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Immortals Fenyx Rising per Nintendo Switch – Recensione

RECENSIONE IN UN TWEET

Immortals Fenyx Rising è una nuova IP molto promettente. Ripercorrere miti e leggende dell’Antica Grecia è divertente e il comparto narrativo strappa più di qualche risata. Al netto di alcune imperfezioni e di una ripetitività percepita nelle battute finali, il titolo risplende di luce propria, meritandosi un posto nella vostra collezione.

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“Questa è la storia di un tempo lontanissimo, il tempo dei miti e delle leggende”, una semplice frase che fa riaffiorare ricordi ormai sopiti da anni, ricordi di un eroe del passato e delle sue epiche gesta. Per chi se lo stesse chiedendo, la citazione proviene dalla sigla d’apertura di Hercules – The legendary Journeys, serie TV che ha segnato l’infanzia di un’intera generazione, la mia, appunto. Credo proprio di dover ringraziare Hercules e Iolao, senza dimenticarci di Xena e Olimpia, se sin da bambino ho alimentato una grande passione per la mitologia greca. In realtà, grazie all’acquisita consapevolezza, oggi so che le loro avventure avevano davvero poco a che fare con la vera mitologia, ma non voglio farlo sapere al mio Io bambino.

Miti ricchi di Divinità, sì potenti, ma incredibilmente fallaci, dotate di straordinari poteri ma al tempo stesso tremendamente umane, sia nei vizi che nelle virtù, capaci di scatenare guerre per un semplice capriccio o benedire intere città semplicemente perché di buon umore.
Potendo godere di un “cast” tanto intrigante era quasi scontato che la mitologia greca divenisse fonte di ispirazione per innumerevoli opere in tutti i settori dell’intrattenimento, dal cinema alla letteratura, per poi giungere al teatro e infine al nostro settore preferito, i videogiochi.

L’Antica Grecia, con i suoi miti e le sue leggende, ha fatto da sfondo a tante importanti opere videoludiche, dalla trilogia di God of War sino ad Assassin’s Creed: Odissey, o ancora il più recente Hades, ed è giunto il momento di accogliere un nuovo membro in questo particolarissimo Pantheon.
Sto parlando di Immortals Fenyx Rising, ultima fatica, giusto per rimanere in tema, della divisione Ubisoft Quebec, inizialmente presentato come Gods and Monsters durante l’ E3 2019.
Sin dal primo frame il titolo ha destato curiosità per le tante somiglianze con un mostro sacro del panorama videoludico, il capolavoro The Legend of Zelda: Breath of the Wild, ed è arrivato il momento di scoprire se Immortals Fenyx Rising si è effettivamente guadagnato un posticino in quell’Olimpo.

La vendetta del Titano

La primissima scena dell’opera è dedicata a Tifone, più potente tra tutti i Titani, che liberatosi dalla prigionia imposta da Zeus, giura vendetta contro l’intero Olimpo, sconfiggendo uno ad uno i suoi abitanti. Il padre di tutti gli Dei, appresa la disfatta dei suoi figli prediletti, si reca presso la rupe cui è perennemente incatenato il titano Prometeo, reo di aver trafugato il fuoco degli Dei e averlo donato agli uomini, e richiede il suo aiuto nell’ormai disperata lotta contro Tifone. Prometeo invece propone una scommessa. Secondo lui, sarà proprio una mortale ad abbattere Tifone, e se ciò accadrà Prometeo sarà finalmente libero dalle sue catene, in caso contrario offrirà il suo supporto a Zeus.

È così che Prometeo inizia a narrare la storia della nostra eroina (o eroe se scegliete il sesso maschile), Fenyx, semplice portascudi che non ha mai visto un vero campo di battaglia e che da sempre vive all’ombra del fratello, il grande condottiero Ligirone. A seguito di una terribile tempesta Fenyx si risveglia sulla riva della mitica Isola d’Oro, terre abitate dalle divinità, e scopre che la sua nave è distrutta e i suoi compagni d’arme tramutati in statue di pietra. Sarà questo l’incipit che condurrà Fenyx, una comune mortale, a riscattare e ristorare l’essenza degli stessi Dei, fino a raggiungere l’inevitabile scontro con Tifone.

Il rovescio della medaglia

Fin qui tutto score come una consueta tela dell’epica tradizionale. Abbiamo un uomo destinato a grandi imprese, le onnipresenti divinità e l’alba di una battaglia epocale che sancirà la rinascita o la caduta dell’Olimpo. Però, è proprio qui che Immortals Fenyx Rising mostra uno degli elementi che lo contraddistinguono e gli donano personalità. A discapito delle premesse iniziali, i ragazzi di Ubisoft Quebec hanno scelto di utilizzare toni più allegri, quasi fiabeschi, rendendo Immortals di fatto una grande commedia piuttosto che un racconto epico.

Prometeo assume così il ruolo di narratore esterno, continuamente interrotto da Zeus che funge da spalla comica, e i due daranno vita a innumerevoli siparietti strappandoci più di una risata, commentando le azioni della nostra eroina o semplicemente illustrando i vari miti greci di cui Fenyx troverà traccia.

Faremo poi conoscenza di alcune divinità in carne e ossa, maledette da Tifone e private della loro essenza, o più semplicemente di ciò che le contraddistingueva. Giusto per citarne un paio, incontreremo Ares, Dio della guerra, sempre pronto a lanciarsi in battaglia e decidere le sorti di qualsiasi disputa con uno schiocco di dita, letteralmente tramutato in un pollo, codardo, insicuro e incapace di combattere. O ancora Atena, dea della saggezza, grande stratega e sicura di sé in qualsiasi situazione, ritrovatasi bambina, credulona e sempre in cerca di consiglio e approvazione.

Non fatevi trarre in inganno. Quella che a una prima analisi superficiale potrebbe sembrare una commedia leggera e dalla risata facile, nasconde invece un modo geniale di raccontare i miti e le leggende di quei tempi, con tutte le loro curiosità, strambezze e brutalità. Zeus, tra una battuta e l’altra, rivelerà quanto gli Dei sapessero essere crudeli verso i mortali, o quanto poco valessero per loro, e introdurrà i rapporti di invidia e disprezzo tra le divinità stesse.

Vanno fatti i complimenti ai ragazzi di Ubisoft per aver saputo trattare con leggerezza e umorismo argomenti spesso pesanti, riuscendo a strappare sempre una risata, ma lasciando anche qualcosa su cui riflettere o semplicemente un’informazione in più per il proprio bagaglio culturale.

Va però specificato che la quantità di gag comiche presenti è davvero alta, e qualcuno potrebbe anche trovare quasi fastidiosa o ripetitiva la ricerca spasmodica della risata del videogiocatore.

La terra dell’oro e dell’ambrosia

Il vero, grande protagonista di Immortals Fenyx Rising è senza dubbio l’Isola d’Oro, area suddivisa in 7 regioni, ognuna dedicata a uno degli Dei, da cui prenderà i tratti estetici. Se nella Valle della Primavera Eterna, casa di Afrodite, l’ambiente sarà contraddistinto da verdi e rigogliose praterie, nella Casa della Guerra, di cui avrete intuito il padrone, il paesaggio sarà caratterizzato da un ambiente desertico, con torrioni e fortezze che si stagliano verso il cielo.

Quello che accomuna le 7 regioni è sicuramente il bellissimo colpo d’occhio offerto al giocatore: colori sgargianti e viste mozzafiato. Più di una volta mi sono fermato sulla cima di una collina ad ammirare un tramonto, o un antico tempio in tutta la sua grandezza. Aiuta anche una colonna sonora evocativa, che valorizza gli ambienti circostanti e muta in base alle situazioni che stiamo vivendo, pur tuttavia non raggiungendo mai vette troppo alte.

E se la direzione artistica raggiunge ottimi livelli, il world design non è certamente da meno. Contrariamente al tipico open world Ubisoft, famoso anche per le mappe di gioco dall’estensione spesso esagerata, Immortals Fenyx Rising propone un ambiente esteso, ma non eccessivo, ricco di luoghi da esplorare, sfide mitiche da completare, quest segrete da scoprire o semplicemente una bella vista panoramica con cui rilassarsi, magari durante la notte. Esplorare l’Isola d’Oro è genuinamente divertente, e uno dei suoi maggiori pregi è certamente l’estremo utilizzo della verticalità.

Sono presenti le immancabili “torri” in stile Ubisoft, qui incarnate dalle statue delle 7 divinità, che una volta scalate renderanno visibile quella determinata porzione della mappa. Da lassù, sarà poi possibile utilizzare la Vista Acuta per contrassegnare scrigni in lontananza, cristalli di ambrosia, sfide mitiche o magari posizionare degli indicatori luminosi, per segnalare e ricordare una boss fight al di là delle nostre attuali possibilità.

È proprio l’isola che mette in evidenza la forte influenza di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Infatti, anche Immortals dà la possibilità di arrampicarsi liberamente su qualsiasi superficie, e mette a disposizione di Fenyx le ali di Icaro, uno strumento con cui planare molto simile, per non dire identico, alla paravela di Link. Il tutto è scandito da un indicatore di stamina che determinerà la nostra capacità di scalare o planare.

Questa ispirazione tratta dal titolo Nintendo, ha permesso alla casa di sviluppo francese di sbizzarrirsi sul design del mondo di gioco. Se un punto della mappa è visibile, allora è anche possibile raggiungerlo. Ciò permette di posizionare punti d’interesse nei luoghi più remoti e disparati, in cima a una torre altissima o magari alla base di un’enorme scogliera, o ancora al centro di una ripida catena montuosa. Luoghi comunque non troppo nascosti e sapientemente collocati. Infatti, verrà naturale controllare, per esempio, la base della sopracitata scogliera, magari grazie a delle torce piazzate nei dintorni ad aiutare il giocatore.

Sfortunatamente, una mappa così ben ideata non viene sfruttata al suo massimo potenziale. Laddove Breath of the Wild lascia al giocatore il gusto dell’esplorazione e della scoperta, Immortals Fenyx Rising fa esattamente l’opposto. Tramite la Vista Acuta ci ritroveremo con miriadi di segnalini sulla mappa già dopo i primi minuti. Il sottoscritto ne ha contati ben 37 dopo circa 15 minuti di gioco. La presenza di segnalini e bussola toglie tutto il gusto all’esplorazione e alla scoperta di quella piccola grotta celata tra due rupi, giacché il giocatore saprà in anticipo se su quella montagna c’è qualcosa o no, e se il responso fosse negativo semplicemente il gioco non offrirà alcun motivo per esplorare in quella direzione, vanificando in alcuni casi l’ottimo world design.

I sacr… ehm, le Cripte del Tartaro, e altro!

Ebbene sì, lungo l’Isola troveremo disseminati dei grossi fossati emananti una luce rossastra. Sono le Cripte del Tartaro, controparte dei Sacrari di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, ma ciò non significa che ne siano una pallida imitazione, anzi, tutt’altro. Le cripte sono vere e proprie istanze slegate dal mondo di gioco, e propongono spesso enigmi ambientali da superare, e più raramente delle arene in cui vincere una serie di scontri, per giungere alla fine e guadagnare il tanto agognato Fulmine di Zeus.
Grazie ai vari poteri di Fenyx, le Cripte risulteranno sempre fresche, e se proprio come nel gioco Nintendo lo stile artistico potrebbe risultare noioso alla lunga, essendo di fatto identico, nulla si può rimarcare a enigmi solidi e ben pensati, decisamente sopra la media per un titolo Action/Adventure.

Inoltre, ogni cripta presenta uno o più scrigni “bonus”, non necessari al completamento dell’istanza, che richiederanno maggiore spirito di osservazione e utilizzo delle meccaniche proposte per essere raggiunti. Sicuramente un’ottima aggiunta in una sezione di già pregevole fattura. Segnalo anche la presenza di alcune boss fight uniche all’interno di alcune cripte, sorpresa assai gradita.

E se pensavate che gli enigmi ambientali si fermassero alle cripte del Tartaro, vi sbagliavate di grosso. L’intero mondo di gioco è disseminato di sfide mitiche, ovvero piccoli enigmi ambientali, più o meno complicati, che al completamento offriranno risorse o pezzi di equipaggiamento.

Devo però segnalare che alcune attività, come i mosaici, risulteranno da subito molto ripetitive, presentando poche variabili e somigliandosi un po’ tutte. Lo stesso vale per le sfide mitiche, che dopo una ventina di ore inizieranno a dare quella sensazione di già visto in alcuni casi.

Ok, ma la spada?

Ed eccoci arrivati al cuore pulsante di un titolo action/adventure, ossia il gameplay, e più specificatamente il Battle System. Il sistema di combattimento di Immortals Fenyx Rising è semplice, ma soddisfacente. Fatti i primi passi nell’Isola entreremo in possesso delle tre armi principali presenti in gioco, o per essere più precisi, le tre categorie di armi, ossia: Spada, Ascia e Arco.

La prima è la classica arma da mischia veloce, con cui dispensare danni in un breve lasso di tempo, e con la quale aumentare velocemente il nostro Combo Counter, che ci ricompenserà per lunghe sessioni di colpi inferti in rapida sequenza con un incremento di danno via via maggiore.

La seconda, invece si presenta immediatamente come la tipica arma pesante, lenta, utile per colpire più nemici contemporaneamente e capace di stordirli, qualora dovessimo riempire l’apposita barra presente sopra la testa di ciascun nemico, esponendolo alla nostra mercé. Ho inoltre gradito il feedback dell’ascia, dove ho percepito la pesantezza dei colpi, a differenza di arco e spada che non restituiscono un impatto granché solido.

Il terzo è appunto un arco, unica arma a distanza a nostra disposizione, e si rivelerà molto utile qualora volessimo attaccare da posizioni sopraelevate o avessimo a che fare con avversari volanti, difficili da raggiungere con spada e ascia. Inoltre, l’arma a distanza possiede la particolarità di poter scoccare le Frecce di Apollo, ovvero delle frecce che controlleremo in prima persona, utili sia negli scontri che nella risoluzione di enigmi vari.

Avremo inoltre a nostra disposizione poche abilità d’attacco, adoperabili spendendo stamina, e i Bracciali di Eracle, capaci di attrarre a noi tronchi, massi e casse da utilizzare poi come armi da lancio, una sorta di rudimentale versione del Kalamitron delle terre di Hyrule.

Il tutto potrà poi essere potenziato alla Sala degli Dei, ovvero un luogo nascosto allo sguardo indagatore di Tifone, o in parole povere il nostro hub di gioco, dove potremo potenziare statistiche quali vita e stamina, riforgiare le nostre armi o potenziare le abilità a disposizione di Fenyx, oltre a intraprendere incarichi abbastanza basilari, che ci frutteranno varie risorse e occasionalmente qualche pezzo di equipaggiamento.

Inoltre, è presente un sistema di equipaggiamento abbastanza rudimentale, e le varie armi e armature equipaggiate non modificheranno le nostre statistiche di attacco e difesa, bensì dei modificatori particolari, detti specialità. Questi modificatori conferiranno bonus come danno aumentato sui colpi aerei, velocità di tiro con l’arco aumentata e chi più ne ha più ne metta.

Tutto questo arsenale verrà poi testato contro un bestiario non troppo vario ma ben caratterizzato, formato da soldati inviati da Tifone e bestie mitologiche come ciclopi, arpie, cerberi e altro ancora. Menzione d’onore per le boss fight, numerose e varie, a cui bisogna sommare i boss opzionali in giro per la mappa, che pongono una sfida decisamente più alta del resto dei nemici. Insomma, per quanto semplice il sistema di combattimento funziona ed è divertente, anche se alla lunga risente di una certa ripetitività dettata dalla mediocre varietà di nemici comuni e dei moveset piuttosto limitati.

E a proposito di sfida, se selezionando la difficoltà Normale saremo posti di fronte a una sfida molto abbordabile, quella Difficile invece, soprattutto nelle prime ore di gioco e contro più nemici, metterà alla prova anche i giocatori più navigati. In definitiva ottimo il bilanciamento tra le varie difficoltà, cosa abbastanza rara al giorno d’oggi.

Il prezzo della portabilità

Abbiamo già detto che Immortals offre scorci mozzafiato in più di un’occasione, ma è necessario anche fare le dovute precisazioni. Su Nintendo Switch, le performance in modalità docked risultano ottime, la risoluzione è stabile e l’effettistica fa la sua figura, pur ovviamente non raggiungendo mai i livelli delle altre console. Per quanto riguarda il framerate, invece è sì stabile, ma mostra alcune incertezze nelle situazioni più concitate. Fortunatamente il risultato globale è di buon livello e non farà rimpiangere l’acquisto di questa specifica versione del titolo.

Per quanto riguarda la vera peculiarità di Nintendo Switch, ovvero la modalità portatile, la storia è un’altra. Nonostante il downgrade, la resa grafica risulta comunque accettabile, ma l’aspetto più importante è il framerate, che risulta più scostante, soprattutto in certe zone dell’Isola o se l’inquadratura ritrae una grande porzione del mondo di gioco. Preciso comunque che per quanto tutto ciò possa risultare fastidioso, non si raggiungono mai livelli di performance tali da inficiare la fruizione del titolo.

Conclusione

In un autunno pieno di grandi release, da quelle della stessa Ubisoft con con Assassin’s Creed: Valhalla, fino ad arrivare all’attesissimo Cyberpunk 2077, i ragazzi di Ubisoft Quebec sorprendono tutti con una nuova IP a sfondo mitologico che sin dai primi istanti non nasconde la forte influenza ricevuta da The Legend of Zelda: Breath of the Wild.

Immortals Fenyx Rising ha preso come ispirazione il titolo Nintendo, ma riesce a vivere di luce propria, brillando nell’ormai inflazionato settore degli open world grazie a un ottimo world design, cosa davvero rara per il genere, una narrativa apparentemente leggera ma intelligente e una direzione artistica di tutto rispetto. A impreziosire il pacchetto troverete tantissimi puzzle ambientali dalla qualità a tratti eccelsa, e un combat system semplice ma che funziona, seppur quest’ultimo potrebbe rivelarsi ripetitivo alla lunga. Il titolo purtroppo soffre di qualche problemino lato performance, soprattutto in modalità portatile, ma ciò non preclude assolutamente la godibilità dell’esperienza di gioco.

Alla fine di questo lungo viaggio posso affermare che, al netto di imperfezioni e piccoli difetti qua e là, esplorare l’Isola d’Oro, conoscerne gli strambi abitanti, scalare montagne o abbattere mostri risulta semplicemente divertente, che a mio modesto parere è quello a cui un videogioco dovrebbe sempre ambire. Di conseguenza, per rispondere alla domanda iniziale direi che sì, Immortals Fenyx Rising merita di diritto un posto in quel famoso Pantheon videoludico, e probabilmente anche nella vostra collezione.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: azione, avventura
  • Lingua: italiano
  • Multiplayer: no
  • Prezzo: 59,99 euro

Ho dato manforte alle divinità dell’Isola d’Oro per 40 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Red Rope: Don’t Fall Behind per Nintendo Switch – Recensione

RECENSIONE IN UN TWEET

Red Rope: Don’t Fall Behind è come un diamante grezzo, perdersi nel Labirinto in compagnia di un amico è un’esperienza unica, ma mostra il fianco se giocato in solitaria a causa di comandi spesso confusionari e frustranti.

7.5


Chi tra voi ricorda quella reliquia del passato, di tanto in tanto riesumata, conosciuta con il nome di co-op locale? Nell’era del multiplayer online, del matchmaking istantaneo, dell’accessibilità a qualunque costo, un manipolo di temerari sviluppatori, solitamente indipendenti a dire il vero, si cimenta in una riesumazione che ricorda un po’ un team di archeologi che scavando rinviene i resti di un glorioso passato.

Tutti ammirano l’importante ritrovamento, ne comprendono l’importanza storica, ma subito dopo tornano al mondo moderno. Un mondo che è andato avanti, un mondo comodo e fruibile nel minor tempo possibile. Eppure quei pezzi di passato a volte ritornano prepotenti a ricordarci che consultare la celeberrima friend list e giocare con i propri amici è sicuramente comodo, ma che due Joy-Con, un divano ed un videogioco hanno un non so che di magico, una sensazione di condivisione reale, palpabile.

L'Autunno di Red Rope

È proprio quella sensazione che i ragazzi di Yonder, studio tutto italiano, vogliono farci provare con il loro titolo di punta, Red Rope: Don’t Fall Behind, interessante puzzle game che basa il proprio gameplay sulla coordinazione e la complicità che solo un’esperienza locale può dare. Il titolo infatti ci metterà nei panni di una coppia composta da un uomo ed una donna, rispettivamente Him ed Her, che finiti all’interno di un misterioso Labirinto, dovranno lavorare all’unisono per raggiungere il centro dell’imponente struttura, per poi svelarne i segreti.

La particolarità dell’avventura risiede però nel titolo del gioco. Infatti, i due protagonisti sono legati l’uno all’altra da un filo rosso e dovranno quindi agire come se fossero un tutt’uno, rimarcando quanto i sensi di complicità e comunione stiano alla base di quest’opera.

Dove ci troviamo?

Questa è la domanda che in molti si porranno negli istanti seguenti il primo avvio, ed il gioco non tarderà nel rispondere, seppur non utilizzando parole. Infatti, Red Rope non fa uso né di dialoghi, fatta eccezione per pochissimi NPC, né d’intermezzi. A rendere tutto più enigmatico, è la mancanza di un tutorial a schermo, che ci imporrà di osservare l’ambiente che ci circonda e dedurre chi siano Him ed Her, perchè si trovino nel Labirinto e chi siano i suoi abitanti, espediente narrativo recentemente sdoganato da una saga divenuta poi un genere, i souls-like. In questo caso però l’approccio adottato risulta a tratti sin troppo ermetico. Riteniamo sarebbe stata utile la presenza di una piccola introduzione al mondo di gioco, in modo da fornire al giocatore la giusta “chiave di lettura”, essendo il titolo permeato di simbolismi non semplicissimi da cogliere ad un primo sguardo.

L’ambiente di gioco invece, il Labirinto, è diviso in più zone: un’area “sicura” che fungerà da collegamento con tutte le altre, ed in cui potremo dialogare con i pochi, stravaganti, NPC, fare incetta di ombre, la valuta utilizzata in un rudimentale sistema di scambio, o semplicemente goderci qualche istante di pace, occasione assai rara all’infuori di questa oasi felice. Al di fuori della civiltà troveremo varie “case” in cui si svolgerà il gioco vero e proprio, aree ricche di nemici e puzzle da risolvere. Ogni casa è contraddistinta da una personalità ed un tema ben precisi. Le prime che il gioco ci proporrà saranno le case ispirate alle quattro stagioni, ognuna con la propria “gimmick” a contraddistinguerla, sempre caratterizzate da un ottimo level design, un sapiente posizionamento dei nemici e puzzle di difficoltà via via crescente, ma dalle meccaniche già ben definite.

La componente artistica è realizzata con una classica, ma ben fatta pixelart con visuale top down, a cui siamo abituati già da anni. È bene però notare che la prospettiva, soprattutto in presenza di dislivelli, non sempre sarà chiarissima, portando i giocatori a morti inaspettate e francamente evitabili. Chiude il tutto una colonna sonora che esalta l’atmosfera cupa e misteriosa che permea l’intero titolo, seppur alla lunga possa risultare ripetitiva. Gli effetti sonori, invece risultano di qualità altalenante, con alcuni di ottima fattura, mentre altri, come il “pianto” del bambino custode delle chiavi, che stonano con tutto il resto.

Una corda per ghermirli…

Veniamo ora al vero piatto forte di Red Rope, ovvero il gameplay nudo e crudo. Premettiamo subito che il grado di sfida offerto è decisamente alto rispetto a quello a cui il mercato videoludico ci ha abituati già da svariati anni, e potrebbe risultare a tratti frustrante.

L’intera esperienza si basa su una meccanica apparentemente semplice, ovvero l’utilizzo della corda che lega i due protagonisti e che risulterà essere l’unica arma contro le dozzine di entità che ci ostacoleranno lungo il viaggio verso il centro del dungeon. I suoi utilizzi saranno i più disparati e saranno i giocatori a dover intuire come utilizzarla per sbarazzarsi delle creature che abitano le tantissime sale del Labirinto. Passeremo dall’utilizzo della corda come una “morsa” per stritolare il più debole degli zombie fino all’estenderla completamente per poi farla passare su dei fuochi fatui, che di conseguenza si estingueranno liberandoci il passaggio. La corda ha tantissimi altri utilizzi, ve lo assicuriamo, alcuni dei quali originalissimi, che non vi elencheremo per non rovinarvi la sorpresa.

… e nel buio incatenarsi

Oltre che arma, la corda rappresenterà anche il vincolo tra i due compagni di viaggi, limitandone la libertà di movimento. Questo renderà indispensabile la cooperazione e comunicazione di entrambi i giocatori, poiché basterà anche solo sfiorare una creatura nemica per decretare la prematura dipartita di entrambi i nostri eroi, con conseguente perdita di preziose vite. Infatti, è presente un contatore che una volta esaurito porterà al gameover definitivo, con conseguente eliminazione di tutti i progressi ottenuti fino a quel momento.

Specifichiamo che gli sviluppatori hanno provato a venire incontro ai giocatori con un counter che partirà da un numero molto elevato, cento vite, e che potrà essere incrementato in vari modi, più o meno semplici e accessibili. Inoltre, è presente anche una rudimentale funzione di salvataggio, acquistabile da un NPC in cambio di ombre, e disponibile solamente nell’area “sicura” del Labirinto.

Una menzione di onore va al bestiario, talmente nutrito e variegato che non sfigurerebbe nemmeno in un titolo dall’impronta più action. Durante le nostre ricerche incorreremo infatti in zombie, mummie, spettri, ranocchiette all’apparenza innocue e chi più ne ha più ne metta, regalando ad ogni zona del Labirinto una propria personalità ludica e visiva. Infine, non mancheranno nemmeno numerose boss fight, tutte realizzate con sorprendente creatività e mai scontate, che mostreranno quanto sia duttile la meccanica della corda.

Il misterioso viaggio all’interno del Labirinto avrà la durata di circa quindici ore, ma solo nel caso in cui la coppia giocante si riscopra particolarmente abile e coordinata, in caso contrario la longevità del gioco salirà esponenzialmente, complice anche la presenza di un numero limitato di vite che condurrà all’inesorabile schermata “You Died”. Dobbiamo appuntare che, nonostante questa meccanica aggiunga un po’ di pepe alla partita, dando valore tangibile alla perdita di ogni singola vita in nostro possesso, è pur vero che ripetere stanze che già si conoscono, o peggio ancora ricominciare un’intera partita, potrebbe risultare ripetitivo.

Meglio soli che… o forse no?

Fino ad ora vi abbiamo parlato dell’esperienza di gioco dal punto di vista di chi può usufruire della co-op locale, ma non tutti hanno la fortuna di avere un amico sempre pronto a dare man forte per scoprire cosa si cela nelle segrete del Labirinto. È chiaro che l’intero titolo sia concepito come un’esperienza da vivere in coppia, ma come si comporterà nell’esperienza in solitaria? Qui arriviamo al più grande difetto di Red Rope, ovvero la fruibilità di un gameplay immaginato per due persone, ma compresso in un solo pad, che comanderà i protagonisti della vicenda tramite entrambi gli stick.

Chiariamo subito che il titolo è completabile in solitaria, nonostante risulti decisamente più difficile che assieme ad un fido compagno. Fatta questa doverosa premessa dobbiamo constatare che tutta la magia ricreata nella coordinazione richiesta tra un giocatore e l’altro lascerà spazio ad un sistema di controllo, seppur meccanicamente preciso, chiaramente inadeguato ad una modalità single player.

Durante le fasi più concitate tenere d’occhio entrambi i personaggi, ricordare quale stick muove l’uno o l’altra e coordinare i movimenti di entrambe le dita risulterà spesso confusionario, a tratti frustrante. Al sistema di controllo, già difficile da padroneggiare in singolo, andranno aggiunte meccaniche che creeranno ancora più confusione. Per esempio, ci siamo imbattuti in una zona in cui i comandi dei personaggi sono spesso invertiti e il risultato è stato sentire il gioco eccessivamente punitivo. Nonostante siamo coscienti che Red Rope: Don’t Fall Behind sia un gioco cooperativo, avremmo davvero gradito che la modalità single player fosse curata con un maggior bilanciamento o quantomeno semplificata.

Conclusione

Red Rope è un titolo coraggioso, unico, piacevolmente anacronistico all’interno di un’industria che sempre più spesso punta al guadagno facile, alla standardizzazione ed agli investimenti sicuri. Lo stile ricercato, il level design a tratti brillante, l’atmosfera pregna di mistero fanno da sfondo ad un’ottima esperienza co-op, che grazie al grado di sfida proposto metterà alla prova amicizie, parentele e relazioni, regalando sempre un’esperienza piacevole ed unica nel suo genere.

Nonostante piccole sbavature, come effetti sonori a volte sottotono, una narrativa sin troppo ermetica ed una certa ripetitività di fondo già dopo il primo gameover, Red Rope: Don’t Fall Behind sarà un ottima aggiunta alla vostra libreria digitale, a patto però di avere una compagnia con cui condividere il bizzarro viaggio all’interno del labirinto. In caso contrario, preparatevi a una componente single player solo per veri veterani, confusionaria nei controlli e a tratti frustrante.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: rompicapo, azione
  • Multiplayer: si (co-op locale)
  • Lingua: inglese
  • Prezzo: 12,99 euro

Ho esplorato il Labinto per circa quindici ore grazie a un codice gentilmente fornito dagli sviluppatori.