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Frostpunk 2 – Recensione

L’attesa era tanta e le aspettative erano alte, ma la 11-bit Studios è riuscita nell’impresa: Frostpunk 2 è un titolo che mantiene le promesse, rispetta il suo predecessore ma da cui prende le giuste distanze. Il risultato è un’esperienza di gioco inedita, che si inserisce in un contesto familiare.

Si tratta di un titolo che, sin da subito, mostra una doppia anima. Da una parte c’è l’aspetto narrativo che riporta il giocatore esattamente dove era rimasto una volta completato Frostpunk. Dall’altra, il gameplay che ci troviamo di fronte si presenta come qualcosa di completamente nuovo, al punto tale che talvolta stordisce.

Trent’anni dopo

Iniziamo precisando tempo e luogo in cui si svolge l’avventura. Sono passati circa trent’anni dagli eventi di Frostpunk, quando siamo stati chiamati a guidare l’umanità nella corsa alla sopravvivenza contro la glaciazione mondiale, sforzandoci di garantire una casa, cibo e cure a uomini, donne, anziani e bambini.

L’obiettivo è stato raggiunto, ma ora dobbiamo ricostruire la società: non si tratta più di combattere “soltanto” il freddo, la fame e le malattie, dobbiamo costruire una città che soddisfi i bisogni delle persone che la abitano. Insomma, tocca fare i conti con la politica.

Cosa cambia

Ed è qui, forse, che troviamo la principale distinzione tra Frostpunk 2 e il suo predecessore: il city building è totalmente rinnovato. In Frostpunk 2 non dobbiamo più costruire ogni singolo edificio, bensì dei distretti. Non dobbiamo più decidere quanti lavoratori assegnare ad ogni singolo sito produttivo, ma disponiamo di una forza lavoro che viene equamente distribuita tra le aree produttive che decidiamo di edificare

Questa è sicuramente la prima novità che il titolo presenta ai giocatori: se con Forstpunk ci siamo trovati di fronte ad un sistema di micro management, con Frostpunk 2 le cose si fanno in grande. Cambiamenti che potrebbero stordire, in quanto richiedono al giocatore uno sforzo iniziale non indifferente, soprattutto di calcolo, per tenere costantemente traccia della quantità di forza lavoro a disposizione. I primi minuti di gioco saranno probabilmente spesi chiedendosi: “Ho abbastanza lavoratori per un nuovo sito produttivo?”. Fortunatamente, basta prendere un po’ la mano e passa la paura.

Questa è solo una delle tante novità, tutte accuratamente spiegate in un ricco diario le cui voci vengono sbloccate mano mano che si avanza nel gioco. Anche in questo caso, però, il giocatore potrebbe trovarsi disorientato e perdersi tra i tanti (a volte troppi) suggerimenti che vengono rivelati, a volte anche contemporaneamente.

Nel complesso si sente la mancanza di un vero e proprio tutorial: gli avvisi sembrano perdersi nel mare di icone a disposizione e – almeno inizialmente – il gioco risulta poco intuitivo. Ma si sa, Frostpunk non è mai stato un titolo easy playing: bisogna studiarlo a fondo per apprezzarlo in tutto e per tutto.

Tutta questione di politica

Se nel primo capitolo la preoccupazione più grande di ogni giocatore è stata quella di controllare che i livelli di combustibile fossero soddisfacenti, adesso a catturare l’attenzione è un altro indicatore: il grado di soddisfazione delle varie fazioni di cittadini. Certo, la capacità di garantire cibo e calore restano un elemento centrale di un gioco dalla forte componente survival, ma questa non è più l’unica sfida. Infatti, la nostra capacità decisionale in qualità di leader non è più così libera come lo era “trent’anni fa” (ossia nel primo capitolo): ogni scelta deve passare al vaglio del consiglio cittadino.

Una novità che non ci permette più di stabilire, di punto in bianco, politiche di istruzione, di suddivisione dei beni o la richiesta di turni extra ai lavoratori. Occorre prima ottenere i voti favorevoli della maggioranza dei consiglieri. A volte, per raggiungere il nostro obiettivo, bisogna scendere a patti. Per esempio, se volessimo ottenere l’appoggio dei Pellegrini in una sessione di consiglio, potremmo provare ad ottenere il loro sostegno a patto di soddisfare una loro richiesta, come potrebbe essere l’edificazione di un ospedale universitario entro 60 giorni, per dirne una.

Un sistema, quello proposto dal titolo, che ci pone di fronte a scelte complesse. Accontentare alcuni significa inevitabilmente rendere infelici altri. È il gioco del dare e avere, ma bisogna fare attenzione a non tirare troppo la corda, perché con la stessa rapidità con cui siamo stati eletti potremmo essere diseredati (cosa che equivale ad un game over). Con Frostpunk 2, l’umanità sull’orlo del collasso e disposta a tutto pur di sopravvivere, una volta raggiunto il suo risultato, torna se stessa. Si riorganizza, diventa nuovamente società, fonda nuovamente le basi della democrazia che si era lasciata alle spalle. E sta a noi, adesso, prendere le redini di questa civiltà e portarla avanti, a qualunque costo.

Da insediamento a metropoli

Le condizioni di vita migliorano, la città cresce e aumentano anche gli insediamenti. Gli abitanti, che nel primo capitolo erano poche centinaia, in Frostpunk 2 diventano migliaia. Con il nuovo capitolo del gioco, infatti, non siamo più leader di un gruppo ristretto di persone di cui, come accadeva in precedenza, conosciamo anche i singoli nomi e cognomi.

Ora siamo alla guida di una metropoli, oltre che di altre colonie che possiamo stabilire in aree ricche di quei materiali di cui la nostra capitale è priva. Il tutto ci porta a dover gestire contemporaneamente più di un centro abitato, coordinando anche le rotte commerciali di cibo, carburante, materiali edili e così via.

Conclusione

Frostpunk 2 è un titolo che funziona, coinvolge, mantiene le promesse e ci propone qualcosa di nuovo. Frostpunk 2 è un bel gioco. Punto. Diciamolo chiaramente: un sequel è sempre una scommessa importante, che in tanti (forse troppi) negli anni hanno perso, a volte perché hanno presentato titoli distanti anni luce dal primo capitolo, altre perché si sono limitati ad un mero copia incolla. La 11-bit Studios invece ha giocato una partita importante e questo può significare solo una cosa: ci ha messo cuore, ha voluto soddisfare le aspettative senza però essere banale. Ha voluto regalare ai giocatori un’esperienza familiare ma allo stesso tempo diversa. La stessa cosa che avrei voluto provare con Darkest Dungeon 2 ma, ahimè, non è andata così.

Se il premio in palio fosse “sequel riuscito”, Frostpunk sarebbe a mani bassi nell’elenco dei (purtroppo pochi) vincitori. Ma se la sfida è direttamente contro il predecessore, risulta difficile parlare di vittoria: come già detto, sono due giochi diversi che condividono soltanto gli elementi narrativi. Chi decide di avventurarsi in Frostpunk 2 deve partire dal presupposto che non sta giocando al primo capitolo, ma ad un titolo totalmente nuovo e che richiede un impegno non indifferente per essere goduto a pieno. Una fatica, quest’ultima, non per tutti.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, PC
  • Data uscita: 20/10/2024
  • Prezzo: 44,99 € (Deluxe Edition 74,99 €)

Ho provato il gioco a partire dal day one

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Monster Hunter Wilds, c’è la data di uscita: la caccia inizia il 28 febbraio 2025

Save the date: 28 febbraio 2025. La caccia ricomincerà nel primo trimestre del nuovo anno, parola di Capcom. La notizia arriva con il quarto trailer di Monster Hunter Wilds, pubblicato poco dopo la mezzanotte di oggi, 25 settembre 2024, con cui è stata ufficializzata la data di uscita dell’attesissimo titolo.

Un video di 3 minuti e 26 secondi, le cui atmosfere confermano quanto suggerito già dalle immagini rilasciate nelle scorse settimane (ne parlavamo QUI): per quanto riguarda gli ambienti e i colori, il gioco sembra in tutto e per tutto il sequel di Monster Hunter World. Eppure, diversi elementi del più recente Monster Hunter Rise sembrano aver conquistato il loro spazio. Tra questi, le cavalcature con cui è possibile arrampicarsi tra viticci e raggiungere le altezze più disparate.

Monster Hunter Wilds è già in preorder per PS5, Xbox Seres X/S e PC.

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Dragon Age The Veilguard: tra le ambientazioni c’è anche Treviso

BioWare continua ad alimentare l’hype per uno dei titoli più attesi dagli amanti del Gdr e non solo: Dragon Age The Veilguard. Pillola dopo pillola, trailer dopo trailer, la casa prosegue nello svelare i diversi tasselli che compongono quello che sembra essere un imponente puzzle, fatto di uno stile di gioco nuovo ma comunque ben riconoscibile e soprattutto ambientazioni mozzafiato.

L’ultima novità riguarda proprio queste ultime, in parte rivelate in una serie di filmati pubblicati dalla stessa BioWare negli ultimi giorni, che mostrano paesaggi e città esplorabili del capitolo. Tra questi, ci sarà anche una location il cui nome suonerà familiare alla fan base italiana: si tratta della città portuale di Treviso, metropoli in cui si ergono imponenti palazzi illuminati, larghe strade trafficate e piene di mercati e grandi colonnati.

Treviso non è però l’unica ambientazione che è stata rivelata. I trailer mostrano anche la misteriosa Arlathan Forest, dove “magia antica e potenti artefatti si risvegliano e la realtà si dirada nei boschi che un tempo ospitavano il cuore dell’impero degli Elvhen. I Veil Jumpers, maestri dell’antica magia elfica, cercano di stabilizzare la regione e impedire che la realtà si sgretoli“. Suggestive anche le atmosfere della palude di Hossberg, delle strade di Minrathous e delle splendenti spiagge di Rivain.

Una serie di immagini che si aggiungono a quelle già rivelate nelle scorse settimane, con video che mostrano come saranno i combattimenti ad alto livello, la progressione dei personaggi e la presentazione ufficiale del gameplay. Insomma, se c’è una cosa che BioWare sa fare bene, è creare aspettative. Adesso l’obiettivo è soddisfarle.

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Black Myth Wukong è un successo: vendite per oltre 18 milioni di copie

Due settimane: tanto è bastato a Black Myth Wukong per raggiungere vendite per 18 milioni di copie. Un successo incredibile, sicuramente atteso ma allo stesso tempo stupefacente, per il titolo di Game Science, che entra di fatto nell’olimpo dei lanci più profittevoli di sempre.

Ma i numeri incredibili di Black Myth Wukong non finiscono qui. A rivelarli è Daniel Wu di Hero Game, che a Bloomberg ha dichiarato come il gioco, sviluppato in sei anni con un budget di 70 milioni di dollari, possa raggiungere senza problemi il traguardo di vendita di 30 milioni di copie (grazie anche ad una potenziale espansione).

Intanto, ad oggi, il titolo avrebbe generato introiti per circa 800 milioni di dollari. All’appello mancano ancora le vendite per Xbox Series X/S, visto che Black Myth Wukong è attualmente a disposizione solo di possessori di PC e PS5. Ancora nessuna conferma sul motivo dei ritardi dell’uscita sulla console Microsoft, anche se i rumors fanno riferimento ad un tacito accordo con Sony per un’esclusività a tempo.

Black Myth: Wukong è soulslike sviluppato e pubblicato da Game Science. Il gioco prende spunta da un classico della letteratura cinese: “Il Viaggio in Occidente” e segue le avventura di scimmia antropomorfa basata sul personaggio di Sun Wukong.

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Star Wars Outlaws, gli investitori fuggono da Ubisoft

Anche il 2024 non sarà l’anno della rivalsa per Ubisoft, che nonostante l’ambizioso Star Wars Outlaws, si trova a dover fare i conti con vendite insoddisfacenti e investitori in partenza per altri lidi.

Star Wars Outlaws non ha avuto la risonanza che ci si aspettava e l’affossamento delle azioni Ubisoft è la naturale conseguenza di un prodotto che ha deluso, per lo meno per quanto riguarda le vendite.

Le azioni della casa, infatti, sono crollate, registrando una perdita del 10% in sole 48 ore (al 3 settembre 2024). Numeri importanti, quelli rivelati dall’analista e fondatore di Kantan Games, Serkan Toto su X: la società è scivolata sotto i 2 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato a Parigi, raggiungendo il minimo storico degli ultimi 10 anni. Una vea e propria fuga degli investitori dopo l’arrivo sul mercato di Star Wars Outlaws.

Queste cifre, che già da sole disegnano un quadro complesso, se non addirittura drammatico, diventano ancora più pesanti se paragonate alle attese di Ubisoft, che prevedeva introiti pari a 650 milioni di dollari entro la fine del 2024 proprio grazie a Star Wars Outlaws. Le aspettative sono poi scese a quota 500 milioni. Ora Ubisoft deve giocarsi il tutto per tutto con Assassin’s Creed Shadows, la cui uscita è attesa per il 24 novembre 2024, a cui spetterà l’arduo compito di andare a recuperare le perdite generate da Outlaws.

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Editoriali

Monster Hunter Wilds, la nuova evoluzione del franchise

Monster Hunter World, Rise. Non si tratta soltanto di due titoli, l’uno successore dell’altro, bensì di due fasi di un processo di trasformazione del brand Capcom, di giochi che hanno determinato una rivoluzione del famoso Action Rpg che ora, con l’annuncio e i primi trailer del nuovo Monster Hunter Wilds, si appresta ad evolversi ancora.

Il franchise giapponese, nato nel 2004 con l’omonimo titolo per PlayStation 2, poi diventato per anni esclusiva Nintendo, si è sempre proposto al pubblico come un gioco di nicchia, in buona parte proprio per la sua esclusività, ma anche perché, storicamente, non è mai stato un gioco adatto a tutti.

Questo fino ad un preciso momento storico: il 26 gennaio 2018, data in cui PlayStation 4 e Xbox One accoglievano il primo titolo da cui Nintendo sembrava essere esclusa (e che il 9 agosto arrivava anche su Pc) . Si tratta di Monster Hunter World.

Con Monster Hunter World la caccia è stata aperta a tutti

L’uscita di World ha scombussolato l’universo di Monster Hunter: parliamo di un titolo che ha venduto oltre 21 milioni di copie, senza contare le ulteriori 9,2 milioni di copie vendute dal dlc Iceborne.

Con World, che ha spezzato le catene dell’esclusiva Nintendo, portando anche una ventata di novità in termini di grafica e di scorrevolezza del gioco, Capcom è riuscita ad aumentare il bacino di utenza, principalmente perché ha raccolto tutti quei giocatori che avrebbero sempre voluto “andare a caccia di mostri”, ma per i quali acquistare una console appositamente per questo era forse un po’ troppo.

Ovviamente, non si tratta soltanto di marketing: con World sono stati proposti contenuti estremamente validi, un gameplay divertente, la possibilità di condividere l’esperienza di gioco con gli amici senza troppi intoppi. Insomma, il titolo non ha solo funzionato: ha strafunzionato.

Monster Hunter Rise, un ritorno al passato?

Poi è arrivato Monster Hunter Rise e qualcosa si è “rotto”. Parliamoci chiaro, si tratta di un gioco molto apprezzato, con 14,2 milioni di copie vendute a cui si aggiungono le 7,1 milioni di copie registrate dall’espansione Sunbreak.

Eppure, questo titolo ha determinato una frattura della nuova fan base, una sorta di Civil War di marveliana memoria che ha diviso buona parte degli utenti tra “team World” e “team Rise” (poi ci sono quelli come me, che hanno apprezzato entrambi, ma questa è un’altra storia).

Ma a cosa è dovuta la rottura? Il ritorno del figliol prodigo a Nintendo c’entra poco: Rise è stato esclusiva della console dal lancio per circa un anno, per poi approdare ovunque, e sebbene l’assenza di cross-play abbia sicuramente influito nel frammentare l’utenza, il problema è sicuramente da rintracciare nel suo voler fare un passo indietro rispetto a World.

La grafica, infatti, ha subito un downgrade obbligatorio, affinché il titolo potesse girare su Switch, ma è anche vero che buona parte dei fan ha apprezzato il ritorno ad un design più fedele alle origini.

Monster Hunter Wilds: combattimento

Molto apprezzate anche le nuove feature, tra cui una cavalcatura personale e gli insetti filo che permettono movimenti verticali interessanti, ma l’assenza di tutte quelle meccaniche di gioco che hanno animato il predecessore si è fatta sentire da chi, in Rise, sperava un “Monster Hunter World 2”. Tra queste, per citarne alcune, la possibilità di saltare sopra i mostri e picchiarli mentre si tenta di restare aggrappati a loro (Rise permette una modalità di cavalcatura dei mostri diversa e per molti meno entusiasmante), così come si sente la mancanza dei vasti paesaggi aperti e apparentemente “infiniti”, anche se in realtà si trattava solo di uno sfondo per una mappa limitata.

Cosa aspettarci da Monster Hunter Wilds?

Tutto questo spiegone per arrivare ad una domanda: cosa dobbiamo aspettarci da Monster Hunter Wilds? È quel Monster Hunter World 2.0 che in tanti attendevano? Oppure è un gioco totalmente nuovo?

Domande a cui è ancora difficile rispondere, ma non impossibile, grazie ai primi trailer e gameplay svelati dalla stessa Capcom. Una serie limitata di contenuti da cui possiamo trarre una conclusione: Capcom, a differenza di altri, ha capito che per fare un buon titolo non basta miscelare ciò che di buono c’è stato in passato. Bisogna creare qualcosa di nuovo.

Monster Hunter Wilds: mandria

Nei trailer ci sono fortissimi richiami a World, soprattutto in termini di grafica: a primo impatto, i video sembrano farci vedere esattamente la versione migliorata del capitolo del 2018. Anche alcune delle feature rappresentate rievocano World: tra queste la già citata possibilità di cavalcare i mostri e prenderli a martellate (o spadate, “lanciafucilate” e altro, fate voi) mentre si è in groppa alla preda di turno.

Ma siamo certi che non ci sia nulla di Rise in questo nuovo titolo? Assolutamente no: già soltanto vedere il personaggio in sella ad una mount personale ci lascia capire che l’esperimento dell’ultimo titolo è riuscito a tal punto che Capcom ha deciso di riproporlo anche in Wilds.

L’addio alla bacheca delle missioni

Se da una parte, in Monster Hunter Wilds, sembrano venir riproposte alcune delle feature che in passato hanno funzionato, dall’altra ci sono cose che abbiamo trovato tanto in World quanto in Rise (e anche nei titoli precedenti), di cui Capcom ha deciso di sbarazzarsi per sempre, come per esempio la bacheca di caccia o le schermate di caricamento.

In questo caso, ci troviamo di fronte ad una forte rottura con il passato, visto che per anni siamo stati abituati ad un sistema che prevedeva l’accettazione di missioni su appositi tabelloni e il trasferimento automatico (tramite schermata di caricamento) nella mappa di riferimento.

Wilds vuole proporsi come un gioco nuovo, che prende il meglio dai predecessori, ma che al contempo rivoluziona tutto, grazie anche a quella che sembra essere la rimozione delle sequenze scriptate a cui siamo sempre stati abituati, facendoci immergere in mondo che apparentemente vive di vita propria.

Per essere più chiari: se una volta, raggiunto un determinato punto di una mappa, dopo aver avviato una specifica missione, avremmo con certezza trovato il mostro di turno seguire il solito percorso, questa volta non sarà così. Con Wilds, i movimenti della fauna (oltre che il meteo) saranno sempre casuali e l’esito di eventuali incontri tra predatori e prede sarà determinato dal “comportamento” di ciascuno di essi.

Insomma, la sfida non sarà più soltanto forgiarsi l’equipaggiamento ed imparare il moveset del mostro, ma anche studiare l’ambiente circostante e riuscire a gestire l’imprevedibile.

Tutto ciò che abbiamo visto finora fa ben sperare. L’asticella dell’hype è stata alzata di molto e adesso, “signora” Capcom, la preghiamo: non deluda le aspettative.

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7 giochi post-apocalittici da provare se ami Fallout

La serie di Fallout? Strepitosa, punto. Il prodotto ideato da Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner, in onda su Prime Video ha conquistato tutti, sia i fan di sempre, sia chi, del famoso titolo Bethesda, non aveva mai sentito parlare. Un lavoro ben fatto, con una storia solida, un budget importante, fotografia e regia impeccabili. Insomma, una serie che, sulla falsa riga di The Last of Us, ha ribaltato il paradigma secondo cui le trasposizioni dei videogame su piccolo e grande schermo siano solo trovate commerciali di facciata, senza contenuti.

Ovviamente, con il grande successo riscosso dalla serie, i titoli di Fallout stanno vivendo una seconda giovinezza: tutti i capitoli, in particolare Fallout 4, Fallout New Vegas e Fallout 3, hanno registrato un massiccio ritorno di vecchi giocatori, oltre che l’arrivo di nuovi. Inoltre, Bethesda ha promesso a tutti i fan un upgrade next-gen dell’ultimo capitolo, Fallout 4, in uscita il 25 aprile. Mancano ancora pochi giorni, dunque, ma a cosa si potrebbe giocare intanto, sempre rispettando il flavour di Fallout? Ecco quindi i sette migliori giochi post-apocalittici da provare se ami le atmosfere di Fallout.

7. Mad Max

Mad Max - giochi post-apocalittici

Azione, combattimento tra veicoli e lande desolate in cui la legge, ormai, non esiste più. Per quei pochi amanti del genere che non l’avessero provato, Mad Max è un titolo che deve essere recuperato. Vestiremo i pani di Mad Max, un sopravvissuto e a suo malgrado eroe, alla ricerca di un po’ di pace in un mondo fatto di follia e violenze. In questo open world del 2015 disponibile per PlayStation 4, Xbox One e PC, le auto sono la chiave della sopravvivenza, per inseguire o fuggire da bande di sciacalli che vogliono dettare le regole nelle terre deolate.

6. Atom RPG

Atom RPG, titolo indie della Atom Team, è un gioco capace di regalare molto, soprattutto per la sua grande capacità di far immergere il giocatore nel proprio avatar, che una volta creato (sia nel background che nelle statistiche e nelle abilità) dovrà esplorare un vasto mondo ispirato ai classici giochi di ruolo post-apocalittici, quali Fallout, Wasteland, Deus Ex. Un videogioco del 2018, disponibile per tutte le console e PC, con visuale isometrica e in cui le nostre scelte hanno sempre un peso specifico. Il turn combat system si alterna a momenti di esplorazione e dialoghi con più opzioni di risposta: insomma, per molti ilsuccessore spirituale dei primi Fallout. Il tutto ambientato non in America, bensì in un’Unione Sovietica post-atomica.

5. Frostpunk

Frostpunk - giochi post-apocalittici

Frostpunk, uno dei titoli più acclamati sia dai cultori dei giochi post-apocalittici che dai fan di strategia e city builder, è attualmente tornato alla ribalta anche per un altro motivo, ossia l’imminente uscita del secondo capitolo. Intanto, il consiglio spassionato è quello di recuperare questo gioiello, dove vestiremo i panni del leader dell’ultima città al mondo e in cui ci troveremo a dover fare scelte importanti per garantire la sopravvivenza della nostra gente alle invivibili temperature causate da una nuova era glaciale.

Frostpunk è disponibile per PC e per console su PlayStation e Xbox con una versione giocabilissima anche con un joypad.

4. Mutant Year Zero: Road to Eden

Cos’hanno in comune un facocero e un’anatra antropomorfi e un’umana mutante? Sono i protagonisti di Mutant Year Zero: Road to Eden, titolo uscito su tutte le console e PC, e sfornato dagli ex progettiti di Hitman e dal co-creatore di PayDay. Un gioco di avventura strategico, con sistema di combattimento a turni di X-COM, una modalità stealth in tempo reale e l’esplorazione di un mondo post-umano e rivendicato dai mutanti. Tra cambiamenti climatici estremi, crisi economiche e pandemie letali, il mondo ha incontrato la sua fine. La natura si riapproria delle città in rovina, gli umai sono spariti e arovistare tra i resti della civiltà restano i mutanti.

3. Encased

Encased - giochi post-apocalittici

Ecnased non rientra solamente tra i giochi post-apocalittici, bensì in un mix tra quest’ultimo e lo sci-fi: si tratta di un videogioco di ruolo tattico e fantascientifico, ambientato in uno scenario distopico in cui il nostro personaggio e potenziali alleati, dovranno scoprire i misteri che si celano dietro la “Cupola”. Dai combattimenti (a turni) all’esplorazione, passando per un sistema di cinque fazioni, ognuna con le proprie caratteristiche, meccaniche e opzioni di gioco, a cui potremo unirci o dichiarare guerra. Oppure, più semplicemente, potremmo scegliere di avventurarci in questo difficile (e grandissimo) mondo in autonomia, senza affiliarci. Ah, ovviamente: le scelte contano.

Encased è disponibile su PC, Xbox One, PS4 e Nintendo Switch.

2. Metro Exodus

Con Metro Exodus si torna in Russia, questa volta a Mosca per la precisione, in cui il nostro personaggio sarà impegnato in una rocambolesca fuga dalle rovine della metropolitana per intraprendere un viaggio lungo l’intero continente. Inutile dirlo: la civilità è stata spazzata via e tutto ciò che ci circonda sono macerie, abitate da pochi sopravvissuti (come noi) con cui potremmo interagire, nel bene o nel male. Si tratta di uno sparatutto in prima persona che si mescola con il sandbox, dove potremmo viaggiare tra enormi mappe costruite su livelli non lineari.

1. Wasteland 3

Terzo capitolo della saga, Wasteland 3 vi catapulterà al comando di un team di Desert Ranger, in un mondo post-apocalittico, in pieno stile Fallout, dove bande di predoni si contendono ciò che resta di quello che una volta fu il Colorado, mentre i fedeli alla bandiera tentano (con modi discutibili) di ricostruire la civiltà andata perduta. Il flavour è pressoché quello vissuto nei titoli di Bethesda, con ampi spazi desolati, bestie mutate e pochi e spesso pericolosi insediamenti, officine fuori uso, laboratori scientifici abbandonati. Quello che cambia è il gameplay: Si tratta di un GDR con composizione di una squadra e combattimenti a turni in stile Baldur’s Gate 3, ma in cui la componente sociale è impattante: infatti, come ogni buon Western RPG che si rispetti, ogni scelta conta ai fini di plasmare il mondo che ci circonda.

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Dragon’s Dogma II non convince: che cosa non ha funzionato

Dragon’s Dogma II: amore o odio? Era da un po’ che non si vedeva un titolo capace di dividere così nettamente i videogiocatori, che negli ultimi anni (nella maggior parte dei casi e in merito ai titoli più attesi) hanno sempre fatto fronte comune. Starfield? Bocciato. Baldur’s Gate III? Un successo. Palword? Un lancio che fa “giurisprudenza”. Giudizi quasi sempre unanimi, che hanno tracciato una linea netta e che rappresentano il termometro di ciò che l’utente si aspetta da un videogioco: titoli pagati il giusto e che una volta acquistati siano in grado di offrire il 100% delle loro potenzialità, senza dover contare su DLC o ricorrere a microtransazioni. Poi arriva Dragon’s Dogma II e qualcosa si rompe. Il gioco d’azione uscito lo scorso 22 marzo per Playstation 5, Xbox sere X/S e PC ha indubbiamente portato qualcosa di bello (dire “nuovo” sarebbe troppo), ma incorniciato in una serie di errori, sia tecnici che strategici, che fanno storcere la bocca. Scopriamo quali.

Partiamo dal fatto che Dragon’s Dogma II funziona per molte cose: i combat sono divertenti, il mondo è vasto e le aree da scoprire senza che nessuno ci indichi la via sono interessanti. Per questo, in tanti difendono il titolo da chi lo accusa di essere il solito lancio sbagliato e soprattutto irrispettoso nei confronti degli utenti, per qualità grafiche e per l’ormai noto caso relativo alle microtransazioni comparse a due giorni dal lancio. Così, la pioggia di recensioni negative arrivate in massa ancora prima che si potesse premere play, sono state compensate da altrettante recensioni positive e successive, tanto che il titolo è passato da essere valutato su Steam da “Perlopiù negativo” a “Nella media” nel giro di una notte. Un chiaro segnale che il pubblico si è diviso tra chi lo ha apprezzato e chi, forse anche per pregiudizio, lo ha bocciato. Ma cosa c’è che non va in Dragon’s Dogma II?

Il mostro delle microtransazioni

Togliamoci subito il dente: veder comparire alla vigilia del lancio una nutrita serie di DLC da 0,99 centesimi fino ad un massimo 5 euro è stato un colpo basso. Niente di così inaspettato, verrebbe da dire, visto che Capcom non è affatto nuova ai contenuti aggiuntivi a pagamento: lo ha fatto con i vari Monster Hunter, dove offriva una lunghissima serie di cosmetic a pochi centesimi l’uno, per esempio. Il problema, però, è che in questo caso non stiamo parlando di skin per armature o armi: i DLC offrono features che i giocatori si aspetterebbero di trovare solo e soltanto in game.

Invece, oggetti come i set da campeggio per riposare all’aperto, o i Cuori di Drago per riportare in vita i caduti, così come i Cristalli della Faglia utili per ingaggiare npc che ci accompagneranno nella nostra avventura, possono essere acquisiti in due modi: aprendo il portafogli in real life oppure investendo diverso tempo nel farming, visto che la loro rarità o il loro costo in monete d’oro è veramente, ma veramente alto. Mettere a pagamento con soldi reali una serie di oggetti che con fatica possono essere ottenuti o acquistati in game, non fa molto bene all’immagine del titolo, soprattutto se si tratta di uno degli rpg più attesi dell’anno. Ma bisogna essere onesti: questo non è il più grande problema di Dragon’s Dogma II, anche perché il titolo è ovviamente giocabile anche senza spendere nulla in Dlc. Ci vorrà più tempo per farmare, ma alla fine stiamo parlando di un single player: con chi dovremmo competere se non con la nostra voglia di divertirci?

E ora che faccio?

From Software e Larian insegnano: una delle cose più belle degli RPG è lasciare al giocatore la possibilità di scoprire non solo luoghi incantati o terribili dungeon, ma anche come gestire il proprio personaggio e la propria squadra. Tutto vero, ma quando si inseriscono meccaniche complesse e innovative, come quella delle Pedine offerta da Dragon’s Dogma II, forse avere un tutorial più dettagliato sarebbe stato più funzionale.

Nonostante le diverse ore di gioco alle spalle, in molti ancora si chiedono se, congedando una pedina ingaggiata (e pagata fior di Cristalli della Faglia), questa porterà con sé l’equipaggiamento che gli è stato dato mentre era in nostra compagnia. Domanda sicuramente da poco, visto che basta svestire i vari npc degli oggetti di valore prima di congedarli, ma diciamo che una guida più approfondita sulle funzionalità del gioco sarebbe stata cosa gradita. Lo stesso vale per i punti di interesse sulla minimappa, che spesso si sovrastano e le cui icone non vengono ben spiegate. Un po’ caotico, cara Capcom…

Cambiare classe, così svanisce la magia

Premessa: questa critica è puramente personale, ma pensare che il personaggio si dimentichi di come si usa un arco per imparare a brandire uno spadone, soltanto dopo aver parlato con un tizio a cui ho chiesto di cambiare classe, uccide l’immersività. Siamo più specifici. Entrare e viaggiare nel mondo di Dragon’s Dogma II sembra catapultare il giocatore in un nuovo Skyrim, con una pressoché infinita possibilità di esplorazione e una, seppur più limitata, possibilità di interazione con npc e oggetti. Ma è solo apparenza.

Purtroppo, non facciamo in tempo ad immergerci in questo fantastico mondo che Capcom irrompe con forza per ricordarci che il gioco è suo. Il nostro personaggio non può (almeno inizialmente) apprendere qualcosa da ogni classe per poi miscelare quanto imparato in un ibrido; bensì, in base a come vorremo affrontare una determinata parte dell’avventura, dovremmo rivolgerci ad uno specifico npc che ci permetterà di cambiare classe tra quelle conosciute. Facendolo, cambieranno i parametri del personaggio: se per esempio un guerriero decide di cambiare in arciere, di conseguenza diminuisce il peso massimo trasportabile, così come non potrà più indossare le armature e non sarà più in grado di utilizzare altre armi se non l’arco. Insomma, le classi “lockate”, in pieno stile Jrpg (ne avevamo già parlato qui: Cosa sono i JRPG e cosa li contraddistingue dagli RPG occidentali). Certo, chi già ha giocato il primo capitolo sa già cosa aspettarsi, ma per i neofiti la cosa potrebbe disorientare. Per fortuna che a bilanciare il tutto c’è un combat system appagante, che finora sembra essere l’unico aspetto degno di nota.

Quality of life: non pervenuta

Si può pagare 2.000 monete d’oro per una singola notte in locanda, contando che di media ogni goblin “droppa” 200 monete? Una domanda che si lega al tema trattato in precedenza, ossia della mancata immersività nel gioco. Un veterano dei Western RPG si attenderebbe che il locandiere ci chieda pochi spicci per una notte e che fare soldi sia un processo complesso almeno nelle prime fasi di gioco. In Dragon’s Dogma II, invece, tutto sembra estremamente sbilanciato. Il sistema economico del gioco (quello della locanda era un esempio) è tarato sullo stile del farming intensivo, in pieno stile Japan rpg, anziché sull’immersività e del choice matters dei western rpg.

Il risultato è che il giocatore non si sente coinvolto nella storia in prima persona, bensì abbia i controlli dei movimenti di un personaggio, restando però spettatore e non protagonista della storia. Lo stesso accade quando apriamo i vari forzieri in gioco: è mai possibile che un mercante non urli “al ladro”, dopo che abbiamo aperto lo scrigno che custodiva nel retrobottega, proprio sotto ai suoi occhi? E perché non possiamo altresì sgraffignare quelle belle armi che sono esposte? Domande che lasciano il tempo che trovano, che però sono alla base della grande distanza che esiste tra il mondo di gioco e il giocatore.

E la grafica…

Questa è la parte meno divertente da scrivere, per uno che ha sempre messo la storia e la giocabilità al di sopra della grafica. Ma anche l’occhio vuole la sua parte e persino chi è meno pretenzioso (come me), soffre nel vedere il calo di frame all’ingresso di grandi città, per dirne una. Il comparto grafico di Dragon’s Dogma II, tutt’altro che ottimizzato, è un altro neo che ha lasciato l’amaro in bocca a tantissimi giocatori. Nulla a che vedere con i problemi avuti da Cyberpunk 2077 al day one, ma sembra che errori di quel tipo non abbiano insegnato nulla. Anzi, si continua a far uscire titoli zoppicanti, incuranti del fatto che, ormai è chiaro, i videogiocatori hanno delle aspettative e delle pretese molto alte e che, al giusto prezzo, devono essere soddisfatte, soprattutto se si creano delle aspettative intorno al titolo in uscita.

Conclusione

Quindi, cosa dire di Dragon’s Dogma II? In fin dei conti è un titolo godibile che, al netto del calo di prestazioni in game, regala anche un’esperienza videoludica appagante, ma che non è né un GDR, né un JRPG. Insomma, nulla che ci porteremo nel cuore negli anni a venire. A questo bisogna aggiungere anche le discutibili strategie di Capcom, che con la mossa delle microtransazioni a sorpresa ha veramente acceso gli animi degli utenti: il risultato è stata la valanga di commenti negativi che hanno fatto cattiva pubblicità al prodotto finale.

Giudizio finale: poteva essere una piccola rivoluzione capace di unire il western e il japan rpg, ma alla fine è un “fritto misto”, buono per chi ha poche pretese, da bocciare per chi si aspetta giochi capaci di regalare sfide ed emozioni indimenticabili.

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Lorcana, il Trading Card Game firmato Disney ora in italiano

E’ finalmente arrivata la localizzazione in lingua italiana di Disney Lorcana, il gioco di carte collezionabili (Tcg) che catapulta i giocatori nello straordinario mondo di Lorcana, dove gli sfidanti vestiranno i panni degli “Illuminatori” pronti ad evocare la propria squadra di personaggi Disney (i cosiddetti Glimmers).

Il lancio della versione in lingua italiana del gioco si è tenuto lo scorso 8 marzo, presso il Fao Schwarz di Milano e per l’occasione sono state illustrate le oltre 200 carte realizzate, contenute in booster, gift set e starter deck.

Un’offerta ampia quella proposta dalla Disney e operata da Ravensburger, che si propone come un gioco “progettato per essere facile da imparare per i neofiti del Tcg, pur offrendo una profondità strategica per i giocatori più esperti”. Il tutto corredato da centinaia di illustrazioni, categoricamente originali Disney, che strizzano l’occhio non soltanto agli amanti del Trading Card Game, ma anche ai collezionisti.

Attualmente, Disney Lorcana Tcg ha già lanciato ben due set, ossia The First Chapter e Rise of the Floodborn e ora, con il set numero tre, Nelle Terre d’Inchiostro, segna il lancio ufficiale della localizzazione in lingua italiana.

La storia

Il primo capitolo di Lorcana porta giocatori e collezionisti nel Grande Illuminarum, un set che propone personaggi iconici Disney, alcuni familiari e altri “fantasticamente reinventati”, con cui si potranno scoprire i segreti nascosti del magico mondo creato ad hoc per questo Tcg.

“Gli Illuminatori usano sei inchiostri magici per evocare i glimmers dei personaggi Disney – si legge nel sito ufficiale di Disney Lorcana – Impara cosa differenzia i vari inchiostri tra loro e come questi influiscono sui glimmers di Lorcana. Nessun inchiostro è naturalmente buono o cattivo, e sia gli eroi che i cattivi possono essere rappresentati in tutti e sei gli inchiostri. Seleziona gli inchiostri per scoprire di più sulle loro caratteristiche”.

Il secondo capitolo, invece, racconta la storia de “Il Ruggito del Fiume d’Inchiostro”, che aggiunge già una novità al gioco, ossia i “Glimmers Imbevuti”, versioni alternative degli eroi potenziati dagli inchiostri: “Quando una violenta esplosione squassò il Grande Illuminarium, fece tremare le vicine piattaforme d’inchiostratura e inondò i corridoi con una marea di inchiostro magico, mescolato e instabile – prosegue la nota ufficiale – Questo caotico inchiostro travolse i glimmers che si stavano facendo i fatti propri, mutando senza distinzioni glimmers classici e immaginati”.

Infine, il terzo capitolo, “Nelle Terre d’Inchiostro”, racconta della marea che ha sparpagliato la leggenda in tutte le Terre d’Inchiostro e che deve essere assolutamente riportata nella Sala di Lorcana. Ovviamente, l’arduo compito spetta ai giocatori!

Come si gioca

Le regole del gioco sono veramente semplici (per la guida introduttiva gratuita, questo è il link CLICCA QUI): durante una partita, il giocatore deve riuscire ad individuare parti di leggenda sparse lungo Lorcana, raccoglierle e custodirle.

Per farlo, si potranno evocare i Glimmers di personaggi e oggetti Disney, che saranno tanto validi aiutanti del giocatore quanto ostacoli da superare per gli avversari. L’obiettivo è raggiungere per primi 20 o più punti leggenda, mandando i propri Glimmers all’avventura o giocando carte ad hoc per aumentare la propria riserva.

Oltre ai Personaggi, i mazzi saranno composti anche da carte Oggetto e Azioni: le prime conferiscono abilità speciali durante la partita; le seconde forniscono vantaggi immediati per poi essere scartate.

Ogni carta possiede un costo (ossia quanto “inchiostro” bisogna prelevare dalla propria riserva per giocarla), statistiche, effetti e può appartenere ad uno dei sei “colori” (ambra, smeraldo, zaffiro, ametista, rubino ed acciaio). I Glimmers personaggi, inoltre, dispongono anche di statistiche quali Forza (quanti danni infligge in una sfida), Volontà (quanti danni può sopportare prima di essere esiliato) e Valore di Leggenda (quanti punti leggenda si ottengono quando il personaggio va all’avventura).

Dove trovare le carte

I prodotti di Disney Lorcana, ossia starter decks, bustine, set regalo, boosters e accessori utili al gioco, possono essere trovati sul sito shopDisney oltre che presso i rivenditori di massa.

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Editoriali

Giochi Survival: il meglio e più attesi del 2024

Il 2024 è l’anno dei giochi Survival. Tra titoli già pubblicati e altri pronti per essere lanciati, i fan del genere già pregustano una stagione ricca di scelta, anche se resta sempre qualche dubbio: cosa ci attende veramente? E varrà la pena giocarci?

Una domanda tutt’altro che scontata, per un genere i cui titoli sono spesso figli di piccole case, a volte indipendenti, pronte a regalare elementi di novità molto interessanti, ma che spesso non riescono a proporre altro che un singolo aspetto innovativo, a discapito di contenuti strutturati, longevità e il continuo sviluppo del titolo.

D’altronde, quando si parla di Survival Game si parte sempre un po’ prevenuti, non tanto per pregiudizi, quanto per esperienza: in quanti, negli ultimi anni, hanno atteso con ansia titoli che alla fine si sono rivelati veri e propri flop?

Quest’anno le cose potrebbero cambiare, almeno per un motivo: il grande numero di videogiochi Survival in pubblicazione (o già pubblicati), che sono il termometro di una maggiore attenzione del comparto videoludico nei confronti del genere e degli utenti. La speranza, ora, è che alla quantità si affianchi anche la qualità.

Il meglio del 2024

Guardando ai titoli usciti soltanto nei primi due mesi di quest’anno, bisogna ammettere che i sentimenti sono alquanto contrastanti. Iniziamo da Palworld, che più che un gioco ha rappresentato un vero e proprio fenomeno, capace di vendere 15 milioni di copie in pochissimi giorni, circa un milione ogni 24 ore. Ecco, in questo caso, però, il numero di copie vendute non è strettamente legato al numero di giocatori attivi: a metà febbraio il titolo ha perso circa il 66% dei giocatori attivi.

Questo trend può essere letto in diversi modi, ma ce n’è uno che sicuramente è più accreditato di tutti: Palworld, al netto di tutte le polemiche relative ai presunti “plagi”, è riuscito a dare a tutti quei giocatori, soprattutto ai più affezionati dei titoli Pokémon, quello che da troppo tempo gli stessi richiedevano alla Game Freak! senza però essere ascoltati.

Eppure, una volta sperimentato l’open world, la cattura dei Pal in tempo reale, la libertà di movimento in grandi aree e il base building, il gioco non sembra avere più molto da offrire. Ricordiamo però che il titolo è ancora in early access. Vedremo come andrà in futuro.

Giochi Survival 2024: Enshrouded

Un altro titolo che è riuscito a fare breccia nel cuore degli amanti del Survival, seppur con numeri inferiori rispetto a Palworld, è Enshrouded.

Due milioni di copie vendute per l’RPG Fantasy, che oltre al crafting e al base building tipico del genere ci permette di sviluppare il nostro personaggio con uno skill tree interessante, così da poterlo sviluppare come guerriero, barbaro, mago, guaritore, arciere, assassino e altro ancora (o volendo un po’ di tutto).

È questo il vero cuore del titolo di Keen Games che, ammettiamolo, ha fatto davvero un bel lavoro anche nel realizzare biomi tra loro molto diversi, sfide interessanti a livello di combat (che ricordano lontanamente un soulslike) e la possibilità di sviluppare le abilità del nostro personaggio. Un gioco estremamente soddisfacente per essere un early access, ma che necessita di essere arricchito (e molto) se l’obiettivo è quello di durare nel tempo.

Uno degli ultimi titoli già pubblicati in questo 2024 ricco di giochi Survival è Nightingale, un titolo di sopravvivenza in stile vittoriano che strizza l’occhio alle ambientazioni steampunk.

Il gioco si distingue in quanto ci fornisce la possibilità di viaggiare tra diversi reami tramite dei portali, che ci catapulteranno in terre diverse tra loro, per biomi, creature ed Npc. Anche questo è un gioco in early access, disponibile dallo scorso 20 febbraio: è troppo presto per dare un giudizio, ma ci torneremo.

Lo stesso discorso vale per Pacific Drive, uscito lo scorso 22 febbraio (ma non in early access).

Il titolo già gode di recensioni molto positive su Steam, soprattutto per aver rivisitato il classico paradigma del survival: in questo caso non dovremmo costruire una base, bensì avremo bisogno di procacciare risorse da caricare sulla nostra station wagon (modificabile), utili per sopravvivere nel nostro viaggio verso la salvezza.

L’auto sarà l’unico mezzo che avremo per fuggire alle avversità di un mondo ormai al collasso.

Cosa ci attende?

Insomma, dopo un 2023 deludente, in cui il genere Survival è stato caratterizzato da pochi titoli, alcuni dei quali si sono rivelati clamorosi flop (The Day Before sicuramente vi ricorderà qualcosa), questo 2024 ci dà una certezza: ci saranno molti titoli da provare. Ma cosa ci attende?

The Alters

Partiamo da The Alters, gioco che ci promette di farci immergere in un mondo sci-fi, che mette insieme avventura, sopravvivenza e base-building.

Vestiremo i panni di Jan Dolski, un lavoratore capace di creare versioni alternative di se stesso, con cui collaborerà nel disperato tentativo di fuggire da un pianeta dove persino i raggi del sole sono mortali. Ovviamente, i suoi alter ego non saranno meri cloni: ognuno di loro possiederà differenti tratti e background.

Tutti questi Jan Dolski convivranno nella stessa base, una ruota gigante in continuo viaggio lungo il pianeta per evitare i raggi del sole. Data di pubblicazione: TBA, 2024.

Once Human

Giochi Survival 2024: Once Human

Passiamo poi ad un multiplayer, open-world survival: si tratta di Once Human, atteso per il Q3 del 2024. Il gioco vuole catapultarci in uno strano futuro post apocalittico, dove potremmo unirci ai nostri amici per combattere nemici mostruosi, scoprire complotti segreti, competere per ottenere risorse vitali e soprattutto costruire la nostra base. Siete pronti a ricostruire il mondo?

Light No Fire

Si arriva poi a Light No Fire, gioco di avventura, costruzione, sopravvivenza, costruzione e multiplayer… insomma, una ricetta classica che indossa vesti fantasy, ma che ci fa una promessa: il pianeta in cui i personaggi metteranno piede sarà grande quanto la Terra, quella vera.

Un gioco ambizioso, che già ci fa presagire un’incredibile vastità di ambienti, biomi, creature e segreti, ma che al contempo ci lascia con una domanda: la Hello Games sarà in grado di rendere questo spazio immenso ricco di contenuti? Lo scopriremo al lancio del gioco, la cui data è ancora da annunciare.

ARK 2

Giochi Survival 2024: ARK 2

C’è ancora un titolo di cui è obbligatorio parlare, prima di chiudere questa lista dei giochi che, secondo noi, rappresentano al momento i titoli più rappresentativi del genere attesi per il 2024. Si tratta di ARK 2, il sequel del survival game per eccellenza.

Il primo capitolo, che piaccia o meno, ancora oggi tiene incollati allo schermo migliaia di amanti del genere, in controtendenza con il trend tipico dei survival, che solitamente si spengono velocemente.

Atteso per la fine del 2024 (e se la storia insegna, questo significa che probabilmente bisognerà attendere il 2025), Ark 2 si configura come una versione migliore del suo predecessore, sia per contenuti che per grafica, ma come si dice: provare per credere, quindi ci toccherà aspettare. Ah, c’è anche Vin Diesel.