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Xbox Partner Preview, tutti i giochi annunciati

Si è svolto oggi, in digitale, alle 18 UTC (19 ore italiane), l’Xbox Partner Preview, l’evento Microsoft che offre lo sguardo sui nuovi ed attesissimi titoli third party. Studi come EA, Nexon e Capcom sono stati mattatori dell’evento. I titoli presentati oggi, ad evento concluso, sono stati una dozzina. Alcuni molto interessanti.

Inizio interessante

Partiamo col botto con Unknown 9 : Awakening, un misto tra Assassin’s Creed e Forspoken, un action molto promettente di Bandai Namco. Chicca della produzione l’attrice, Anya Chalotra nei panni della protagonista.

Proseguiamo con Sleight of Hand, un miscuglio di azione, stealth e deck building che si profila interessante, tra l’altro sarà disponibile anche su Game Pass all’uscita.

Sul Game pass uscirà anche The Alters, a mio avviso forse il titolo più interessante del pacchetto. Nel gioco, il protagonista, un astronauta, dovrà far fronte ad un pericolo imminente facendosi aiutare da…sé stesso. Sul pianeta in cui è approdato infatti, unico sopravvissuto, è presente una sostanza, il Rapidium che permette di clonare. Ne derivano conseguenze etiche e psicologiche.

Creatures of Ava invece ci mette nei panni di una ricercatrice che dovrà salvare le popolazioni proprio del pianeta Ava.

Piccola carrellata

Sorvolando velocemente su Roblox Griefville x Chucky e The Sinking City 2 (quest’ultimo più votato al survival rispetto al passato) passiamo velocemente a Final Fantasy XIV che finalmente ha una data di uscita su Xbox Series X/S ovvero il prossimo 21 marzo.

Passando per S.T.A.L.K.E.R. la trilogia, proposta quasi a sorpresa su Xbox, arriviamo diretti a Monster Jam Showdown titolo sportivo di gare su Monster di Milestone e sull’expansion pack di Persona 3.

Epilogo

Nelle battute finali vengono presentati The First Berseker : Khazan, un soulslike in cell shading, Tales of Kenzera: ZAU, un platform in 2.5 D (richiama molto Prince of Persia the lost crown) e viene rivelata la data di uscita di Frostpunk 2, prevista per il prossimo 25 luglio.

L’evento si conclude con il trailer di Kunitsu-Gami: Path of The Goddess l’atteso action di Capcom.

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The Thaumaturge – Recensione

Dopo i successi da sviluppatori con This War of Mine e Frostpunk, 11 Bit Studios veste i panni del publisher e definisce il ruolo del taumaturgo, ovvero colui che opera miracoli, secondo il vocabolario Treccani. Un personaggio insolito per un videogioco. Ma i ragazzi di Fool’s Theory e 11 Bit Studios hanno ben pensato che fosse tempo di farci vestire i panni di questo misterioso, atipico e mistico personaggio.

Come è andata potete scroprirlo leggendo per intero la nostra recensione di The Thaumaturge.

Folklore polacco

The Thaumaturge è un RPG a turni ambientato nella Polonia del 1905, una terra ancora legata a leggende e miti del passato in cui il protagonista, Wiktor, deve usare il suo potere di taumaturgo per affrontare i salutori, esseri soprannaturali che possono possedere e tormentare gli esseri umani. Il gioco spazia su più elementi come esplorazione, investigazione, combattimento e narrazione, offrendo al giocatore una storia oscura, ispirata al folklore polacco e russo.

Il gioco segue le vicende di Wiktor Szulski (“Wictor con la W non la V” cit.), un taumaturgo ereditario che può percepire, interagire e comandare i salutori, creature mistiche e potenti. Wiktor torna nella sua città natale di Varsavia causa morte del padre in condizioni misteriose, dove si ritrova coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a scoprire e ad eliminare i salutori nascosti o che possiedono gli esseri umani.

Lungo il suo cammino, Wiktor dovrà affrontare le sue paure, i suoi demoni e le sue scelte morali, oltre a stringere rapporti con i suoi vecchi amici e con i salutori stessi che ha sottomesso e che lo accompagneranno infatti, una volta sconfitti, nei successivi combattimenti.

La trama è originale e ben congegnata, intrigante e ricca di colpi di scena che porterà il protagonista a scavare nell’oscuro passato di un padre morto prematuramente che ha portato con sé nell’Aldilà numerosi punti interrogativi e offre al giocatore diverse possibilità di influenzare il corso degli eventi con le sue decisioni.

The Thaumaturge si ispira a fatti e luoghi storici della Polonia del 1905, epoca in cui domina l’imperialismo Russo e modernità e credenze popolari coesistono sia nei centri rurali ma anche nelle città più avanzate, e li mescola con elementi fantastici e folcloristici, creando un’ambientazione assolutamente particolare.

Wiktor Szulski

La percezione del Taumaturgo

Il gameplay è vario, anche se la natura a turni del titolo rende la progressione nel gioco naturalmente lenta. The Thaumaturge alterna fasi di esplorazione, investigazione, combattimento e dialogo, il tutto in visuale isometrica (alla Diablo per intenderci). Nelle fasi di esplorazione, il giocatore può muoversi liberamente per le strade e gli edifici di Varsavia, interagendo con gli oggetti e i personaggi che incontra e scovando indizi che lo porteranno a deduzioni necessarie per il prosieguo della storia.

Nelle fasi di investigazione, il videogiocatore deve usare il suo intuito e il suo potere di taumaturgo per risolvere enigmi e scoprire i salutori nascosti. Questo intuito si realizza nel potere della “percezione”, un potere a disposizione del protagonista sin dal principio che consente di verificare la via per il prossimo obiettivo sia gli indizi in giro per la mappa. In realtà non che questo potere sia così complicato da utilizzare, basta premere il tasto destro del mouse e su schermo apparirà un cerchio rosso che si allarga partendo dal protagonista verso l’esterno racchiudendo indizi, nel caso ce ne fossero, e comunque indicando la via da percorrere. A lungo andare diventerà un’azione ripetitiva ma è anche vero che spesso non potrete farne a meno per proseguire nella storia.

A volte, inoltre, la scoperta di indizi e relative deduzioni consentiranno a Wiktor di “influenzare” determinati personaggi a fare qualcosa che prima non volevano fare. Non un qualcosa di eclatante ma mi è piaciuta come scelta a disposizione del giocatore per variare il gameplay.

Recensione The Thaumaturge: Combattimento
In fase di combattimento

In battaglia con i salutori

Nelle fasi di combattimento, il giocatore deve affrontare i nemici usando Wiktor e il salutore che ha scelto come compagno o anche un salutore alla volta nello stesso combattimento a seconda dell’avversario che si trova davanti. Il combattimento è, come detto, a turni, e, per quanto personalmente preferisca combattimenti in tempo reale, la necessità di usare strategia, abilità e oggetti per sconfiggere gli avversari mi ha coinvolto positivamente.

Per sconfiggere i propri avversari Szulski avrà a disposizione vari poteri, poteri che possono essere sviluppati spendendo punti taumaturgici che si acquisiscono lungo il gioco accumulando esperienza in una sorta di progressione abbastanza lineare.

C’è da dire che negli scontri più avanzati, la strategia da adottare vi darà del filo da torcere poiché districarsi tra i vari poteri e relative cause ed effetti non sarà semplicissimo. Il motivo è semplice, mano mano che proseguirete nella trama, catturerete sempre più solutori che hanno caratteristiche uniche e scegliere quelli più idonei ai vari scontri che vi si pareranno davanti sarà sempre più difficile. Da evidenziare che comunque la curva di apprendimento dei combattimenti appare ben bilanciata, consentendovi di risolvere facilmente gli scontri iniziali e di avere i giusti mezzi quando si tratterà di scontri più difficili.

Nelle fasi di dialogo, infine, il giocatore deve conversare con i personaggi che incontra, scegliendo tra diverse opzioni di risposta. Il dialogo influisce sulla trama, sui rapporti con gli altri personaggi e sulla personalità di Wiktor stesso.

Da notare la minimappa che aiuta il giocatore ad orientarsi

Bella Varsavia

Il gioco presenta una grafica gradevole, con modelli dei personaggi dettagliati, ambienti realistici (spettacolare la città di Varsavia) e animazioni fluide anche se siamo lontani dalla next gen. Purtroppo per godere al massimo di tanta bontà serve un PC alquanto “pompato” altrimenti bisognerà accontentarsi di una grafica mediocre per raggiungere una fluidità decente.

The Thaumaturge usa, sapientemente direi, una palette di colori scuri e cupi, che contribuisce a creare un’atmosfera di tensione e mistero. Il gioco presenta anche delle scene cinematiche ben realizzate, che arricchiscono la narrazione e la rendono più coinvolgente.

Recensione The Thaumaturge: Stazione di Varsavia
Stazione di Varsavia

Il sonoro e in particolare le colonne sonore si adattano alle diverse situazioni e che creano un’ottima immersione. Ho apprezzato moltissimo il violino di sottofondo particolarmente malinconico che accompagna il giocatore lungo tutta l’avventura, con la musica che cambia diventando più “sostenuta” nei momenti concitati dei combattimenti.

Il doppiaggio è convincente e recitato abbastanza bene, anche se un filo poco espressivo ma il tutto rende comunque i personaggi più credibili e carismatici anche se, almeno la versione provata è totalmente in inglese, scritto e parlato e questo, per coloro che poco masticano la lingua, potrebbe risultare un gap difficile da colmare poiché si perderebbe, di fatto, tutto il fascino della narrativa.

Conclusione

The Thaumaturge è un RPG a turni che offre al giocatore un’esperienza di gioco ricca, oscura e divertente allo stesso tempo. Il gioco combina una trama intrigante con un gameplay vario, una grafica curata e un sonoro di qualità, creando un prodotto, alla fine, di alto livello. Quasi inaspettato, il gioco si distingue per la sua ambientazione cupa, poche volte vista in giochi del genere ispirata alla Polonia del 1905 e al folklore polacco e russo, e per le sue scelte morali e narrative, che rendono il gioco più profondo e personale. Consiglio The Thaumaturge a tutti gli amanti dei RPG a turni, e a tutti coloro che cercano una storia avvincente e originale.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S/X, PC
  • Data uscita: 04/03/2024
  • Prezzo: non disponibile al momento della recensione

Ho provato il gioco in anticipo rispetto al day one su PC grazie a un codice fornito dal publisher.

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Skull and Bones – Recensione

Skull and Bones è il gioco che tutti i fan di Assassin’s Creed IV: Black Flag aspettavano da anni, ma che Ubisoft ha deciso di far uscire solo dopo averlo fatto affondare e ritornare a galla più volte. Nato come un DLC del quarto capitolo di Assassin’s Creed, Ubisoft decide ad un certo punto di renderlo gioco stand alone allo scopo di sfruttare le bellissime ambientazioni marittime, la fisica dell’acqua e prendersi il tempo – ben sette anni – per ampliare le meccaniche di gioco a favore di un ampio live service.

Nella nostra recensione di Skull and Bones vi spieghiamo se l’attesa è stata premiata o se nuovo gioco Ubisoft è affondato nell’oceano dei live service insieme alle sue ambizioni.

Niente è più importante del tesoro

Skull and Bones ci mette nei panni di un pirata che deve conquistare l’Oceano Indiano, combattendo contro navi nemiche, saccheggiando porti e accumulando ricchezze e fama. Il tutto senza mai mettere piede a terra, perché evidentemente i pirati di Ubisoft preferiscono le navi piuttosto che la terraferma. O meglio, i piedi a terra si mettono, ma solo per commerciare e acquisire le missioni che ci faranno progredire nella storia.

Il titolo infatti si profila come un GaaS (Game as a service), un gioco dunque creato per impegnare all’infinito il tempo dei videogiocatori grazie alle missioni aggiunte periodicamente dagli sviluppatori e destinato, ovviamente, a far monetizzare Ubisoft il più a lungo possibile. Chi si aspettava una storia epica, compiuta ed indimenticabile, resterà deluso. In verità, la trama di fondo ci sta ma è anche il solito cliché: si parte come un novello naufrago e da una quasi zattera si dovrà riuscire a diventare un pirata famigerato e rispettato.

Tutti all’arrembaggio

Il gameplay di Skull and Bones si basa principalmente sul combattimento navale, l’unico, e per fortuna uno dei più importanti, aspetti che salva il gioco da un naufragio totale. Le battaglie sono divertenti e dinamiche, con diverse tipologie di navi, armi e abilità da usare in base alla situazione.

Si può anche esplorare una vasta mappa con diverse zone climatiche, eventi dinamici e nemici di diversa difficoltà, ma senza mai (o quasi) scendere dalla nave, il che rende l’esplorazione noiosa e limitata.Non avrebbe guastato uno spruzzo di open world anche sulle isole toccate dal nostro eroe. Terraferma che risulta, alla fine, esplorabile parzialmente, quel poco necessario per raggiungere i punti di interesse.

Oltre che sulla navigazione, il gameplay si basa anche su un sistema di loot abbastanza caotico, avete presente la canzoncina per fare un fiore, ci vuole un albero? Ecco, per diventare famigerati in tempi brevi dovrete essere il più veloci possibile a raccogliere risorse (in proprio, acquistandole o depredandole), che vi permetteranno di progredire nel gioco sia come fama, sia come equipaggiamento a disposizione.

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La progressione si basa su dei ranghi (Infamia) divisa in dieci classi che si acquisisce completando missioni e/o contratti. Prima ho parlato del nostro protagonista come un eroe… beh consideratelo un eccesso di foga. Il nostro alter ego piratesco è quanto di più noioso si sia visto ultimamente nel mondo videoludico. Ad onor del vero è completamente personalizzabile nel vestiario, grazie ai pacchetti acquistabili o ottenibili dai tesori scoperti o dai bottini conquistati, ma non è dotato di parola e quei pochi dialoghi, frustranti, che vorrete solo skippare, consentono la semplice scelta tra un paio di risposte, che tra l’altro non influenzano neanche la trama.

Infine, Skull and Bones è pensato per essere giocato in cooperativa con altri due amici, formando una flotta, o in modalità PvP contro altri giocatori. Le modalità multiplayer però molto ripetitive, con missioni poco originali e incentrate sullo stesso schema di attacco e fuga. E, fidatevi, la maggior parte delle volte queste missioni “combinate” non avverranno, sarete tutti intenti a navigare per fatti vostri completando le vostre di missioni. A meno che non siate un gruppo di amici che si danno appuntamento appositamente.

Il rumore del mare

Tecnicamente Skull and Bones ha i suoi alti e suoi bassi come le onde del mare. La grafica e il sonoro sono di buon livello, con effetti di luce, acqua e fumo ben fatti e dettagliati. Le navi e i pirati sono ben modellati e animati, ma poco carisma caratterizza quei personaggi secondari che abitano i luoghi visitati.

Navigare è veramente soddisfacente. L’acqua è davvero realistica, la migliore secondo me tra i giochi di pirati oggi disponbili. I combattimenti navali sono alla fine dei conti divertenti, anche se un abbordaggio più articolato sarebbe stato auspicabile, piuttosto che una semplice scenetta di intermezzo. Navigare poi al tramonto o all’alba è un qualcosa di veramente speciale ed affascinante e su questo, bisogna dire, Ubisoft ha tirato fuori un titolo graficamente davvero valido.

Anche i vari porti che si incontrano e le località da esplorare (per quanto in minima parte) sono davvero ben realizzate e sicuramente caratteristiche degli ambienti pirateschi del XVII secolo.

Conclusione

Skull and Bones prova a farsi spazio nel mondo dei “Game as a service” con battaglie navali sicuramente sopra la media rispetto ai diretti concorrenti (Sea of Thieves), ma senza aggiungere nulla di più. L’opera di Ubisoft delude le aspettative per molti aspetti e non riesce a sfruttare il potenziale del tema piratesco.

Purtroppo i difetti e la ripetitività minano il divertimento e la longevità. Il risultato finale è ben distante dal titolo quadrupla A promesso da Ubisoft.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S/X, PC
  • Data uscita: 13/02/2024
  • Prezzo: 59,99 €

Ho provato il gioco a partire dal day one su Xbox Series X

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Nintendo Switch 2 monterà probabilmente un processore Nvidia

Mentre si rincorrono le voci per un nuovo Nintendo Direct che mostrerà i titoli di Nintendo Switch, Reuters fornisce interessanti indiscrezioni in merito all’hardware della futura console nipponica. In particolare, l’agenzia di stampa britannica suggerisce che Nintendo Switch 2 monterà un processore Nvidia.

In realtà, la notizia sembra verosmile in quanto Nintendo Switch incorpora al suo interno un chip Nvidia Tegra X1 e si presume che la stessa sorte toccherà alla nuova console che monterà un chip Nvidia personalizzato.

Secondo le fonti, il lancio di Nintendo Switch 2 sembra molto vicino, previsto già nel corso nel 2024, con preordini da marzo. Ma non cantiamo vittoria tropp presto: il prossimo show di Nintndo, ormai imminente, dovrebbe elencare i nuovi giochi terze parti e non concentrarsi sulla nuova console handheld.

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Tecnologie

Recensione Meta Quest 3, realtà virtuale ma non troppo

Nel mercato videoludico c’è un settore che aspetta di esplodere da ormai tantissimi anni: i visori per la realtà virtuale. Diverse aziende stanno provando ad aggiungere il proprio plus perché vedono nel VR un mercato ancora, stranamente, acerbo. Anche noi siamo tornati a esplorare questo mondo utilizzando un visore controverso, Meta Quest 3, tanto amato dalla critica, ma anche così duramente punito dalle vendite a causa di una contrazione prevista per questo trimestre fino al 70%.

Questo articolo è una recensione della mia esperienza con Meta Quest 3, snocciolando per dovere di cronaca anche qualche dato sul dispositivo così da comprendere cosa abbiamo tra le mani.

Design

A livello estetico risulta molto meno ingombrante del Meta Quest 2, quindi anche più leggero una volta indossato e comodo da usare, anche se sessioni prolungate, causa pressione delle stringhe sul capo, spesso fanno addormentare tutta la parte centrale della testa a partire dalla fronte. Fastidioso. Di gran lunga più comoda la fascia Premium che però costa un’occhio.

La parte anteriore curva del Quest 3 presenta quattro telecamere in due pile verticali, con un emettitore infrarosso tra di esse. Due telecamere sono usate principalmente per il tracking spaziale, per scansionare l’ambiente circostante per i contenuti AR e per determinare i confini della tua area di gioco. Le altre due sono telecamere RGB pass-through che permettono di vedere il proprio ambiente a colori. Due telecamere di tracking spaziale aggiuntive si trovano lungo il bordo inferiore del visore.

Una manopola di regolazione della distanza pupillare e un selettore del volume si trovano tra le telecamere inferiori, insieme a una connessione a tre contatti per la base di ricarica opzionale ( e a pagamento). Se non si usa la base, si può caricare il visore usando la porta USB-C sulla cerniera sinistra.

Un pulsante di accensione si trova appena sotto. I controller sono ottimi, molto maneggevoli e precisi durante le sessioni di gioco. Impugnare una spada in Assassin’s Creed ( Nexus) non è mai stato cosi divertente.

Recensione Meta Quest 3

Caratteristiche tecniche

Meta Quest 3 ha un display OLED da 2.064 per 2.208 pixel per occhio, con una frequenza di aggiornamento di 120 Hz. Questo significa che ha una risoluzione più alta e una frequenza di aggiornamento più veloce rispetto al Quest 2, che ha un display LCD da 1.832 per 1.920 pixel per occhio con una frequenza di aggiornamento di 90 Hz. Questo si traduce in immagini più nitide e fluide, con colori più vivaci e contrasti più elevati.

Il Quest 3 ha anche un processore più potente, lo Snapdragon XR2 Gen 2, che offre una potenza grafica 2,5 volte superiore rispetto al Quest 2. Questo si nota soprattutto nelle esperienze VR che hanno un aggiornamento visivo per il Quest 3, come Beat Saber, Superhot VR e The Walking Dead: Saints & Sinners. Gli effetti di luce sono di gran lunga migliorati, i dettagli sono più ricchi e il testo è più leggibile.

A completare la dotazione ci pensano 8 GB di RAM ed una batteria di 4000 mAH che garantisce circa due ore, due ore e mezza massimo di gioco ininterrotto.

Limitazioni e considerazioni

Il catalogo giochi è vasto e sempre in espansione con titoli anche di primissimo piano come Assassin’s Creed Nexus e Asgard’s Wrath 2, che meritano sicuramente di essere provati. Tutto rose e fiori quindi…più o meno si, se avete intenzione di acquistare un visore, il Meta Quest 3 è la scelta migliore. Ma attenzione ad alcuni “effetti collaterali”.

Questione spazio. Dovrete averne a disposizione parecchio per sfruttare a pieno tutta la funzionalità del visore. Vero è che il dispositivo vi chiederà di creare dei confini, in pratica un reticolato che vi indicherà i limiti su cui potersi muovere; purtroppo, giocare con titoli sportivi, come tennis o boxe, significa dover farsi in quattro per racimolare spazio in spazi più stretti.

L’accessibilità dei giochi è veramente molto ampia, anche in un gioco come Assassin’s Creed, dove correre e saltare con il parkour è la base; infatti, si potrà giocare, settando le giuste impostazioni, da seduti. E questa è l’altra personalissima nota dolente. Avevo cominciato ad abbandonare il visore proprio perché troppo pigro! O meglio, quando mi siedo e videogioco ho bisogno di rilassarmi. Giocare a tennis, combattere a suon di pugni, correre con Ezio, mi risultava pesante e finivo per accendere l’Xbox! Questo non significa però che utenti più attivi di me ne trovino giovamento, ma per me, passata l’euforia iniziale, il visore era stato accantonato.

Infine, e anche qui dipende da persona a persona, durante le sessioni ho sofferto di un frequente mal di testa che scaturiva dopo quasi tutte le sessioni di gioco. Del resto, noi possiamo essere consapevoli quanto vogliamo di essere seduti su un divano, ma se stai volando su di un aereo da guerra o stai saltando tra le cime dei palazzi settecenteschi o camminando su una tavola sospesa nel vuoto, il tuo cervello sentirà comunque che c’è qualcosa che non va per il verso giusto.

Conclusioni

Meta Quest 3 è il miglior visore di realtà virtuale per qualità-prezzo in circolazione, nonostante si parta da ben 549 euro per la versione 128 GB. Un ottimo visore alla luce delle caratteristiche e del prezzo, ma il cui acquisto va ponderato dopo averlo magari provato e dopo aver verificato che sia idoneo al proprio fisico e perché no, anche alle proprie fobie.

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Monkey Island, pubblicato su YouTube un lungo documentario

L’utente YouTube NoClip ha pubblicato un documentario dedicato alla storica serie di The Secret of Monkey Island. “Returning to Monkey Island”, questo il nome dell’opera, dura la bellezza di un’ora e mezza racconta la serie in modo approfondito, dagli albori fino ad all’ultimo capitolo, Return to Monkey Island.

Sono tante le domande che attanagliano ogni fan: come nacque il primo Monkey Island? Qual’è l’evoluzione? Perche Ron Gilbert l’ha ripresa dopo 30 anni? Qual’è il segreto di Monkey Island? (no a questo il documentario non risponde). In ogni caso, in questo documentario di Monkey Island troveremo risposte a queste e molte altre domande.

Visto che parliamo di pirati, diamo giusto qualche coordinata (di una qualche bussola sgangherata conoscendo Guybrush Threepwood). Il documentario comprende interviste a sviluppatori e personaggi che hanno contribuito alla serie e un’intervista allo stesso Ron Gilbert, creatore del titolo che consiglio di non perdere.

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Prince of Persia: tutti i videogiochi della saga

Ricordo ancora quel 1989, io appena dieci anni, usavo l’Amiga 500, con ben 1 mb di RAM di espansione. Invidia dei miei amici, altri tempi. Tempi andati, tempi lontani, quel tempo che è stato protagonista di una saga di videogiochi ancora oggi nota: Prince of Persia; una serie che proprio nel 1989 ha visto la luce, ed è stato subito amore a prima vista, oltre che, a conti fatti, un grande successo.

Prince of Persia è una serie di videogiochi che ha avuto inizio nel 1989 con il primo capitolo omonimo, creato da Jordan Mechner. Da allora, la serie ha conosciuto diverse evoluzioni e trasformazioni, sia dal punto di vista grafico che narrativo. In questo articolo, cercheremo di analizzare le principali differenze tra i vari Prince of Persia, suddividendoli in quattro categorie: la trilogia classica, la saga delle Sabbie del Tempo, la saga di Ahriman e il reboot del 2008.

La trilogia classica

La trilogia classica comprende i primi tre capitoli della serie, usciti tra il 1989 e il 1999. Questi giochi sono caratterizzati da un gameplay a piattaforme in 2D, con elementi di azione e avventura. Il protagonista è un giovane senza nome che deve salvare la principessa dal malvagio Visir Jaffar, affrontando ostacoli, trappole e nemici con la spada. Il primo Prince of Persia è considerato un capolavoro assoluto del genere.

Il secondo capitolo, Prince of Persia 2: The Shadow and the Flame, mantiene lo stesso stile del precedente, ma introduce una grafica migliorata, una trama più articolata e nuove ambientazioni. 

Il terzo capitolo infine, Prince of Persia 3D, segna il passaggio alla grafica tridimensionale, ma non riesce a convincere la critica e il pubblico, a causa di numerosi difetti tecnici e di gameplay.

La saga delle Sabbie del Tempo

La saga delle Sabbie del Tempo è una trilogia di giochi usciti tra il 2003 e il 2005, tutti sviluppati da Ubisoft. Questi giochi sono ambientati in un’epoca diversa da quella della trilogia classica, e presentano un nuovo protagonista, il principe di Persia, che deve affrontare le conseguenze di aver liberato le sabbie del tempo, un potente artefatto magico che può alterare il corso degli eventi.

Il gameplay di questi giochi è basato sull’azione, sull’esplorazione e sulla risoluzione di enigmi, con la possibilità di usare le sabbie del tempo per manipolare il tempo, ad esempio per tornare indietro, rallentare o congelare gli avversari. A massicce dosi viene inserito il parkour rendendo il titolo molto simile ai contemporanei primi capitoli di Assassin’s Creed.

Il primo capitolo, Prince of Persia: Le sabbie del Tempo, è stato acclamato dalla critica e dal pubblico, per la sua grafica, la sua storia e la sua innovazione. La trama si svolge 1000 anni dopo il primissimo titolo e dà il via ad una serie di eventi derivati fondamentalmente da avidità egoistica volendo, il protagonista, piegare le sabbie del tempo per prolungare la sua vita.

Il secondo capitolo, Prince of Persia: Spirito Guerriero, ha introdotto un tono più oscuro e violento, con una maggiore enfasi sul combattimento e sulle acrobazie. Ambientato sette anni dopo le sabbie del tempo, il nostro protagonista è braccato dai Dahaka. Chiesto consiglio ad un uomo saggio, quest’ultimo gli rivelerà che per porre fine a questa fuga il Principe dovrà morire…

Il terzo capitolo, Prince of Persia: I due Troni, ha concluso la trilogia, riprendendo alcuni elementi dei precedenti, come la possibilità di alternare tra due personalità del principe, una normale e una corrotta dalle sabbie del tempo. Tornato a Babilonia e dopo che il Visir si è reso immortale grazie alle Sabbie del Tempo, queste ultime “infettano” le ferite del Principe donandogli nuovo potere.

Videogiochi di Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo

La saga di Ahriman

La saga di Ahriman è composta da due giochi usciti nel 2008 e nel 2010, sviluppati da Ubisoft. Questi giochi sono ambientati in un universo alternativo rispetto a quello delle sabbie del tempo, e presentano un nuovo protagonista, semplicemente chiamato il principe, che deve combattere contro Ahriman, il Dio dell’oscurità, che minaccia di distruggere il mondo.

Il gameplay dei due titoli è focalizzato sull’esplorazione e sul platforming, con la possibilità di usare le abilità magiche di Elika, una principessa che accompagna il protagonista nella sua avventura. 

Il primo capitolo, Prince of Persia, ha proposto una grafica in stile cel-shading, che ricorda i fumetti e le illustrazioni, e una struttura da metroidvania, in cui il giocatore può esplorare liberamente i vari scenari e scoprire i numerosi segreti sparsi per la mappa di gioco.

Il secondo capitolo, Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate, concepito come un episodio intermedio tra Le Sabbie del Tempo e Spirito guerriero, ha ripreso alcune meccaniche dei precedenti giochi della saga, come la manipolazione del tempo e il combattimento con la spada.

Il reboot del 2008

Il reboot del 2008 è un gioco uscito nello stesso anno, sviluppato da Ubisoft. L’opera è ambientata in un universo completamente diverso da quello delle altre saghe, e presenta un nuovo protagonista, un avventuriero senza nome che incontra una misteriosa donna di nome Farah, che lo coinvolge nella sua missione di salvare il mondo da un’antica minaccia.

Anche il gameplay di questo gioco è basato sull’azione e sul platforming, con la possibilità di usare le abilità di Farah, che può creare piattaforme, teletrasportarsi e lanciare proiettili magici. Il gioco ha una grafica realistica e dettagliata, e una trama che si sviluppa attraverso i dialoghi tra i due protagonisti.

Videogiochi di Prince of Persia 2008

Altre uscite

A completezza di informazione, sono usciti anche altri videogiochi di Prince of Persia per console mobile e portable. Uno di questi è lo strategico a turni per Nintendo DS, Battle of Prince of Persia, ambientato tra Le Sabbie del Tempo e Spirito Guerriero, un gioco basato sull’utilizzo delle carte che ben si adattava al doppio schermo del Nintendo DS.

Infine sono presenti un paio di giochi per mobile, il primo, sviluppato da Ketchapp denominato Prince of Persia Escape, un titolo con livelli pressochè infiniti che facevano risaltare le caratteristiche del mobile: L’altro invece è Prince of Persia Classic di Gameloft, famosa per le trasposizioni su mobile di titoli come Tom Clancy’s Splinter Cell e Assassin’s Creed 2 oltre che quella del Principe di Persia.

Conclusioni

Prince of Persia è una serie di videogiochi che ha saputo rinnovarsi e adattarsi ai cambiamenti del mercato e delle tecnologie, offrendo esperienze di gioco diverse e originali. Ogni saga ha le sue caratteristiche distintive, che la rendono unica e apprezzata dai fan. Redivivo circa ogni decennio, il titolo incanta i videogiocatori per poi sparire di nuovo per anni e anni. E infatti, nonostante il successo di critica e di pubblico, la serie ha preso una pausa di diversi anni senza annunci ufficiali e ora spera di replicare i successi passati con Prince of Persia: The Lost Crown uscito il 18 gennaio. Riuscirà ancora una volta il nostro principe a far battere i cuori di tutti i videogiocatori?

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Top Spin 2K25: la serie sul grande tennis ritorna con un trailer

Sembra proprio che gli appassionati di tennis, categoria spesso bistrattata a favore dei fan del calcio, del basket persino del football e dell’hockey, potranno avere, in questo 2024 il loro titolo tripla A. Parliamo di Top Spin, serie famosa di 2K Games, il cui ultimo capitolo risale al 2011 con Top Spin 4 per Xbox 360, PS3 e Wii. Peraltro proprio questo capitolo è considerato, da molti, il miglior videogioco di simulazione tennistica mai realizzato. Fino ad ora, si spera.

Sviluppato da Hangar 13, Top Spin 2K25 dovrebbe uscire entro l’anno, su quali piattaforme è ancora da svelare, ma crediamo che come minimo arriverà su Xbox Serie X/S, PS5 e PC.

Dal trailer il gioco sembra essere graficamente ultra-realistico con campi e spalti in vero 3D, spettatori compresi. Sarà abbastanza ovvio che ci saranno numerose licenze ufficiali sia di sportivi noti che di campi e tornei.

Al momento niente si sa di più, il trailer proposto mira a far rendere conto solo dell’altissima qualità visiva raggiunta.

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Chi è Hideo Kojima? Biografia del genio dietro Metal Gear Solid

Vorremmo, con questo articolo, inaugurare una nuova sezione del blog, un focus sugli uomini e le donne che hanno reso la storia dei videogiochi e il videogioco come lo conosciamo tale. Oggi vi spieghiamo chi è Hideo Kojima, raccontandovi opere e aneddoti del genio nipponico.

Hideo Kojima è uno dei più famosi e influenti autori videoludici al mondo. Nato a Tokyo nel 1963, ha sviluppato fin da bambino una grande passione per il cinema e la letteratura d’avventura, che lo hanno ispirato nella creazione delle sue opere. Nel 1986, è stato assunto da Konami per la quale ha ideato e scritto Metal Gear, titolo originariamente per MSX che ha introduse il genere stealth e dato vita all’omonima serie, il suo lavoro più noto e apprezzato.

Metal Gear Solid: la consacrazione

La serie di Metal Gear si caratterizza per la sua trama intricata, degna dei migliori romanzi di spionaggio alla Ken Follett o Frederick Forsyth. Affronta temi come la guerra, la politica, la filosofia, la genetica e l’identità. I protagonisti sono spie e soldati che devono infiltrarsi in basi nemiche e affrontare i Metal Gear, dei giganteschi robot armati di armi nucleari. E anche il lato umano, che Kojima ha molto a cuore, viene preso in considerazione, coi protagonisti che si chiedono, spesse volte, se sia giusto o sbagliato ciò che fanno.

Il gameplay richiede al giocatore di usare l’astuzia e la strategia, evitando il più possibile il combattimento diretto. Non a caso il gioco è stato tra i migliori capostipiti del genere stealth. La serie è nota per il suo stile cinematografico, con lunghe sequenze animate e dialoghi tra i personaggi, per il suo umorismo e le sue numerose citazioni e riferimenti alla cultura popolare.

Altre produzioni

Oltre alla serie di Metal Gear, Kojima ha realizzato altri giochi di successo: Snatcher e Policenauts, due avventure grafiche di ambientazione cyberpunk; Zone of the Enders, una serie di giochi di azione con dei robot volanti, e il famosissimo Death Stranding, il suo primo gioco indipendente dopo aver lasciato la Konami nel 2015.

Kojima è considerato un auteur dei videogiochi, ovvero un autore che esprime la sua visione artistica e personale attraverso il medium, in questo caso a noi tanto caro come il videogioco. Il suo stile è riconoscibile e originale, e ha influenzato molti altri sviluppatori e giocatori. Hideo Kojima è un grande appassionato di cinema peraltro e ha collaborato con diversi registi e attori famosi, come Guillermo del Toro, Norman Reedus, Mads Mikkelsen e Nicolas Winding Refn.

Kojima: l’uomo

Ma cosa rende Kojima un genio dei videogiochi? Quali sono le sue caratteristiche distintive e i suoi segreti? Come fa, ci chiediamo, a rendere i suoi videogiochi maledettamente accattivanti ed interessanti? Non possiamo realmente saperlo, purtroppo o per fortuna, ma ecco alcune curiosità e aneddoti sulla sua vita e carriera che potrebbero aver influito sul suo modo di creare.

  • Cinema mon amour: Kojima ha iniziato a fare film con una Super 8 millimetri quando era a scuola e ha persino ingannato i suoi genitori per andare a girare su un’isola senza dirglielo. Il suo sogno era di diventare un regista, ma ha cambiato idea quando ha scoperto il gioco d’avventura Portopia Renzoku Satsujin Jiken, che lo ha convinto delle potenzialità narrative dei videogiochi
  • Un film al giorno: La passione sconfinata di Kojima per il cinema permea ogni singolo istante della sua vita. Quando non è impegnato a realizzare un gioco, o a trollare i suoi fan su Twitter, il buon Hideo sta fisso davanti allo schermo a vedere qualcosa da cui prendere ispirazione. Il suo mantra è: “Un film al giorno toglie i rompiballe di torno”. Tra le sue pellicole preferite troviamo vere e proprie pietre miliari, alcune delle quali non del tutto scontate: Taxi Driver, 2001 Odissea nello Spazio, La Grande Fuga, I Cannoni di Navarone, La Strada di Federico Fellini, L’Alba dei Morti Viventi e addirittura il musical Cantando sotto la Pioggia. Stranamente tra i suoi favoriti non ha mai citato 1997: Fuga da New York, capolavoro distopico (ma neanche troppo) di John Carpenter dal quale ha tratto ispirazione per il nome del suo personaggio più famoso Solid Snake.
  • Kojima ed il Natale: Pochi lo sanno ma Hideo Kojima adora follemente il Natale. Ogni anno, sin dai tempi in cui lavorava per Konami ma soprattutto da quando ha fondato la Kojima Production, inizia a bombardare il suo canale Twitter con foto di decorazioni natalizie, corna di renna infilate ovunque e pacchetti regalo che probabilmente nascondono solo un tizio vestito come Snake. Ha trasmesso questa sua passione anche ad alcuni personaggi dei suoi giochi: provate a chiedere a Big Boss per conferma. La sua “ossessione” sembra essere forte al punto che alcuni membri del suo staff sono convinti che lui creda ancora fermamente nell’esistenza di Babbo Natale.
  • Fobia dei contatti fisici: Kojima ha una vera e propria avversione per il contatto fisico con le altre persone, tanto da evitare di stringere la mano o di abbracciare chiunque, anche i suoi amici più intimi. Questa sua fobia è stata resa nota da Guillermo del Toro, che ha raccontato di averlo abbracciato una volta e di aver visto la sua faccia terrorizzata. Kojima ha poi confermato la cosa, dicendo che preferisce esprimere i suoi sentimenti con le parole o con i gesti
  • Potere ad un solo uomo: Kojima è noto per il suo perfezionismo e per il suo controllo totale sui suoi progetti, che lo portano a occuparsi di ogni aspetto della produzione, dalla sceneggiatura alla regia, dal game design al marketing. Questo lo rende spesso insofferente alle pressioni e alle interferenze delle case editrici, come dimostra il suo conflitto con la Konami, che lo ha portato a lasciare l’azienda dopo 29 anni di collaborazione. Kojima ha poi fondato la sua nuova software house, la Kojima Productions, che gli ha permesso di realizzare il suo gioco più ambizioso e personale, Death Stranding, senza alcun vincolo o compromesso.

Genialità ed emozione

Appare chiara dunque la genialità di Hideo, che ha riversato nelle sue opere portandole a nuovi livelli di immersione, narrazione e creatività. Quello che vuole Kojima è emozionare e sorprendere il fruitore finale facendolo riflettere sui vari temi che i suoi giochi trattano.

D’altronde lui stesso si emoziona nel creare e questo è uno degli aspetti più belli che i fruitori maturi del prodotto videogioco possano chiedere: l’emozionarsi nel videogiocare. Non tutti apprezzano Hideo Kojima, molti lo accusano di essere arrogante, di inserire nelle sue opere troppi dialoghi e filmati, di usare senza censura elementi come violenza e sesso, ma credo siano passi necessari affinché il pubblico comprenda appieno la sua visione.

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Editoriali

Red Bull Indie Forge 2023: abbiamo provato i videogiochi finalisti

Tra i suoi tanti ospiti, Milan Games Week 2023 ha ospitato anche i cinque videogiochi finalisti della Red Bull Indie Forge, competizione che permette ai giovani sviluppatori italiani di dire la loro nel mondo videoludico e che eleggerà due vincitori, uno scelto da una giuria di esperti ed uno dal pubblico. Noi de ilVideogiocatore.it abbiamo provato tutti e cinque i titoli finalisti di Red Bull Indie Forge e scambiato due chiacchiere con gli sviluppatori.

Glasshouse

Sviluppato dai ragazzi di Flat28, Glasshouse si mostra al pubblico come un classico RPG di ambientazione neofuturista e distopica che si sviluppa all’interno di un condominio popolato da 18 persone. Un titolo molto politico, in cui il giocatore si troverà a fare da paciere tra i condomini, bloccati in una sorta di lockdown post atomico.

La demo che abbiamo provato durante l’evento presenta un videogioco con visuale isometrica e che sin da subito ci proietta nello squallore del mondo ideato dagli sviluppatori, un futuro di stampo vittoriano. Quello che ci ha colpito di più del gioco è stata un equilibrato mix tra gioco di ruolo e avventura grafica. Glasshouse si muove in un mondo tra crafting necessario e sapiente uso di dialoghi in cui il sistema di dialoghi bypassa il combattimento.

Intrigante l’idea che l’orientamento politico che si darà al proprio personaggio influirà sulla storia e sulle scelte da intraprendere.

Red Bull Indie Forge 2023: Glasshouse

While We Wait Here

Il videogioco, sviluppato da Bad Vices Games, già autori di Ravenous Devils, ci mette nei panni di un ristoratore di una piccola tavola calda dispersa nel nulla.

La demo ci ha fatto assaggaire un’opera che si sviluppa in prima persona e che sì, effettivamente dovrete preparare da mangiare per i clienti. Quello che ancora non si sa è ciò che sta accadendo attorno: quale catastrofe sta per arrivare? Cosa stiamo aspettando? Sembra di intuire che nella versione finale ci saranno numerose linee di dialogo che probabilmente porteranno il giocatore ad una visione introspettiva. Ci vorrà ancora tempo per saperlo, ma il senso di disagio dopo la demo ci stuzzica e non vediamo l’ora di mettere le mani sul prodotto finito.

Monster Chef

Forse non è un cliché dire che gli italiani sono appassionati di cucina. Del resto, tra i finali di Red Bull Indie Forge 2023 ci sono ben due titoli dedicati. Il secondo è Monster Chef di Studio Pizza, un hack & slash con elementi roguelite e gestionali.

Visivamente Monster Chef ci ha ricordato molto Cult of the Lamb (Recensione) ma gli sviluppatori dicono di essersi ispirati ad Hades. Il protagonista è Pranzo, un novizio dell’Ordine della Buona Forchetta, una congrega di cuochi guerrieri, che dovrà procacciare le prede e cucinarle sul campo di battaglia per soddisfare i palati degli avventori della sua locanda.

La locanda dovrà essere gestita nella sua interezza: dagli negli interni alle spezie che dovremmo coltivare per rendere i nostri piatti succulenti. Inoltre, non basterà andare a caccia di mostri e colpirli, bisognerà cucinarli sul campo tramite Presina, un guanto da cucina che sputa fuoco.

La parte gestionale poi è perlopiù completa; i clienti infatti saranno saranno esigenti sotto vari aspetti: dalla pulizia della locanda alla corretta consegna dei piatti. Un gioco leggero, graficamente accattivante e, personalmente molto divertente da giocare.

Red Bull Indie Forge 2023: Monster Chef

Umbral Core

A Few Round Games ha proposto un picchiaduro che ci ha davvero colpito. Benchè il personaggio giocabile nella demo sia solamente uno, abbiamo potuto saggiare la bontà del titolo grazie al game designer Simone Demontis che ci ha spiegato l’enorme lavoro dietro ogni frame.

Umbral Core è un picchiaduro pensato per il competitivo che gira fino a 60 FPS, valore volutamente bloccato per non favorire chi ha hardware migliori (ma in realtà il motore grafico Unity ha permesso al team di lavorare con un framerate sbloccato e in effetti la demo girava a più di 200 FPS. Uno spettacolo!).

Il gameplay di Umbral Core spicca grazie alla possibilità di attivare combo leggere, medie e pesanti con la pressione di un solo tasto in base alla distanza tra il giocatore ed il nemico. Questa agevolazione rende il tutto più fluido senza la necessità di ricordare complesse sequenze di tasti. Apprezzato!

TEOM -The Enemy Of Mine

TEOM -The Enemy Of Mine

Sviluppato da Voxel Studios, TEOM è un tower defense di nuova generazione che non tende a stravolgere il genere ma cerca di perfezionarlo.

A livello estetico è molto interessante ed accattivante, ma c’è molto di più; Le unità che l’utente ha a disposizione per difendere il proprio nucleo e le unità da distruggere – adorabili robot che si faranno via via sempre più potenti – rendono il gioco vario e divertente.

TEOM è un tower defense molto intuitivo: dopo una breve spiegazione da parte degli sviluppatori eravamo pronti a partire con la demo. Il videogioco si è rivelato altamente personalizzabile e modulare. Piazzare le torrette è semplice e la possibilità di inserire dei blocchi in più per determinare un particolare path alla scia dei robot rende la vita un po’ più semplice rispetto ad altre opere di questo genere.

La struttura di gioco è divisa in livelli, ciascuno dei quali è sua volta spezzato in round. Ogni livello ha una mappa diversa mentre ogni round vi metterà contro più nemici del precedente. Se nel corso di uno qualunque dei round, il vostro nucleo verrà distrutto dovrete ricominciare l’intero livello e ricostruire daccapo le vostre difese. Particolarità del titolo è che oltre la normale campagna, i ragazzi di Voxel Studios hanno inserito una modalità roguelite, rendendo di fatto, la longevità praticamente infinita.