Loop Hero è un rogue-like gestionale molto difficile che esalta gli appassionati, ma che non sarà facilmente apprezzato al di fuori della nicchia di try harder. All’interno del suo genere, il titolo di Four Quarters è una perla di originalità e complessità che sarà in grado di tenervi incollati allo schermo per tantissime ore.
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Dopo quasi due mesi dal nostro provato (di cui vi consiglio la lettura per comprendere al meglio le meccaniche di gioco), Loop Hero arriva sul mercato PC con la sua versione finale. Devolver Digitals e Four Quarters hanno puntato tutto su una meccanica molto semplice, ma il gioco è in realtà molto più profondo e complesso di quanto possa sembrare. In questa recensione, capiamo se dopo decine di ore questo gestionale di dungeon conferma i punti di forza dell’anteprima e togliamo ogni dubbio sulle potenziali debolezze.
I punti di forza
Loop Hero è un rogue-like atipico. Il gioco si divide in dungeon generati casualmente dal computer, ma la fortuna non incide sulla partita. Infatti, la casualità crea solamente un percorso circolare in cui andremo, in loop, fino a quando non avremo inserito abbastanza elementi nella mappa da poter evocare il boss di fine livello. Anche dopo molte ore di gioco, questa meccanica si è rivelata tanto semplice quanto geniale e il sistema di deck-building è sufficientemente complicato da necessitare uno studio che rende il titolo per nulla banale.
La maggior parte delle carte sono disponibili sin da subito, ma la possibilità di costruire nuovi edifici grazie alle risorse raccolte durante la spedizione, permette varietà e nuove combo da scoprire di volta in volta. Partendo dal presupposto che i combattimento sono automatizzati, l’abbastanza elevata difficoltà del gioco consiste nello scegliere la giusta combinazione di carte e abilità da adattare alle tre classi disponibili. Inoltre, ci vorrà poco per capire che non bisognerà disdegnare la ritirata per conservare un 30% in più dei propri ritrovamenti sul campo.
Classi tutti gusti +1
Partiremo con il guerriero che baserà tutta la sua forza sui danni fisici, sull’armatura e sul recuperare vita velocemente, ma ci sono altre due classi estremamente diverse da sbloccare. Il ladro, che raccoglierà i suoi oggetti solo dopo un intero loop e il negromante, ottenibile solo dopo aver costruito un edificio discretamente costoso. Quest’ultima classe prende chiaramente ispirazione da Diablo 2 e ci permetterà di avere un vero e proprio esercito di scheletri e zombie che fanno il lavoro sporco per noi. In questo caso, le meccaniche e gli oggetti indossabili sono totalmente differenti da quanto visto con le precedenti classi. Questo comporterà un’accurata scelta delle carte da usare nel dungeon, capendo quando usarle e quando temporeggiare.
Come già detto, Loop Hero è un indie difficile. Infatti, la somiglianza con Darkest Dungeon (e per i veterani Dungeon Keeper) non è solamente nel genere e nello stile, ma soprattutto nell’impegno che richiede. Noi stessi, da videogiocatori, dovremmo entrare in un loop di fallimenti prima di poter battere il boss del capitolo. Nel dettaglio, anche se si può attendere prima di giocare le carte che andranno a popolare la nostra mappa con nemici e risorse, ogni giro completato aumenta il livello dei mostri che dovremmo affrontare. In altre parole, pochi combattimenti portano poca gloria, pochi oggetti potenti e disfatta assicurata.
Souslike in pixel
Sulla stessa scia di altri rogue-like famosi, Loop Hero dà molta importanza al crafting che sbloccheremo dopo non molto. Potremmo così creare alimenti e oggetti che miglioreranno in modo persistente il nostro eroe, così da fornirci la forza necessaria anche nei momenti più bui di un circolo vizioso che fa chiaro riferimento ai soulslike più spinti.
La parte più affascinante di Loop Hero sta nel vedere il proprio personaggio combattere in autonomia, mentre gli mettiamo di fronte sempre nuovi difficoltà, che se mal calibrate porteranno a una morte prematura del nostro personaggio.
I punti deboli
Purtroppo, l’ottimo gameplay passa attraverso una pixel art molto mediocre. Se durante i pochi dialoghi, la qualità dei disegni è molto gradevole, la maggior parte di mostri e icone della mappa sono eccessivamente stilizzate. Stesso discorso vale per la musica, che ho deciso di disattivare dopo la decima ora di gioco. Infatti, nonostante le tante cose da fare in-game, le tracce risaltano eccessivamente tanto da risultare una fonte di disturbo.
Trama minimale
Infine, l’ultimo punto che destava dubbi era la trama. Tutto inizia con un possente lich che ci incatena dentro un mondo che gira all’infinito e la storia continua con diversi dialoghi che aggiungono pezzi alle vicissitudini, ma senza mai decollare. Nonostante i ragazzi di Four Quarters abbiano provato ad aggiungere qualche dettaglio effettivamente interessante, il risultato è non è sufficiente. L’ambientazione da gioco di ruolo poteva offrire molto più spunti, che non sono stati sfruttati.
Conclusione
Confermiamo tutto quello di bello che è stato detto su Loop Hero durante il provato. Siamo di fronte a un gioco indipendente veramente geniale, con un buon carisma e un gameplay assuefacente, ma non per tutti. Il gioco è improntato per piacere a una nicchia di gamer che amano lo stile trial and error molto spinto. Per questo Loop Hero può risultare snervante anche ai videogiocatori più navigati, che magari sperimentano per la prima volta questo genere di intrattenimento. I casual gamer mi aspetto che non vogliano nemmeno provarlo.
Loop Hero non è un gioco per tutti e non solo a causa dell’elevata difficoltà. Incidono anche il livello tecnico medio-basso e una trama poco coinvolgente. D’altro canto, qualsiasi amante del genere dovrà seriamente tenerlo in considerazione. Infatti, Loop Hero non teme i rivali del genere e riesce a portare originalità e complessità a una nicchia troppo spesso poco considerata, ma che diverte i videogiocatori da almeno quarant’anni. Se a questo aggiungiamo che il nuovo esperimento di Devolver Digitals costa poco più di una decina di euro, allora non posso far altro che consigliarvi questo gioco come un vero e proprio affare che vi terrà incollati per molto tempo, ma solo se ne avrete il fegato.
Gioco gradevole e dalle dinamiche, potenziali, davvero interessanti. Paga a caro prezzo un gameplay ostico e la mancanza di un legame nella trama, a tratti quasi assente. La superficialità e ripetitività delle ambientazioni e boss fight, lo relega alla schiera (ahimè!) dei vorrei ma non posso.
6.5
Sviluppato da Clever Beans ed edito da Deep Silver, Gods Will Fall è un gioco hack-n-slash/action, che riesce a differenziarsi dal clichè imposto dal genere. Ma non abbastanza e non nel modo giusto.
Iniziando a giocare, il primo impatto avuto è stato quello di smarrimento. Questo a causa della scarnezza ed essenzialità sia dei comandi e sia degli elementi di trama. Il gioco è caratterizzato da inusuali coppie di comandi tramite i quali interagire e l’assenza del mouse, per chi gioca al PC, è percepibile. Allo stesso modo dei comandi, la trama è poco definita, fornendo l’impressione che sia stata inserita solo a “contorno” della parte action. Escluso il video iniziale, non esistono introduzioni o elementi di contorno al mondo di gioco ed agli Dei che lo popolano. Ciò coinvolge e tiene “incollato” allo schermo ben poco il giocatore.
La fase esplorativa stessa è caratterizzata solo dallo spostarsi fra una zona e l’altra della mappa con il nostro gruppo, senza elementi che fanno da collante fra una battaglia ed un’altra come interazioni fra i protagnosti, incontri occasionali durante il viaggio e in generale qualunque forma di dialogo o scambio. Questo aiuta a definire un ambiente di gioco piatto, nel momento in cui si è all’esterno dai domini degli Dei, anche se lo si nota nel medio termine e non rappresenta di certo il più grande ostacolo alla godibilità del titolo.
Clan alla conquista
A parte i comandi insoliti ed il mondo di gioco piatto, il titolo offre una discreta varietà di personaggi al mondo di gioco. Ogni singola nuova partita intrapresa infatti, sarà caratterizzata da diversi personaggi componenti il party iniziale. Tutti i personaggi giocanti provengono dalla stessa località geografica, seppur appartenenti a clan diversi, uniti in un’unica “armata” alla conquista della terra in cui dimorano le divinità tiranniche a cui sono (per ora) asserviti. Ognuno di questi personaggi avrà nome, attributi, armi utilizzate, abilità e storie diverse ad ogni partita creata. Ciò va parzialmente a compensare la piattezza del mondo di gioco in fase esplorativa e la quasi assenza di una trama.
La diversificazione del party crea una certa incertezza e novità, costringendo il giocatore ad adattare il proprio stile di combattimento in base al gruppo. Non è solo il party a cambiare ma anche le divinità, infatti non si può conoscere la potenza di un Dio senza esplorarne il dominio. Si corre così il concreto rischio, ad ogni nuova partita, di entrare in aree di gioco di difficoltà proibitiva rispetto la forza del nostro party.
Unendo inoltre elementi come l’assenza di salvataggi intermedi all’interno dei vari domini, l’impossibilità di tornare indietro una volta entrati (pena la sconfitta del personaggio scelto per affrontare il livello), la possibilità di inviare un solo membro del gruppo alla volta all’interno del dungeon ed infine la possibilità di morte permanente dello stesso, abbiamo quel pizzico di vivacità necessaria a giocare il titolo per svariate ore. Le caratteristiche appena elencate contribuiscono a rendere questo gioco una sorta di Soul-like, in cui soprattutto all’inizio, sarà necessario impiegare vari personaggi per sconfiggere un solo Dio o più partite per riuscire a terminare il titolo.
Dei e frustrazione
Ciò che è stata definita come una caratteristica è in parte pure una pecca del titolo, ovvero quell’appartenenza al genere Soul-like appena citata. Se i Soul-like hanno come punti di forza l’ampio numero di tentativi a disposizione del giocatore e il metterlo in condizione di fare sempre meglio, Gods Will Fall ne fa a meno. La difficoltà viene così determinata da fattori tecnici, non più dall’Intelligenza Artificiale degli avversari, andando a discapito della necessità di affinare il proprio modo di giocare.
Il vero punto dolente del titolo e la fonte principale delle sue sfortune è il sistema di gioco. Seppure i comandi sono pochi ed insoliti, riuscire a padroneggiare tale sistema diventa un’impresa. In particolare le parate e le schivate sono davvero ostiche da padroneggiare. Ulteriore fonte di frustrazione è la scarsità di oggetti a supporto del party. Ogni volta che si viene imprigionati da un Dio, tutti gli oggeti vengono persi, contribuendo a delineare un gameplay ancora più punitivo e macchinoso.
Con un sistema di gioco scricchiolante in mano, è chiaro che tanti dei buoni propositi del gioco ed elementi innovativi passano in secondo piano, oscurando molto del buon lavoro svolto.
Non tutto il male viene per nuocere
Mi sono soffermato a lungo sui difetti causati dal sistema di gioco scricchiolante, ora concentriamoci sugli elementi positivi, perché Gods Will Fall ha degli interessati spunti.
La resa tecnica del gioco, in primis, è davvero buona. Giocando una versione pre-release ho riscontrato un solo piccolo bug in tutto il gioco, cosa non banale dati i problemi avuti da titoli anche famosi. Graficamente il titolo fa il suo, senza infamia e senza lode, con qualche dettaglio carino nelle varie ambientazioni. Anche a livello audio e di musiche è godibile, rendendosi a tratti anche coinvolgente (soprattutto durante le boss-fight).
Le esplorazioni nei vari dungeon possono essere divertenti e spingere a finire tutto d’impeto. Questo venendo a patti con il sistema di combattimento un pò ostico. La componente soul-like del gioco e le prime ricompense ottenute sconfiggendo boss inoltre, rendono appagante l’esperienza di gioco e danno un buon grado di soddisfazione.
Ben studiata la dinamica di relazioni personali fra personaggi insieme al sistema di bonus e malus legati al rapporto fra gli dei ed oguno degli NPC. Infatti, presentandosi davanti al dungeon di un boss, potremo avere reazioni in forma di bonus o malus agli attributi. Questo varia in base al sentimento provato dal personaggio verso il Dio, che può essere di paura o rivalsa. In presenza di legami fra i personaggi può capitare che alla cattura di uno dei combattenti, un altro si arrabbi, con un conseguente aumento agli attributi.
Ultimo ma non meno importante la scelta di inventare da zero un pantheon di Dei da affrontare. Tanti videogiochi attingono spesso alla mitologia Greco-Romana, la scelta di puntare su una storia originale la trovo invece interessante.
Conclusioni
Gods Will Fall è sicuramente un gioco interessante, che paga a caro prezzo qualche trascuratezza nel gameplay. La difficoltà eccessiva nel padroneggiare i comandi può portare inoltre velocemente alla frustrazione.
Il sistema di relazioni fra personaggi e Dei tuttavia ne solleva le sorti e lo rende comunque un gioco godibile, per appassionati del genere. Non si può allo stesso modo gridare al miracolo e lascia l’amaro bocca, soprattutto date le potenzialità inespresse. In presenza di titoli mainstream del genere infatti, l’estremà brevità e l’assenza di dettagli della trama ne minano tanto la voglia di giocare.
Qualche (corposo) aggiustamento a gameplay e trama ne migliorerebbe sicuramente l’attrattività, oltre a togliere di dosso dal titolo quell’impressione di “scarso impegno” che fornisce di sé.
Olija è un’avventura a scorrimento multi-direzionale, che vorrebbe scoprire l’America, ma finisce per circumnavigare solo la propria vasca da bagno. Il titolo parte bene e qualche sprazzo di talento si può intravedere, ma manca il coraggio di osare. Un errore fatale in un genere pieno di squali di primissimo piano.
5.5
Di fronte alle difficoltà, i grandi leader prendono delle scelte coraggiose, consapevoli che l’ignoto riserva sempre delle gran sorprese. Se durante gli ultimi mesi, abbiamo avuto modo di rivivere la fortunata storia degli scandinavi in Britannia con Assassin’s Creed Valhalla, in Olija prenderemo parte a una spedizione decisamente più complicata.
Nei panni di Lord Faraday, dopo aver visto la nostra gente patire fame e povertà, decidiamo di issare le vele e partire alla ricerca di nuove terre da scoprire. Purtroppo, le cose non vanno come previsto e durante il viaggio un’enorme balena nera colpisce la nostra imbarcazione e, in poco tempo, ci troviamo in una nuova terra ostile, senza viveri né equipaggio.
È proprio in questo momento che prendiamo il controllo di Faraday in un’avventura 2D a scorrimento multi-direzionale. Olija è un gioco d’azione che si svolge all’interno di dungeon in cui esiste continuità tra la schermate che affrontiamo. Infatti, se un nemico ci sta attaccando e scappiamo via, il balordo ci inseguirà per tutta la mappa, fino a dove le sue possibilità glielo permettono. Il titolo di Skeleton Crew Studio ricalca un genere abbastanza in voga tra gli indie e l’ispirazione questa volta è chiaramente nata da Castlevania: Symphony of the Night.
La ballata del vecchio marinaio
Dopo aver stabilito la nostra nuova base presso l’isola di Oaktide, il nuovo compito di Lord Faraday è ritrovare il suo equipaggio e scoprire cosa c’è all’origine di tutti i mali dell’arcipelago. A questi, se ne aggiungerà un altro, scoprire l’identità e le intenzioni della misteriosa donna asiatica che porta il nome di Olija. In realtà, l’etnia della donna è solo una supposizione data dal suo vestiario e dai concept art che ho visto in queste settimane, perché la pixel art utilizzata per il titolo è decisamente minimale, tanto da rendere abbastanza difficile concedere la licenza poetica a uno stile grafico che possiede meno dettagli di Monkey Island del 1990. Purtroppo, anche il comparto audio presenta poca inventiva e, soprattutto nella parte iniziale, ho notato zone in totale silenzio, in cui la mancanza di colonna sonora veniva ogni tanto affievolita da pochi suoni ambientali.
D’altro canto, come molti altri titoli indipendenti, Olija trova la sua forza nel carisma dei personaggio e nel gameplay. L’idea di un narratore fuori campo che racconta la storia come una novella leggendaria fornisce una buona dose di personalità al gioco, ma l’interesse scema col tempo. Infatti, personaggi e trama fanno inizialmente ben sperare, ma il simbolismo e l’affascinante mondo orientale non bastano a colmare un vuoto narrativo e una linearità troppo accentuata.
La vendetta di Capitan Achab
L’arma che tramuterà Lord Faraday in un eroe è un arpione che può lanciare nell’ambiente circostante e che attraverso vari enigmi ambientali darà la possibilità al personaggio principale di muoversi agevolmente tra gli scenari. In realtà, non mancheranno anche altri strumenti di difesa a lungo e corto raggio che amplieranno l’offensiva del Lord, ma tranne rari nemici in cui l’attacco a distanza sarà fondamentale, l’arpione è di fatto l’unica arma di cui avrete bisogno per affrontare le isole dal gusto volutamente nipponico.
Sono stato piacevolmente sorpreso dei vari utilizzi e dal buon feedback dell’arpione. Rispetto a iconici, ma anticipatici strumenti come il grappling beam (volgarmente rampino) di Super Metroid, l’arpione di Olija permette di muoversi bene nello scenario, che contiene anche un discreto numero di zone segrete. Purtroppo, una volta compresi i meccanismi dell’arma, rimane molto poco da scoprire, perché esattamente come per la trama, anche il sistema di combattimento perde presto la sua verve. Ogni colpo caricherà una barra composta da quattro tacche, che permetteranno l’esecuzione di un colpo speciale tramite la pressione dello stesso pulsante d’attacco e dell’analogico direzionale. Di fatto, basta schiacciare ripetutamente “X” e aspettare che l’avversario crolli sotto i nostri colpi.
La Balena Bianca
Gli scontri con i boss sono la parte più divertente del gioco, ma il livello di difficoltà troppo basso fa parecchio diminuire il piacere di affrontare delle battaglie che sulla carta presentano delle meccaniche interessanti. Mi auguro che gli sviluppatori decidano di aggiungere ulteriori livelli di difficoltà, perché Olija è eccessivamente semplice e l’unica sfida risiede nel voler trovare tutti i collezionabili in giro per le mappe.
La componente di gioco di ruolo rende l’idea dell’incompletezza dell’opera. Potremmo ampliare Oaktide con un alchimista, un negoziante e un cercatore di tesori. Il primo aumenterà la nostra vita sotto compenso, ma non è veramente necessario farlo. Il negoziante, in cambio di tesori trovati in giro o recuperati proprio dal cercatore di tesori, invece ci fornirà una serie di cappelli, indossabili a nostra discrezione durante le nostre avventure. I bonus sono variegati, e anche originali, ma tranne un unico caso, non ho mai sentito la necessità di usarli.
Conclusione
Olija è un’avventura indie, che con le sue cinque ore di gioco non aggiunge nulla all’attuale panorama videoludico. Non c’è nulla di sbagliato in quest’opera, ma neanche niente di memorabile che possa giustificare la spesa. Molti giochi iconici di tanti anni fa come Castlevania: Symphony of the Night o Super Metroid, forniscono una sfida più interessante, anche con tanti anni alle spalle.
Per quanto riguarda i titoli attuali, i migliori metroidvania, genere da cui prende spunto Olija ma di cui non fa realmente parte, sono decisamente al di sopra di quello che può fornire questo titolo, soprattutto se consideriamo che allo stesso prezzo possiamo portarci a casa Hollow Knight.
Olija può essere definito come un filler senza mordente durante una nottata in cui il main event vi farà dimenticare tutto il resto. E le prime cose che scorderete saranno proprio le avventure di Lord Faraday.
Durante i The Game Awards 2020, Devolver Digitals ha mostrato con un’istrionica presentazione l’ultima fatica degli sviluppatori di Four Quarter. Loop Hero può essere definito come un gioco di carte roguelike con un’ambientazione fantasy, ma le svariate feature tipiche dei giochi di ruolo e l’interessante meccanica del loop, meritano una spiegazione approfondita.
Un loop infinito
Un potente lich ha costretto il mondo in un loop infinito, che obbliga il nostro alter ego, inizialmente un guerriero, a esplorare un dungeon, generato casualmente dal videogame. Rispetto agli altri titoli, Loop Hero non permette una vera e propria esplorazione. Il nostro eroe si muove nel livello di gioco automaticamente e in senso orario. A ogni passo, il tempo avanzerà scandito da una barra che una volta completata ritornerà all’inizio e farà scattare un nuovo giorno. Ogni alba darà vita a nuovi eventi come il respawn dei nemici, il recupero di vita e altri effetti dipendenti dal mazzo di carte che stiamo giocando.
Inizialmente, la mappa sarà vuota con la sola presenza del personaggio principale e alcune slime, gelatine verdi che ci attaccheranno appena occuperemo la loro casella. Ogni volta che sconfiggeremo un nemico, riceveremo delle carte provenienti dal nostro mazzo, che ci permetteranno di aggiungere nuove componenti all’interno del dungeon. Di conseguenza, anche se non potremo controllare il movimento del nostro personaggio e nemmeno i combattimenti, che avverranno in automatico tenendo conto solo delle statistiche, avremo comunque il possesso della mappa, decidendo noi dove e quando inserire degli aiuti, o delle difficoltà, all’interno della mappa.
Il loop, e quindi il livello, termina quando la barra con il “teschio” sarà piena. In quel momento, farà la sua apparizione il boss di fine dungeon, che affronteremo la prossima volta che arriveremo all’accampamento. Si tratta di uno scontro arduo, da affrontare rigorosamente con il massimo della vita e magari usando dell’equipaggiamento che si concentri su un unico bersaglio.
You’ll never walk alone
Indipendentemente dall’esito del livello, quando ne usciremo, finiremo nel nostro accampamento. Qui scopriremo che non siamo soli. Ci sono altri avventurieri all’interno del vortice e sarà nostro compito, per mezzo della costruzione di nuovi edifici, creare un villaggio che ci permetta di unire le forze.
Durante il dungeon, raccoglieremo delle risorse che saranno poi utilizzabili quando arriveremo al villaggio. L’albero delle costruzioni è molto variegato e non lineare. Con i nuovo edifici sarà possibile ottenere nuove carte, strumenti, abilità e persino nuove classi, ma sarà necessario ripetere la raccolta delle risorse un po’ di volte prima di poter ripartire con nuove abilità e strumenti che faranno la differenza nel campo di battaglia.
Lo strumento fa il maestro
Trovare il giusto equilibro non sarà sempre facile, perché una volta completato un giro completo, che ci farà ritornare al nostro accampamento, i mostri avversari saliranno di livello e sarà sempre più complicato batterli. Oltre alle carte, i nemici dropperanno anche dell’equipaggiamento casuale in base al loro livello e con una rarità individuabile dai colori dello sfondo dell’oggetto: grigio, blu, oro e arancione. La statistica base, per esempio il danno per un’arma, non dipenderà dalla rarità, che si limita ad aggiungere una statistica bonus extra. Di conseguenza, gli oggetti grigi non avranno nessun bonus, quelli blu ne avranno solo uno tra quelli disponili e specificati prima dell’avvio della mappa, quelli oro ne avranno due e gli arancione ben tre.
Le armi sono essenziali per progredire nel gioco. Le statistiche permettono sia di aumentare i danni che di evitarli. Questo ci darà abbastanza libertà su come buildare il nostro personaggio. Infatti, anche se dipenderà molto da quello che troveremo, la quantità di equipaggiamento che i mostri ci daranno è sufficientemente ampia da riuscire quasi sempre a trovare dei pezzi su cui impostare una strategia.
Nelle varie partite che ho affrontato, mi sono reso conto che è fondamentale bilanciare i mostri che vorremmo nella mappa con il nostro equipaggiamento. Ad esempio, potremmo decidere di inserire nella mappa un covo di ragni. Queste creature hanno la particolarità di non essere molto forti, ma il loro respawn è estremamente veloce. In altre parole, quando finiremo sulla loro casella, ne affronteremo molti contemporaneamente. Per questo motivo, se il nostro personaggio avrà un alto “Damage All”, sarà abbastanza facile abbatterli. In caso contrario, ci potrebbero mettere in seria difficoltà.
Scegli il tuo ruolo
Sono tre le classi disponibili in questa anteprima: guerriero, ladro e necromante. La prima classe è disponibile sin da subito, mentre le altre due si ottengono sbloccando nuovi edifici. Ogni classe ha dei bonus alle statistiche uniche e potrà equipaggiare dei pezzi diversi. Ad esempio, il guerriero avrà nella seconda mano uno scudo e potrà portare un anello, mentre il ladro combatterà con due armi e avrà degli stivali.
Lo stile di gioco si deve adattare in base alla classe scelta. Con il guerriero, ho preferito allungare la durata del loop perché l’alta difesa e l’ottima rigenerazione di vita mi hanno dato il tempo di raccogliere tutto quello che mi serviva prima dello scontro finale. Con il ladro, invece ho ritenuto più profittevole usare i suoi elevati danni per arrivare prima possibile al boss finale per evitare che la fatica prendesse il sopravvento. Infatti, la maggior parte della vita si recupera quando si arriva all’accampamento e dopo alcuni giri sarà difficile riuscire a rimettersi completamente in sesto.
Too much pixel art
La scelta grafica e sonora è ricaduta sulla pixel art a cavallo tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Le animazioni durante il combattimento e i volti di personaggi e boss durante le linee di dialogo sono veramente piacevoli, ma il dungeon e il villaggio fuori dal loop manca di dettagli. Sono consapevole che si tratti di scelte artistiche, ma il nostro alter ego somiglia troppa a un personaggio di E.T. di Atari del 1982 per farmi una buona impressione.
Il sonoro è gradevole, ma un po’ ripetitivo. Inoltre, durante le mia run mi sono dovuto abituare agli acuti tipici del suono dei primi anni ’90, eccessivamente fastidiosi in certi momenti e che vi invoglieranno a mettere il volume abbastanza basso così da avere al massimo un leggero sottofondo.
Prova e sbaglia
I dungeon crawler si basano spesso sull’idea della sconfitta come parte integrante del gioco. Me ne sono venuti in mente tanti durante la mia run su Loop Hero, ma penso che il gioco che più si avvicina a questo titolo è Darkest Dungeon. Premetto che il titolo di Four Quarter è decisamente meno frustrante, ma richiede un impegno e una pianificazione molto simile alla follia di Red Hook Studios.
Non sono un amante del trial and error, ma Loop Hero mi ha sempre fatto venire voglia di riprovarci, perché il gioco mi ha messo nelle condizioni di tornare nel dungeon con sempre qualcosa di nuovo. Una nuova classe, un nuovo mazzo oppure una nuova abilità dopo aver sbloccato un edificio. La varietà è veramente tanta e la voglia di ritentare non è mai scemata nemmeno dopo svariate ore di gioco.
Conclusione
Sono realmente colpito da quello che ho provato. Non sono un amante dei roguelike né del trial and error. Con un filo di vergogna, ammetto che ho abbandonato prematuramente anche titoli di altissima qualità come Darkest Dungeon, ma Loop Hero mi ha causato assuefazione.
In questa anteprima, ho visto un’attenzione maniacale nel tentare di fornire un’esperienza sempre diversa al videogiocatore. Infatti, tranne le primissime volte, quando saremmo costretti a ripetere la spedizione, avremmo un numero sufficiente di risorse che ci permetteranno di ottenere nuovi potenziamenti così da rendere sempre diversa la nostra esperienza. Un’avventura sicuramente difficile, ma che vorremmo continuare per svariate ore.
I dubbi sul gioco sono soprattutto sulla trama e sulla realizzazione tecnica. La narrazione sembra essere interessante, ma ho il forte dubbio che si tratti solamente di un palliativo per andare avanti e che si possa concludere senza nessun colpo di scena particolare. Per quanto riguarda grafica e sonoro, invece ci sono esperienze indipendenti di gran lunga più gradevoli e penso che si potrebbe fare molto di più. Ho trovato molto fastidioso giocare il titolo solo su finestra, decisamente troppo piccola anche per uno schermo 13”. In queste condizioni, il gioco sembra più adatto per una versione mobile, orientata al tablet, piuttosto che per PC.
Le sensazioni positive mi spingono a seguire il gioco fino alla sua uscita, perché il lavoro “matematico” dietro a delle meccaniche così semplici è di grandissima qualità e la voglia di continuare a giocare Loop Hero è una diretta conseguenza. Un vero e proprio moto perpetuo di cui non mi sono ancora stancato.
Immortals Fenyx Rising è una nuova IP molto promettente. Ripercorrere miti e leggende dell’Antica Grecia è divertente e il comparto narrativo strappa più di qualche risata. Al netto di alcune imperfezioni e di una ripetitività percepita nelle battute finali, il titolo risplende di luce propria, meritandosi un posto nella vostra collezione.
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“Questa è la storia di un tempo lontanissimo, il tempo dei miti e delle leggende”, una semplice frase che fa riaffiorare ricordi ormai sopiti da anni, ricordi di un eroe del passato e delle sue epiche gesta. Per chi se lo stesse chiedendo, la citazione proviene dalla sigla d’apertura di Hercules – The legendary Journeys, serie TV che ha segnato l’infanzia di un’intera generazione, la mia, appunto. Credo proprio di dover ringraziare Hercules e Iolao, senza dimenticarci di Xena e Olimpia, se sin da bambino ho alimentato una grande passione per la mitologia greca. In realtà, grazie all’acquisita consapevolezza, oggi so che le loro avventure avevano davvero poco a che fare con la vera mitologia, ma non voglio farlo sapere al mio Io bambino.
Miti ricchi di Divinità, sì potenti, ma incredibilmente fallaci, dotate di straordinari poteri ma al tempo stesso tremendamente umane, sia nei vizi che nelle virtù, capaci di scatenare guerre per un semplice capriccio o benedire intere città semplicemente perché di buon umore. Potendo godere di un “cast” tanto intrigante era quasi scontato che la mitologia greca divenisse fonte di ispirazione per innumerevoli opere in tutti i settori dell’intrattenimento, dal cinema alla letteratura, per poi giungere al teatro e infine al nostro settore preferito, i videogiochi.
L’Antica Grecia, con i suoi miti e le sue leggende, ha fatto da sfondo a tante importanti opere videoludiche, dalla trilogia di God of War sino ad Assassin’s Creed: Odissey, o ancora il più recente Hades, ed è giunto il momento di accogliere un nuovo membro in questo particolarissimo Pantheon. Sto parlando di Immortals Fenyx Rising, ultima fatica, giusto per rimanere in tema, della divisione Ubisoft Quebec, inizialmente presentato come Gods and Monsters durante l’ E3 2019. Sin dal primo frame il titolo ha destato curiosità per le tante somiglianze con un mostro sacro del panorama videoludico, il capolavoro The Legend of Zelda: Breath of the Wild, ed è arrivato il momento di scoprire se Immortals Fenyx Rising si è effettivamente guadagnato un posticino in quell’Olimpo.
La vendetta del Titano
La primissima scena dell’opera è dedicata a Tifone, più potente tra tutti i Titani, che liberatosi dalla prigionia imposta da Zeus, giura vendetta contro l’intero Olimpo, sconfiggendo uno ad uno i suoi abitanti. Il padre di tutti gli Dei, appresa la disfatta dei suoi figli prediletti, si reca presso la rupe cui è perennemente incatenato il titano Prometeo, reo di aver trafugato il fuoco degli Dei e averlo donato agli uomini, e richiede il suo aiuto nell’ormai disperata lotta contro Tifone. Prometeo invece propone una scommessa. Secondo lui, sarà proprio una mortale ad abbattere Tifone, e se ciò accadrà Prometeo sarà finalmente libero dalle sue catene, in caso contrario offrirà il suo supporto a Zeus.
È così che Prometeo inizia a narrare la storia della nostra eroina (o eroe se scegliete il sesso maschile), Fenyx, semplice portascudi che non ha mai visto un vero campo di battaglia e che da sempre vive all’ombra del fratello, il grande condottiero Ligirone. A seguito di una terribile tempesta Fenyx si risveglia sulla riva della mitica Isola d’Oro, terre abitate dalle divinità, e scopre che la sua nave è distrutta e i suoi compagni d’arme tramutati in statue di pietra. Sarà questo l’incipit che condurrà Fenyx, una comune mortale, a riscattare e ristorare l’essenza degli stessi Dei, fino a raggiungere l’inevitabile scontro con Tifone.
Il rovescio della medaglia
Fin qui tutto score come una consueta tela dell’epica tradizionale. Abbiamo un uomo destinato a grandi imprese, le onnipresenti divinità e l’alba di una battaglia epocale che sancirà la rinascita o la caduta dell’Olimpo. Però, è proprio qui che Immortals Fenyx Rising mostra uno degli elementi che lo contraddistinguono e gli donano personalità. A discapito delle premesse iniziali, i ragazzi di Ubisoft Quebec hanno scelto di utilizzare toni più allegri, quasi fiabeschi, rendendo Immortals di fatto una grande commedia piuttosto che un racconto epico.
Prometeo assume così il ruolo di narratore esterno, continuamente interrotto da Zeus che funge da spalla comica, e i due daranno vita a innumerevoli siparietti strappandoci più di una risata, commentando le azioni della nostra eroina o semplicemente illustrando i vari miti greci di cui Fenyx troverà traccia.
Faremo poi conoscenza di alcune divinità in carne e ossa, maledette da Tifone e private della loro essenza, o più semplicemente di ciò che le contraddistingueva. Giusto per citarne un paio, incontreremo Ares, Dio della guerra, sempre pronto a lanciarsi in battaglia e decidere le sorti di qualsiasi disputa con uno schiocco di dita, letteralmente tramutato in un pollo, codardo, insicuro e incapace di combattere. O ancora Atena, dea della saggezza, grande stratega e sicura di sé in qualsiasi situazione, ritrovatasi bambina, credulona e sempre in cerca di consiglio e approvazione.
Non fatevi trarre in inganno. Quella che a una prima analisi superficiale potrebbe sembrare una commedia leggera e dalla risata facile, nasconde invece un modo geniale di raccontare i miti e le leggende di quei tempi, con tutte le loro curiosità, strambezze e brutalità. Zeus, tra una battuta e l’altra, rivelerà quanto gli Dei sapessero essere crudeli verso i mortali, o quanto poco valessero per loro, e introdurrà i rapporti di invidia e disprezzo tra le divinità stesse.
Vanno fatti i complimenti ai ragazzi di Ubisoft per aver saputo trattare con leggerezza e umorismo argomenti spesso pesanti, riuscendo a strappare sempre una risata, ma lasciando anche qualcosa su cui riflettere o semplicemente un’informazione in più per il proprio bagaglio culturale.
Va però specificato che la quantità di gag comiche presenti è davvero alta, e qualcuno potrebbe anche trovare quasi fastidiosa o ripetitiva la ricerca spasmodica della risata del videogiocatore.
La terra dell’oro e dell’ambrosia
Il vero, grande protagonista di Immortals Fenyx Rising è senza dubbio l’Isola d’Oro, area suddivisa in 7 regioni, ognuna dedicata a uno degli Dei, da cui prenderà i tratti estetici. Se nella Valle della Primavera Eterna, casa di Afrodite, l’ambiente sarà contraddistinto da verdi e rigogliose praterie, nella Casa della Guerra, di cui avrete intuito il padrone, il paesaggio sarà caratterizzato da un ambiente desertico, con torrioni e fortezze che si stagliano verso il cielo.
Quello che accomuna le 7 regioni è sicuramente il bellissimo colpo d’occhio offerto al giocatore: colori sgargianti e viste mozzafiato. Più di una volta mi sono fermato sulla cima di una collina ad ammirare un tramonto, o un antico tempio in tutta la sua grandezza. Aiuta anche una colonna sonora evocativa, che valorizza gli ambienti circostanti e muta in base alle situazioni che stiamo vivendo, pur tuttavia non raggiungendo mai vette troppo alte.
E se la direzione artistica raggiunge ottimi livelli, il world design non è certamente da meno. Contrariamente al tipico open world Ubisoft, famoso anche per le mappe di gioco dall’estensione spesso esagerata, Immortals Fenyx Rising propone un ambiente esteso, ma non eccessivo, ricco di luoghi da esplorare, sfide mitiche da completare, quest segrete da scoprire o semplicemente una bella vista panoramica con cui rilassarsi, magari durante la notte. Esplorare l’Isola d’Oro è genuinamente divertente, e uno dei suoi maggiori pregi è certamente l’estremo utilizzo della verticalità.
Sono presenti le immancabili “torri” in stile Ubisoft, qui incarnate dalle statue delle 7 divinità, che una volta scalate renderanno visibile quella determinata porzione della mappa. Da lassù, sarà poi possibile utilizzare la Vista Acuta per contrassegnare scrigni in lontananza, cristalli di ambrosia, sfide mitiche o magari posizionare degli indicatori luminosi, per segnalare e ricordare una boss fight al di là delle nostre attuali possibilità.
È proprio l’isola che mette in evidenza la forte influenza di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Infatti, anche Immortals dà la possibilità di arrampicarsi liberamente su qualsiasi superficie, e mette a disposizione di Fenyx le ali di Icaro, uno strumento con cui planare molto simile, per non dire identico, alla paravela di Link. Il tutto è scandito da un indicatore di stamina che determinerà la nostra capacità di scalare o planare.
Questa ispirazione tratta dal titolo Nintendo, ha permesso alla casa di sviluppo francese di sbizzarrirsi sul design del mondo di gioco. Se un punto della mappa è visibile, allora è anche possibile raggiungerlo. Ciò permette di posizionare punti d’interesse nei luoghi più remoti e disparati, in cima a una torre altissima o magari alla base di un’enorme scogliera, o ancora al centro di una ripida catena montuosa. Luoghi comunque non troppo nascosti e sapientemente collocati. Infatti, verrà naturale controllare, per esempio, la base della sopracitata scogliera, magari grazie a delle torce piazzate nei dintorni ad aiutare il giocatore.
Sfortunatamente, una mappa così ben ideata non viene sfruttata al suo massimo potenziale. Laddove Breath of the Wild lascia al giocatore il gusto dell’esplorazione e della scoperta, Immortals Fenyx Rising fa esattamente l’opposto. Tramite la Vista Acuta ci ritroveremo con miriadi di segnalini sulla mappa già dopo i primi minuti. Il sottoscritto ne ha contati ben 37 dopo circa 15 minuti di gioco. La presenza di segnalini e bussola toglie tutto il gusto all’esplorazione e alla scoperta di quella piccola grotta celata tra due rupi, giacché il giocatore saprà in anticipo se su quella montagna c’è qualcosa o no, e se il responso fosse negativo semplicemente il gioco non offrirà alcun motivo per esplorare in quella direzione, vanificando in alcuni casi l’ottimo world design.
I sacr… ehm, le Cripte del Tartaro, e altro!
Ebbene sì, lungo l’Isola troveremo disseminati dei grossi fossati emananti una luce rossastra. Sono le Cripte del Tartaro, controparte dei Sacrari di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, ma ciò non significa che ne siano una pallida imitazione, anzi, tutt’altro. Le cripte sono vere e proprie istanze slegate dal mondo di gioco, e propongono spesso enigmi ambientali da superare, e più raramente delle arene in cui vincere una serie di scontri, per giungere alla fine e guadagnare il tanto agognato Fulmine di Zeus. Grazie ai vari poteri di Fenyx, le Cripte risulteranno sempre fresche, e se proprio come nel gioco Nintendo lo stile artistico potrebbe risultare noioso alla lunga, essendo di fatto identico, nulla si può rimarcare a enigmi solidi e ben pensati, decisamente sopra la media per un titolo Action/Adventure.
Inoltre, ogni cripta presenta uno o più scrigni “bonus”, non necessari al completamento dell’istanza, che richiederanno maggiore spirito di osservazione e utilizzo delle meccaniche proposte per essere raggiunti. Sicuramente un’ottima aggiunta in una sezione di già pregevole fattura. Segnalo anche la presenza di alcune boss fight uniche all’interno di alcune cripte, sorpresa assai gradita.
E se pensavate che gli enigmi ambientali si fermassero alle cripte del Tartaro, vi sbagliavate di grosso. L’intero mondo di gioco è disseminato di sfide mitiche, ovvero piccoli enigmi ambientali, più o meno complicati, che al completamento offriranno risorse o pezzi di equipaggiamento.
Devo però segnalare che alcune attività, come i mosaici, risulteranno da subito molto ripetitive, presentando poche variabili e somigliandosi un po’ tutte. Lo stesso vale per le sfide mitiche, che dopo una ventina di ore inizieranno a dare quella sensazione di già visto in alcuni casi.
Ok, ma la spada?
Ed eccoci arrivati al cuore pulsante di un titolo action/adventure, ossia il gameplay, e più specificatamente il Battle System. Il sistema di combattimento di Immortals Fenyx Rising è semplice, ma soddisfacente. Fatti i primi passi nell’Isola entreremo in possesso delle tre armi principali presenti in gioco, o per essere più precisi, le tre categorie di armi, ossia: Spada, Ascia e Arco.
La prima è la classica arma da mischia veloce, con cui dispensare danni in un breve lasso di tempo, e con la quale aumentare velocemente il nostro Combo Counter, che ci ricompenserà per lunghe sessioni di colpi inferti in rapida sequenza con un incremento di danno via via maggiore.
La seconda, invece si presenta immediatamente come la tipica arma pesante, lenta, utile per colpire più nemici contemporaneamente e capace di stordirli, qualora dovessimo riempire l’apposita barra presente sopra la testa di ciascun nemico, esponendolo alla nostra mercé. Ho inoltre gradito il feedback dell’ascia, dove ho percepito la pesantezza dei colpi, a differenza di arco e spada che non restituiscono un impatto granché solido.
Il terzo è appunto un arco, unica arma a distanza a nostra disposizione, e si rivelerà molto utile qualora volessimo attaccare da posizioni sopraelevate o avessimo a che fare con avversari volanti, difficili da raggiungere con spada e ascia. Inoltre, l’arma a distanza possiede la particolarità di poter scoccare le Frecce di Apollo, ovvero delle frecce che controlleremo in prima persona, utili sia negli scontri che nella risoluzione di enigmi vari.
Avremo inoltre a nostra disposizione poche abilità d’attacco, adoperabili spendendo stamina, e i Bracciali di Eracle, capaci di attrarre a noi tronchi, massi e casse da utilizzare poi come armi da lancio, una sorta di rudimentale versione del Kalamitron delle terre di Hyrule.
Il tutto potrà poi essere potenziato alla Sala degli Dei, ovvero un luogo nascosto allo sguardo indagatore di Tifone, o in parole povere il nostro hub di gioco, dove potremo potenziare statistiche quali vita e stamina, riforgiare le nostre armi o potenziare le abilità a disposizione di Fenyx, oltre a intraprendere incarichi abbastanza basilari, che ci frutteranno varie risorse e occasionalmente qualche pezzo di equipaggiamento.
Inoltre, è presente un sistema di equipaggiamento abbastanza rudimentale, e le varie armi e armature equipaggiate non modificheranno le nostre statistiche di attacco e difesa, bensì dei modificatori particolari, detti specialità. Questi modificatori conferiranno bonus come danno aumentato sui colpi aerei, velocità di tiro con l’arco aumentata e chi più ne ha più ne metta.
Tutto questo arsenale verrà poi testato contro un bestiario non troppo vario ma ben caratterizzato, formato da soldati inviati da Tifone e bestie mitologiche come ciclopi, arpie, cerberi e altro ancora. Menzione d’onore per le boss fight, numerose e varie, a cui bisogna sommare i boss opzionali in giro per la mappa, che pongono una sfida decisamente più alta del resto dei nemici. Insomma, per quanto semplice il sistema di combattimento funziona ed è divertente, anche se alla lunga risente di una certa ripetitività dettata dalla mediocre varietà di nemici comuni e dei moveset piuttosto limitati.
E a proposito di sfida, se selezionando la difficoltà Normale saremo posti di fronte a una sfida molto abbordabile, quella Difficile invece, soprattutto nelle prime ore di gioco e contro più nemici, metterà alla prova anche i giocatori più navigati. In definitiva ottimo il bilanciamento tra le varie difficoltà, cosa abbastanza rara al giorno d’oggi.
Il prezzo della portabilità
Abbiamo già detto che Immortals offre scorci mozzafiato in più di un’occasione, ma è necessario anche fare le dovute precisazioni. Su Nintendo Switch, le performance in modalità docked risultano ottime, la risoluzione è stabile e l’effettistica fa la sua figura, pur ovviamente non raggiungendo mai i livelli delle altre console. Per quanto riguarda il framerate, invece è sì stabile, ma mostra alcune incertezze nelle situazioni più concitate. Fortunatamente il risultato globale è di buon livello e non farà rimpiangere l’acquisto di questa specifica versione del titolo.
Per quanto riguarda la vera peculiarità di Nintendo Switch, ovvero la modalità portatile, la storia è un’altra. Nonostante il downgrade, la resa grafica risulta comunque accettabile, ma l’aspetto più importante è il framerate, che risulta più scostante, soprattutto in certe zone dell’Isola o se l’inquadratura ritrae una grande porzione del mondo di gioco. Preciso comunque che per quanto tutto ciò possa risultare fastidioso, non si raggiungono mai livelli di performance tali da inficiare la fruizione del titolo.
Conclusione
In un autunno pieno di grandi release, da quelle della stessa Ubisoft con con Assassin’s Creed: Valhalla, fino ad arrivare all’attesissimo Cyberpunk 2077, i ragazzi di Ubisoft Quebec sorprendono tutti con una nuova IP a sfondo mitologico che sin dai primi istanti non nasconde la forte influenza ricevuta da The Legend of Zelda: Breath of the Wild.
Immortals Fenyx Rising ha preso come ispirazione il titolo Nintendo, ma riesce a vivere di luce propria, brillando nell’ormai inflazionato settore degli open world grazie a un ottimo world design, cosa davvero rara per il genere, una narrativa apparentemente leggera ma intelligente e una direzione artistica di tutto rispetto. A impreziosire il pacchetto troverete tantissimi puzzle ambientali dalla qualità a tratti eccelsa, e un combat system semplice ma che funziona, seppur quest’ultimo potrebbe rivelarsi ripetitivo alla lunga. Il titolo purtroppo soffre di qualche problemino lato performance, soprattutto in modalità portatile, ma ciò non preclude assolutamente la godibilità dell’esperienza di gioco.
Alla fine di questo lungo viaggio posso affermare che, al netto di imperfezioni e piccoli difetti qua e là, esplorare l’Isola d’Oro, conoscerne gli strambi abitanti, scalare montagne o abbattere mostri risulta semplicemente divertente, che a mio modesto parere è quello a cui un videogioco dovrebbe sempre ambire. Di conseguenza, per rispondere alla domanda iniziale direi che sì, Immortals Fenyx Rising merita di diritto un posto in quel famoso Pantheon videoludico, e probabilmente anche nella vostra collezione.
Pokémon GCC ha aggiornato la sua lista di carte disponibili con la nuova espansione di Spada e Scudo, Voltaggio Sfolgorante. Per quanto riguarda il formato standard, l’espansione non ha portato grossi cambiamenti, ma nel “tematico”, il gioco ha scoperto due nuovi mazzi veramente interessanti, soprattutto online.
Dopo i buoni risultati ottenuti con ilmazzo tematico di Drednaw, sono tornato online su Pokémon TCGO per provare il mazzo tematico di Charizard. Non avevo grande fiducia in questo deck, ma mi sono ricreduto. Il nuovo mazzo fuoco funziona meglio del previsto.
Decklist
Le 60 carte che formano il mazzo di tipo fuoco sono:
2 Charizard
3 Charmeleon
3 Charmander
2 Yanmega
2 Yanma
2 Magcargo
3 Slugma
2 Sudowoodo
1 Lugia
2 Beet
2 Cicerone
1 Evoaroma
2 Mega Ball
4 Hop
2 Dandel
2 Amo normale
2 Ricerca accademica
2 Sonia
2 Scambio
18 Energia Fuoco
Meta
Il meta dei mazzi tematici è abbastanza fermo da un po’ di tempo, completamente monopolizzato da Fiamma Implacabile con Charizard dell’espansione Gioco di Squadra. Per questo motivo, il deck tematico di Drednaw è così interessante, mentre avevo poca fiducia nel Charizard di Voltaggio Sfolgorante.
Quando giocherete questo mazzo online, vi aspetterete di trovarvi contro uno tra:
Fiamma Implacabile.
Un mazzo acqua come Drednaw o Blastoise.
Turbine Ruggente, il mazzo tematico di Dragonite di Sintonia Mentale.
Seppur sembra difficile crederci, il deck tematico fuoco di Voltaggio Sfolgorante riesce a giocarsela con tutti questi avversari grazie alla sua consistenza data dalle sue carte Strumento e Aiuto, e dai suoi Pokémon. Infatti, il mazzo contiene Yanmega, un Pokémon di tipo erba che può contrastare i counter di tipo acqua, che hanno come vero unico punto di forza il raddoppiare i danni contro i mazzi fuoco.
Strategia
Nonostante il meta sia sfavorevole e Charizard di Gioco di Squadra è nettamente più forte del nostro, il nuovo deck fuoco ha una velocità fuori dal comune, che risalta in un formato molto statico e con troppe carte energia nei mazzi.
Il nostro scopo è metter giù Charizard il prima possibile. Infatti, nelle migliori delle ipotesi, il suo potere permette di fare 200 danni già al turno tre. Indipendentemente se riusciamo ad avere disponibile Charizard già dai primi turni, il secondo punto della strategia consiste nel “caricare dietro” Magcargo, cioè rifornirlo di carte energia mentre è ancora in panchina.
La velocità di questo mazzo risiede nelle solo due carte energie necessarie a Charizard per attaccare. Questo permette già dalle prime fasi di poter caricare un secondo attaccante in panchina, che se non può essere l’altro Charizard, dovrebbe essere proprio Magcargo, che con il suo costo attacco da quattro energie permette, con i suoi 180 danni, di poter mettere KO qualsiasi Pokémon presente nel formato.
L’ideale è partire con Sudowoodo,che ci garantisce di pescare due carte a turno come Farfetch’d di Fiamma Implacabile. In alternativa, anche Charmander è un buon inizio, anche se ci fa pescare solo una carta. Sconsigliato, invece partire con Slugma, mentre Lugia può essere utile solo per stallare la partita, dato che può assorbire tanti danni.
Un discorso a parte va fatto per Yanmega. Questo Pokémon ha un costo di ritirata pari a zero. Di conseguenza, è particolarmente utile da usare insieme a Beet per poter caricare i Pokémon in panchina, che possono poi attaccare anche se non abbiamo uno Scambio in mano. Da non sottovalutare tra l’altro i Pokémon di tipo erba, che possono sfruttare la debolezza di alcuni Pokémon di tipo acqua come Blastoise.
Infine, le carte Aiuto e Strumento disponibili sono alquanto competitive nel tematico. Mega Ball, Evoaroma, Sonia, Ricerca Accademica e Beet sono tra le migliori aiuto del formato, mentre Dandel si può scartare senza troppi pensieri con il potere di Charizard, che dovrà essere sfruttato per portare nel mazzo gli attaccanti il prima possibile, e le carte energia che ci servono. Del resto, Amo normale ci permette di poter recuperare qualcosa dalla pila degli scarti se abbiamo esagerato con il “ciclaggio” del deck.
Pro
Il mazzo tematico di Charizard di Voltaggio Sfolgorante ha una buona consistenza grazie a carte Aiuto e Strumento di qualità per il formato in cui lo si gioca.
Il deck può essere devastante se riesce a partire bene nei primi turni grazie all’attacco di Charizard e al suo potere, che ci permette di ciclare velocemente il mazzo.
Magcargo può mettere KO qualsiasi Pokémon, mentre Yanmega è un supporto di qualità che può anche contrastare i Pokémon acqua che hanno debolezza erba.
Contro
Il meta è abbastanza sfavorevole per i mazzi di tipo fuoco. Il tentativo degli avversari di counterare Charizard di Gioco di Squadra finirà per colpire anche questo deck che si troverà spesso ad affrontare Pokémon di tipo acqua.
Charizard di Fiamma Implacabile è ancora il Pokémon più forte del meta e la sua velocità nel caricare carte energia direttamente dal mazzo lo rende devastante con una partenza di egual velocità.
Conclusione
Il mazzo tematico di Charizard di Voltaggio Sfolgorante si colloca tra i migliori deck del formato tematico insieme a Fiamma Implacabile, Drednaw e Turbine Ruggente. Rispetto a questi mazzi, il nuovo Charizard è decisamente più veloce e ha un costo in mana inferiore.
Questo deck fuoco è estremamente semplice da usare e quindi molto adatto ai giocatori del formato tematico che sono solitamente alle prime armi. Per questo motivo, se volete insegnare Pokémon GCC a un vostro amico o parente, questo mazzo è molto indicato per imparare i rudimenti del gioco, prima di passare a formati più veloci e complessi.
Modus Operandi
Ho giocato decine di partite online e ho insegnato il gioco “in real” grazie al materiale gentilmente inviato dal publisher.
Empire of Sin è un gioco pieno di genio e sregolatezza come i suoi sviluppatori. I Romero hanno ricreato il mondo della criminalità organizzata degli anni venti con estrema cura, ma si sono persi nello sporco lavoro di rendere il gioco più accessibile e soprattutto meno ripetitivo nel lungo termine.
7
Romero Games è una casa di sviluppo indipendente con parecchie peculiarità. É la nona casa di sviluppo di John Romero, icona del mondo dei videogiochi grazie allo sviluppo con Id Software del leggendario Doom, oltre che Wolfenstein 3D e Quake,e i membri sono soltanto due persone: John e sua moglie Brenda. Di conseguenza, vivo questa recensione tra la comprensione delle difficoltà che può avere un titolo indipendente composto da soltanto due persone e un’aspettativa che non può rimanere delusa, se gli sviluppatori portano entrambi il cognome Romero.
Del resto, i Romero non sembrano avere paura dei limiti che può avere un gioco sviluppato da solo due persone nel 2020, perché in Empire of Sin c’è dentro tutto quello che un amante dei videogiochi vintage potrebbe amare. Il titolo è un gestionale con un sistema di combattimento di uno strategico a turni, con una trama che segue le regole dei giochi di ruolo e un gameplay che permette di muovere il proprio gangster in giro per una città divisa per distretti, dove sarà possibile portare a termine una storia principale legata al proprio personaggio, quest secondarie e ovviamente la conquista dell’intera Chicago degli anni ’20.
Angelo Genna e i suoi tratti distintivi.
L’esaltazione del probizionismo
Cinema e TV ci hanno permesso di avere un’idea abbastanza chiara d cosa fosse Chicago durante i primi venti anni del novecento, ma Empire of Sin va oltre le soap opera. Il gioco inizia con la scelta di uno dei 14 boss disponibili. Tutti delinquenti realmente esistiti e che hanno provato a conquistare la città americana. Dal noto Al Capone alla giocatrice d’azzardo Stephanie St Clair passando per l’italiano Angelo Genna, i boss di Empire of Sin sono ricchi di dettagli degni di un gioco di ruolo di spessore. Ogni boss ha i propri punti di forza e le proprie debolezze visibili attraverso l’eccessivamente ricca scheda del gangster. Infatti, oltre ai valori numerici avremmo anche modo di leggere biografia e tratti del personaggio che può guadagnare anche durante la partita in base alle scelte fatte.
I numeri saranno utili per capire la forza del boss in combattimento e per affrontare le conversazioni con delle prove a scelta del giocatore, che possono essere di persuasione, leadership o intimidazione. La biografia e i dialoghi che affronteremo, invece ci fanno realmente entrare nella Chicago del peccato con una forza che sta a metà tra una serie TV e un libro di storia contemporanea. I gangster sono senza alcun dubbio l’aspetto più bello del gioco con una caratterizzazione unica che potremo constatare quando incontreremo gli altri personaggi. Specifico che per “forza” non mi riferisco soltanto al minimale albero dei talenti che permette di diversificare boss e gangster in combattimento, ma soprattutto alla caratterizzazione di ogni boss e del suo modo di fare. Non a caso la diplomazia è una delle caratteristiche principali del gioco, anche se ci accorgeremo ben presto che tutto è più caotico di quanto vorremmo.
Un sitdown tra boss.
Una città in movimento
Chicago è divisa in svariati quartieri, composti da strutture che possono essere acquistate o conquistate con la forza. L’obiettivo primario è ottenere il controllo del distretto attraverso l’acquisizione degli edifici, che potranno essere usati per produrre alcol, avviare attività illecite, hotel o roccaforti per il nostro boss. Come in ogni altro gestionale, i nemici tenteranno di fare la stessa cosa stringendo alleanze, dichiarando guerre e conquistando territori. Tanto con noi che tra di loro.
Durante la mia avventura con Angelo Genna posso dire di aver vissuto una duplice realtà. Infatti, le prime ore di gioco, quando il denaro fatica ad arrivare, saremo vittima dell’impero altrui. Mi sono sentito continuamente sotto pressione e dire di no a un avversario ha significato iniziare una guerra non voluta, con una serie di battaglie che non sono stato in grado di affrontare causandomi il reaload della partita.
Però, una volta superate le prime difficoltà, i boss sembrano avere maggior raziocinio e sarà possibile stringere alleanze e accordi che possano aiutare noi e far arrabbiare gli altri, fino ad arrivare a un graduale astio che porta a una vera guerra tra più clan. Penso che si sarebbe potuto fare molto di più sotto questo punto di vista, ma è positivo che i boss avversari siano delle schegge impazzite piuttosto che personalità totalmente passive, come troppo spesso si vede in alcuni mediocri gestionali.
Una parte di West Loop Gate, un quartiere di Chicago.
Un GDR inaspettato
Quando riusciremo a tenere a bada i nostri caotici nemici, potremmo anche decidere di andare avanti con le quest di gioco che mi hanno positivamente sorpreso. Non troveremo mai nulla del genere in titoli puramente gestionali come Civilization o Football Manager. Infatti, il nostro alter ego potrà stringere alleanze, tradire e soprattutto gestire la “famigghia” anche attraverso una componente narrativa di livello. Nessuna delle missioni è realmente primaria, poiché tutte evitabili, ma l’ingente quantità di denaro che possono portare in cassa e l’interessante risvolto nelle trama vi porteranno a volerne affrontare quante più possibili.
In alcuni casi, bisognerà solamente migliorare delle strutture, così da rendere più redditizio, o produttivo, un edificio, ma nella maggior parte dei casi sarà necessario andare in giro per la città con la propria gang per risolvere questioni più o meno spinose. In particolare, ho trovato molto interessante la storia di Genna con colpi di scena basati su scelte moralmente difficili e una costante presenza della morte come normale prassi della Chicago degli anni ’20.
Per capire l’importanza della componente narrativa, bisogna specificare che le quest sono fondamentali per il ritmo del gioco, perché ci saranno dei momenti in cui dovremmo aspettare di accumulare abbastanza risorse, cioè denaro o alcol, per poter proseguire nella nostra espansione. Momenti solitamente morti in altri gestionali, ma che in Empire of Sin sono un ottimo momento per portare avanti la storia del nostro boss o cambiare i connotati a qualche delinquente.
Empire of Sin ha elementi GDR interessanti.
Tante scelte e poche conseguenze
Se sul lato narrativo, ogni nostra scelta avrà una conseguenza, lo stesso non si può dire su quello gestionale. Teoricamente le cose da fare sono tante grazie a un menù molto ricco. Infatti, oltre a gestire il nostro boss, potremmo arruolare altri gangster che ci daranno una mano nelle nostre scorribande. Specifico che è stupefacente il livello di dettaglio che ha ogni singolo gangster data l’enorme mole di personaggi disponibili, e sbloccabili attraverso la notorietà che guadagneremo come delinquenti andando avanti con il gioco.
Inoltre, oltre a poter acquistare equipaggiamento al mercato nero, i menù permettono di gestire il nostro impero migliorando strutture, gestendo la diplomazia e spulciando i guadagni e le produzioni che provengono dalle nostre attività e da quelle degli avversari per poter pianificare alleanze e guerre. La quantità di informazioni è realmente imponente, ma la scarsa leggibilità rende tutto molto opinabile, soprattutto nella versione Nintendo Switch. Infatti, impostare il gioco in un’ottica data-driven è semplicemente non necessario e vi dimenticherete velocemente dei menù per tornare all’azione. D’altro canto, quando vi servirà cercare una struttura, potrà essere impegnativo usare il joypad per muoversi tra i menù, facendovi domandare se non si potesse usare qualche scorciatoia per evitare ogni volta di dover lavorare tra tabelle e ordinamento di colonne per un’operazione di pochi secondi.
Le nostre attività.
Guerre di potere
Ovviamente, in una città piena di crimine, ci aspettiamo di battagliare tanto e spesso. In effetti è così, ma la soddisfazione non è quella auspicata. Il sistema di combattimento a turni in stile X-COM, o visto che parliamo della versione per Nintendo Switch meglio dire Mario + Rabbids Kingdom Battle, è una scelta sensata, ma allo stesso tempo pessima nella sua concezione.
La maggior parte degli scontri saranno subito fuori un edificio o al suo interno. Per farla breve, le mappe saranno praticamente sempre uguali con degli interni che caratterizzano la struttura, ma che offrono poco in termini di varietà. Purtroppo, lo stesso senso di monotonia affligge il sistema a turni. Indipendentemente, dal punto in cui saremo arrivati nella partita, gli scontri saranno sempre gli stessi e vedranno il nostro team, composto dal boss e gli altri scagnozzi, affrontare una serie di guardie che ripetono sempre le stesse mosse.
Una lotta impari.
Di per sé, Empire of Sin fornisce una variegata serie di azioni in combattimento. Tutte le unità possono attaccare con le pistole o corpo a corpo, ripararsi, presidiare una zona e usare oggetti come granate o medikit. Le tipologie delle armi fanno il resto, tra mitragliatori, fucili a pompa e fucili da cecchino. In aggiunta, i gangster possono sfruttare i loro talenti attivi tra cui “mosse finali” e cure. Per questo, quando affronterete una “boss battle”, cioè una resa di conti fra boss, la battaglia sarà impegnativa, perché faremo la conoscenza anche di altri gangster abbastanza coriacei.
Purtroppo, la maggior parte dei combattimenti, e saranno tanti, prevede una sfida contro le guardie che presidiano le strutture, che non avranno capacità extra e soprattutto sono dotati di un’intelligenza artificiale terribile. Capiterà spesso di vedere nemici avventurarsi in attacchi corpo a corpo finendo accerchiati dal nostro team e, in ogni caso, il computer non agirà mai in gruppo, ma si limiterà sempre a fare una scelta che oserei dire casuale. Se a tutto questo aggiungiamo che durante una guerra le nostre strutture più scoperte saranno prese di mira costantemente, ci saranno dei momenti di gioco in cui dovremmo affrontare anche quattro o cinque battaglie una dopo l’altra con esito scontato e noia mortale. Mai come in Empire of Sin sarebbe stato gradito un meccanismo di risoluzione automatica.
Momenti di crudeltà con poche texture (su Switch).
Un’arma inceppata
Fino a questo punto, si può dire che Empire of Sin è un gioco che ha un gran potenziale, molto del quale ancora inespresso. Inoltre, considerando che il team di sviluppo è composto da solo due persone, si può chiudere un occhio su tante sbavature, ma ce ne sono alcune che non si possono tollerare dai veterani della Romero Games.
Dopo aver preso dimestichezza con l’interfaccia grafica, il gioco comincia a prendere la giusta direzione, ma troppo spesso mi sono imbattuto in una serie di bug della user interface che ha reso Empire of Sin eccessivamente frustrante. Buona parte di questi riguardano la fase più debole, quella del combattimento. Infatti, spesso sarà necessario premere più volte lo stesso pulsante, perché a quanto pare l’interfaccia non riconosce sempre i comandi. Tante volte ho evitato di effettuare un “Overwatch”, un appostamento della zona, perché ero già cosciente di dover ripetere la stessa sequenza più volte prima che il gioco l’accettasse. Purtroppo, lo stesso problema è presente anche per gli spostamenti e il sistema di coperture mi ha fatto sorgere dei dubbi sulla sua correttezza.
Il problema peggiore che ho affrontato riguarda la perdita del mio miglior gangster dopo aver terminato una battaglia. In realtà, era ancora presente sull’interfaccia, ma era totalmente invisibile e non utilizzabile. Il classico spegni e riaccendi ha funzionato a discapito del ritmo del gioco, che comunque fa sempre fatica a ingranare a causa dei caricamenti. Considerate che passeremo la maggior parte del tempo a spostarci dalla visuale del distretto all’entrare in un locale. Ogni volta che lo faremo sarà necessario un caricamento di svariati secondi, così come per cambiare distretto, entrare in modalità battaglia o parlare con un boss. Tempi che aumentano ulteriormente quando siamo costretti a ricaricare una partita a causa di un bug o di un agguato eccessivamente punitivo.
Scontri all’aperto.
Il porting su Nintendo Switch
Per questo test, ho provato la versione 1.01 di Empire of Sin. Devo dire che gli sviluppatori si stanno impegnando nel patchare il gioco, ma sapere che esiste su tutte le altre versioni una 1.02, mentre su Nintendo Switch dovremmo aspettare anche fino a fine mese, non mi ha fatto particolarmente piacere dato gli importanti problemi del titolo.
Nonostante questo, Empire of Sin funziona bene su Nintendo Switch, ma si poteva sicuramente fare molto di più data la tipologia di gioco molto adatta alla modalità portable. Infatti, graficamente il gioco risulta piacevole in modalità docked, dove la possibilità di avere un’opzione che allarghi le icone, permette di giocare senza affaticare gli occhi e godere di qualche texture carina. Poche a dire il vero, perché il livello di dettaglio soprattutto sulle luci è stato abbassato eccessivamente e dopo il lavoro che è stato svolto con giochi frenetici come Doom e The Witcher 3 su Nintendo Switch, dire che si poteva fare di più è un eufemismo.
In portabilità, il gioco rimane comunque gradevole e sono sorpreso di come siano riusciti a metter dentro tutti quei menù zeppi di informazioni e scritte senza renderle totalmente illeggibili. Di conseguenza, possiamo bilanciare la minor qualità grafica, comunque a tratti piacevole, con la possibilità di giocare in movimento e affermare che gli unici svantaggi rispetto alle altre versioni sono il ritardo nelle patch e, rispetto alla versione PC, l’impossibilità di usare mouse e tastiera che rende l’esperienza certamente meno frustrante.
Lo slang può essere ostico.
Conclusione
Empire of Sin è un vero peccato. Il titolo ha tantissime idee buone che avrebbero meritato di essere sviluppate da un team composto da più persone, che potevano dare una mano a risolvere tutte le lacune di un gioco con tanto potenziale.
Il gioco dei Romero è forte sulla componente narrativa e sulla parte GDR del titolo, ma soffre una scelta troppo incauta sulla parte gestionale e del sistema di combattimento. In entrambi i casi, noia è la parola principale. Non voglio dire che non mi sia divertito nella Chicago del gioco, ma quando le missioni principali cominceranno a scarseggiare e dovremmo gestire la conquista di tutti i quartieri, Empire of Sin soffre dove dovrebbe essere forte, perché si tratta di ripetere in continuazione le stesse azioni fino al prossimo afflusso di denaro. Per quanto riguarda il combattimento strategico a turni, invece il titolo è semplicemente troppo acerbo e sarebbe stato consigliabile affidare questa parte del lavoro a un esperto del settore, perché si può far un gran lavoro anche con pochi tasselli come dimostrato da Ubisoft Milano con il suo Mario + Rabbids Kingdom Battle.
In altre parole, Empire of Sin è un gioco da lasciar decantare. Lo consiglio a chi è appassionato della criminalità organizzata dei primi anni del ‘900 e agli amanti del genere gestionale curiosi di provare dei titoli meno “puri”. In ogni caso, tranne che non abbiate la necessità di provare subito qualcosa di nuovo, consiglio di attendere qualche patch e magari un leggero calo di prezzo prima di avventurarsi nel proibizionismo statunitense.
PES 2021 Season Update non è un videogame nuovo, ma un aggiornamento del precedente: nonostante tutto, un po’ per il prezzo accattivante, un po’ per qualche correzione (e un po’ per la longevità), acquistarlo potrebbe valerne la pena.
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Ci sono prodotti che per essere sviluppati richiedono anni, e ce ne sono altri che invece ogni 12 mesi, puntualmente, riescono ad arrivare sul mercato. Nella maggior parte dei casi, con le dovute eccezioni, parliamo di titoli sportivi simulativi che non hanno la necessità di rivoluzionare continuamente il gameplay, né di ricostruire delle fantastiche ambientazioni da esplorare. Con l’inizio della Serie A arrivano sul mercato i soliti videogame calcistici, con Konami che quest’anno è andata un po’ controcorrente rispetto al solito, mettendo in vendita non più un vero e proprio gioco ma un update, per “riadattare” il videogame in questa nuova stagione. Ecco che arriva eFootball PES 2021 Season Update (che abbrevieremo in PES 2021), con un prezzo anche molto più competitivo del solito: 30 euro/40 euro, in base all’edizione scelta, il che significa circa metà prezzo rispetto al competitor principale.
Che si tratta di un update è decisamente chiaro.
Non un gioco, solo un update
In un periodo di pandemia, che ha portato inevitabilmente a rallentamenti sullo sviluppo e lo slittare dei campionati e delle coppe, perché rifare tutto da capo quando si deve vendere un prodotto quasi uguale all’anno precedente? Questa domanda se la sono fatta anche all’interno di Konami, e per questo hanno deciso di proporre un aggiornamento che potesse solo “aggiustare” alcune dinamiche o elementi di grafica. Ad esempio è stata una buona occasione per aggiornare i valori e i volti di giocatori esplosi negli ultimi 12 mesi, con Haaland e Davies su tutti. PES 2021 è anche l’ultima versione del videogame pensata per PlayStation 4 e Xbox One, nonché l’ultima con Fox Engine. Dopo anni di onorata carriera, infatti, si cambierà motore grafico e si punterà su Unreal Engine, di Epic Games.
PES 2021 propone le solite modalità offline e online dei precedenti titoli. Nel primo caso abbiamo la sezione Calcio d’inizio (amichevoli, co-op, 1vs1, campionati e coppe), la Master League e Diventa un Mito, nel secondo invece la possibilità di giocare contro (o con) qualcuno in rete con la sezione eFootball e MyClub. In aggiunta c’è la possibilità di potersi allenare sui fondamentali specifici e di modificare squadre/calciatori, potendo agire anche sul loro aspetto e sui trasferimenti. Non essendoci delle criticità palesi, ed essendo un update, non ci si è concentrati molto in queste modalità, già ritoccate comunque lo scorso anno.
Le modalità online sono il cuore di un titolo esportivo come PES 2021, e ci sono sempre nuove sfide (e avversari) da affrontare.
Le stesse modalità, con pro e contro
Riassumendo velocemente le modalità di gioco, la Master League permette di guidare una squadra dalle serie minori fino ad arrivare sul tetto d’Europa: scendiamo in campo, ma dobbiamo tenere d’occhio tutto quello che succede a livello societario, stando attenti alla forma dei giocatori, fronteggiando infortuni e avendo un ruolo principale nel mercato, decidendo chi acquistare, chi vendere e come condurre le trattative, se a titolo definitivo o in prestito. La modalità Diventa un Mito invece ripercorre la stagione di un singolo atleta, noi o un calciatore esistente, nonché l’unico sul campo che possiamo controllare: saremo noi a fargli fare le giocate che lo porteranno in Nazionale o al Pallone d’oro.
Il panorama online per un titolo esportivo risulta di vitale importanza, anche se cambia poco e nulla rispetto all’anno precedente. Comunque è un comparto che funziona, e quindi è giusto riproporlo nella medesima forma o quasi. L’eFootball è la classica modalità PvP che mette contro i giocatori con le squadre preimpostate, mentre MyClub permette di sfidare gli altri player e costruirsi il proprio team “vincendo” gli atleti o avvalendosi di osservatori che possano ridurre di molto il campo di ricerca. Non serve gestire la squadra ai livelli della Master League, ma la componente strategica è utile per dosare le forze e trovare l’allenatore adatto ai giocatori e che possa essere rispettato: se il livello del team supera quella del mister, la squadra perde coesione e diventa incredibilmente squilibrata. Questo farà sì che soprattutto all’inizio non sarà possibile schierare la miglior formazione di campioni ma in qualche ruolo bisognerà accontentarsi di qualcuno un po’ più scarso. Come prevedibile, questa è la modalità più longeva, fra sfide giornaliere/settimanali e partite online.
Dicevamo che è un update, ma quindi dove sono le novità? Le più evidenti sono nelle licenze: come ogni anno infatti c’è la compravendita per aggiudicarsi squadre, campionati e calciatori. Rimanendo in Serie A ad esempio, l’AS Roma è diventata partner dell’opera Konami, mentre spicca l’assenza delle milanesi, ora rinominate Lombardia NA e Milano RN. E mancano anche altri grandi team come il Real Madrid, Atletico Madrid, Manchester City, l’intera Bundesliga (con qualche tedesca salva). Ci sono invece i campionati danesi, russi, svizzeri o thailandesi, ma oltre a fare numero non hanno chissà che appeal per il giocatore medio. Ma più che dello sviluppo, questo resta un problema più legato alla parte commerciale, visto che parliamo dettagli che vanno negoziati. In ogni caso in PES 2021 sono riusciti a confermare i team con i calciatori più importanti dell’ultimo decennio: il Barcellona di Messi, la Juventus di Cristiano Ronaldo e, un po’ più staccato, il Bayern Monaco di Lewandowski.
Non pare esserci stato nessun intervento nel comparto audio, con la telecronaca di Fabio Caressa e Luca Marchegiani che sembra identica a quella dello scorso anno, nel senso che vengono usate le stesse frasi e le stesse espressioni di PES 2020. Quest’anno però qualche imperfezione possiamo anche perdonarla, sia per lo stravolgimento di tutti i campionati che per il prezzo competitivo. La pandemia ha fatto sì ad esempio che si arrivasse ad agosto senza sapere le squadre promosse/retrocesse, mentre il calciomercato aperto fino ai primi di ottobre non ha permesso di agire sui trasferimenti in maniera celere. Ora è tutto sistemato e le squadre sono aggiornate, ma quando è uscito (12 settembre) eravamo ancora in alto mare. L’update ha portato degli apparenti miglioramenti anche sul gameplay. Nulla di troppo rivoluzionario, ma l’impressione è di trovarsi davanti a un videogioco un po’ più lento e dove la stazza dei singoli gamer conta un po’ di più a livello di contrasti.
Dopo mesi di stadi vuoti fa molto piacere vedere dei tifosi, seppur virtuali.
Conclusione
Alla fine di tutto, conviene acquistare questo aggiornamento? Dipende da che tipo di gamer siete e se siete più portati all’offline o all’online. Il gioco non cambia di molto, quindi se le vostre partite sono concentrate più sulla Master League o Diventa un Mito, non ci sono novità da questo punto di vista, mentre se siete interessati al multiplayer in rete allora potrebbe valerne la pena, un po’ perché i server dell’edizione 2020 si sono svuotati, un po’ perché chi aveva acquistato una delle versioni precedenti ha un po’ di vantaggi in-game. Se invece non siete dei giocatori abituali della saga di Konami allora di dubbi ce ne sono veramente pochi: PES 2021 è un prodotto più che valido, soprattutto al prezzo proposto.
In ogni caso, questo è un anno di transizione che non fa testo nella solita lotta fra PES e FIFA, dal momento che il 2021 sarà l’anno zero per il mercato videoludico e forse anche per il calcio. Avremo i primi titoli sportivi pensati per girare su PlayStation 5 e Xbox Series X|S, anche se la coda di PlayStation 4 e Xbox One è ancora lunga (FIFA usciva nel 2018 sulla old-gen). E sarà un periodo importante anche per il calcio, che potrebbe proporre introdurre qualcosa di nuovo per far fronte ai contagi e alla crisi dovuta agli stadi vuoti: salary cap? Campionati con playoff? Visto che in questo 2020 Konami ha lavorato su un update e non su un videogioco nuovo, è lecito aspettarsi che tutte le risorse risparmiate siano state concentrate all’anno prossimo, proponendo un rivoluzionato PES 2022 con alle spalle 24 mesi di sviluppo.
Football Manager 2021 tiene il controllo del gioco impreziosendo le sue giocate con un match day notevolmente migliorato, ma non riesce a pungere con una rivisitazione della sezione media poco utile, mentre i problemi classici della serie non permettono al titolo di portare a casa il trofeo più importante.
8.5
Tra le tante domande che gli amanti del calcio si pongono ogni anno ce ne sono alcune che hanno più importanza di altre. Dopo nove anni, in molti vogliono sapere se il campionato di calcio italiano avrà un nuovo proprietario, se Messi rimarrà per sempre al Barcellona, se Pep Guardiola riuscirà finalmente a vincere la Champion’s League con il suo City e, soprattutto, se quest’anno Football Manager non rovinerà nuovamente la vostra carriera lavorativa o scolastica di qualsiasi grado.
Nonostante questo difficile periodo in cui anche il mondo del pallone sta vivendo le difficoltà del Covid-19 e sta soffrendo la scomparsa di Diego Armando Maradona, voglio rispondere all’annosa domanda. Per farlo sarà necessario sia recensire i cambiamenti rispetto l’anno passato per i veterani della serie, sia far comprendere agli allenatori in erba se questo è l’anno giusto per entrare nel circolo vizioso del manageriale di calcio più famoso di sempre.
Jurgen chi?
Proprio lui!
Football Manager condivide ancora qualcosa con le sue controparti simulative come PES e FIFA. Entrambi i generi vivono di un costante rinnovo anno dopo anno. Una ricerca delle perfezione fino al prossimo grande cambiamento. Football Manager 2021 è figlio di questa evoluzione in cui è difficile trovare un vero padre, se non andando indietro di almeno una decade. Nel mio caso, l’ultimo incontro con Football Manager risale al lontano anno 2015 e posso confermare che viste tutte insieme, le novità sono tante.
La mia esperienza con Football Manager 2015 mi ha portato a conoscere una quantità scandalosa di forum italiani, internazionali e youtuber ancor prima di giocare la prima amichevole. Se quella sensazione da allenatore fai-da-te ha appassionato i più longevi fan della serie, la stessa scelta non ha permesso al titolo di Sports Interactive di ottenere nuovi proseliti, a meno di giocare la ridotta versione FMTouch.
Footall Manager 2021, invece mostra la precisa scelta di sviluppatori e SEGA di voler rendere il gioco sempre più accessibile nelle sue impostazioni di default, con la possibilità di manualizzare ogni singola operazione per chi vuole andare nel dettaglio.
Ingegneri dell’allenamento
Nonostante non sia una novità di quest’anno, il passo più grande rispetto al titolo che ho conosciuto sei anni fa, risiede nella gestione dell’allenamento, più profonda, ma allo stesso tempo più automatizzata. Gli aspiranti allenatori che vogliono iniziare con Football Manager 2021 devono sapere che possono passare la prima stagione a prendere solo decisioni di alto livello. Infatti, si potrà vincere anche scegliendo inizialmente solo la tattica da utilizzare, per poi pian piano addentrarsi nel mondo della teoria dell’allenamento con estrema cautela.
I veterani, invece vorranno programmare ogni singola giornata, divisa in tre sezioni, in cui sarà possibile allenare il fisico in praticamente ogni sua caratteristica, così come lavorare su una determinata caratteristica della tattica da usare. D’altro canto, se volete un approccio più immediato, è possibile usare gli schemi predefiniti per periodo temporale, come i preziosi allenamenti pre-stagionali o i ritiri, oppure concentrarsi, come sicuramente farete durante l’intera stagione calcistica, sulla tattica principale che vorrete usare.
Il motore 3D è finalmente realistico.
Come in TV
Una delle più piacevoli novità di quest’anno riguarda invece il motore 3D. Finalmente, l’intelligenza artificiale dei giocatori rispecchia una vera partita di calcio ed è piacevole vedere i propri giocatori fare il loro mestiere. Durante le mie stagioni, non mi è capitato di vedere uscite folli dei portieri come negli anni passati e il maggior scandalo a cui ho assistito è forse l’eccessiva capacità delle ali, soprattutto invertite, di poter percorrere kilometri alla ricerca disperata di emulare il famoso gol del Pibe de Oro.
Specifico che questo velo di normalità ha colpito anche il temuto confronto con i giocatori. Una gradita novità di Football Manager 2021 ha introdotto un maggior rapporto con i propri giocatori, anche grazie alla possibilità di gesticolare al fine di mettere un punto esclamativo sulle proprie parole. Personalmente ritengo che la feature più importante sotto questo punto di vista rimane poter chiedere ai giocatori più influenti, che potete vedere in cima a una vera piramide gerarchica dello spogliatoio, di convincere i ragazzi più esigenti a darsi una calmata e pedalare per il bene della squadra.
Il parametro xG deve essere migliorato.
Guarda mamma, come Jürgen
Tornando da un lungo stop, la mia prima stagione ha previsto due forti basi: il Liverpool con il suo possente gegenpressing e l’automatizzazione di tutte quelle rogne che rendono il gioco eccessivamente ripetitivo in alcuni punti della stagione ed estremamente motivante in altri.
Mai come nella mia stagione inglese 2020/21, ho sentito di avere un club e uno staff a supporto. I progressi fatti dalla serie in questi anni hanno permesso ai club di esistere in quanto entità uniche. Calcare il campo di Anfield come allenatore significa accettare una profonda cultura fatta di obiettivi difficili, acquisti di giovani e rispetto dello stadio che ti fanno sentire realmente il manager dei Reds.
Un club storico.
Lo stesso si può dire anche dello staff, che sempre più di rado fornisce informazioni completamente insensate come in passato, e che risulta veramente utile nella gestione di tutte quelle feature eccessivamente tediose. Purtroppo, tra i membri dello staff, i più importanti rimangono ancora i medici e i fisioterapisti.
Lo stile del gioco del Reds aumenta significativamente il rischio di infortuni, così come chiaramente specificato anche dal centro medico più volte. Però, terminare a novembre una partita in nove a causa degli infortunati, fa riflettere sulla risoluzione di uno dei maggiori problemi della serie. Anche in Football Manager 2021 sarete in balia del destino e se sarete tanto sfortunati nell’avere anche otto ragazzi in infermeria contemporaneamente, alla fine pagherete lo scotto di un mancato turnover.
Anche in FM21, esattamente come succede nelle precedenti edizioni, l’impossibilità di fare turnover si pagherà adeguatamente durante il periodo invernale in cui i giocatori non ne avranno più e gli avversari cominceranno a prendervi le misure.
Football Manager era, è, e probabilmente sempre sarà, un titolo estremamente impegnativo. Nonostante gli assidui frequentatori di Anfield hanno potuto vedere i propri beniamini ottenere una striscia positiva a doppia cifra, le pretendenti al titolo hanno continuato a starmi alle calcagna e in certi casi superarmi a dimostrazione che le squadre avversarie non staranno a guardarvi mentre macinate record e punti.
Condizioni metereologiche sensate.
Black Friday
L’altro aspetto che necessita ancora una rivisitazione è il mercato. Durante il primo anno saremo costretti a partire con un budget più basso a causa dell’emergenza Covid-19 e sarà praticamente impossibile fare acquisti fino a gennaio. Inoltre, quando potremo mettere mano al portafogli, noteremo la solita necessità dei club di sparare prezzi senza senso, o ancor peggio, di cedere fuoriclasse a parametro zero.
Sono sicuro che molti di voi riusciranno a mettere le mani su Gianluigi Donnarumma a gennaio 2021. Nella mia partita ha rinnovato, ma mi sono fatto passare il dispiacere con David Alaba del Bayern Monaco divenuto a mani basse il miglior terzino dei Reds per molti anni.
D’altro canto, il calcio mercato è migliorato nel tempo e quella sensazione di andare a una negoziazione completamente bendato sembra essere passata grazie alla possibilità di parlare con l’agente del giocatore. L’agente metterà le cose in chiaro e aumenterà di gran lunga la chance di avere un incontro con il giocatore con esito positivo senza svenarsi, o quasi.
La difficile gestione del Covid
Così come noi tutti, anche Sports Interactive ha preso seriamente la decisione di gestire il problema Covid-19. Dalla cancellazione di EURO 2020, alla triste assenza dei tifosi sugli spalti, il mondo del calcio è stato colpito duramente e anche Football Manager ha deciso di tenerne conto.
Anche se la decisione, piuttosto di buon senso, di non aggiungere la malattia “Covid-19” come potenziale causa di infortunio e la presenza del pubblico, con tanto di guadagni generati dagli abbonamenti, può dar l’impressione che si sia voluti sorvolare sulla questione, così non è.
La prima stagione sarà più dura economicamente con meno denaro a disposizione per gli acquisti e più offerte di prestito rispetto al passato. Inoltre, alcuni campionati europei e sfide internazionali come la Champion’s League, permetteranno nelle primissime stagioni cinque cambi per poi tornare pian piano alla normalità, come ci auguriamo accada anche a tutti noi quanto prima.
Mucchio Selvaggio
Personalmente, la novità che ho più apprezzato di Football Manager 2021 è il match day nel suo insieme. Come già detto, l’engine 3D è veramente gradevole e la nuova interfaccia grafica riesce a essere tanto sintetica quanto funzionale, anche se non ho saputo apprezzare il parametro di expected goal, xG.
Questo KPI dovrebbe avere lo scopo di valutare la probabilità di goal di entrambe le squadre durante la partita. Dal mio punto di vista, può essere un discreto modo di capire come sta andando la partita quando ci sono poche azioni salienti, ma l’ho dimenticato molto in fretta a favore dell’idea che se ci sono poche azioni rilevanti, significa che il mio Liverpool non sta facendo abbastanza male all’avversario.
I social network sono una perdita di tempo anche su FM21.
Giornalisti, male necessario
Spesso il rapporto tra media e allenatori non è semplice e Football Manager 2021 ne è la prova. I ragazzi di Sports Interactive hanno apertamente fatto capire che il loro interesse quest’anno era fornire più strumenti possibili per colmare le lacune comunicative della serie, soprattutto quando ci si interfaccia con i giornalisti.
L’idea di vedere la sala stampa, oppure il tunnel degli spogliatoi, e poter decidere se battere i pugni o sorridere ai giornalisti è realmente piacevole sulla carta, ma nella pratica è decisamente inutile. Mai come quest’anno ho deciso di delegare al mio vice le lunghissime sessioni con i giornalisti fregandomene apertamente delle loro simpatie, o per meglio direi antipatie, nei miei confronti. Un male necessario, come i social network.
Così come fatto per altre sezioni del gioco come la fase di negoziazione, Football Manager 2021 vuole raccogliere intere sezioni di gioco in un’intera schermata. Se molto spesso questa scelta è vincente data la presenza di informazioni chiare in poco spazio come nel caso del centro sviluppo, i media sono ancora il settore più in sofferenza. In particolare, la schermata dei social network può essere divertente da vedere le prime volte, ma diventa decisamente noiosa e spesso troppo caricaturale andando avanti con il gioco.
Capito Varriale?
Conclusione
Football Manager 2021 ha ulteriormente migliorato la serie senza stravolgerla. Il match day è diventato un appuntamento immancabile grazie a un engine 3D veramente migliorato. Inoltre, la maggiore interazione con i giocatori e un’interfaccia grafica più pulita aumentano l’immersione sul campo da gioco.
La parte comunicativa ha avuto un restyle importante che ha portato interessanti novità per quanto riguarda la gestione dello spogliatoio, ma che ha esaltato il gravoso problema della relazione con i giornalisti. Inoltre, alcune lacune della serie come gli infortuni e un calciomercato surreale permangono un problema anche in Football Manager 2021.
Nonostante tutto, FM 21 è il miglior manageriale di calcio in assoluto. Un must buy per ogni veterano data la possibilità di godere delle partite grazie a un’immersione maggiore, fiore all’occhiello di quest’anno. Inoltre, consiglio l’acquisto sia a chi viene da una lunga pausa come me, sia a chi vuole intraprendere per la prima volta la carriera di allenatore virtuale. Infatti, chi si è fermato qualche anno fa noterà che la serie è migliorata notevolmente nel corso del tempo. D’altro canto, i novizi apprezzeranno la scelta di SEGA e Sports Interactive di voler rendere sempre più accessibile il gioco anno dopo anno, con ottimi risultati anche in questa stagione.
In altre parole, se vi piacciono i gestionali impegnativi e siete degli amanti del pallone, FM21 è un acquisto di cui non vi pentirete.
Ho portato al trionfo il Liverpool facendo dimenticare ai tifosi anche Jürgen Klopp in una ventina di ore, grazie alla deliziosa edizione fisica gentilmente fornita dal publisher.
Voltaggio Sfolgorante, la nuova espansione del gioco di carte collezionabili di Pokémon GCC ha portato più di 185 nuove carte e due nuovi mazzi tematici: Drednaw e Charizard. Ho studiato con attenzione le liste dei due mazzi e, dopo averli giocati, ritengo particolarmente utile iniziare la nostra analisi dell’espansione con il mazzo di tipo acqua dedicato alla tartaruga alligatore, perché potrebbe portare grosse soddisfazioni.
La versione online del gioco ha una modalità dedicata ai soli mazzi tematici che vi permette di collezionare ticket per i tornei, anche se siete agli inizi. Vincere i tornei fornisce preziose buste, scambiabili con le carte che vi servono per formare i migliori mazzi standard. Pokémon GCC Online ha svariati problemi che lo rendono difficile per chi vuole giocare in modalità totalmente free-to-play, ma il modo migliore è trovare un mazzo tematico forte e utilizzarlo al meglio. E credo che quello di Drednaw di Voltaggio Sfolgorante possa fare al caso nostro.
Il mazzo al suo gran completo.
Decklist
La decklist del mazzo tematico di Drednaw è formata dalle seguenti 60 carte:
3 Drednaw
3 Chewtle
2 Samurott
3 Dewott
3 Oshawott
1 Barraskewda
3 Arrokuda
2 Cramorant
2 Wishiwashi
2 Beet
2 Cicerone
1 Evoaroma
2 Mega Ball
4 Hop
3 Azzurra
2 Ricerca Accademica
2 Sonia
2 Scambio
18 Energia Acqua
Meta
La varietà di mazzi che troverete online nella modalità dedicata ai tematici, soprattutto nei tornei, è bassa. Infatti, non potendo cambiare carte, quasi tutti giocano sempre i mazzi più forti. In particolare, sto parlando del mazzo tematico per eccellenza: Fiamma Implacabile con Charizard dell’espansione Gioco di Squadra. Per questo motivo, il meta è formato per metà da Fiamma Implacabile, mentre l’altra metà sono deck che tentano di contrastarlo.
Qualcuno per battere il top tier gioca Proiezione Laser con Necrozma di Sintonia Mentale, ma non è un grosso problema dato che il nostro Drednaw teme solo l’elettricità. Infatti, il nostro peggior nemico è Turbine Ruggente, il mazzo tematico di Dragonite di Sintonia Mentale.
I lati positivi del mazzo sono sostanzialmente tre:
supporti che permettono di pescare carte e soprattutto di assegnare più energie per turno. Anche se ingiocabile in standard, Beet consente di caricare due energie diminuendo le distanze con l’abilità devastante di Charizard di Fiamma Implacabile.
Samurott è un Pokémon di Fase 2 con 160 HP e un’abilità che para trenta danni su ogni attacco. Questo significa che può resistere a un attacco di Charizard con tre energie fuoco e Draghimpatto di Dragonite da 170 danni.
Il mazzo è di tipo acqua. Finalmente possiamo abbandonare il mai entusiasmante Blastoise per Pokémon come Samurott e Drednaw, che possono uccidere in un turno tutti i tipi fuoco con tre di mana incluso Charizard, grazie alla debolezza acqua.
Ai punti cardini appena elencati, dobbiamo aggiungere che non è raro vedere partite in cui i giocatori non hanno energie a sufficienza. In questo caso, si può giocare su questa difficoltà con gli attacchi di Dewott e Samurott,che rimettono in mano le carte energia del Pokémon attivo avversario.
Samurott è il nostro attaccante principale.
Strategia
La strategia di gioco si basa sull’avere il prima possibile Samurott carico per colpire con Idrolavaggio. Anche Drednaw può tornare utile come attaccante, nonostante sia molto lento e la sinergia tra lui e Azzurra è complicata. Però, se non ci sono alternative, può comunque risultare pericoloso, soprattutto contro i Pokémon fuoco grazie ai 160 danni con tre energie. Raramente caricheremo quattro energie per Surf, perché eccessivamente lento.
I Pokémon con cui vogliamo iniziare sono Arrokuda ed eventualmente Wishiwashi,nel caso volessimo mulligare la nostra mano. Il primo mette in panchina i due suoi simili presenti nel mazzo, così da sfoltire il deck e preparare il terreno a Cramorant, che con due energie può arrivare a fare fino a 180 danni. Infatti, questo Pokémon infligge 60 danni per ogni Arrokuda scartato dalla panchina durante l’attacco. Non è facile usarlo, ma il basso costo e l’Aiuto di Azzurra, che permette di riprendere dalla pila degli scarti gli Arrokuda, danno la possibilità a Cramorant di poter mettere KO Nidoqueen di Fiamma Implacabile con un unico attacco.
Cramorant può dire la sua.
Ovviamente per vincere la partita è necessario avere un riciclo continuo di carte che proviene dagli Aiuto. Inoltre, data la necessità di avere le giuste evoluzioni, tornano utili Megaball ed Evoaroma, che vi fornisce il Pokémon evoluzione desiderato.
Infine, una chicca del mazzo è Barraskewda, evoluzione di Fase 1 di Arrokuda. I suoi 120 hp non sono pochi se paragonati agli altri Fase 1, ma la differenza è il suo attacco da un’energia acqua, Spiedo Mirato. L’attacco permette di colpire i Pokémon in panchina dell’avversario. In un formato senza Mew e che non vedrà mai gli Ordini del Capo, avere un Pokémon che può far piazza pulita dei sopravvissuti in panchina può essere determinante, soprattutto se hanno delle abilità.
Contro
Come tutti i mazzi tematici, Drednaw soffre la lentezza del formato e una qualità delle carte supporto rivedibile. Nonostante sia possibile pescare un numero decente di carte, la varianza rimane alta a causa di una discreta probabilità di rimanere fermi per diversi turni. Inoltre, nonostante la presenza di Beet, che ci permette di caricare fino a due carte energia per turno, troppo spesso subiremo la lentezza del mazzo.
Infine, i Pokémon non hanno abilità particolari e soffrono tremendamente i Pokémon elettro con particolare attenzione per Thundurus di Turbine Ruggente, totalmente devastante con la sua Raffica Tonante a costo due.
Thundurus di Turbine Ruggente.
Conclusione
Il mazzo tematico Drednaw di Voltaggio Sfolgorante può essere particolarmente utile per controbattere l’enorme quantità di mazzi Fiamma Implacabile del furioso Charizard. Considerando che si soffrirà solamente contro Turbine Ruggente e si avrà un leggero vantaggio contro tutti gli altri match-up, grazie ad alcune carte supporto particolarmente utili, vi consiglio vivamente di fare pratica con questo mazzo, perché può portare tante soddisfazioni.
Ritengo Fiamma Implacabile ancora il miglior mazzo tematico in circolazione, ma nelle mie partite nel formato sto usando solamente Drednaw, perché il numero di match-up favorevoli è di gran lunga superiore a quelli negativi e il win-rate spaventosamente alto sta dimostrando che questo mazzo può cambiare gli equilibri del meta.
Modus Operandi
Ho giocato decine di partite online e qualche game “reale” grazie al materiale gentilmente inviato dal publisher.
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