L’evento più importante di giugno è a mani bassi il press kit di Cyberpunk 2077, che ci ha permesso di vedere in anteprima il gioco nella sua bellezza. Le risposte alle domande di stampa e pubblico sono state positive, ma ci separano ancora un po’ di mesi dall’uscita del titolo e la mia concentrazione va su un particolare passato in sordina. Cyberpunk 2077 diventerà un anime ancora prima dell’uscita del gioco, sovvertendo le classiche regole dei videogiochi e rivoluzionando il concetto di gioco come franchise.
Netflix produrrà Cyberpunk: Edgerunners, un anime tratto dal gioco e previsto per il 2022. Di per sé non è una notizia eclatante. Del resto, The Witcher è già una serie TV Netflix ed è stata addirittura da poco annunciata la versione televisiva di giochi indie come Disco Elysium e Cuphead. L’importante evoluzione di cui parlo riguarda i tempi. Due sono quelli interessanti: il momento dell’annuncio e la data d’uscita.
Solitamente, un videogioco per diventare un franchise deve seguire rigorosamente delle fasi che accendono i riflettori su di lui. Prima esce il videogame. Successivamente, deve essere recensito positivamente e acquistato da un buon numero di persone. Solo dopo aver acquisito un buon numero di seguaci, il videogioco è pronto per tentare il salto nei media che contano. Parliamo ovviamente di cartoni animati, serie TV e, quando il titolo è sufficientemente grasso, anche fumetti, libri e giochi da tavolo.
Il franchise videoludico negli anni ’90
Il franchise Pokémon è l’esempio più lampante di questo concetto. Nato nel 1996 con i videogame Pokémon Verde e Pokémon Rosso, il successo è diventato planetario con l’anime uscito un anno dopo. Solo a quel punto, i Pokémon sono stati spremuti con ogni sorta di gadget possibile, tra cui l’ancora attivissimo gioco di carte collezionabili e ogni tipo di videogioco immaginabile.
Pokémon è diventato così grande che è stata costituita The Pokémon Company, che si occupa solo di produrre qualsiasi cosa brandizzata con il volto di Pikachu o Eevee. Basta pensare al tanto criticato Pokémon Unite appena annunciato. L’idea di un MOBA sui Pokémon avrebbe fatto impazzire tanta gente fino a qualche anno fa, ma il franchise Pokémon è così saturo di qualsiasi tipo di gioco e gadget, che è stato incredibilmente attaccato da chi si aspettava un videogame della serie principale.
Venti anni fa si diceva che non era possibile cavar fuori un buon film, serie TV o spesso nemmeno fumetti e libri da un videogioco. Infatti, chi li produceva non era interessato alla qualità, ma solo a spennare i fan del videogame, troppo spesso visti come ragazzini incapaci di comprendere cosa fosse un bel film. Da questo concetto sono nate negli anni ’90 produzioni orribili come il film di Mortal Kombat e Street Fighter – Sfida finale. Ovviamente lo stesso discorso si può fare anche citando gli anni 2000 con Max Payne (film) del 2008 e Tekken (film) del 2009.
In altre parole, fino ad oggi era più probabile che un anime diventasse un videogame carino che un gioco potesse divenire un bel film o serie TV, di cui non parlerò nemmeno perché la lista di opere terrificanti sarebbe veramente lunga.
Il franchise videoludico oggi
CD Projekt Red è diventata la maggior produttrice di videogiochi europea superando anche Ubisoft. Questo successo è dovuto alla serie The Witcher, oggi vero e proprio franchise multi-media grazie alla fortunata serie targata Netflix. Nel caso di The Witcher, i libri hanno dato una spinta iniziale al videogame, che si è affermato come capolavoro grazie al terzo capitolo. Bisogna però notare che solo dopo il clamoroso successo di The Witcher 3: Wild Hunt, Netflix è andata a bussare alla porta della casa di sviluppo polacca per chiedere i diritti per produrre una serie TV.
Allo stesso modo, i giochi free-to-play più desiderati dal giovane pubblico hanno consentito di far soldi a youtuber dalle dubbie qualità artistiche con video deliranti e libri che mai oserò aprire solo dopo che questi si sono affermati come giochi con un ampio pubblico. Per quanto possa essere quasi fastidioso ammetterlo, Minecraft e Fortnite sono dei franchise da miliardi di dollari e di quest’ultimo si parla anche di una possibile serie TV in arrivo. Però, nemmeno in questi casi c’è stata la rivoluzione di cui stiamo parlando con Cyberpunk 2077, in quanto i franchise sono stati costituiti solamente dopo aver apprezzato i giochi.
Il franchise Cyberpunk 2077
Cyberpunk 2077 è diverso, perché sta tentando di cambiare il paradigma. L’annuncio dell’anime lo rende di fatto già un franchise, perché CD Projekt ha venduto a Netflix dei diritti di un gioco non ancora pubblicato. E ovviamente questo indurrà tante altre aziende a spingere il marchio Cyberpunk 2077 su tanti altri gadget e media.
Da oggi i videogiochi non avranno più bisogno di imporsi come grandi titoli per uscire fuori dal mercato videoludico. Esattamente come i film, basterà parlarne per far scattare la guerra ai diritti, che porterà l’opera in tutti i media conosciuti. È un successo del mercato dei videogiochi, che si è evoluto così tanto da non essere più il prodotto di nicchia creato molto spesso per fare facili guadagni con i diritti provenienti da film e cartoni animati.
Ovviamente, questo non significa che l’anime di Cyberpunk 2077 sarà un capolavoro, anzi. I dubbi sulla qualità ovviamente permangono, ma almeno a differenza degli anni ’90, si può sperare. Del resto, il prendersi un po’ di tempo per far uscire Cyberpunk: Edgerunners fa pensare che ci vogliano lavorare con i giusti tempi.
Il 2022 come data d’uscita della produzione Netflix non è banale e non si tratta solo di fare un bel cartone animato. Infatti, con questa mossa CD Projekt ci sta dicendo che il marchio Cyberpunk non sarà solamente un videogioco in uscita a novembre 2020, ma un vero e proprio franchise che sarà supportato per un lungo periodo. Non solo come opera videoludica, ma come brand nel suo termine più esteso possibile.
Conclusione
Oggi i videogiochi stanno sempre di più diventando media al pari di film, serie TV e cartoni animati. Il lavoro per raggiungere questo obbiettivo non è concluso, ma dopo tanti decenni di sacrifici, l’industria videoludica sta arrivando al grande traguardo di essere paragonata al pari di un film da premio oscar.
Personalmente, la mia felicità è duplice. Da un lato, penso che l’industria videoludica sia costituita da veri e propri artisti. Meritano di ricevere il trattamento che adesso è riservato solo ai grandi registi e produttori del mondo del cinema. Dall’altro lato, sono contento di poter vedere delle opere tratte da videogiochi che possano essere godibili.
Ho sempre avuto un enorme disagio ad acquistare media o merchandise provenienti dal mondo dei videogiochi, perché spesso si trattava di materiale di scarsa qualità che mi urlava in faccia che ero un fesso, perché avevo acquistato qualcosa di poco valore a un prezzo folle, solamente perché ho amato il gioco.
Mi auguro che questo cambio di paradigma possa riappacificarmi con la coscienza e potermi godere un libro o un fumetto tratto da un videogame senza sentire il disagio di essere un fanboy.