevità più che buona.

Merita un plauso anche il menù del gioco, davvero chiaro, ricco e piacevole da consultare, che consente di fare sempre il punto della situazione in modo semplice e di tenere traccia di tutte le missioni secondarie (qui denominate deviazioni) che si stanno affrontando.

A questo proposito: il numero di attività da svolgere è davvero elevatissimo. Si va dalle semplici missioni che ci affidano gli abitanti di Cipal alla ricerca dei famigli delle quattro Tantas (che andranno addomesticati tramite un semplice minigioco) fino all’apertura di particolari forzieri bloccati da serrature magiche che possono essere sbloccate risolvendo alcuni rompicapo.

La maggior parte delle missioni, però, ruota intorno ad una serie di combattimenti, a volte con particolari condizioni da soddisfare (proteggere gli abitanti del villaggio, piuttosto che vincere in un dato tempo). Questo crea alla lunga una certa monotonia, che non sempre Forspoken è in grado di evitare.

Conclusione

Forspoken è sicuramente un buon titolo, ma non riesce ad essere nulla di più.

Tirando le somme: la sensazione più forte che si prova giocando a Forspoken è quella di trovarsi di fronte ad una grande occasione mancata. L’opera di Square-Enix non è assolutamente un brutto titolo, anzi l’avventura ha un ottimo comparto tecnico, una buona trama, è ragionevolmente divertente e anche discretamente appassionante. Ma non riesce ad essere nulla di più.

Tutte le sbavature del gameplay, la quasi totale mancanza di NPC e la ripetitività delle varie situazioni appesantiscono l’esperienza di gioco, penalizzando il risultato finale. Inoltre, le attese per questo titolo erano davvero alte e le promesse di un’avventura che mostrasse un vero salto di qualità nel panorama dei giochi ps5 erano altrettanto roboanti.

Purtroppo, come già detto, gran parte di queste aspettative sono state disattese. Eccezion fatta per il sonoro, infatti, Forspoken non riesce assolutamente ad elevarsi in modo significativo rispetto all’affollato panorama degli open world e il suo comparto grafico, pur restando di ottima qualità, non è in grado di far raggiungere al titolo Square alle vette promesse.

Davvero un peccato! Consigliamo comunque il gioco a tutti gli appassionati del genere, raccomandando però di non aspettarsi un capolavoro assoluto o una pietra miliare del genere, ma solo una buona avventura con cui trascorrere molte divertenti ore.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Action
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo79,99€
  • Piattaforme: Playstation 5, PC
  • Versione provata: Playstation 5

Ho accompagnato Frey per tutta la durata della sua avventura per circa 15 ore grazie a un codice fornito dal publisher

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Editoriali

Aku Aku: storia dell’amichevole maschera di Crash Bandicoot

La maschera ha da sempre avuto un ruolo di assoluto rilievo nella storia dell’umanità, in varie e numerose forme espressive. Basti pensare al suo ruolo nel teatro dell’antica Grecia, o all’importanza delle feste in maschera, presenti in quasi ogni cultura e tradizione umana. Anche nella cultura pop, la maschera ha sempre trovato terreno fertile. Basti pensare all’incredibile successo ottenuto dagli eroi mascherati nel mondo dei fumetti e, più recentemente, anche sul grande schermo.

Persino nel mondo dei videogiochi la maschera ha ottenuto spesso e volentieri ruoli di primo piano. Ricordiamo per esempio Legend of Zelda: Majora Mask, titolo in cui proprio le maschere erano la fonte dei poteri di Link. Oppure la saga di Persona (il cui titolo significa proprio maschera in lingua latina), dove le maschere sono addirittura il perno della trama e della stessa estetica dei vari giochi.

Esiste tuttavia una particolare maschera dotata addirittura di vita propria e di una caratterizzazione talmente simpatica ed originale da renderla la spalla principale del protagonista di un’intera saga di videogiochi. Stiamo naturalmente parlando di Aku Aku, la simpatica maschera voodoo che da sempre accompagna Crash Bandicoot nelle sue strampalate avventure (anche nel recente quarto capitolo che abbiamo recensito). In questo articolo andremo a ripercorrere la storia della maschera amica di Crash Bandicoot, concentrandosi sull’evoluzione che ha avuto nel tempo.

Aku Aku: La maschera di Crash Bandicoot
La maschera Aku Aku ha accompagnato Crash fin dal primo titolo della serie.

Gli esordi su PlayStation

La prima apparizione della maschera Aku Aku coincide con il primo Crash Bandicoot, uscito sulla prima Playstation nell’ormai lontano 1996. Crash incontra il nostro mascherone subito dopo il filmato introduttivo del gioco, quando libera Aku Aku da una cassa di legno sulla spiaggia di N. Sanity.

La maschera raffigura un grosso volto con occhi, naso, denti e labbra ed è sormontata da quattro piume colorate. Completa il quadro un piccolo ciuffo di foglie che spunta alla sua base, a mo’ di pizzetto. Aku Aku rivela a Crash di essere uno spirito guardiano e gli suggerisce di raccogliere le sue parti sparse per tutta l’isola per ottenere la sua protezione.

Nel corso della sua avventura, Crash Bandicoot può collezionare fino a tre maschere di Aku Aku, contenute in alcune casse sparse per i vari livelli. Ogni maschera funge da scudo, permettendo al marsupiale di sopravvivere anche se colpito dai nemici. Ogni volta che una parte di Aku Aku viene liberata, risponderà col suo inconfondibile “Boo-roo-duh-gah!”, suono che diverrà iconico nel corso della serie, sebbene risulti ancora poco chiaro cosa significhi.

“Boo-roo-duh-gah!”: l’inconfondibile ingresso di Aku Aku

Nel caso il giocatore riesca a collezionare tutte e tre le maschere, Crash indosserà Aku Aku (che normalmente si limita a levitare al suo fianco) ottenendo un breve periodo di invincibilità, in modo analogo a quanto avveniva con la stella di Super Mario.

La situazione resta sostanzialmente invariata in Crash Bandicoot 2: Cortex strikes back, uscito l’anno successivo sempre sulla prima Playstation. Nella versione giapponese del gioco, tuttavia, viene utilizzato anche un secondo modello per le animazioni di Aku Aku. Tale modello appare in brevi filmati in cui la mschera fornisce a Crash alcuni consigli su come proseguire. Aku Aku qui si mostra con colori più chiari e con labbra e sopracciglia più grosse.

La simpatia e originalità di Aku Aku lo hanno reso un elemento fondamentale della serie.

La biografia della maschera di Crash Bandicoot

Una serie di informazioni aggiuntive sulla simpatica maschera sono state fornite dal manga di Crash Bandicoot, uscito in due edizioni tra 1996 e 1997. Viene qui rivelato per la prima volta che Aku Aku è in realtà lo spirito di un antico sciamano protettore dell’isola, che ha lasciato parte della sua essenza nelle varie maschere magiche. Viene anche fatto riferimento agli Antichi, i misteriosi padroni di Aku Aku, sebbene essi non siano mai comparsi nel corso della serie.

É tuttavia con il successivo capitolo della serie videoludica, ovvero Crash Bandicoot 3: Warped, che il ruolo di Aku Aku inizia a divenire più sostanzioso. In quest’avventura infatti il mascherone presenta un nuovo e più definito modello e beneficia finalmente di un doppiaggio, in virtù della grande mole di dialoghi di cui è protagonista.

In Warped i giocatori fanno anche la conoscenza di Uka Uka, fratello malvagio di Aku Aku, anch’egli segregato all’interno di una maschera Voodoo dall’aspetto tetro e minaccioso. Era stato proprio Aku Aku a sigillare il fratello malvagio quando era ancora in vita. Viene inoltre rivelato che la decisione di Aku Aku di confinare il suo spirito in una maschera era stata proprio dettata dalla volontà di continuare a proteggere la terra da un eventuale risveglio del fratello.

Nel corso dell’avventura, Aku Aku ha ancora il ruolo di power up e di occasionale consigliere dei protagonisti, ma nella battaglia finale contro Cortex e Uka Uka, la maschera scende in campo in prima persona, tenendo occupato il fratello e permettendo a Crash di sconfiggere il malvagio scienziato.

Aku Aku: La maschera in Crash Bandicoot 3
Crash Bandicoot 3 ha approfondito il personaggio ed il background di Aku Aku.

Aku Aku negli spin-off

Nel party game Crash Bash, Aku Aku è nuovamente al centro della trama. Il gioco infatti ruota attorno ad una sfida tra Aku Aku ed Uka Uka, che schierano i propri campioni all’interno di un torneo che sancirà la definitiva superiorità di una delle due maschere.

Nuovamente Uka Uka sarà il motore scatenante degli eventi di Crash Bandicoot: l’ira di Cortex, primo titolo della saga per le console a 128 bit. Questa volta la malvagia maschera libererà i terribili elementali, guidati dal malvagio Crunch Bandicoot (sotto il controllo di Uka Uka). Sarà ancora una volta Aku Aku a scoprire il piano del fratello e a permettere a Crash di sventare l’ennesima minaccia.

Nel successivo Crash Twinsanity Aku Aku si alleerà per la prima volta col fratello Uka Uka. Dopo l’ennesima sconfitta, infatti, la maschera maligna si unirà a Crash e Cortex contro gli Evil twins, nuovi villains del gioco. Le due maschere subiranno una sonora batosta, ma permetteranno a Crash e Cortex di trionfare sui nuovi nemici.

Il restyle di Aku Aku

Aku Aku: La maschera di Crash Bandicoot in Crash of the Titans
Crash of the Titans ha davvero rivoluzionato l’estetica della serie.

É tuttavia in Crash of the Titans – titolo uscito nel 2007 su praticamente ogni piattaforma possibile – che Aku Aku subisce i maggiori cambiamenti. A livello estetico, il design della maschera viene totalmente rivoluzionato, con un Aku Aku più largo e possente, dotato di una bocca enorme e di numerose foglie che gli spuntano dai fianchi a mo’ di braccia.

Anche per quanto riguarda il gameplay, Aku Aku ha un ruolo molto più attivo. La maschera infatti per tutta la durata dell’avventura è sempre al fianco di Crash e gli fornisce la capacità di sottomettere e controllare i Titani (o Mutanti), i principali antagonisti del gioco, divenendo a tutti gli effetti l’arma principale in dotazione al protagonista.

La situazione si ripete anche in Crash: Mind over mutants (in Italia Crash: il dominio sui mutanti), seguito diretto di Crash of the Titans. Anche in questo caso Aku Aku permette a Crash di sottomettere e sfruttare le enormi creature, sfoggiando l’inedita capacità di rimpicciolirsi per entrare nelle tasche del marsupiale.

In questi titoli Aku Aku fornisce a Crash altre interessanti abilità, come la capacità di scivolare sulla sua superficie e la possibilità di deflettere gli attacchi energetici dei nemici.

Le ultime apparizioni

Aku Aku è stato al fianco di Crash anche negli ultimi titoli a lui dedicati.

Dopo l’enorme insuccesso dei due titoli a base di Titani, la serie di Crash rimase a lungo nel dimenticatoio. Crash apparve come personaggio giocabile nella serie Skylanders, dove fece capolino anche il nostro Aku Aku, tornato al semplice ruolo di voce di supporto.

Seguirono Crash N. sane Trilogy e Crash Team racing Nitro-Fueled, titoli remastered delle due vecchie glorie della prima Playstation, che però non apportarono modifiche significative ai vecchi titoli in termini di trama e gameplay.

Negli ultimi due giochi della saga, ovvero Crash Bandicoot 4: It’s about time e Crash Bandicoot: on the run!, Aku Aku recupera il suo aspetto classico, molto più simile a quello sfoggiato nei primi capitoli della serie. In entrambi i titoli, inoltre, la maschera esercita di nuovo il suo duplice ruolo di guida saggia e power up protettivo.

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Recensioni

Forspoken: il nostro dettagliato provato della demo

É disponibile su Playstation Store la demo gratuita di Forspoken. Il gioco, sviluppato da Luminous e distribuito da Square Enix, è un’interessante avventura open world ricca di elementi fantasy. Abbiamo provato approfonditamente la demo e ci siamo fatti un’idea di quel che potrebbe offrirci il gioco completo, la cui uscita è prevista per il 24 gennaio. Entriamo nel mondo di Athia!

Un tradizionale fantasy moderno

Forspoken mette il giocatore nei panni di Frey, giovane afroamericana di New York esperta di parkour. La ragazza viene inaspettatamente risucchiata nel mondo magico di Athia dove scopre di possedere misteriosi poteri magici, che può utilizzare per farsi strada attraverso il nuovo mondo nel tentativo di scoprire come tornare a casa.

L’ostacolo principale di Frey è costituito, oltre che da un’immensa orda di creature mostruose, dalle perfide Tantas, matriarche magiche intenzionate ad eliminare la nostra protagonista il prima possibile; per fortuna, nel suo viaggio la ragazza non è sola. Al suo fianco c’è Cuff, un bracciale magico parlante! Il singolare oggetto, oltre a potenziare le abilità magiche di Frey, le fa da spalla nel corso dell’avventura.

Demo Forspoken: fantasy tradizionale
Il mondo di Forspoken attinge a piene mani al fantasy tradizionale

Immersi in una natura arcana

Forspoken è un’avventura open world; di conseguenza, dopo un breve tutorial sui comandi base, Frey si trova quasi subito immersa in uno scenario piuttosto vasto e completamente esplorabile.

Le ambientazioni presentano paesaggi naturali estremamente ampi e particolareggiati, che ricordano a tratti quelli di Horizon Forbidden West. Colline, foreste, montagne e laghi sono davvero realistici, anche grazie all’ottimo lavoro del Luminous engine, il motore grafico del gioco. Anche le città e le fortificazioni che abbiamo incontrato sono apparse ben strutturate e in linea con le atmosfere del gioco.

Il comparto sonoro è decisamente all’altezza ed è stato realizzato dai compositori vincitori del premio BAFTA: Bear McCreary (God of War e la serie TV The Walking Dead) e Garry Schyman (serie Bioshock). La musica del gioco mescola temi più “classici”, tipici di un prodotto fantasy, con tracce più moderne e ritmate, che sembrano ricordare le atmosfere beat dei quartieri newyorkesi. Il risultato finale è davvero originale e d’impatto.

Streghe, belve e non morti

Meno convincente è il design dei nemici; infatti, pur avendo una buona varietà, non mostrano un aspetto particolarmente originale o degno di nota.

Nel corso della demo di Forspoken abbiamo affrontato soldati, zombie, belve, streghe e creature magiche. Nessuna di questi esseri, tuttavia, ha particolarmente lasciato il segno dopo essere stata abbattuta. Persino il nemico più potente, sbloccabile completando gli obiettivi della demo, è semplicemente una versione potenziata di una belva acquatica già incontrata nel corso dell’esplorazione.

Demo Forspoken: ambientazioni
Le ambientazioni di Forspoken sono davvero impressionanti

Parkour incantato

I movimenti di Frey sono piuttosto fluidi e precisi. La telecamera svolge ottimamente il suo lavoro, permettendo al giocatore di spostarsi, voltarsi e saltare senza particolari intoppi. A prima vista la corsa appare invece piuttosto lenta e poco pratica.

Ma è qui che entra in gioco una delle caratteristiche principali di Forspoken, ovvero il parkour magico. Grazie alla pressione del tasto cerchio, infatti, Frey viene avvolta da un alone arancione e utilizza la sua magia per migliorare i movimenti. Questo le permette di sfrecciare lungo la mappa esibendosi in salti, capriole e volteggi, evitando agevolmente ostacoli e avversarità del terreno. Queste abilità, oltre ad essere visivamente d’impatto, hanno reso l’esplorazione della demo molto più piacevole, veloce e dinamica.

Frey può inoltre contare sull’aiuto di Cuff. Lo strambo bracciale, infatti, con la pressione del tasto quadrato si srotolerà, divenendo una sorta di frusta magica permettendo a Frey di agganciarsi a particolari elementi ambientali per usarli a mo’ di trampolino, riuscendo così a raggiungere zone decisamente elevate. Unico neo sembra essere la mancanza della possibilità di arrampicarsi, che spesso genera scalate piuttosto forzate e “pasticciate” attraverso salti e scatti provati un po’ a casaccio.

L’esplorazione in Forspoken è davvero dinamica e divertente

La mappa di gioco appare chiara e ben strutturata: i punti di interesse sono ben evidenziati e il giocatore ha sempre la possibilità di contrassegnare la destinazione che ritiene di visitare per prima, in modo da aver sempre chiara la propria destinazione. È anche possibile visualizzare una versione tridimensionale della mappa, così da rendersi conto con più chiarezza dei vari livelli di altitudine e della strada ottimale da percorrere per giungere a destinazione.

Inoltre, Cuff intrattiene durante l’esplorazione con lunghe chiacchierate e talvolta il bracciale fornisce utili indicazioni su come proseguire, anche se spesso si tratta semplicemente di siparietti comici inseriti per spezzare la monotonia dell’esplorazione. Ci auguriamo che l’esperienza ricordi quanto visto in Nier Replicant col personaggio di Grimoire Weiss, anche se resta la paura di ripetere pessime esperienze come quelle vissute al fianco di Navi in The Legend of Zelda: Ocarina of time.

Forspoken-Magia
La magia di Forspoken

Botte magiche

Per quanto riguarda i combattimenti, come prevedibile, Frey deve affidarsi totalmente alla magia. Nello specifico, il videogiocatore può ricorrere, in qualsiasi momento, a un set di incantesimi di attacco e supporto, che saranno affidati rispettivamente ai pulsanti R2 e L2. A seconda di quanto dura la pressione del tasto, l’incantesimo risulta più o meno potente. Premendo L1 e R1, invece, si attivano dei semplici menù circolari, grazie ai quali è possibile fissare l’incantesimo che si desidera lanciare.

Gli incantesimi di attacco appaiono tutti piuttosto simili tra loro e consistono in una serie di azioni offensive, siano esse singoli attacchi o combo. Più interessanti gli incantesimi di supporto, che offrono tutta una serie di effetti molto diversi tra loro. Si va dalla possibilità di circondare l’area con un muro di fiamme alla creazione di zone floreali curative, all’evocazione di tentacoli senzienti.

Inoltre, una volta inanellata una serie di attacchi, Frey può stordire il nemico e, mediante la pressione del tasto triangolo, effettuare un attacco particolarmente incisivo. Nel momento in cui la barra della magia risulta carica a sufficienza, Frey avrà infine la possibilità di lanciare un singolo potentissimo incantesimo mediante la pressione congiunta di L2 e R2.

Demo Forspoken: incantesimi
La lista di incantesimi a disposizione di Frey è davvero ricca

Frey può contare su differenti tipologie di magia, contrassegnate da diversi colori, ognuna con il suo set di incantesimi di attacco e supporto. Nella demo di Forspoken sono disponibili solo la magia viola e la rossa. La magia viola, incentrata sulla terra e sulla natura, propone un setting più concentrato sulla difesa e sugli attacchi a distanza. La magia rossa, legata al fuoco, permette uno stile di gioco più offensivo, incentrato sull’uso delle combo a corta distanza mediante la creazione di spade, fruste e lance di fuoco. Entrambi i set sono decisamente ricchi, con una discreta varietà di incantesimi e possibilità offensive.

I combattimenti sono dinamici al punto giusto, risultando divertenti e vari. Meno interessante è la difesa. Mediante la pressione del tasto cerchio infatti, è possibile schivare gli attacchi nemici. La schivata è disponibile anche durante la carica di un incantesimo, anche se risulta meno efficace. Non sembra tuttavia esistere la possibilità di realizzare una schivata “perfetta”, ovvero un’azione difensiva compiuta col giusto tempismo che fornisca a Frey reali vantaggi nel corso della battaglia (come visto ad esempio in Bayonetta).

La “parata” invece è un concetto piuttosto nebuloso. Tra gli incantesimi a disposizione molti hanno lo scopo di creare scudi o barriere e alcuni trailer suggeriscono che anche il nostro fido bracciale possa dare a Frey la possibilità di effettuare dei veri e propri parry. La demo di Forspoken tuttavia non fornisce alcun tutorial su queste meccaniche e non risulta chiaro se queste azioni possano essere sbloccate solo in una fase successiva del gioco.

Demo Forspoken: mantelli
L’equipaggiamento di Frey si baserà principalmente sui suoi mantelli

Un mantello per tutte le stagioni

Sotto l’aspetto della gestione del personaggio e delle sue abilità, Fospoken sembra un titolo ragionevolmente profondo. Per quanto concerne l’equipaggiamento, il giocatore potrà modificare in qualsiasi momento il mantello di Frey e il suo smalto per le unghie. Entrambe queste parti dell’equipaggiamento modificano le statistiche del personaggio, oppure forniscono particolari bonus o abilità.

Non mancano nemmeno i classici oggetti curativi ed i potenziamenti, che possono essere raccolti nel corso delle varie missioni, sia essere creati dal giocatore grazie alle risorse estrapolate dai mostri sconfitti. Quest’ultima operazione è possibile solo nei tavoli da lavoro dedicati proprio alla creazione degli oggetti o al potenziamento dell’equipaggiamento.

Infine, a proposito dello sviluppo delle abilità, Forspoken propone un classico modello ad albero. Il giocatore, accumulando i punti abilità tramite i vari combattimenti o tramite la risoluzione delle missioni, può sbloccare i nuovi incantesimi, che al loro volta aprono le strade per ulteriori potenziamenti. Si tratta di una meccanica ben consolidata nel tempo e il modello visto sulla demo di Forspoken appare chiaro e funzionale.

La demo di Forspoken ha attirato su di se l’attenzione di molti videogiocatori

Conclusione

Nel complesso, Forspoken si presenta come un titolo promettente ed interessante. Certo, il gioco non sembra brillare per originalità né sotto l’aspetto della trama né per quanto riguarda lo stile di gioco, che ricorda molto da vicino titoli come Horizon Forbidden West.

Tuttavia, le grandi possibilità offerte dalla magia, la novità e dinamicità dell’esplorazione per mezzo del parkour magico e il fascino di una protagonista strappata dal tempo e dal suo mondo sono riusciti davvero a stuzzicare il nostro interesse.

A ormai poco meno di un mese dall’uscita del gioco, sarà interessante scoprire se il titolo di Square Enix saprà essere all’altezza delle aspettative o se si rivelerà l’ennesima avventura open world di cui il parco titoli Playstation inizia ad essere piuttosto saturo.

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Editoriali

La complicata storia tra Sonic e il 3D

Quest’anno è arrivato sul mercato Sonic Frontiers, nuovissimo capitolo delle avventure del riccio più famoso del mondo. Il titolo, pur non esente da difetti, è stato accolto positivamente ed è stato riconosciuto come uno dei migliori capitoli 3D di Sonic, che non ha mai avuto un rapporto facile con la terza dimensione.

Ancora oggi sono molti i giocatori che, quando si parla di Sonic, tendono a preferire i classici plattform 2D. Prova di questo è il buon successo del recente Sonic origins. I titoli in tre dimensioni, di contro, tendono a essere facilmente ignorati dai più. Il motivo è spiegato in questo articolo, dove ripercorriamo le tappe dell’epopea del velocissimo riccio blu  nei meandri del 3D, ricordando sia i titoli più meritevoli che quelli assolutamente evitabili.

Sonic 3D Blast: il Primo in 3 dimenesioni

Sonic 3D Blast
Sonic 3D Blast fu il primo titolo di Sonic ad abbandonare le due dimensioni.

Le prime esperienze di Sonic nel genere dei plattform a tre dimensioni furono estremamente positivi. La nostra cavalcata parte addirittura dai tempi del mitico Sega Mega Drive, console che diede i natali al nostro Sonic. Proprio su Mega Drive, nell’ormai lontano 1996, vide la luce il primo titolo della saga di Sonic in tre dimensioni.

Nell’ormai lontano 1996 Sega, visto il successo di titoli come Donkey Kong Country e Super Mario RPG per SNES, decise che anche la sua mascotte avrebbe avuto un titolo tridimensionale a lui dedicato.

E così, il 30 novembre vide la luce Sonic 3D: Flickie’s Island, poi chiamato Sonic 3D Blast in occidente. Il gioco, pur mantenendo meccaniche e controlli  molto simili ai titoli precedenti, introdusse un’inedita visuale isometrica, che consentiva a Sonic di spostarsi in quattro diverse direzioni e non più solo in linea retta.

Sonic 3D Blast ricevette un’accoglienza nel complesso positiva, soprattutto per il suo comparto tecnico, mentre i controlli destarono qualche perplessità. Tirando le somme, comunque, si può comunque dire che questa prima avventura di Sonic nella terza dimensione si rivelò un buon successo.

Sonic Adventure: la consacrazione

Sonic Adventure: il miglior gioco 3D di Sonic di sempre
Sonic Adventure ancora oggi è considerato da molti il miglior gioco 3D di Sonic

Visto lo scarso successo del Saturn, Sega decise di anticipare i tempi e accellerò lo sviluppo della sua nuova macchina, il Dreamcast.

Fu proprio su Dreamcast che, nel dicembre del 1998, fece la sua uscita Sonic Adventure. L’opera raggiunse il mondo occidentale solo l’anno successivo, con una versione riveduta e corretta che venne ridistribuita anche in Giappone col titolo Sonic Adventure International.

Questo gioco fece fare a Sonic il salto di qualità di cui aveva bisogno, grazie ad un gameplay solido e di grande spessore. I livelli di esplorazione e risoluzione di enigmi (adventure field) si alternavano a stage più brevi votati all’azione (Action stages). Il tutto naturalmente a velocità adrenalinica e accompagnato da un’ottima giocabilità.

Sonic Adventure aggiornò anche il look di Sonic e dei suoi amici, che risultavano più adulti e maturi rispetto alle loro versioni cartoonesche viste su Megadrive. Anche la trama ebbe un ruolo importante in Adventure e narrava l’arrivo della potente entità Chaos e i tentativi del Dottor Robotnick di controllarla.

Adventure ottenne un grande successo di critica e pubblico, divenendo il gioco più venduto in assoluto per Dreamcast. Ancora oggi è considerato da molti il miglior Sonic 3D di sempre.

Sonic Adventure 2

Adventure 2 si rivelò un gioco solido e molto vario.

Visto l’enorme successo ottenuto da Sonic Adventure, era scontato per Sega scegliere la strada del sequel diretto. Nel giugno del 2001 uscì infatti, sempre su Dreamcast, Sonic Adventure 2. Il gioco si rivelò essere un ottimo seguito per l’avventura 3D di Sonic.

In questo titolo la trama aveva un ruolo ancor più centrale. Il giocatore era chiamato a vestire i panni di numerosi personaggi, tra cui Shadow the Hedgeog, che fece qui la sua prima comparsa. A seconda del personaggio utilizzato, lo stile dei livelli sarebbe variato.

Per Sonic e Shadow i livelli sarebbero stati all’insegna della velocità e del tempismo. Con Tails ed il dottor Eggman (che qui per la prima volta abbandona il nome Robotnik) il perno sarebbe stato l’abbattimento dei nemici. Infine, i livelli dedicati a Knuckles e Rouge (anche lei al suo debutto nella serie) erano focalizzati sull’esplorazione e la collezione di tesori. Per completare interamente l’opera, il giocatore avrebbe dovuto completare sia il percorso legato ai buoni sia quella dei cattivi.

Anche in questo caso, il gioco fu un successo di pubblico e critica. vennero apprezzato sia per la sua realizzazione tecnica che per la cura della trama e della caratterizzazione dei personaggi.

Questo successo permise ad Adventure 2 di godere di una riedizione, chiamata Sonic Adventure 2: Battle uscita per PC, Xbox 360 e PlayStation 3.

Sonic Heroes

Heroes fu una piacevole variante a tema gioco di squadra.

Nel dicembre 2003 fu la volta di Sonic Heroes, primo titolo della saga di Sonic a non uscire su una console Sega. La grande S infatti era passata ad occuparsi unicamente della produzione di Software. Il titolo arrivò su PlayStation 2, Xbox, Gamecube e PC.

Heroes ripropose lo stile di Adventure 2, legato allo sviluppo della trama e al coinvolgimento di numerosi personaggi. Quest’ultimo aspetto però fu ulteriormente approfondito. Il giocatore avrebbe dovuto scegliere addirittura tra quattro squadre diverse, ognuna col suo percorso e la sua storia.

Anche il gameplay si concentrava sull’azione di gruppo, poiché nei livelli erano presenti tutti e tre i componenti della squadra contemporaneamente. Il gioco permetteva di passare da un personaggio all’altro in qualsiasi momento, a seconda di quali caratteristiche fossero più adatte all’avanzamento nello stage.

Anche Heroes ricevette un’accoglienza nel complesso positiva, sebbene alcune versioni (in particolare quella PS2) soffrissero di diversi  bug e in generale la giocabilità del titolo fosse penalizzata da un uso non troppo preciso della telecamera.

Sonic the Hedgeog 2006: la pecora nera

Sonic the Hedgeog 2006: la pecora nera 3D
I bug che affliggevano Sonic 06 erano davvero terrificanti.

A metà della prima decade del 2000, Sega concentrl tutti i suoi sforzi nella realizzazione di un nuovo fiammante episodio 3D del suo porcospino blu. Questo gioco avrebbe dovuto segnare il definitivo rilancio di Sonic verso la vetta del mondo dei videogiochi. Per sottolineare l’importanza del progetto, Sega scelse addirittura di chiamare il nuovo gioco semplicemente Sonic the Hedgeog.

Ironia della sorte, il videogioco, uscito nel novembre 2006 su PS3 e Xbox 360, si rivelò un colossale buco nell’acqua. Molti giocatori lo considerano tuttora il peggior gioco di Sonic mai apparso su qualsiasi console.

Erano davvero tanti i problemi che affliggevano Sonic the Hedgeog – noto al pubblico soprattutto con il nome di Sonic 06. Anzitutto, la trama era davvero strampalata e mal scritta. Il nostro Sonic si trovava alle prese con il salvataggio di regni medievali e coinvolto in una improbabile storia d’amore con una principessa umana.

Come se non bastasse, il gioco era letteralmente falcidiato da bug di ogni tipo, che lo rendevano praticamente ingiocabile e lo stesso sistema di controllo era talmente frustrante e impreciso da scoraggiare qualsiasi giocatore dopo poche ore.

La bruttezza di questo gioco fu sottolineata anche dal famoso Angry Video Game Nerd, che dedicò un intero episodio del suo show a Sonic 06.

Un periodo di stanca

Dopo l’incredibile flop di Sonic 06 il nostro porcospino supersonico fu come bloccato in un limbo. I titoli 3D dedicati a Sonic, infatti, continuarono ad uscire, ma nessuno sembrava essere in grado di raccogliere consensi unanimi.

Sonic e gli anelli segreti

Sonic e gli anelli segreti fu un titolo nel complesso divertente.

Su Nintendo Wii uscì nel 2007 Sonic e gli anelli segreti, titolo che trasportava Sonic in un’ambientazione tratta dalle Mille e una Notte. Il gioco ricevette recensioni complessivamente discrete, ma non riuscì ad imporsi sul mercato, soprattutto in virtù dei controlli, non pienamente efficaci.

Sonic Unleashed

Sonic Unleashed

Fu poi la volta di Sonic Unleashed, rilasciato su praticamente ogni piattaforma ancora attiva, compresa PlayStation 2. Il gioco introdusse la trasformazione di Sonic in una sorta di porcospino mannaro. Questa caratteristica si rispecchiò anche nel gameplay, che alternava livelli in cui il giocatore avrebbe controllato Sonic, a fasi notturne in compagnia del nuovo alter ego peloso del porcospino.

Mentre i livelli diurni erano all’insegna della velocità e della destrezza, quelle notturne erano più lente e incentrate su enigmi e combattimenti. Ancora una volta, l’accoglienza fu molto tiepida ed il titolo cadde ben presto nel dimenticatoio.

Sonic e il cavaliere nero

Sonic e il Cavaliere Nero

Nel marzo 2009 fu il turno di Sonic e il cavaliere nero, esclusiva Wii e seguito ideale de Gli anelli segreti. Questa volta il nostro Sonic venne trasportato in un’ambientazione medievale. Scopo del gioco era salvare Re Artù, vittima di una maledizione che lo aveva trasformato nel perfido cavaliere nero.

Caratteristica principale del titolo fu il tentativo di valorizzare i sensori di movimento dei Wiimote: essi vennero utilizzati principalmente per replicare gli attacchi della spada di cui il nostro Sonic era dotato in quest’avventura.

Ahimè, anche in questo caso il titolo fu bellamente ignorato dal pubblico ed affossato dalla critica. Le maggiori critiche furono mosse al suo sistema di controllo, che risultava particolarmente disfunzionale ed impreciso.

Sonic Colors: il ritorno di fiamma

Colors: il ritorno di fiamma di Sonic in 3D
Colors si rivelò un ottimo gioco ed è tuttoggi apprezzato da molti.

Sonic Colors, uscito inizialmente per Nintendo Wii, vedeva il nostro riccio impegnato nel salvataggio dei simpatici Wisp. Si trattava di piccoli spettri colorati in grado di fondersi temporaneamente con Sonic per donargli incredibili abilità. Esse spaziavano dal volo alla capacità di scavare lunghe gallerie nel terreno fino al teletrasporto.

Il gioco aveva un ottimo comparto tecnico e un gameplay davvero piacevole e vario, sebbene a tratti piuttosto difficile. Il pubblico lo accolse in maniera decisamente positiva, al punto che nel 2021 verrà realizzata persino una remaster per Switch, PS4 e Xbox one.

Sonic Generations: generazioni a confronto

Generations: Controllare di nuovo il Sonic classico fu davvero divertente.

Sonic Generations invece nacque come opera celebrativa del ventesimo anniversario della serie. Il gioco sfrutta l’espediente narrativo dei poteri temporali del nuovo antagonista, il Time Eater. Sarà proprio Time Eater a causare l’incontro tra il Sonic moderno e la sua versione più giovane, Sonic classico.

Generations fu accolto positivamente dalla critica ed ottenne un successo commerciale anche maggiore rispetto a Colours. Una delle caratteristiche più apprezzate dei due titoli fu proprio l’alternanza tra livelli 3D e 2D – presente anche in Colours.

Questa meccanica andava ad accontentare sia i fan dei titoli storici di Sonic sia gli amanti dei plattform 3D; insomma, sembrava proprio che Sega avesse ritrovato la via smarrita. Purtroppo, come vedremo, le cose non andranno così.

Sonic Lost World: un’occasione mancata

Sonic Lost World: un’occasione mancata per il 3D
Lost World fu davvero una grande delusione per i fan.

Dopo una serie di semplici giochi per tablet e cellulari, nell’ottobre 2013 Sega pubblica Sonic Lost World, per Wii U e Nintendo 3DS. Il titolo, frutto della collaborazione diretta tra Sega e Nintendo, porta Sonic e il fido Tails ad esplorare le isole fluttuanti dell’Esamondo perduto. Il perfido Zavoc e i Sei nefasti fanno la loro apparizione come nuovi antagonisti del riccio blu.

Pur essendo piuttosto diverse tra loro, entrambe le versioni del gioco riproposero l’alternanza tra sezioni in 3D e altre a scorrimento orizzontale, anche nel medesimo stage. La struttura dei livelli prevedeva l’esplorazione di numerosi mondi sferici, in modo analogo a quanto visto in Super Mario Galaxy.

Il videogioco ottenne un’accoglienza molto fredd: a non convincere furono sia i nuovi nemici, considerati troppo anonimi e generici, sia la struttura stessa dei livelli, eccessivamente complessa e punitiva.

Il progetto Sonic Boom: un rilancio fallimentare

Il restyling grafico proposto da Sonic Boom non piacque praticamente a nessuno.

L’anno successivo Sega e Nintendo decisero di rendere Sonic protagonista di un ambizioso progetto: un vero e proprio reboot della serie. Questa idea avrebbe portato una nuova trama, nuove ambientazioni e un restyling grafico completo di tutti i personaggi.

Il progetto, denominato Sonic Boom, si concretizzò con l’uscita di due nuovi titoli, di una serie animata e persino di una collana a fumetti. Tra il novembre e il dicembre del 2014 uscirono Sonic Boom: L’ascesa di Lyrics e Sonic Boom: Frammenti di Cristallo, rispettivamente su Wii U e 3DS.

Entrambi i giochi riproposero la formula ad azione corale già vista in Heroes. I giocatori avevano la possibilità di controllare diversi personaggi oltre a Sonic, con l’opzione di passare da uno all’altro in qualsiasi momento. Le due opere scelsero di puntare su un gameplay più lento e ragionato, focalizzato su combattimenti ed enigmi piuttosto che sulla velocità.

Purtroppo, entrambi furono stroncati duramente dalla critica, soprattutto a causa dei numerosi bug che affliggevano il gameplay. In generale, i fan mostrarono di non gradire la serie Boom: la causa principale furono le nuove vesti grafiche dei protagonisti, che non seppero raccogliere il favore degli appassionati.

Insomma, ancora una volta, il progetto su cui Sega riversava le sue maggiori speranze; come avvenuto con Sonic 2006, si rivelò un totale fallimento.

Sonic Forces: un successo inatteso

Sonic Forces, nonostante le critiche, fu piuttosto apprezzato dai fan.

Sonic Forces del 2017 fu il nuovo episodio 3D della serie, che riprese il filo degli episodi precedenti, cancellando di fatto Boom.

In Forces, il giocatore aveva l’inedita possibilità di creare il proprio avatar per impersonare un membro della resistenza. L’obiettivo del personaggio era contrastare le azioni di conquista di Eggman, iniziate dopo l’apparente morte di Sonic.

Nel corso dell’avventura il giocatore poteva personalizzare – almeno in parte – il set di mosse e le abilità del proprio personaggio. Inoltre, i fan potevano acontrollare anche Sonic moderno e Sonic classico.

Purtroppo queste furono le uniche vere innovazioni del titolo; infatti, Forces restò saldamente legato alle strutture viste negli ultimi capitoli 3D della saga e all’ormai rodata alternanza tra stages in 2D e in 3D.

Nonostante un’accoglienza tiepida da parte degli addetti ai lavori, il gioco si rivelò inaspettatamente un buon successo commerciale.

Sonic Frontiers

Ed eccoci a Sonic Frontiers, l’ultima incarnazione di Sonic.

Come accennato ad inizio articolo, Sonic Frontiers non è certamente privo di bug e difettucci vari, ma sembra aver colpito positivamente i fan e la maggior parte della critica.

Il gameplay, che alterna fasi di esplorazione open world a classici livelli lineari in 3D con sezioni a scorrimento orizzontale, è finalmente riuscito a conciliare lo spirito e la giocabilità dei classici titoli del riccio blu con le aspettative dei moderni videogiocatori.

Anche le fasi di combattimento sono nel complesso ben realizzate e aggiungono quel pizzico di novità e varietà al gameplay. Solo il tempo ora potrà dirci se per il porcospino si apriranno davvero nuove frontiere nell’universo a tre dimensioni o se il suo percorso continuerà ad essere costellato di alti e bassi.

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Tecnologie

Rollback netcode: cos’è e perché è così importante

Chiunque abbia una certa familiarità col genere dei picchiaduro – abbiamo approfondito i migliori in questo articolo – ( si sarà certamente imbattuto nel rollback netcode. Di che cosa si tratta? Ve lo spieghiamo passo dopo passo, mostrandovi perchè sia una caratteristica ormai praticamente obbligatoria per ogni nuovo picchiaduro in arrivo sul mercato videoludico.

In un picchiaduro qualsiasi ritardo negli input può risultare fatale.

Un genere votato all’online

La componente online riveste nei picchiaduro un ruolo davvero di primo piano, forse ancor più che in ogni altro genere. Con la progressiva sparizione delle sale giochi e la diffusione sempre più massiva del gioco online, anche la classica modalità multigiocatore in locale ha progressivamente perso importanza.

Risulta dunque chiaro come la modalità online sia divenuta il cuore pulsante di ogni picchiaduro che si rispetti. Ancor più con la recente pandemia da COVID-19 a causa della quale anche numerosi eventi competitivi hanno dovuto giocoforza svolgersi a distanza.

I ritardi sono da sempre la spina nel fianco dei giocatori online

La lentezza della trasmissione

All’interno di una partita online elementi come il lag, i ritardi nell’esecuzione dei comandi e la bassa qualità della connessione di uno dei due giocatori possono incidere in maniera significativa sull’esito degli scontri. Nei picchiaduro il tempismo e la pronta risposta dei comandi sono più che fondamentali e qualunque tipo di delay può compromettere completamente l’esperienza dei giocatori.

Nel gioco online intervengono numerosi fattori che spesso vanno a rallentare l’invio e la ricezione dei pacchetti di rete, i quali contengono tutte le informazioni necessarie per giocare. Le tecniche di connessione tradizionali, come per esempio il peer to peer, gestiscono proprio i tempi di trasmissione di questi pacchetti. Ciò va inevitabilmente a creare una sensazione di lentezza nel gioco, causata dai ritardi nella trasmissione degli input dei giocatori. Spesso questi ritardi sono infinitesimali, ma sommandosi tutti insieme vanno a creare una situazione generale di ritardo e mancanza di fluidità.

L’ intuizione del rollback netcode

La tecnologia del rollback netcode ha l’enorme pregio di rendere il gioco estremamente fluido e veloce, creando l’illusione di una partita a latenza zero. Questa tecnologia infatti ricorre alla previsione degli input e all’esecuzione speculativa, inviando immediatamente i comandi dei giocatori al gioco.

Il rollback netcode sfrutta incredibili tecnologie di previsione e calcolo delle azioni del giocatore.

Come funziona?

Per comprendere meglio, prendiamo come esempio i siti di streaming. Mentre si guarda una serie sarà capitato a tutti di osservare come a volte l’immagine si blocchi. In questi casi, talvolta l’audio continua a essere riprodotto. Nel momento in cui le immagini tornano a scorrere, il video accelera per andare a sincronizzarsi di nuovo con l’audio.

In maniera simile, il rollback netcode, in caso di rallentamenti, cercherà di prevedere le mosse effettuate dal giocatore e le mostrerà immediatamente sullo schermo, in modo da non andare fuori sincro. Questa operazione sfrutta una complessa serie di calcoli ed algoritmi per mettere in atto un mix tra sincronizzazione e congettura, che ricorda quasi una profilazione, e va a cancellare qualsiasi ritardo.

Quando però funziona correttamente, gli effetti sul gioco sono quasi miracolosi e danno davvero ai due contendenti l’illusione di trovarsi a giocare davanti alla stessa macchina.

Prospettive future

Samurai Shodown è uno dei principali titoli ad aver aggiunto il supporto al Rollback Netcode.

Durante l’edizione 2022 dell’EVO, la più importante competizione mondiale dedicata ai picchiaduro, uno degli annunci principali ha riguardato proprio il rollback netcode; infatti, ben tre videogiochi, coi loro più recenti updates, hanno implementato il rollback netcode nelle loro modalità online: Dragonball Fighterz, Persona 4 Arena Ultimax e Samurai Shodown.

L’annuncio è stato accolto con grande gioia dai giocatori e sembra proprio che sempre più case produttrici si stiano convertendo alla tecnologia rollback. Restano tuttavia diversi titoli, anche molto famosi, come ad esempio Super Smash Bros Ultimate, che non hanno ancora annunciato il passaggio a questa nuova tecnologia.

Tuttavia gli incredibili benefici portati da questa tecnologia fanno supporre che nel tempo saranno sempre di più le case produttrici sceglieranno di affidarsi a rollback netcode, che sembre essere realmente il futuro dei picchiaduro.

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Editoriali Guide

Digimon Card Game: i migliori mazzi del meta

Dopo aver esaminato le regole e le meccaniche base di Digimon Card Game, in questo articolo ci addentriamo nel suo Meta, ovvero la conoscenza dei mazzi più forti e performanti del momento, presentando anche una panoramica degli archetipi basati sui colori delle carte.

I colori dell’arcobaleno

Come in molti altri TCG, primo fra tutti Magic, in Digimon le carte sono divise in base al loro colore.

Salvo rare eccezioni, ogni mazzo ha un solo colore dominante, sebbene negli ultimi tempi abbiano fatto la loro comparsa anche diversi mazzi multicolori. Il colore del mazzo determina le sue principali caratteristiche.

In modo simile a Magic, anche in Digimon cardgame avremo sei colori a disposizione.

Rosso

In Digimon Card Game, rosso è sinonimo di aggressività. Caratteristica comune di tutti i mazzi rossi è infatti la capacità di girare più carte dalla security avversaria con un solo attacco.

Questo crea una forte pressione, mettendoci in condizione di vincere la partita in pochi turni. Altra abilità caratteristica è piercing, che permette al Digimon attaccante di girare una security anche nel caso in cui il suo attacco venga rivolto contro un Digimon avversario (a patto naturalmente di riuscire a distruggerlo).

Le opzioni rosse inoltre spesso permettono di distruggere i pezzi avversari (anche più di uno alla volta), aumentando ulteriormente la potenza d’attacco di questi mazzi.

Blu

La parola d’ordine del colore blu è controllo. Numerosi effetti dei Digimon e delle opzioni blu infatti ci permettono di accrescere la nostra memoria (talvolta persino nel turno avversario), auqmando il nostro spazio di manovra e allo stesso tempo ponendo sempre l’avversario nella situazione di ritrovare i suoi piani scombinati.

I mazzi blu spesso hanno un draw power immenso (ovvero pescano molte carte extra) ed effetti offensivi molto insidiosi. Per esempio: posseggono la fastidiosa abilità di rimbalzare i Digimon in mano al loro proprietario o peggio, direttamente in fondo al mazzo.

Verde

Similmente al rosso, anche il verde è un colore prevalentemente offensivo.

I punti di forza dei mazzi sono: la capacità di riuscire a calare velocemente un alto numero di creature; evolvere molto rapidamente i propri Digimon.

Questo grazie ai costi di evoluzione molto bassi e all’abilità digisorption, che permette di evolvere gratuitamente il nostro Digimon; in questo caso, però, la nuova creatura entrerà in campo spossata.

I mazzi verdi, inoltre, sfruttano la possibilità di spossare i Digimon avversari, riuscendo a mantenere facilmente il vantaggio numerico sul terreno. Queste meccaniche, combinate al temibile piercing, rendono i mazzi verdi estremamente solidi e difficili da contrastare.

Ogni nuova espansione garantirà moltissimi nuovi mazzi

Giallo

La forza del colore giallo è da individuare nella sua incredibile capacità difensiva.

La caratteristica principale dei mazzi gialli sta nell’abilità recovery, che sposta le carte del mazzo direttamente nella zona security aumentando di conseguenza il numero di attacchi necessari all’avversario per vincere la partita.

Alcune carte gialle permettono persino di guardare le carte nella nostra security e riposizionarle a nostro piacimento.

Infine, è degna di nota la capacità delle carte gialle di andare ad azzerare i DP dei Digimon avversari, spedendoli nella pila degli scarti aggirando persino gli effetti in grado di proteggere dalla distruzione.

Viola

Punto di forza dei mazzi viola è l’enorme facilità nel distruggere i Digimon avversari. Le opzioni viola infatti hanno numerosissimi effetti in grado di decimare i pezzi dell’avversario, spesso anche a costi di memoria molto contenuti.

Tra le abilità più insidiose dei Digimon viola c’è da segnalare senz’altro retaliation. Grazie a questa abilità il nostro Digimon potrà distruggere qualsiasi Digimon nemico con cui combatterà, anche quelli con DP molto superiori.

Infine, viola gioca sfruttando la pila degli scarti, con abilità in grado di riportare in gioco i nostri Digimon eliminati o di sfruttare l’alto numero di carte scartate per innescare effetti davvero devastanti.

Nero

La meccanica dominante del colore nero consiste nel creare digimon con una linea evolutiva vastissima e, di conseguenza, con moltissimi effetti ereditari sotto di loro.

Questo porta alla messa in campo di un Digimon con un numero elevatissimo di effetti, in grado di fornire al suo possessore un enorme vantaggio nell’andamento della partita.

I mazzi neri inoltre possono contare sull’abilità dedigivolve, che fa scartare il Digimon di livello più alto della linea evolutiva dell’avversario, regrendendolo al livello precedente e talvolta causandone anche la distruzione.

Meccaniche speciali

In questa sezione andremo a discutere alcune meccaniche di gioco più specifiche, che hanno caratterizzato – o caratterizzano tuttora – il meta di Digimon Card Game Queste conoscenze sono utili per familiarizzare con alcuni degli aspetti più complessi e particolari del gioco.

Digimon Card Game presenta davvero un alto numero di meccaniche e strategie particolari.

Gli ibridi

Gli ibridi (Hybrids in inglese) sono una tipologia di carte Digimon accomunate da una caratteristica peculiare. Tutti i livelli 4 ibridi possono infatti digievolvere direttamente da una carta Tamer (come avveniva nella serie Digimon Frontier).

Questa particolarità li rende pericolosissimi; infatti, se la carta tamer si trova sul terreno dall’inizio del turno, il nostro mostriciattolo ha la facoltà di attaccare immediatamente dopo aver digievoluto.

L’espansione BT7 ha visto il dominio assoluto dei mazzi basati sugli ibridi, in virtù della loro grande versatilità, velocità ed imprevedibilità. Oggi, pur non essendo più dominanti nell’attuale meta di Digimon Card Game come in passato, restano carte molto importanti e possono facilmente fare la differenza tra vittoria e sconfitta.

Evoluzione DNA

L’evoluzione DNA (o Jogress in giapponese) ci permette di “fondere” insieme due dei nostri Digimon per dare origine ad una nuova e più potente creatura. Questa evoluzione permette notevoli vantaggi.

Il nuovo Digimon entra in campo a costo zero (donandoci comunque la sua pescata per la digievoluzione). Anche nel caso in cui i due Digimon originali fossero spossati, il nuovo mostro entra in campo recuperato.

Questa meccanica è stata introdotta dallo Starter Deck numero 9, dedicato ad Imperialdramon. Sebbene non siano ancora molti a mazzi a sfruttare la digievoluzione DNA, essa ha mostrato enormi potenzialità e non stupirebbe affatto se tornasse presto alla ribalta con nuovi e potentissime combinazioni anche nell’attuale meta di Digimon Card Game.

Gli X Antibody

X Antibody, oltre ad essere il nome di una carta opzione, è anche il nome di un intero archetipo di carte Digimon.

Saliti alla ribalta con l’espansione BT-9, queste carte hanno la caratteristica di evolvere a costi bassissimi (a volte anche nulli) da Digimon che condividano il loro nome.

Questo peculiarità permette la creazione di “pile” evolutive molto lunghe e consistenti, che forniscono un alto numero di effetti “ereditati”, di solito molto forti e in grado di proteggere il nostro Digimon dalle carte nemiche.

Fin dalla loro prima comparsa gli X Antibody si sono imposti nel meta di Digimon Card Game, andando a modificare in modo significativo lo stile di diversi mazzi.

Fino a BT-9 i giocatori tendevano a privilegiare la presenza di vari Digimon sul campo. Grazie agli X antibody, invece, la priorità è diventata evolvere fin dall’area di breeding il nostro Digimon.

Questo porta a mettere in campo una creatura terrificante, dotata di una linea evolutiva lunghissima e di numerosissimi effetti, in grado di renderlo estremamente difficile da eliminare e di decimare facilmente le forze nemiche.

I mazzi del momento

Per concludere, esaminiamo alcuni dei mazzi che hanno caratterizzato le ultime fasi del’attuale meta di Digimon Card Game. Molti di questi mazzi hanno vinto o quantomeno dominato gli ultimi grandi eventi legati al gioco competitivo.

Prima di cominciare, è importante precisare come il gioco sia in evoluzione costante, di conseguenza alcuni di questi mazzi potrebbero non essere più così performanti già dalle prossime settimane. Tuttavia resta interessante analizzarli per accrescere la conoscenza delle dinamiche e dell’evoluzione del gioco.

Alphamon

Alphamon è probabilmente il mazzo più completo e performante del’attuale meta di Digimon Card game.

Grazie al basso costo delle sue evoluzioni e al numero davvero incredibile di effetti che riesce ad accumulare nella breeding zone, Alphamon è facilmente in grado di decimare i Digimon avversari e allo stesso tempo di azzerare le carte nell’area security in brevissimo tempo.

Come se non bastasse, praticamente tutte le carte del mazzo hanno X antybody tra i loro tratti, creando fortissime sinergie con molte altre carte dell’espansione bt9, dedicata proprio a questo archetipo (il tamer Cool Boy su tutte).

Grande punto di forza del mazzo sono anche i suoi numerosi Tamers, in grado di dare ad Alphamon un ulteriore sprint verso la vittoria.

Il primo cavaliere reale in tutto il suo splendore.

Metalgarurumon-X antybody

Per molti giocatori, il mazzo più forte in assoluto è Metalgarurumon-X Antybody. Non a caso ha riportato anche vittorie importanti negli ultimi regionali italiani, svoltisi a Parma e Malpensa Fiera.

La forza principale di questo mazzo sta nella sua incredibile velocità, che consente al giocatore di iniziare ad attaccare già dopo aver raggiunto il livello 5 correndo pochissimi rischi grazie alle abilità difensive dei Garurumon X.

In più, come ogni mazzo blu che si rispetti, anche questo permette di pescare moltissime carte e offre un alto numero di fastidiose opzioni in grado di inceppare facilmente le offensive nemiche.

Infine, anche in questo caso i costi di evoluzione saranno molto contenuti, permettendo di schierare in breve tempo un gran  numero di pericolosi Digimon dotati di numerosi e letali effetti.

Metalgarurumon è il sovrano dei mazzi veloci ed aggressivi

Grandis Kuwagamon

Pur non avendo la stessa stabilità e varietà di altri mazzi dell’attuale meta di Digimon Card Game, Grandis possiede una forza offensiva impareggiabile.

Grandis Kuwagamon è facilmente in grado di chiudere ogni partita in pochissimi turni grazie alla: combinazione di un numero elevatissimo di security attack +1 (abilità che consente di girare una carta security aggiuntiva dopo ogni attacco); capacità di spossare i digimon avversari; abilità piercing.

Di contro, per poter attuare la sua strategia il mazzo avrà bisogno giocoforza di vedere le sue carte principali, data la mancanza di strategie alternative davvero valide; di conseguenza, una serie di pescate sfortunate potrebbero costare davvero caro al giocatore.

Le sfide a Digimon TCG spesso saranno una vera partita a scacchi

Wargreymon X Antybody

Anche il mazzo Wargreymon X Antybody fa della velocità e della potenza offensiva il suo punto di forza, in virtù dell’enorme potenza d’attacco dei suoi Digimon e della presenza di numerosi bonus Security attack +1.

In più, sia Wargreymon che la pericolosa opzione Delicate Plan rendono inefficaci le opzioni nell’area Security dell’avversario, permettendo di chiudere la partita con pochissimi attacchi.

Come se non bastasse, Wargreymon X ha l’abilità di accrescere la memoria del giocatore attraverso le security scartate, rendendo ancora più semplice infliggere il colpo di grazia.

Lo scarso numero di opzioni presenti nel mazzo non consente però al giocatore una buona fase difensiva.

Il temibile Wargreymon anche nel gioco di carte avrà una potenza offensiva enorme

D-reaper

Tra i mazzi analizzati, D-reaper è forse il più particolare. La nostra carta migliore, D-reaper Mother, esce infatti direttamente dall’area Breeding.

Compito del giocatore sarà andare a potenziare Mother attraverso i Searcher (non c’è limite al numero di copie di questa carta nel mazzo) che permettono di giocare gratuitamente il terribile Reaper, in grado di chiudere la partita in un singolo turno.

Il mazzo ha anche un incredibile potere difensivo, in virtù di un gran numero di creature in grado di attivare i loro effetti direttamente dalla security una volta girati dall’avversario.

Se tuttavia la strategia dovesse per qualsiasi motivo fallire, questo comporta quasi inevitabilmente la sconfitta, avendo il mazzo pochissime alternative offensive.

Il mazzo D reaper è croce e delizia per molti giocatori

Security Control

Mazzo che combina i colori giallo e viola in strategie estremamente insidiose e “snervanti”.

Questi mazzi, presenti nel gioco in un gran numero di varianti, sfruttano gli effetti recovery, in grado di andare a “rigenerare” la security inserendo al suo interno le carte del mazzo, talvolta persino scegliendole.

Oltre a questo, i mazzi Security Control giocano un gran numero di opzioni in grado: di azzerare i DP dei Digimon avversari; di riportare dagli scarti le proprie creature; di mandare i Digimon nemici direttamente nella security avversaria, aggirando qualsiasi effetto protettivo.

Altra caratteristica di Security control è l’altissimo numero di Tamers, i quali, soprattutto nelle fasi avanzate della partita, finiscono col fornire al giocatore vantaggi davvero enormi.

Unica pecca di questi mazzi è la loro lentezza iniziale, che permette a mazzi veloci ed aggressivi di andare a decimarli, prima che siano anche solo in grado di abbozzare una risposta.

Le meccaniche evolutive saranno la chiave per la vittoria in quasi tutti i mazzi.

Imperialdramon

E terminiamo con una vecchia gloria: Imperialdramon, che ha come base un semplice structure deck, in grado di imporsi grazie alla sua incredibile velocità e forza d’attacco.

Il mazzo di Imperialdramon è uno dei pochi a sfruttare a pieno la meccanica dna evolution, che consente una serie di evoluzioni a costo zero e, di conseguenza, consente al giocatore di sferrare una lunghissima serie di attacchi.

Imperialdramon sfrutta inoltre la meccanica jamming, che permette ai Digimon di sopravvivere alle battaglie in security con Digimon più potenti di loro. Infine, essendo sia verde che blu, il mazzo imperialdramon ha accesso ad un alto numero di opzioni che gli forniscono una stabilità notevole.

Pur non essendo più performante come al momento dell’uscita, questo mazzo resta una validissima alternativa, anche in virtù dei suoi prezzo molto ridotto rispetto ad altri mazzi del formato.

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