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Metroid Saga: storia di un capolavoro

L’uscita di Metroid Dread, fissata per l’ 8 ottobre, è ormai vicinissima. Per i fan della saga – come il sottoscritto – l’attesa è stata lunga, lunghissima; precisamente 17 anni fa terminai la mia prima partita a Metroid Fusion – gentilmente prestatomi da un compagno di classe delle medie – lasciando una Samus Aran ormai braccata dalla Federazione dopo i fattacci avvenuti sulla stazione BSL.

Se vi state chiedendo di cosa diavolo parlo i casi sono due:

  • Siete dei giovani gamers, e Metroid Fusion è vostro coetaneo o quasi.
  • L’età avanza, ed i ricordi delle maratone sul GBA si fanno via via più sbiaditi.

A tutto ciò uniamo il fatto che negli ultimi 11 anni la saga è letteralmente sparita dai radar, eccezion fatta per l’ottima parentesi Samus Returns. Con questo articolo voglio fornire una panoramica sulla storia di Metroid, dal 1986 ad oggi, così da rispolverare la vostra cara Power Suit. O farvi scoprire la saga che ha rivoluzionato il genere Adventure 2d.

La cacciatrice di taglie

Prima di tutto introduciamo la protagonista indiscussa della nostra storia. Samus Aran nasce sulla colonia mineraria terrestre K2-L, di cui poi rimarrà l’unica sopravvissuta in seguito ad un attacco da parte dei Pirati Spaziali, capitanati da Ridley. Viene poi tratta in salvo dai Chozo, razza aliena di pennuti antropomorfi, e trasportata sul loro pianeta natale, Zebes.

Evoluzione stilistica di Samus Aran, dagli albori ad oggi.

Viste le condizioni di Zebes avverse alla vita umana i Chozo decidono di donare alla ragazzina una porzione del proprio DNA, al fine di renderla più forte, agile, resistente ed astuta di qualsiasi comune essere umano. È da questo momento che inizia il duro addestramento di Samus Aran, destinata a ricoprire un ruolo chiave nella prossima difesa della galassia.

Tutto quel che ho scritto non lo troverete nei videogiochi in realtà; è Kenji Ishikawa a raccontarci l’infanzia di Samus, tra le pagine del manga ufficiale di Metroid. Quel che ho accennato non è che un piccolo assaggio della storia completa, che partendo da qui condurrà Samus fino agli eventi narrati nel primissimo Metroid. La lettura per tutti gli appassionati è praticamente d’obbligo!

La cronologia della storia di Metroid nei videogiochi
I titoli di Metroid ordinati per eventi della storia.

La missione Zero

Corre l’anno 1986 quando Nintendo pubblica Metroid, capostipite della saga. Titolo sicuramente atipico per gli standard del tempo, Metroid si proprone come un Adventure Platform 2d non lineare. Questa sua caratteristica lo renderà uno dei due titoli che hanno definito il celebre genere Metroidvania, tornato in auge negli ultimi tempi.

Anche se ne riconosco l’importanza storica devo esser sincero, Metroid risulta invecchiato piuttosto male, quindi andrò a parlare del suo remake, Metroid: Zero Mission; oltre a risultare un’ottima riproposizione dell’originale, Zero Mission include una sezione di gioco inedita.

Box Art giapponese di Metroid: Zero Mission.

L’incontro

Samus Aran è ormai divenuta una famosissima cacciatrice di taglie, fidata collaboratrice della Federazione Galattica. L’obiettivo di questa missione è tornare su Zebes – pianeta natale degli ormai estinti Chozo – dove i Pirati Spaziali stanno cercando di controllare i temibili Metroid.

I Metroid, che danno il nome alla saga, saranno un elemento chiave dei vari titoli della saga, in un modo o nell’altro. Forme di vita aliene simili a meduse fluttuanti, questi esseri risultano terribilmente aggressivi, e sono in grado di risucchiare l’energia vitale degli altri esseri viventi. Risultano inoltre incredibilmente resistenti, tanto che l’ unico modo di abbatterli è sfruttare la loro debolezza al ghiaccio; ecco spiegato perchè sia i Pirati che la Federazione sono tanto interessati a questa forma di vita.

La storia di Metroid passa da Ridley.
Ridley, rivale per eccellenza di Samus, in alcune delle sue incarnazioni

Qui Samus esplora le profondità del pianeta Zebes, trasformate in una grande base sotterranea dai Pirati Spaziali. Abbattuti i due luogotenenti, Ridley e Kraid, la cacciatrice affronta Mother Brain, antica IA traditrice di fattura Chozo che ora capeggia la fazione dei Pirati. Dopo esser stata sconfitta Mother Brain attiva il meccanismo di autodistruzione della base; Samus è costretta a scappare, ma durante la fuga la sua navetta viene abbattuta da un fascio laser dei Pirati Spaziali, precipitando nuovamente su Zebes.

Sola e disarmata, Samus si infiltra quindi sulla nave madre dei pirati, e dopo aver recuperato la sua Power Suit procede alla distruzione del vascello. Così si conclude Zero Mission, i Pirati Spaziali sembrano ormai fuori gioco… O forse no?

Gli errori dei Chozo

Il secondo capitolo della saga è Metroid II: Return of Samus, sviluppato per Game Boy nel 1991. Anche di questo capitolo è stato ricavato un ottimo remake – Metroid: Samus Returns – che reinterpreta il titolo Nintendo in salsa moderna, conservandone comunque l’essenza.

La Federazione Galattica è preoccupata, soprattutto dopo la brutta storia su Zebes. Ha quindi in mente un altro lavoro, e sa già chi dovrà compierlo. Samus viene quindi inviata sul pianeta SR388, terra originaria dei Metroid. La missione è semplice quanto ardua: distruzione totale dei Metroid. Gli esseri sono davvero troppo pericolosi, e vanno quindi eliminati, stando a ciò che dice la Federazione.

Alcuni esempi di Metroid che verranno incrociati lungo la storia di Return of Samus

La Regina

Samus affronta quindi i tanti Metroid presenti su SR388, ognuno contraddistinto da uno stadio evoluto ben specifico. Scopre poi che in realtà SR388 non è il pianeta natale delle meduse fluttuanti, ma che esse sono state create dai Chozo. I Metroid sono infatti stati rilasciati su SR388 col fine di annientare il vero essere nativo del luogo, il misterioso Parassita X. Dopo aver assolto il loro compito le creature si sono però ribellate ai Chozo, che con un gesto estremo le hanno sigillate nelle profondità del pianeta.

Samus riesce quindi a distruggere tutti i Metroid presenti su SR388, compresa la temibile Regina, e sancisce così la fine della temuta razza aliena. A quel punto l’enorme vulcano presente in superficie sta per eruttare, e distruggerà qualsiasi cosa, quindi Samus deve raggiungere la navicella ed entrare subito in orbita; lungo la via per la superficie si imbatte però in un uovo in procinto di schiudersi. L’esserino che ne esce, un piccolo Metroid, riconosce in Samus la propria madre per via dell’imprinting, e la assiste durante la fuga, liberandole il passaggio.

Samus sfreccia via sulla Gunship

Nei pressi della navetta Samus si scontra poi con l’onnipresente Ridley, intenzionato a rubare il cucciolo di Metroid; la guerriera ha infine la meglio e riesce a fuggire da SR388, portando con sé l’unico esemplare di Metroid dell’intera galassia.

Capolavoro senza tempo

Giungiamo quindi all’episodio più emblematico dell’intera saga, ovvero Super Metroid, rilasciato per Super Famicom nel 1994. Tutto quel che veniva accennato in Metroid e Metroid II: Return of Samus viene ora elevato all’ennesima potenza; level design che fa ancora scuola, una delle migliori OST di sempre, direzione artistica sublime, gameplay solidissimo ed atmosfera a pacchi. Super Metroid è ancora oggi preso come IL termine di paragone del genere metroidvania, e questo non è affatto un caso. Uno di quei rari titoli senza tempo, che sembra non vogliano proprio invecchiare. Se non lo avete ancora giocato correte, perchè Super Metroid è letteralmente un pezzo di storia videoludica.

Penso che tutti abbiano visto questa immagine almeno una volta. Il cucciolo di Metroid sta per esser rapito.

Il furto

Di ritorno da SR388, Samus consegna il cucciolo Metroid presso la stazione di ricerca Ceres, appartenente alla Federazione. Subito dopo esser ripartita riceve però un segnale S.O.S. dalla medesima stazione, ed al suo ritorno scopre che è stata invasa dai Pirati Spaziali. Qui avviene l’ennesimo scontro con l’arcinemesi, Ridley, che riesce a rubare la capsula contenete il Metroid e scappa, dirigendosi proprio su Zebes.

La vecchia base dei Pirati è stata infatti ricostruita sotto ordine di Mother Brain, l’IA Chozo che tutti credevano scomparsa in seguito alla Missione Zero. Il nuovo piano è quello di clonare il piccolo Metroid al fine di allestire un esercito di bioarmi. È quindi ora per la cacciatrice di tornare là dove tutto ha avuto inizio, sul pianeta Zebes, ed esplorarne nuovamente le profondità.

Super Metroid: una storia così complessa in una mappa così "semplice".
La “semplice” mappa di Super Metroid. Un capolavoro di level design

Mother Brain

Qui Samus affronta nuovamente i luogotenenti dei Pirati Spaziali, e dopo averli sconfitti si dirige nella parte più profonda del pianeta, Tourian, dove Mother Brain la sta aspettando. La IA però non si fa trovare impreparata; essa si è infatti dotata di un grosso esoscheletro apparentemente impenetrabile dai colpi di Samus.

Quando tutto sembra perduto ecco che fa la sua comparsa il “cucciolo” di Metroid, cresciuto a dismisura nel frattempo. L’essere attacca Mother Brain, stordendola, e ne trasferisce l’energia a Samus, ora capace di danneggiare il nemico. La IA però, ripresasi dall’attacco, colpisce il Metroid, uccidendolo, ma viene in seguito sconfitta da Samus che dovrà scappare in superficie per l’ennesima volta, poichè il pianeta sta per esplodere, definitivamente.

Si conclude così Super Metroid, i Pirati Spaziali annientati, Mother Brain sconfitta, ed i Metroid ormai estinti…

Other M, un titolo controverso

Metroid: Other M, rilasciato nel 2010 per Wii, è di fatto l’ultimo titolo della saga principale ad esser stato sviluppato, se non contiamo il remake Samus Returns. Un titolo abbastanza controverso, che si discosta quasi completamente dai suoi predecessori in quanto a gameplay; altro importante cambiamento è l’importanza della narrativa nell’economia di gioco, elemento relegato quasi a pretesto nei precedenti titoli, che ora diviene parte fondamentale dell’esperienza Other M.

Metroid Othen M pone la storia al centro del titolo.
Metroid Other M punta forte sulla componente narrativa, ponendo la storia al centro del titolo

Dopo le vicende raccontate in Super Metroid sembra che la galassia sia un posto sicuro, ma le apparenze ingannano. Samus riceve l’ennesima richiesta di soccorso da uno strano relitto, tale Bottle Ship. Poco dopo l’attracco la cacciatrice incontra il 7° Plotone della Federazione, capeggiato da una sua vecchia conoscenza, l’ufficiale in comando Adam Malkovich. Samus è stata una sottoposta di Adam durante il suo periodo nelle forze della Federazione, che ha poi lasciato per divenire una cacciatrice di taglie. Gli umani, esplorando la Bottle Ship, scoprono che quella nave sta conducendo delle pericolose ricerche – tecnicamente proibite – sulle bioarmi.

La creazione di MB

Una fazione della Federazione Galattica ha infatti ricreato delle forme di vita molto simili ai Pirati Spaziali, al fine di disporre di un piccolo esercito personale; ciò è stato reso possibile grazie a del DNA presente sulla Power Suit di Samus a seguito della missione su Zebes. Per controllarli è stato inoltre necessario creare MB, una interfaccia IA basata sull’ormai defunta Motherbrain ed innestata in un corpo di androide. MB si è ovviamente ribellata ai suoi creatori, impartendo all’intero arsenale di bioarmi un semplice compito, sterminare tutti i ricercatori, eccezion fatta per la sua creatrice, Madeline Bergman.

Come se non bastasse il gruppo fa una scoperta ancora più sinistra: nel Settore Zero della nave-laboratorio gli scienziati hanno ricreato dei Metroid, sempre grazie al DNA presente su Samus. Non Metroid qualsiasi, ma Metroid perfezionati, privati della debolezza alle basse temperature. Ciò li rende di fatto degli esseri praticamente imbattibili.

Questo è un cucciolo di Ridley, che ci crediate o no.

Tragici eventi

Adam Malkovich, ufficiale in carica, decide così di sacrificarsi, facendo irruzione nel Settore Zero al fine di disconnetterlo dalla Bottle Ship ed in seguito farlo detonare, distruggendo definitivamente i Metroid. Nel frattempo Samus si scontra con la sua arcinemesi, Ridley, o per essere precisi un clone di Ridley. La cacciatrice ha ovviamente la meglio, ed un Ridley ferito fugge, per poi finire preda di una Regina Metroid.

Ebbene si, Samus si scontra per la seconda volta con una Regina Metroid, sconfiggendola, e riesce a salvare la Dottoressa Madeline Bergman, direttore ricerca del complesso. La Bottle Ship si avvicina quindi al quartier generale della Federazione, e Samus si confronta finalmente con MB, l’IA responsabile di tutto ciò che è avvenuto. Giunge infine un plotone di marines dal vicino QG della Federazione, capitanati dal Colonnello, che fermano lo scontro tra Samus ed MB, uccidendo di fatto quest’ultima. La situazione è quindi sotto controllo, e Samus, Madeline ed Anthony – un soldato del 7° Plotone – vengono condotti al QG della Federazione.

Nell’ultima sezione di gioco Samus torna sulla Bottle Ship per recuperare un “oggetto insostituibile”; dopo essere arrivata al Ponte di Comando viene assalita da Phantoon, boss già presente in Super Metroid e che qui fa il suo ritorno. Manco a dirlo, lo sconfigge, e recupera il casco del defunto Adam Malkovich, fuggendo poi dalla Bottle Ship, la cui autodetonazione è stata attivata da remoto.

Si conclude così Other M, che come avrete visto presenta una trama ben più articolata dei precedenti capitoli.

Il parassita

Giungiamo quindi a Metroid Fusion, titolo per Gameboy Advance rilasciato nel 2004, che di fatto chiude la storia di Metroid, quantomeno fino alla prossima uscita di Dread. Fusion segue la medesima struttura dei suoi predecessori, quindi grande mappa esplorabile, scelta del percorso da fare e quant’altro. Il titolo riesce inoltre a proporre una riuscitissima atmosfera horror in alcune sezioni, come vedremo più avanti.

La Fusion Suit dona a Samus un look più agile rispetto alla voluminosa Power Suit

L’infezione

Samus viene inviata nuovamente sul pianeta SR388, al fine di condurre una scrupolosa indagine per confermare l’avvenuta estinzione dei Metroid. Qui viene però infettata da un organismo autoctono, il Parassita X, che si innesta nella sua Power Suit. Di ritorno da SR388 Samus accusa un malore; è il Parassita X che sta attaccando il sistema nervoso della cacciatrice. La sua navetta così si schianta su una fascia di asteroidi, rendendo necessario un recupero d’emergenza.

Viene dunque trasportata al Quartier Generale della Federazione; l’infezione ad opera del Parassita si estende velocemente, ed è necessario asportare chirurgicamente la Power Suit, ormai compromessa dal parassita. Risulta inoltre impossibile rimuovere l’organismo dal sistema nervoso di Samus, così la Federazione ha un’idea: utilizzare un vaccino ricavato dall’ultima manciata di cellule del cucciolo Metroid.

Il piano funziona, il parassita viene inibito dal vaccino a base di Metroid, e Samus acquista la totale immunità a quello strano essere, riuscendo addirittura ad assorbirlo senza conseguenze. Samus Aran diviene quindi un ibrido tra essere umano e Metroid, acquisendo sì la naturale immunità al Parassita X, ma anche la debolezza alle basse temperature tipica dei Metroid.

Inoltre perde tutti i suoi “potenziamenti”, essendo la Power Suit irrimediabilmente compromessa dall’infezione; quest’ultima viene inviata sulla stazione di ricerca BSL, al fine di venire studiata più a fondo. Ciò che rimane della famosa tuta è la Fusion Suit, un’unione tra l’originale Power Suit ed il Parassita X.

Chi ha giocato Fusion si ricorderà sicuramente di questo ragazzaccio

L’invasione

Poco dopo viene però avvertita un’esplosione proveniente dalla BSL, ed ovviamente Samus viene inviata ad investigare, “accompagnata” dal computer di bordo della nuova navetta, Adam. Arrivata lì scopre che la stazione è stata invasa dal Parassita X, e che gli scienziati sono tutti morti. Il parassita è inoltre in grado di riprodursi continuamente, essendo asessuato, e presto colonizzerà l’intera BSL.

Da questo momento Samus affronta varie forme del Parassita X, che vanno da bestie di ogni tipo ad un vero e proprio clone di Ridley, fino ad arrivare al più mortale degli avversari: SA-X, o Samus Aran-X, una replica della cacciatrice, resa ancor più pericolosa dalle abilità del Parassita.

Samus quindi esplora la BSL, evitando ove possibile lo scontro con SA-X, nemico decisamente fuori dalla sua portata; è così che scopre un laboratorio segreto in cui – indovinate un pò – la Federazione sta ricreando i Metroid, ancora una volta, l’ennesima volta. SA-X la segue ed attiva la sequenza di autodistruzione di quel laboratorio, essendo i Metroid i predatori naturali dell’organismo. Sia Samus che l’entità riescono comunque a sfuggire all’esplosione, che si spera abbia messo la parola fine alla faccenda Metroid.

Il computer di bordo, ribatezzato Adam dalla stessa Samus, avverte quest’ultima che da quel momento ci penserà la Federazione a metter le cose a posto, ed esorta l’eroina a lasciare la BSL al più presto. Adam lascia anche intendere che la Federazione sia particolarmente interessata alle capacità belliche del Parassita X.

Samus ed SA-X giocando al gatto e al topo per l’intera durata del titolo

La ribellione

A questo punto Samus prende una decisione, deve liberarsi dell’intero BSL, X non deve divenire una bioarma per nessun motivo. E soprattutto il plotone della Federazione in arrivo NON deve incontrare il parassita, che soggiogherebbe facilmente i militare, acquisendone così le conoscenze circa la navigazione interstellare. A quel punto niente potrebbe fermarlo dall’espandersi per tutto l’universo.

È così che Samus decide di andare contro il volere della Federazione Galattica. Il piano prevede di impostare una nuova rotta per la BSL; così facendo la stazione entrerà in collisione con SR388, precipitando sul pianeta ed annientando entrambi. Nessun Parassita X riuscirà a sopravvivere all’evento. Sfortunatamente Samus viene intercettata da SA-X, ed il duello è inevitabile. Fortunatamente la nostra eroina ne esce vittoriosa, e riesce così ad impostare le nuove coordinate di navigazione. A questo punto si avvia verso la navetta per fuggire.

Un ultimo ostacolo si frappone tra la cacciatrice e la sua salvezza; un Metroid Omega, precedentemente fuggito dal laboratorio segreto, la attende nella zona hangar. Samus lotta, ma il nemico è troppo potente, e lei non ha più accesso all’arma letale per qualsiasi Metroid, l’ Ice Beam. Quando tutto sembra perduto compare però SA-X, che istintivamente attacca e danneggia il Metroid, per poi venir colpito e regredire all’originaria forma di nucleo cellulare. Samus quindi assorbe il Parassita, riacquisendo tutto i suoi poteri e la sua Power Suit, e procede così all’eliminazione del Metroid Omega. Così riesce finalmente a fuggire mentre la BSL precipita su SR388, segnando la fine del Parassita X.

Si conclude così la storia di Samus Aran, ricercata dalla Federazione Galattica poichè ha disobbedito agli ordini. L’attesa durerà però ancora per poco, poichè lo ricordo nuovamente, l’8 ottobre potremo finalmente scoprire cosa ne è stato della cacciatrice di taglie più abile della galassia.

Metroid Omega chiude la storia di Fusion.
Così si chiude la storia di Fusion, un duello con il Metroid Omega

Si ok… Ma Prime?

I fan di vecchia data se lo staranno sicuramente chiedendo: che fine ha fatto Metroid Prime nel recap? La verità è che considero Prime una saga separata dai classici titoli 2D. Le vicende dell’intero arco che va da Zero Mission a Fusion è già delineato, e Prime è un “di più”. La trilogia spin-off tratta del periodo intercorso tra Zero Mission e Metroid II: Return of Samus, ed aggiunge un universo a sè stante praticamente. Ritengo che però meriti un articolo tutto suo, quindi ne sentirete parlare in futuro, e spero abbiate voglia di ascoltarmi ancora una volta.

Metroid Dread ci racconterà il proseguo della storia.
Dread ha tutte le carte in regole per essere il prossimo capolavoro in casa Nintendo

Siamo arrivati alla fine, e spero che questo recap vi sia stato utile. La storia di Metroid è molto più complessa di quel che i titoli lascerebbero intendere ad uno sguardo distratto, ed il tempo per rigiocarsi l’intera saga spesso non c’è. Ora scusatemi, ma vado a lucidare il mio Arm Cannon, e vi consiglio di far lo stesso, perchè tra qualche giorno vi servirà di sicuro!

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Recensioni

Inscryption – Provato dell’inquietante gioco di carte

Il mercato indie è famoso per essere capace di sfornare videogiochi semplici, con idee o meccaniche geniali e profonde. Daniel Mullins ne ha fatto il suo cavallo di battaglia grazie al successo dei suoi titoli precedenti: The Hex e soprattutto Pony Island. Sulla falsariga di quest’ultimo, nasce Inscryption, un gioco di carte dai toni cupi la cui uscita è prevista il 19 ottobre solo su PC. Vi raccontiamo i nostri pensieri dopo aver provato la demo,

La bilancia di Inscryption

La vita come un gioco

Inscryption è la storia di una povera ragazza sequestrata all’interno di quella che sembra una baita. Vivremo la nostra esperienza tra quattro mura in legno con l’inquietante presenza di un pazzo furioso, che deciderà della nostra vita in base ai risultati che otterremo in un gioco di carte da lui ideato. Lo strano inquilino avrà sempre il volto nascosto nell’ombra, ma indosserà delle maschere per impersonare i personaggi più importanti del gioco.

Potremmo muoverci all’interno della stanza, dove sono contenuti pochi oggetti ancora abbastanza criptici: una cassaforte, un candelabro e degli oggetti del gioco; due in particolare: il regolamento e delle macabre miniature.

In Inscryption, quanto avviene sulla plancia di gioco si ripercuote su di noi. Per vincere uno scontro, dovremmo metaforicamente colpire il nostro avversario, che appoggerà dei denti (veri) su una bilancia; quando la bilancia sarà totalmente dalla parte di uno dei due giocatori, la partita terminerà. Per questo motivo, è particolarmente cinematografica la presenza della pinza: potremmo staccare uno dei nostri denti per guadagnare un punto in più sulla bilancia.

Durante la partita, avremmo due tentativi prima di fare una brutta fine. Queste chance sono scandite da un candelabro. Quando la luce di entrambe le candele terminerà, saremo condotti in una stanza dove verremo presumibilmente uccisi divenendo parte integrante del gioco; infatti, il terrificante nemico ci trasformerà in una carta da gioco che potremmo pescare nel nostro prossimo tentativo.

La mano del destino

Le meccaniche di Inscryption torneranno familiari a chi ha avuto modo di giocare a un altro titolo indie: Hand of Fate. La sfortunata ragazza si muoverà, per mezzo di una pedina, all’interno di una mappa, dove in base all’icona sulla casella potrà affrontare uno scontro, incontrare dei commercianti o ricevere dei bonus utili per la battaglia. In caso di sconfitta, faremo conoscenza dello stile roguelike del gioco, che caricherà casualmente una nuova plancia di gioco, mentre il boss finale sarà interpretato dal nostro sequestratore e richiederà una strategia specifica per essere battuto.

Scontri bestiali

Il gioco vero e proprio avviene all’interno di una griglia 4×3. Per vincere, bisogna colpire direttamente il proprio avversario tanto quanto basta per far pendere la bilancia dei punti totalmente dal lato dell’avversario.

All’inizio del gioco pescheremo delle carte dal nostro mazzo e potremmo giocare delle creature appartenenti a diverse tipologie di animali selvatici. Tra questi, menzione d’onore all’unica carta parlante: l’ermellino, che odierà essere sacrificato, conosce la malvagità del nostro sequestratore e soprattutto ci fornirà utili consigli durante il gioco.

Potremmo giocare le nostre carte solamente nelle prime quattro caselle davanti a noi. Una volta passato il turno, esse attaccheranno le caselle subito davanti a loro (tranne effetti particolari), senza ricevere alcun danno dalla carta avversaria. Nel caso in cui non ci sia nessuno su quelle caselle, il danno sarà inflitto al giocatore. Da specificare, che le creature dell’avversario, prima di attaccare, si muoveranno in avanti finendo al centro della plancia, come indicato dal suo lato di gioco.

Dal secondo turno, dovremmo pescare una carta dal mazzo prima di compiere qualsiasi azione. Durante la fase di pescata, possiamo scegliere tra due pile: il nostro mazzo, che contiene le carte ottenute durante la nostra run, oppure dal mazzo “scoiattolo”, una creatura debole che torna utile principalmente come sacrificio per le carte più forti.

Dopo aver pescato, potremmo usare tutti gli oggetti presenti sul nostro zaino e qualsiasi numero di carte nella nostra mano, a patto di poterne pagare il costo, diviso in sacrifico e ossa. Il primo si paga sacrificando le nostre creature in gioco, mentre il secondo attraverso dei gettoni che si ottengono ogni volta che un nostro animale muore.

La pinza di Inscryption

Più forti di prima

Durante i vari fallimenti per sconfiggere il primo boss, abbiamo capito che la morte è parte integrante del gioco; infatti, dopo ogni sconfitta abbiamo ricevuto nuove carte con nuove meccaniche da sfruttare, anche se abbiamo visto solo una modesta parte di tutti gli effetti presenti sul regolamento; in particolare, ci siamo imbattuti in animali che diventano più forti dopo un turno, creature volanti che bypassano le difese, animali con “veleno” il cui attacco è letale, ma sembra che ci sia molto di più da scoprire.

Da citare che trasformeremo la nostra ultima sconfitta in una carta; infatti, a partire dal nostro ultimo mazzo, dovremmo scegliere valore di attacco, difesa ed effetti di una nuova carta a cui noi assegneremo un nome e il nostro carnefice una foto.

Inscryption: il nostro alter ego.

Ferri del mestiere

Durante la partita di Inscryption, potremmo usare degli oggetti utili alla causa. Il più importante è lo zaino, che potrà contenere fino a tre oggetti e che si potrà riempire quando finiremo nell’apposita casella sulla plancia. In aggiunta, il gioco prevede dei totem, degli oggetti che forniranno dei bonus speciali ad animali di una certa tipologia, sia a noi che al nostro avversario.

Conclusione

Inscryption ha un’ambientazione tanto macabra quanto interessante, coerente con un gioco di carte impegnativo e potenzialmente complesso. Le meccaniche viste nel provato non sono molte, ma gli indizi ci portano a un titolo ricco di contenuti. Di contro, lo stile di gioco è molto simile a un altro titolo di successo come Hand of Fate e abbiamo alcuni dubbi sul bilanciamento delle carte. La casualità mitigherà il problema, ma potendo scegliere tra qualsiasi combinazione, il rischio è che una volta trovata la combinazione perfetta, il giocatore possa proseguire fino alla fine con eccessiva sicurezza e ripetitività.

ProContro
ambientazione immersivasa già di visto
gioco di carte difficiledubbi sul bilanciamento delle carte
tante meccanicherischia di essere ripetitivo
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Editoriali

PES si trasforma in eFootball e diventa gratuito: il ricchissimo mondo dei free-to-play

PES diventa eFootball, e per la prima volta Konami punta sul titolo calcistico con un modello free-to-play. C’erano già state delle anticipazioni a riguardo: da qualche anno viene messa in commercio la versione Lite, qualche mese dopo la release ufficiale, con le funzioni limitate al multiplayer, e lo scorso anno non è uscito PES 2021 ma un update, che sostanzialmente andava ad aggiornare il titolo precedente senza stravolgerlo. A distanza di un anno, però, le cose sono totalmente cambiate, a cominciare dal motore grafico, quindi proprio dalle basi. Sparisce il “PES” dal nome, storico marchio del videogioco, si passa a eFootball, e per giocare basterà scaricarlo. FIFA invece continuerà con la solita formula, cioè uscita annuale a prezzo pieno, più ovviamente tutte le micro-transazioni e le relative polemiche. Ma siamo sicuri che in Konami stiano facendo la scelta giusta? Intanto scopriamo cosa si cela dietro a un prodotto free-to-play.

https://www.youtube.com/watch?v=K84Mt8FhgME&ab_channel=eFootball

Che cosa significa free-to-play

Il termine free-to-play, letteralmente “gratis da giocare”, descrive quei videogame che possono essere scaricati senza alcun costo aggiuntivo. Non obbligatorio almeno. Per rendere sostenibile questa tipologia di prodotti, publisher e sviluppatori devono puntare su alcune caratteristiche che possano permettergli di rivaleggiare con titoli nuovi. Statista valuta che nel 2021 il mercato del free-to-play mobile sia intorno ai 100 miliardi di dollari, con una netto apporto del mobile (75%, con un contributo dei player asiatici che vale oltre la metà del segmento), seguito da PC (23 miliardi) e console (2 miliardi). Questi ultimi due sono parecchio indietro, ma la spiegazione è che i prodotti di nota sono sensibilmente di meno (esistono migliaia di ottimi giochi mobile, e spesso di tratta di cloni), e al fatto che lo sviluppo su queste piattaforme è soprattutto legato al mondo multiplayer e, di conseguenza, necessita di un lavoro più lungo e che coinvolge più figure professionali.

Il poter arrivare a tante persone senza doverne pretendere l’acquisto è sicuramente il vantaggio principale del free-to-play, almeno per poterli attrarre una prima volta. Se questo è efficace per l’approccio, però, poi è necessario trovare il modo di farli rimanere connessi e di renderli degli utilizzatori abituali. Bisogna quindi aggiornare il videogioco, continuamente, per far sì che ci sia un’effettiva convenienza a giocare e a collegarsi quotidianamente (o quasi). Come suggerisce Medium, anche i live event possono fare un’enorme differenza, portando a connettersi cifre di giocatori generalmente insolite. In Fortnite è possibile assistere a eventi speciali. Specialissimi anzi, perché parliamo di un fenomeno che è uscito (positivamente) molto al di fuori del contesto videoludico. All’interno del gioco, nel 2020 è stato mostrato un trailer in esclusiva, e  non parliamo di un film di nicchia o di un regista emergente: si tratta di Tenet, di Christopher Nolan, che ha scelto un palco insolito per presentare un prodotto cinematografico. Altri casi che hanno visto Fortnite come protagonista sono i concerti. Marshmello, Travis Scott, Ariana Grande e altri ancora si sono esibiti virtualmente: gli utenti si connettono, e possono assistere all’interno del videogioco a uno spettacolo vero e proprio. Tutte queste attività sono un’elevazione alla n-esima potenza del concetto di “far rimanere i giocatori”.

Come si monetizza da un gioco gratuito?

Ma se finora abbiamo parlato di come far arrivare gli utenti, come si fa a monetizzare? Semplicemente gli si dà il videogioco gratuitamente, e poi gli si fa pagare degli extra facoltativi, che possono aiutare ad esempio a customizzare il proprio personaggio e la propria esperienza di gioco, o semplicemente levare i banner pubblicitari (su mobile). In altri casi si possono acquistare dei veri e propri vantaggi in-game, ma lì ci si allontana un po’ dal classico free-to-play: per i videogiochi sportivi può essere un atleta in particolare o l’aver maggiori possibilità per raggiungerlo, negli FPS possiamo parlare di armi, abilità speciali, e così via. La legge dei grandi numeri dice che più sono i giocatori, più sono quelli che pagano. E quindi si torna al punto precedente, cioè il tenersi stretti quelli che entrano in contatto con il videogame e che sono disposti a investirci tempo e risorse. Un ulteriore boost in questo modo sono anche gli aggiornamenti legati a specifici eventi: Pasqua, Halloween, Natale, e magari altri appuntamenti legati al Paese della casa di sviluppo. In questi frangenti è possibile avere accesso a mappe, modalità di gioco inedite oppure oggetti rarissimi, spingendo di conseguenza ancora più persone a restare in-game. 

Nel marketing viene valorizzato sempre di più il concetto direlazione”. Questo significa che ottimizzare la singola transazione (l’utente che spende 70 euro) è una grande operazione, poiché si riesce a vendere al prezzo desiderato e gli obiettivi minimi di business vengono soddisfatti, ma se si riesce a rendere il rapporto più duraturo, nel lungo periodo si guadagna molto di più. Semplificando il concetto al massimo, viene fatta una stima che tiene conto di quanto un utente può rimanere attivo e quanto è disposto a spendere in un certo lasso di tempo. Il free-to-play si basa proprio su questo concetto, perché non si presta più alla massimizzazione di un acquisto solo (il videogioco, fisico o digiale) ma si punta quasi esclusivamente sulle micro-transazioni che, singolarmente, possono essere risibili e accessibili, ma che sommate nel lungo periodo possono portare a grandi cifre: nel 2020, Honour of Kings è arrivato a 2,45 miliardi di dollari. Non mancano comunque i prodotti non free-to-play che puntano molto su questo modello di business, con la differenza che necessitano di una spesa iniziale.

PES diventa eFootball: la svolta free-to-play è giustificata?

Tornando alla domanda principale: che conviene realizzare un videogioco free-to-play? La risposta è dipende“. Ancor prima della pubblicazione del videogioco bisogna ragionare sulla tipologia di prodotto che si sta creando, sulle risorse finanziarie a disposizione e sulla quantità e qualità degli aggiornamenti che sono previsti dopo il rilascio. Nel caso specifico di eFootball, probabilmente ci sono le condizioni giuste per rendere il modello sostenibile. Ha sicuramente una grande fanbase potenzialmente molto ampia, che nel corso del franchise ha generato 111 milioni di vendite e 400 download su mobile. Il tipo di gioco poi si presta ampiamente ad update ed eventi speciali, come succede già adesso: aggiornamenti in base alle prestazioni di calciatori e squadre, inserimento di campioni del passato. La possibilità di monetizzare invece può essere data dall’acquisto di valuta in-game, o direttamente di calciatori e di skin uniche. Bisogna però anche tenere conto dell’effettiva qualità del risultato finale, il videogioco in sé, che pare non essere stato troppo apprezzato dagli utenti e che vedono eFootball 2022 come un passo indietro rispetto a PES 2021.

Se, almeno esternamente, sembrerebbe una scelta sensata quella di passare al free-to-play, “sacrificando” gli incassi dati dalla vendita del videogioco base per accrescere (sensibilmente) il proprio seguito, la vera domanda da porsi è se questa rivoluzione del franchise basterà per superare FIFA, il rivale di sempre. In realtà ci sarebbe un altro quesito, perché quella che è spesso stata definita una lotta a due, da quest’anno con UFL potrebbe essere a 3. Non sappiamo ancora troppo di quest’ultimo, se non che è gratuito e che quindi opera nello stesso “campo” di eFootball 2022; il free-to-play.

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Diablo 2: Resurrected per Xbox Series X – Recensione

Recensione in un Tweet

Diablo 2: Resurrected risponde positivamente alla nostra necessità di sapere se uno dei videogiochi più importanti della storia sia ancora divertente e attuale. Nonostante alcune meccaniche vetuste, la versione rimasterizzata di Diablo 2 contiene tutto il fascino dell’opera originale, che è ora racchiusa in una veste grafica al passo con i tempi, ma ancora fedele al capolavoro di 21 anni fa. E ora anche godibile con un joypad in mano.

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Ci sono alcuni videogiochi che hanno cambiato per sempre il settore videoludico, creando nuovi standard di cui hanno beneficiato le opere successive. Diablo 2 è uno di questi e dopo 21 anni abbiamo la fortuna di poterlo raccontare nella recensione della sua versione Resurrected. Come vedremo più avanti, Diablo 2: Resurrected garantisce la stessa esperienza di tanti anni fa; per questo motivo la domanda più lecita è: uno dei giochi più belli di sempre riesce ancora a divertire?

More of the same

Diablo 2: Resurrected è una rimasterizzazione, che grazie all’esperienza dei ragazzi di Vicarious Visions fornisce una veste grafica completamente rinnovata al capolavoro del 2000 e alla sua espansione Lord of Destruction; a questo, sono state incluse una serie di aggiunte atte a migliorare l’esperienza di gioco, senza snaturare l’originale di Blizzard North.

L’idea dietro la versione resuscitata di Diablo 2 è dare la stessa esperienza di 21 anni fa a un pubblico decisamente meno abituato alla difficoltà di un titolo pensato come un gioco da tavolo; infatti, Diablo 2 nasce con l’idea di portare i concetti già visti nei giochi di ruolo cartacei (Dungeons & Dragons, ma non solo) in un contesto digitale. Una scelta geniale che ha re-inventato il genere gdr action, tanto da aver costretto gli addetti ai lavori a coniare un nuovo termine: hack ‘n’ slash.

Nonostante la modalità cooperativa fino a otto giocatori, la riprogettazione dell’interfaccia e l’aggiunta del forziere espanso, che garantisce maggiore fluidità al titolo, Diablo 2: Resurrected rimane sempre lo stesso gioco, che richiede di sperimentare build, morire, ritornare alla base perché l’inventario è pieno e riprovare, non necessariamente in quest’ordine.

Scelta personaggi in Diablo 2 Resurrected

Storia infernale

La trama del gioco continua le vicende del primo capitolo. L’eroe che sconfisse Diablo, ha deciso di imprigionare dentro di sé il mostro. Purtroppo, nel corso degli anni, Diablo riesce a corrompere il suo carceriere e costringe il neo Viadante Oscuro a rilasciare sulla terra una serie di diavoli. Inizia così il pellegrinaggio del viandante verso est, che seguiremo per cinque atti.

La storia di Diablo 2 non è la più originale di sempre, ma la caratterizzazione di tutti i personaggi è la migliore che probabilmente vedrete in un videogioco. Chiunque in questo titolo è pregno di carisma: il narratore Marius, Deckard Cain, Tyrael, ma anche gli stessi malvagi nemici come la signora dell’angoscia Andariel, Azmodan il signore del peccato e ovviamente i Primi Maligni: Diablo, Baal e Mephisto.

Gioco di numeri

Dietro un videogioco in cui bisogna uccidere tutti i nemici che compaiono sullo schermo, mentre si esplorano temibili dungeon, si nasconde un’importante componente narrativa da affrontare con una delle sette classi disponibili, che rendono l’esperienza sempre diversa: amazzone, assassina, negromante, barbaro, paladino, incantatore e druido. Ogni classe ha tre alberi di abilità che permettono diverse build, in base al proprio stile di gioco. I punti abilità sono concessi a ogni livello e possono essere resettati parlando con opportuni personaggi.

All’importante scelta della build, si aggiungono altre due necessità matematiche: i punti alle statistiche (cinque per livello) e l’equipaggiamento. Le statistiche di Diablo 2 sono quattro, tutte da scegliere opportunamente pena avere grosse difficoltà durante il proseguo dell’avventura: forza, destrezza, vitalità ed energia. D’altro canto, inizialmente bisognerà indossare quello che si trova, ma andando avanti con il gioco, sarà fondamentale tenere conto dei bonus di armi, armature e gioielli per portare a termine l’avventura. In altre parole, i numeri contano.

Dungeon in Diablo 2 Resurrected

Xbox Series X: grafica e joypad resuscitati

La più grande novità di Diablo 2: Resurrected è senza dubbio la veste grafica, che è stata completamente ricreata da zero. Il risultato finale è la dura e violenta bellezza di Diablo 2 con un dettaglio grafico tipico del successore, Diablo 3. In altre parole, un rinnovamento piacevole che non cambia la natura cupa e sadica del gioco originale. Menzione d’onore al nuovo gioco di luci, che dona una maggiore profondità agli ambienti, anche se in alcune zone può risultare difficile orientarsi; infatti, ogni tanto i coni di luci si sovrappongo creando confusione sui punti di accesso.

Diablo 2: Resurrected è stato pensato per essere giocato anche con un controller in mano, ma lo stesso non si può dire del peccato originale. Alcune meccaniche di Diablo 2, come il semplice ordinamento della cintura dei consumabili, sono ancora strettamente legate a mouse e tastiera, ma il lavoro Vicarious Visions ha reso l’esperienza su console molto godibile. Il target automatico rende le battaglie agevoli anche su console e raccogliere gli oggetti con lo stesso automatismo non causa mai frustrazione. Infine, l’interfaccia rinnovata permette di muoversi con facilità, anche se il numero di finestre (e sottosezioni) tipiche dei gdr può causare qualche mal di testa.

Naturalmente, la potenza di Xbox Series X non è sfruttata al massimo, ma la resa grafica è superba, mentre i caricamenti sono praticamente immediati.

Andariel in Diablo 2 Resurrected

Il migliore della serie

Diablo 2 è stata una vera e propria rivoluzione, perché ha trasformato delle griglie su carta in un videogioco profondo in tutte le sue principali caratteristiche. In pochi possono vantare un tale livello di innovazione e cura artistica all’interno di un unico gioco uscito 21 anni fa. Per questo motivo, riteniamo il secondo capitolo della serie il migliore di sempre, che Diablo 3 non è riuscito nemmeno a eguagliare. Ci auguriamo che Diablo 4 possa essere il nuovo crack del settore videoludico, ma gli standard da superare sono parecchio elevati.

Per questo motivo, Diablo 2: Resurrected è la migliore esperienza che potete attualmente provare. Il restyling grafico, la possibilità di giocare adeguatamente su console e l’attenzione data alle modalità online (soprattutto la ladder) hanno permesso a questo capolavoro di vincere la sfida del tempo, a un prezzo decisamente onesto.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: gdr d’azione (hack ‘n’ slash)
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Si
  • Prezzo39,99€

Ho combattuto il male per circa 50 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Arkham Horror: La Collera di N’Kai (Libro) – Recensione

Spesso sentiamo parlare di boardgames tratti da film, videogiochi o libri; meno spesso invece si sente il contrario, ovvero un media derivato da un boardgame, salvo rare eccezioni nel mondo videoludico. Ed a pensarci bene è anche normale che la più proficua sia proprio la prima categoria; prendere un personaggio vivo, un’ambientazione vissuta, con una storia già raccontata, per poi trasformarli in una carta da gioco o un tabellone, modellandone le meccaniche a loro immagine e somiglianza, una trasposizione quasi naturale. Assai più difficile invece fare il contrario, prendere una carta da gioco e da quelle pochissime righe di testo creare un carattere, un modo di porsi, di muoversi, di vivere.

L’opera di cui parleremo oggi, La Collera di N’Kai, appartiene proprio a questa seconda – ed assai più rara – categoria, ed ammetto di aver provato sincera curiosità quando il volume è finalmente giunto in redazione, essendo questa la mia prima lettura di un’opera tratta da un gioco da tavolo. Arkham Horror – questo il nome – è un boardagame cooperativo pubblicato nel lontano 1987; l’universo di gioco a tinte horror/sovrannaturali è pesantemente ispirato alle opere del maestro H.P. Lovecraft, ovvero il papà di tanti esserini, tra cui il più conosciuto è il simpatico Cthulhu.

Cthulhu
Cthulhu, la più famosa creazione di H.P. Lovecraft

Il titolo, assieme al già trattato Keyforge – Racconti del Crogiolo, è il primo frutto dello sforzo congiunto tra Asmodee Italia ed Aconyte Books, che in futuro dovrebbero tradurre e pubblicare tante altre opere tratte da famosi boardgames.

Alla penna troviamo Josh Reynolds, un “veterano” di questo genere di trasposizioni. Vi basti sapere tra i suoi lavori si annoverano opere su licenze del calibro di Warhammer, Warhammer 40.000, ma anche WatchDogs ed addirittura Zombicide, altro famosissimo boardgame. Insomma, un setting da urlo – o da brivido, scegliete voi – ed una penna di tutto rispetto. Sarà riuscito Reynolds a trasformare l’enigmatico universo Arkham Horror in libro?

Una cittadina tranquilla

Arkham, Massachusetts, i primi anni del secolo scorso. Il mondo si è da poco ripreso da un terribile evento, ma gli strascichi della Grande Guerra si sentono tutti; vige il proibizionismo, bande di gangsters impazzano per le strade, i veterani tornano – o quantomeno tentano di farlo – alla normale vita da cittadino statunitense. È un’epoca strana questa, dove un’enorme ripresa economica si scontra con una società sempre più disillusa, quasi decadente. Un’epoca grigia, e forse anche la migliore per far da sfondo alle vicende che La Collera di N’Kai vuole raccontare al lettore.

Così inizia l’avventura di Alessandra Zorzi, Contessa originaria di Venezia, ma cresciuta in giro per l’Europa e non solo. Ladra per professione e per lignaggio, Alessandra presta i suoi servigi ad una peculiare cerchia di clienti, facoltosi personaggi disposti a tutto pur di mettere le proprie mani su strani oggetti, a volte bizzarri, molto più spesso grotteschi e raccapriccianti; tomi riguardanti l’occulto, ma anche reliquie di varia natura, come le tsantsa, meglio conosciute come teste rimpicciolite.

Università Miskatonic, punto d'inizio delle indagini del libro di Arkham Horror
Università Miskatonic, punto d’inizio delle indagini

Il suo prossimo bersaglio si trova proprio nella città di Arkham, ed è il pezzo forte del Museo dell’università Miskatonic. Una mummia ritrovata in Oklahoma, un lavoro alquanto bizzarro anche per Alessandra Zorzi, abituata a quel genere di cose, per di più commissionato da un mecenate che preferisce rimanere nell’ombra. Così, quando durante la Mostra del reperto un gruppo di sgherri irrompe in museo – armi in pugno – battendola sul tempo e prelevando la strana mummia, la contessa capisce che quello non sarà l’ordinario lavoretto che si era immaginata. L’unica certezza è che quella mummia va ritrovata, ed il suo cliente soddisfatto, poiché lei ha una certa reputazione da mantenere, ed il cliente cui si è legata non ammette alcun errore. Da qui partono le indagini della ladra, indagini che si dipaneranno per la quasi totalità dell’opera, e le faranno conoscere i tanti volti di quel luogo dimenticato da Dio, ma non da altre presenza più antiche ed opprimenti.

Il primo degli elementi chiave del racconto è la cittadina di Arkham. Quella che sembrerebbe essere una tranquilla cittadina statunitense come tante altre nasconde invece vizi, segreti e cose inspiegabili, cose incomprensibili. Uno dei grandi pregi di La Collera di N’Kai è sicuramente la rappresentazione della cittadina, all’apparenza ordinaria, banale, ma che sin da subito risulta inquietante, viva, sbagliata. Reynolds riesce a trasporre su libro l’essenza di Arkham Horror ogni qualvolta descrive Arkham, rappresentandola quasi come un’entità che si prende gioco dei protagonisti dell’opera più che un centro urbano. L’indagine di Alessandra porta il lettore a scoprire gli anfratti più bui e nascosti della cittadina; clubs frequentati da malavitosi di ogni specie, grandi ville appartenenti ad enigmatici mecenati, labirinti sotterranei utilizzati dai contrabbandieri ed ancora tanto altro.

La città di Arkham.
Arkham, una città dall’atmosfera sinistra

Lo stesso non si può dire dei tanti, forse troppi, personaggi che fanno capolino lungo le circa 310 pagine cui si compone l’opera. Se la protagonista e la sua spalla, Pepper, risultano ben delineate, lo stesso non può essere detto di praticamente ogni altro individuo incontrato lungo tutta la vicenda; già dopo i primi capitoli si ha la sensazione che tutti i personaggi abbiano una personalità decisamente troppo simile, e che si esprimano grossomodo alla stessa maniera, salvo una o due eccezioni. Sfortunatamente il tutto è accentuato dal fatto che nessuno di loro gode dell’esposizione necessaria a definirne un carattere vero e proprio, e ciò li rende di fatto tutti simili, anonimi e dimenticabili. Un gran peccato, considerando che lo stesso trattamento è riservato anche ad un paio di detective presenti nel boardgame, e che nelle pagine di La Collera di N’Kai prendono finalmente vita.

Pulp, forse sin troppo

Giunti a questo punto ci si aspetterebbe una vicenda dalle spiccate tinte horror/sovrannaturali, attesa che per tanti si rivelerà vana. La Collera di N’Kai è principalmente una storia dalla forte impronta pulp; di fatto il grosso dell’opera vedrà il lettore intento nel seguire le indagini di Alessandra, ed il racconto assumerà i connotati di un vero e proprio poliziesco, con sporadici accenni alla natura oscura della mummia ricercata. Chiariamoci, la lettura dell’opera è comunque scorrevole, ma risulta strano che un libro su licenza Arkham Horror releghi proprio l’aspetto horror ad una mera comparsa, quantomeno per i primi tre quarti della vicenda. Il genere poliziesco cederà il passo al sovrannaturale solamente nelle ultimissime pagine, spazio forse troppo ristretto per i nostri gusti.

Arkham horror vive di orrore che nel libro vivrete di rado.
Arkham horror è soprattutto questo, peccato che nel libro vivrete pochissimi momenti del genere

Il lettore in cerca di racconti su esseri antichi, orrori cosmici e misteri imperscrutabili potrebbe quindi rimanere deluso dal focus che Reynolds rivolge a vicende ben più umane. Voglio però precisare che quanto detto non è un vero e proprio difetto, ma vista la licenza su cui si basa l’opera è doveroso chiarire che La Collera di N’Kai non è assolutamente la tipica novella ispirata all’immaginario del Solitario di Providence.

In conclusione che dire di La Collera di N’Kai quindi? Reynolds riesce a confezionare un’opera certamente non esente da difetti, come personaggi secondari abbastanza dimenticabili ed un bilanciamento tra umano/sovrannaturale che potrebbe risultare indigesto a qualche lettore; è pur vero che il ritmo serrato e la voglia di scoprire chi ha rubato quella dannata mummia – e soprattutto perché – faranno volar via le pagine in un paio di giorni al massimo, risultando in una lettura leggera ma allo stesso tempo avvincente. Il tutto è impreziosito dalla ottima trasposizione della città di Arkham, oscura e malata al punto giusto, che più volte ricorda ai protagonisti che no, quella non è una tranquilla cittadina del Massachusetts. Sicuramente un buon punto d’inizio per la collana di libri su licenza Arkham Horror.

Dettagli e Modus Operandi

Ho indagato sulla Mummia dell’Oklahoma grazie ad una copia del libro gentilmente fornita dal publisher.

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Editoriali

Diablo, guida alla demonologia dei videogiochi

Diablo si può definire una serie cult per i gamers, siano essi fedelissimi Sony, Xbox o provenienti dal mondo dei PC. Il primo titolo (Diablo I) uscì nel lontano 1996 seguito quattro anni dopo dal suo sequel Diablo II. I giocatori però hanno dovuto attendere ben dodici anni per avere un terzo capitolo. 

Dopo tanti anni d’attesa Diablo III si è presentato al pubblico con una grafica largamente migliorata rispetto ai primi due e oggi, a quasi dieci anni da quella pubblicazione, Blizzard ci offre una chicca. Nell’attesa del quarto capitolo (previsto tra il 2022 e il 2023) si potrà giocare Diablo II: resurrected, la remastered dell’ormai ventenne Diablo II. Grazie ad una grafica migliorata e a dinamiche di gioco semplificate la casa Blizzard offre un tuffo nel passato senza però stravolgerne il ricordo. Diablo II: resurrected è un ottimo punto di partenza per avvicinarsi alla saga per la prima volta o per rivivere le emozioni di un tempo. 

Tutti i Diablo fluttuano attorno all’eterna lotta tra il bene e il male, le schiere infernali e quelle celesti che si contendono il mondo di Sanctuary e la vittoria finale. Vi siete mai chiesti però se i nomi e le ambientazioni del gioco abbiano un qualche richiamo alla demonologia e cosmogonia Cristiana? 

In occasione dell’uscita di Diablo II: resurrected perché non dare una sbirciatina al mondo da cui questa saga prende spunto? 

Diablo e i nomi di Satana

Partiamo appunto dal demone che dà il nome alla serie Diablo, che in spagnolo significa Diavolo. Un sostantivo spesso associato alla figura di Satana. Se usato più generalmente però può diventare un sinonimo di demone e quindi indicare i torturatori dell’inferno e non il Diavolo con la D maiuscola. 

Secondo la Bibbia quest’ultimo è la contrapposizione a Dio, il peccato e il tentatore. Quindi se la mitologia fosse un gioco allora potremmo dire che si tratta del boss finale dell’inferno, il grande male. Questa figura all’interno dei giochi di Blizzard però non è presente, le schiere infernali infatti sono capitanate da un terzetto di demoni maggiori.  

Diablo è uno di loro insieme a Mefisto e Baal. I nomi utilizzati dagli ideatori del gioco per i membri del triumvirato sono tutti nomi che fanno riferimento alla figura di Satana. Diablo è forse quello più usato ma anche gli altri due, in vari passaggi della Bibbia e non solo, vengono usati per parlare del Diavolo. 

Diablo
Diablo

A seconda della sfaccettatura del male che vogliono evidenziare, spesso i riferimenti bibliografici utilizzano nomi diversi per riferirsi a Satana. Astarte, Belfagor, Belzebù, Azazél, Dagon, Moloch, Samael e molti altri. Questo caleidoscopio di volti che Satana può prendere lo si può ritrovare nei titoli utilizzati nel gioco della Blizzard. Diablo per esempio era il signore del Terrore. Questo titolo gli è stato affibbiato probabilmente nella speranza che sembrasse il più temibile nel trio a capo degli inferi. Il terrore infatti è la forma primordiale di minaccia, fin dal suo stato larvale l’umanità ha sempre conosciuto la paura e per questo il demone più potente poteva assumere solo quel titolo. 

Mefisto il diavolo tedesco

Accanto a Diablo, al vertice dell’Inferno, c’è Mefisto detto anche Mefistofele. Questo nome è spesso usato nel folkore tedesco per indicare il Diavolo. La figura di Mefistofele però è diversa da quella caprina di Satana. Il primo infatti è rappresentato spesso come un uomo vestito di nero con in mano un libro rosso. I due hanno in comune la caratteristica di stringere patti in cambio dell’anima della loro vittima. 

Mefistole è un demone menzionato anche nella leggenda di Faust di Goethe nella quale il dottor Faust stringe un patto col Diavolo, scambiando così la sua anima in cambio della conoscenza assoluta. Questo personaggio letterario ha condizionato anche il linguaggio contemporaneo dando origine all’aggettivo mefistofelico, utilizzato in riferimento a qualcosa di perfido, maligno e fuorviante. 

Mefisto in Diablo
Mefisto

Baal dio fenicio o demone?

Ultimo ma non meno importante è Baal. Il nome di questo personaggio potrebbe avere radici nella figura del dio Fenicio Baal. Esso era visto come il padre di tutti gli Dei, assumendo nella mitologia fenicia la stessa funzione di Crono in quella greca. Nella visione cananaica invece era visto come uno degli dei principali ma non come creatore degli dei. 

Molto più probabilmente però, il personaggio di Diablo, prende spunto dal demone Bael. Si tratta di uno dei dodici re dell’inferno e secondo le descrizioni che ne vengono fatte ha l’aspetto di un ragno con tre facce, una felina, una da rospo e una umana. Nel gioco della Blizzard la forma aracnoide è ripresa nel design del signore della distruzione ma anche qui, come nella figura di Mefisto non troviamo nessun’altra caratteristica in comune con la controfigura religiosa. 

Baal Diablo
Baal

Belial il falso idolo

Baal viene confuso spesso con Belial, altro demone della religione cristiana e ulteriore nome usato per riferirsi a Satana. Chi ha giocato il terzo capitolo della saga di Diablo conosce anche Belial. Il giocatore lo incontra nella città di Caldeum e aiuta ad intrappolarlo nella pietra nera delle anime. Belial fa parte di un gruppo di demoni minori che rovesciò il governo degli inferi quando il triumvirato di cui abbiamo parlato finora venne sconfitto. 

In Diablo, Belial è il signore della menzogna e infatti il suo nome in ebraico può prendere il significato di falso idolo. Questo demone dovrebbe quindi incarnare l’antagonismo della figura di Satana verso quella dell’unico e vero Dio cristiano. 

Belial
Belial

Azmodan, re dell’inferno

Nel terzo capitolo della saga di Diablo, una volta sconfitto Belial, entra in scena un demone dall’imponente figura. Si tratta di Azmodan che sfida Leah a fermare le schiere infernali al suo servizio che stanno per invadere Sanctuary. 

La figura di Azmodan sembra essere un potente generale degli inferi ed è sicuramente ispirato ad Asmodeo. Asmodeus è considerato uno dei dodici re degli inferi ed è un demone talmente potente da essere messo alla stregua di Lucifero e Satana. Altri lo associano addirittura al serpente che corruppe Eva nell’Eden e forse da questo deriva il titolo che gli viene dato in Diablo: “signore del peccato”. 

Azmodan Diablo 3
Azmodan nella visione di Leah

I Nephilim di Diablo

Alla fine del capitolo tre l’arcangelo Tyrael è preoccupato perchè il giocatore è diventato talmente potente da essere riuscito a sconfiggere Diablo nella sua forma fisica. Il personaggio giocato, indipendentemente dalla classe scelta, è chiamato il Nephilim per il suo misto tra demoni e angeli. Ebbene non vi sorprenderà sapere che nemmeno questi esseri per metà demoni o angeli sono frutto dell’immaginazione della Blizzard. I Nephilim erano esseri per metà umani e per metà demoni o angeli. 

Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. 

Genesi 6:1-8

Questo passo della genesi suggerisce che metà del sangue di questi esseri è divino. Per figli di Dio infatti si intendono sia angeli che demoni. Ad una prima interpretazione essi infatti erano stati associati alle schiere di angeli caduti, ma in un secondo momento è sembrato più corretto interpretarli come angeli veri e propri. 

La creatrice Lilith

Arriviamo infine alla figura della creatrice di Sancturay, la demone Lilith. Figlia di Mefisto che assieme a Inarius fuggì dall’eterna guerra tra il cielo e gli inferi creando il mondo degli umani. Il trailer fornito dalla Blizzard durante il Blizzconline di quest’anno annuncia il ritorno di Lilith dal vuoto in cui era stata imprigionata. L’entrata ad effetto della creatrice può preannunciare di sicuro un’avventura epica, d’altronde è della regina dei demoni che stiamo parlando. Nella demonologia infatti Lilith è vista come la madre di tutti i demoni e simbolo della donna che non si sottomette all’uomo. Nel medioevo viene presto associata alla lussuria e alla stregoneria e quindi negli anni prende anche il titolo di prima strega.

Nella cabala ebraica però Lilith è invece la prima donna creata, precedente a Eva, che non accetta di sottomettersi ad Adamo. Ella viene creata dalla terra proprio come il consorte che però voleva comandarla e dimostrarsi superiore, Lilith non volle sottomettersi e quindi le venne affibbiato il titolo di demone.

La storia della Lilith di Diablo sembra accostarsi a quella della sua controparte religiosa. La creatrice di Sanctuary infatti si ribella insieme a Inarius che però alla fine la relega nel vuoto rinnegandola.

Lilith Diablo
Lilith

Diablo: un mondo di gioco indipendente

Nei Diablo i riferimenti demonologici a volte si limitano a rubare un nome o a deformare i personaggi religiosi per renderli conformi alla storia del gioco, tutto questo rende un gioco già magnifico ancora più bello. La storia, inserita tra i round di gioco con cut-scene o nascosta nelle descrizione degli oggetti, si sviluppa insieme al gioco ma anche indipendentemente da esso. L’universo di Diablo infatti, proprio come quello di altri giochi Blizzard, è così ampio da non limitarsi a contenere un unica storia ma lasciando al giocatore la possibilità di immaginare al di fuori del tracciato. Questo è il risultato di un buon world-building che non si limita a creare un universo fine alla storia.

Se le ambientazioni cupe di Diablo, la storia dal retrogusto infernale e i riferimenti alla demonologia cristiana non vi sono bastati allora forse potreste dare una sbirciatina anche a qualche altro gioco che tratta argomenti simili come Dante’s inferno.

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Lost in Random per Xbox Series X – Recensione

Recensione in un Tweet

Lost in Random è un bellissimo viaggio nella narrazione transmediale. Le opere cinematografiche di Tim Burton, i classici di Charles Dickens e le maschere teatrali si incontrano in un piccola gemma, che si ispira ai grandi con rispetto. Il meraviglioso lato artistico e il gameplay volutamente casuale che abbiamo amato durante la recensione di Lost in Random forniscono una decina di ore di divertimento, con la ripetitività come unica pecca.

8.5


Il mondo che narriamo nella nostra recensione di Lost in Random è soggiogato da una regina che ha in mano l’unico dado che gli permette di decidere il fato di tutti i suoi abitanti. Il compito di porre fine a questo totalitarismo è nelle mani di una bambina, Even, a cui è stato sottratto l’affetto della sua amata sorella, Odd. Sembrano i presupposti per una bellissima fiaba, invece è la trama che accompagna un meraviglioso videogioco che intreccia lo stile gotico di The Nightmare Before Christmas e Il mistero di Sleepy Hollow di Tim Burton con i classici romanzi con piccoli protagonisti come Oliver Twist.

Ocadnis in Lost In Random

Le facce del destino

L’opera di Zoink! ed Electronic Arts inizia a Primagora, il peggior posto in cui vivere nel regno di Alea. Tra gli uniani che abitano in questi bassifondi ci sono due sorelle: Even, protagonista del gioco e Odd, sua sorella maggiore. Le regole di Alea prevedono che durante il dodicesimo compleanno, tutti i bambini scoprono il proprio destino attraverso il lancio del dado nero per mano della Regina. Nel caso di Odd, il dado nero ha mostrato un sei, che significa lasciare tutto e partire per il posto più esclusivo del regno: Sest’Incanto.

Letteralmente strappata dalla propria famiglia da Tata Fortuna, Odd comincia la sua nuova vita con la Regina; in quell’esatto momento, inizia anche l’avventura di Even fra realtà e visioni oniriche. La ricerca di Odd ci porterà a visitare i posti più pericolosi di Primagora e fare la conoscenza di un simpatico compagno d’avventura: Dicey. Andando avanti con la trama, scopriremo che prima della dittatura, Alea era il luogo d’incontro dei dadomastri. Essere umani e dadi vivevano insieme in un reame che prevedeva continui scontri, fino a quando la Regina decise di essere l’unica che avrebbe posseduto un dado (nero).

Tata Fortuna di Lost In Random

Un percorso semplice

Even e Dicey viaggeranno per tutte le città del regno, contraddistinti da un nome che ricorda una delle sei facce di un dado, accompagnati da una voce narrante, che ci ricorda costantemente che siamo all’interno di un cupo romanzo.

La storia di Lost in Random procede con linearità, ma gli incontri con i vari personaggi non giocanti saranno sempre vivaci. Questo rende un teorico percorso unidirezionale, un tortuoso viaggio tra le emozioni degli abitanti di Alea, che grazie ad Even prenderanno coscienza di quanto odino il totalitarismo aristocratico.

Dicey

Incontri casuali

La ricerca di Odd porterà Even e Dicey a scontrarsi con le guardie della Regina. Ogni combattimento è in tempo reale e prevede l’utilizzo dei poteri del nostro dado, alimentato da cristalli; essi sono sbloccati colpendo gli avversari con la fionda in un punto specifico, oppure sconfiggendo i nemici. I cristalli permetteranno di pescare delle carte dal mazzo di 15 carte che potremmo formare come meglio crediamo. Una volta pescata la prima carta, potremmo decidere di lanciare Dicey, che genererà una pausa tattica: il valore ottenuto sarà il numero di punti che potremmo spendere per giocare le nostre carte.

Le carte sono divise in armi, pericoli ( danni “magici” extra) e trucchi per ottenere vantaggi. Grazie all’aiuto di Max Mazzieri (e delle monete che raccoglieremo) potremmo avere sempre più carte per formare il nostro mazzo, ma una volta trovata la nostra combinazione preferita, finiremo per optare per la stessa strategia fino alla fine del gioco.

Un’altra modalità interessante in cui affronteremo i nostri avversari è il gioco da tavolo. Saremo catapultati in una plancia di gioco, dove muoveremo la nostra pedina lanciando Dicey. Ogni gioco da tavolo ha le sue regole, ma lo scopo sarà sempre arrivare all’ultima casella.

Arte allo stato puro

Lost in Random ha una qualità artistica di livello assoluto. I disegni ricordano le opere più apprezzate di Tim Burton, ma anche personaggi iconici dei videogiochi. Per esempio, noi abbiamo visto nelle movenze di Tata Fortuna lo sfortunato Abe di Oddworld, di cui il titolo condivide anche lo stile steampunk. Inoltre, a dispetto dei classici platform (come Super Mario o Crash Bandicoot), le avventure di Even hanno un taglio maggiormente ruolistico; chi ne avrà voglia, potrà dialogare con tantissimi personaggi, che aumenteranno esponenzialmente il proprio carisma parola dopo parola.

In questa recensione di Lost in Random, sentiamo il dovere di fare i complimenti al team di Zoink! anche per il comparto audio. Se la componente visiva ci fa assistere a uno spettacolo teatrale, lo stesso fanno le voci forti e caratteristiche di questo videogioco; infatti, ogni personaggio secondario ha la sua “maschera”, che viene sapientemente raccontata dalla maestria del narratore, che ci accompagnerà anche nei momenti più macabri.

L’unico punto negativo che non permette al gioco di annoverarsi tra i capolavori è la costante ripetitività del gioco. Gli avversari saranno gli stessi per la maggior parte dei combattimenti, mentre la trama prosegue un percorso lineare senza mai cambiare radicalmente rotta. I viaggi nei sogni di Even spezzano la monotonia, ma non sono sufficienti per cambiare il ritmo del videogioco.

Deck building di Lost in Random

Xbox Series X

Questa recensione di Lost in Random è stata vissuta su Xbox Series X. Il lato artistico è la parte più bella del gioco e viene ampiamente goduta grazie alla risoluzione 4K della console. Menzione d’onore per i caricamenti, praticamente immediati nella maggior parte dei casi, e che comunque non superano mai una manciata di secondi.

Sogno in Lost in Random

Conclusione

Zoink! si è meritato un posto d’onore in quella terra di mezzo tra i videogiochi indipendenti e i “doppia A”. Lost in Random è una bella avventura platform a tinte GDR adattata a tutta la famiglia, che non indispone mai i fan più hardcore. Un romanzo tra sogno e realtà che ci ricorda il periodo storico che stiamo vivendo: l’era più importante della narrazione transmediale. Lost in Random è un viaggio obbligatorio ed economico, visto il prezzo proposto, per due motivi: ci riporta indietro fino all’infanzia e ci fa guardare con ottimismo il lucente futuro di Zoink!

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: azione, gdr
  • Lingua: Italiano (sottotitoli)
  • Multiplayer: No
  • Prezzo29,99€

Ho combattuto e amato la casualità di Alea per circa 12 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Editoriali

God of War Ragnarök: guida alla leggenda

Spoiler alert!
Questo articolo contiene dettagli rilevanti sulla trama dei precedenti capitoli di God Of War.

L’evento Sony è ormai alle spalle e tra gli appassionati videogiocatori non si parla d’altro. Uno dei titoli tra i tanti presentati è l’attesissimo God of War Ragnarök. Ma cos’è il Ragnarök? Per chi di voi non lo sapesse, questa parola dal suono duro e spigoloso, nella mitolo­gia norrena, indica la fine del mondo e degli dei. Chi porterà all’estinzione quest’ultimi potevamo facilmente immaginarlo ma dalle parole di Atreus nel trailer intuiamo invece che la coppia padre-figlio avrà l’ardito compito di fermare l’apocalisse. Buffo, dato che a darvi inizio sono stati proprio loro. Il nostro buon Kratos infatti, nel quarto titolo della saga, ha ucciso il dio Baldur decretando così l’inizio della fine. La morte di quest’ultimo è difatti il primo segnale del Ragnarök.

Il mito originale 

Nel mito originale la morte di Baldur avviene per mano di Loki durante un banchetto. Il dio stava vantandosi della sua invulnerabilità sfidando gli Aesir (gli dei) a lanciargli addosso qualsiasi cosa nel tentativo di nuocergli. Loki, conscio che il vischio era l’unico elemento a poterlo ferire, ingannò il dio cieco Höðr e lo aiutò a colpire Baldur con una freccia di vischio. Il dio invulnerabile rimase colpito e morì, finendo poi a Hellheim, il mondo dei morti, da cui non poté fare ritorno. 

Baldur, God of War Ragnarok
La morte di Baldur.

La figura di Baldur nel gioco di Santa Monica Studio è abbastanza fedele a quella mitologica, ma sicuramente più importante che nei miti nordici che lo citano ben poche volte. Inoltre l’invulnerabilità del dio è fonte di tormento e non di vanto, in quanto la sua apatia verso il mondo lo rende insensibile a qualsiasi cosa. Per la coerenza mitologica, da apprezzare, è sicuramente la reazione della madre Freya (nella mitologia Frigga) alla vista delle frecce di vischio del giovane Atreus che poi spezzeranno l’incanto che rendeva Baldur invulnerabile. 

Inoltre, come abbiamo potuto notare durante il trailer del PlayStation Showcase 2021, Santa Monica Studio ha intenzione di citare nel prossimo capitolo (God of war Ragnarök) un altro dio norreno poco conosciuto: Tyr. A spiegare questa scelta da parte degli sviluppatori è forse il ruolo di quest’ultimo, che nella mitologia è identificato come il dio della guerra norreno. Quindi vedremo forse in azione non uno ma due God of War? 

Altri segnali dell’inizio del Ragnarök

Il risveglio di Jǫrmungandr, il serpente del mondo, è un altro segno della battaglia finale. Le leggende infatti dicono che il serpente del mondo, addormentato sui fondali oceani­ci, si risveglierà solo alla fine del tempo per prendere parte allo scontro finale, il suo destino sarebbe quello di scontrarsi con Thor e perire. Questo giustifica anche la sua antipatia per il dio del tuono e per tutta la sua famiglia manifestata nel gioco e quindi la sua propensione ad aiutare i due protagonisti.

Essendo Jǫrmungandr morto per mano di Baldur non potrà scontrarsi con Thor che, speriamo vivamente, possa avere a che fare con la coppia Kratos-Atreus nel nuovo capitolo della saga. Un’altra nozione importante da citare sull’enorme serpente è la sua origine, che lo condannerà ad essere etichettato come nemico degli dei e definito un mostro. 

I figli di Loki 

Secondo la mitologia norrena Jǫrmungandr sarebbe figlio di Loki, il dio dell’inganno, e avrebbe due fratelli Fenrir (il lupo gigante) e Hell (la dea della morte). 

Se per Hell non c’è molto da dire (il suo titolo è già abbastanza esplicativo), per suo fratello Fenrir c’è da chiedersi come lo inseriranno nel riadattamento videoludico, essendo destinato a scontrarsi con Odino nel Ragnarök ma anche a divorare il braccio di Tyr. Da che parte starà quindi Fenrir? Dalla parte di suo padre o da quella del padre di tutto? 

Jormungandr, la serpe del mondo
Jormungandr, la serpe del mondo

Loki, nel gioco, è però il nome originale di Atreus, quindi è alquanto improbabile che quest’ultimo ne rivendichi la pater­nità, ciò non preclude però che questi “figli” possano in qualche modo essere legati ai due protagonisti in altri modi. Nelle immagini donateci da Santa Monica Studio durante l’evento Sony ci sono molti indizi sul fatto che la prole del dio dell’inganno potrebbe essere una parte importante del prossimo capitolo, come la ragazzina del finale che si vocifera sia Angrboða, la gigantessa con cui Loki ha concepito i tre mostri citati in questo paragrafo.

A suggerire che dietro al nome di Loki c’è molto più che una semplice sovrapposizione di personaggi è anche una frase di Atreus nel trailer di God of War Ragnarök, in cui il figlio di Kratos esprime al padre la sua volontà di voler scoprire sé stesso, scoprire chi è Loki.

Chi è Loki?

Atreus in God Of War Ragnarök
Atreus

Spendiamo però qualche parola per questo personaggio da cui Atreus prende il nome. Nella mitologia nordica Loki è il dio dell’astuzia, le sue azioni sono ambigue proprio come la sua figura, a volte aiuta gli dei e altre ne è la rovina (come nel caso di Baldur). Questa ambiguità che caratterizza Loki è rappresentata non solo dal suo carattere ma anche dalle sue origini miste tra dei e giganti, proprio come nel gioco. Loki nei testi storici è visto come un male necessario per mantenere l’equilibrio dei mondi e questo aspetto si può rivedere in Atreus che cerca di bilanciare dentro di sé, ma anche in Kratos, la furia di quest’ultimo e gli insegnamenti della madre. 

Se Atreus è Loki quindi vedremo come verrà presentato questo nuovo lato del figlio di Kratos nel Ragnarök. 

Cosa potremmo vedere in God of War Ragnarök?

Tornando però alla fine dei tempi, la mitologia ci anticipa un gran numero di scontri epici e paesaggi mozzafiato. Come la comparsa di Surtr (il gigante di fuoco), l’esercito degli Einherjar (le anime del Valhalla), l’arrivo di Hell su Naglfar (una nave fatta con le unghie dei morti) o lo scioglimento di tutti i confini dei nove mondi. Quest’ultimo particolare potrebbe suggerire, ci auguriamo, la possibilità di visitare i mondi a cui era impossibile accedere nel capitolo precedente della saga. 

Lo scontro più atteso però è sicuramente quello contro Odino, il padre degli dei norreni. C’è da chiedersi però, a questo punto, chi sconfiggerà l’alter-ego nordico di Zeus, sarà compito di Kratos o di Atreus? Potrebbe essere il figlio a combattere con il dio supremo norreno, magari per vendicare l’uccisione del padre? Una cosa è certa: Loki, sia nel mito che nel gioco, avrà un ruolo fondamentale nel Ragnarök. 

Le premesse dell’ultimo gioco infatti sembrano suggerire che la fine del mondo non sarà l’unica conclusione a cui Atreus e i videogiocatori assisteranno. Dalle immagini premonitrici del finale sembra che nel nuovo capitolo assisteremo anche alla morte del nostro amato Kratos, ma d’altronde non sarebbe la prima volta. 

La fine come concetto di inizio

Nel credo norreno però la fine non è così definitiva come si può pensare ma sicuramente ineluttabile. Il Ragnarök non era inteso come la fine del mondo ma come il concludersi di un ciclo. Yggdrasil infatti dopo la sua fine è destinato a ricominciare dal principio, questo solo per andare incontro ad un altro Ragnarök.

Se ci si pensa bene è esattamente lo stesso destino riservato a Kratos. Nato umano vide finire la sua vita di spartano solo per iniziare una lunga crociata di vendetta che lo ha portato a trasformarsi nel dio della guerra che tutti conosciamo. La fine di un uomo e l’inizio di un dio. Una volta sconfitto Zeus però vediamo come la fine del vendicatore dà la luce ad un Kratos che si sacrifica per liberare la speranza nel mondo.

Kratos: prima e ora.
Kratos: prima e ora.

Ritiratosi poi nelle terre scandinave comincia nuovamente una vita normale che verrà devastata dalla perdita della moglie. Inizia quindi un viaggio con il figlio al fine di assecondare l’ultimo desiderio della defunta compagna, durante il quale possiamo notare che Kratos non è più lo stesso che in preda alla furia sterminò tutti il pantheon greco.

A sottolineare questo suo cambiamento è la scena toccante in cui Atreus chiede al padre di ragionare come un generale e non come un padre. La negazione secca di Kratos suggerisce che quest’ultimo ha riconsiderato le sue priorità e che manderebbe al diavolo tutto e tutti pur di proteggere il figlio. 

Seguendo la storia di questo tormentato personaggio si può quindi notare come la sua vita sia caratterizzata da vari cicli di morte e rinascita dei vari ruoli assunti dal dio della guerra. 

Quindi chi può dire che quella profetizza­ta dai bassorilievi a Jǫtunheimr non sia solo la fine di un capitolo in vista di un altro ancora più epico? In attesa che God of War Ragnarök dissipi tutti i nostri dubbi possiamo solo rigiocare i vecchi titoli o buttarsi in un’altra avventura al gusto di mitologia nordica: Assassin’s Creed: Valhalla.

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Società

Modena PLAY 2021: perché è bello andare in fiera

Lo scorso weekend, Modena Fiere ha ospitato il PLAY: Festival del Gioco 2021, la kermesse emiliano-romagnola del gioco. Parteciparvi è stata ancora una volta un’esperienza intensa e divertente, ma tutte le sensazioni sono state amplificate dal lungo stop causato dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. Emozioni di cui sentivamo la necessità e che dopo averle riprovate, non possiamo farne a meno.

L’evento digitale non basta

La pandemia di COVID-19 è un evento che le prossime generazione leggeranno nei libri di storia e qualsiasi evento mondano andava giustamente fermato. Fortunatamente, la tecnologia ci è venuta in soccorso anche in queste piccole necessità, permettendoci di distrarci da una situazione così terribile; anche i format più consolidati come l’E3 (2021) o il Gamescom sono scesi a patti con gli eventi digitali. Tutto quello che abbiamo visto in questo anno e mezzo non è altro che un lungo video, che ci ha informati, ma non appagati.

Se da un lato gli show online hanno permesso anche a chi non poteva andare alle fiere di assistere interamente agli show, chi invece vuole portare la propria passione su un altro livello è rimasto deluso. Del resto, in un evento digitale non è possibile conoscere nuove persone, provare delle demo confrontandosi con altri appassionati o addirittura con gli autori, scoprire nuove nicchie… poiché quel piacere è occultato da noiosi menù a tendina e una moltitudine di informazioni celate. Al PLAY 2021 invece, siamo riusciti a fare proprio quello che ci mancava di più.

La fiera e le persone

In questa edizione abbiamo avuto la possibilità di incontrare svariate nuove persone, che hanno arricchito il nostro bagaglio culturale. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere autori di librogame; parlare con creatori di videogiochi indie impegnati nella lotta all’hikikomori, il fenomeno che spinge le persone ad abbandonare la vita sociale a favore di veri e proprie fasi di isolamento fisico e mentale; avere sempre qualcuno al nostro fianco che ci spiegasse una meccanica di gioco quando i dubbi non ci permettevano di proseguire nella partita. Gli eventi fieristici si basano sull’interazione delle persone: il PLAY 2021 è stato un continuo scambio di opinioni accompagnato da un elevato senso di responsabilità da parte degli espositori, che igienizzavano continuamente le proprie postazioni, e degli spettatori che hanno sempre rispettato le norme di sicurezza previste.

La fiera e le nicchie

Il PLAY 2021 non ci ha mostrato esclusive mondiali, ma ci ha fatto conoscere tante piccole nicchie che hanno attirato la nostra attenzione.

Il librogame, più una rivincita che una nicchia, è stata una piacevolissima scoperta di cui chi vi scrive conosceva le meccaniche, ma non aveva mai visto la passione che li circonda. Scrittori, disegnatori e tanti altri addetti ai lavori che si spendono per continuare a evolvere un genere che si dava per finito con l’avvento di film interattivi e videogiochi e che invece ha imboccato un proprio percorso di crescita virtuoso. Tornare a casa con la copia autografata da Andrea Tupac Mollica e Katerina Ladon di Hong Kong Hustle è un piacere immenso, che nessun evento digitale può dare.

In una fiera dove giochi da tavolo, giochi di ruolo e card game sono i padroni di casa, è stato sbalorditivo trovare una visual novel indie che ci ha fatto vivere un intenso momento di introspezione. Nostalgici Anonimi è un modo alternativo di narrare che Hufu e MITE (fondazione senza fini di lucro che favorisce il massimo livello possibile di benessere dei minori) hanno usato per affrontare il tema dell’hikikomori. Nel mio caso, è stata anche l’occasione per un’interessante conversazione con il creatore del gioco, che ha basato il suo titolo sull’importanza di accettare se stessi, rispettando l’ambiguità del carattere umano come somma di pregi e difetti.

La fiera e le demo

Provare nuovi titoli è abbastanza scontato anche negli eventi digitali, ma farlo con qualcuno che ti aiuta a padroneggiare il gioco passo dopo passo è decisamente più divertente. Oltre a Nostalgici Anonimi, il titolo più vicino al mondo dei videogiochi che abbiamo provato è stato Skytear, un gioco da tavolo ispirato ai MOBA, in particolare League of Legends: un titolo che abbiamo già provato qualche anno fa, ma di cui ora abbiamo potuto gustare l’importante rework ricevuto, grazie anche all’aiuto di esperti del gioco. Avere una persona che ti guida nel percorso d’apprendimento può essere un vantaggio, ma anche una necessità; quante volte abbiamo rifiutato una partita a un gioco da tavolo perché avevamo paura delle regole da imparare?

Conclusione

Il nostro Modena PLAY 2021 è stato un piacevole ritorno, in totale sicurezza, a una straordinaria normalità. Essere presenti ci ha ricordato quanto una parte del nostro divertimento passi dal condividere le nostre passioni con gli altri: guardando le persone negli occhi, scrutando i loro pensieri e abbracciando le loro emozioni. Gli eventi fieristici hanno lo svantaggio di farti tornare a casa con i piedi doloranti e annoiarti con file interminabili in attesa di provare una demo: prima della pandemia ne valeva la pena, oggi è assolutamente necessario.

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Editoriali

Gamescom, guida ai migliori giochi in uscita nel 2021

Gamescom 2021 ci ha mostrato i migliori titoli in arrivo nei prossimi mesi. L’autunno è sempre un ottimo periodo per i videogiochi e lo showcase di Colonia ci ha permesso di vedere con maggior dettaglio i titoli che stanno per arrivare nelle nostre case. Sarà un fine anno all’insegna di graditi ritorni, ma anche di qualche interessante novità indipendente. Abbiamo raccolto per voi le migliori uscite per le quattro maggiori piattaforme in comode infografiche.

Il grande assente: Nintendo

Nintendo è stata la grande assente della Gamescom 2021. Questa grave mancanza non ci ha permesso di ammirare Metroid Dread o Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente, che hanno però accesso i riflettori a un’opera molto italiana, che purtroppo non possiamo aggiungere nella nostra lista in quanto è atteso per il 2022: Mario + Rabbids Sparks of Hope.

Per questo motivo, l’unico videogioco di rilievo che ci sentiamo di consigliarvi è il vincitore del premio “Best Indie Game”: Lost in Random, il platform di Electronic Arts dallo stilo gotico, che narra la vita in un misterioso mondo governato dalla casualità. Il gioco di Zoink Games ci ha fatto immergere in una fiaba con chiare ispirazioni alle opere di Tim Burton e il gameplay ha mostrato grande potenziale. In Lost in Random affronteremo dei combattimenti dinamici armati di fionda e una serie di carte che aumentano i nostri poteri “magici”. Troviamo perfettamente coerente la scelta di usare un sistema di card game per un gioco basato sulla casualità e non possiamo che vedere con estremo interesse l’arrivo di questo gioco il 10 settembre.

Gamescom: numero giochi, per piattaforma, in uscita nel 2021.
Gamescom: numero giochi, per piattaforma, in uscita nel 2021.

I migliori giochi per PlayStation

Nemmeno Sony ha partecipato alla Gamescom 2021, ma i titoli terze parti hanno comunque permesso alla console di Sony di far parlare di sé, nonostante non sia presente alcuna esclusiva PlayStation. La maggior parte dei giochi in uscita questo autunno sono nuovi capitoli di serie già note, ma qualche gradita novità potrà interessare diversi tipi di videogiocatori.

Deathloop è il nostro titolo preferito in arrivo sulle console Sony (esclusiva PlayStation 5 e PC). Il nuovo FPS di Arkane Lyon ci farà impersonare uomini e donne intrappolati in un loop, che ci obbliga a rivivere la stessa giornata all’infinito. L’unica via di fuga è uccidere otto obiettivi target prima che la giornata termini e il ciclo inizi nuovamente. Deathloop ci è piaciuto per tre motivi: le ambientazioni sono semplicemente esagerate e ricche di carisma; la libertà di azione sembra essere totale; ci ricorda quanto di buono già visto in Dishonored. Infine, troviamo molto curioso, per accordi presi in passato, che Deathloop viva lo strano destino di essere in esclusiva console solo su PS5, ma è sviluppato da un team oggi sotto proprietà di Microsoft.

Infine, dopo tre anni di attesa, la serie Far Cry ritorna a raccontare le sanguinose scelte di un perfido dittatore: Antón Castillo. L’intera serie gode di un’ottima reputazione e diversi capitoli sono ormai iconici. Da quanto visto alla Gamescom, Far Cry 6, vincitore del “Best Action Game”, sta rispettando ed ulteriormente espandendo gli elevati standard della saga e delle ultime produzioni di Ubisoft come Assassin’s Creed: Valhalla. Inoltre, il cattivo interpretato da Giancarlo Esposito ha il carisma giusto per essere un nuovo personaggio da ricordare in futuro, ancora di più se pensiamo alle possibili interazioni con il figlio Diego Castillo.

Gamescom PlayStation migliori giochi in arrivo nel 2021
Gamescom PlayStation migliori giochi in arrivo nel 2021

I migliori giochi per Xbox

Microsoft è la compagnia che si è spesa maggiormente per questa edizione del Gamescom. Nonostante buona parte dei migliori titoli disponibili siano gli stessi che possiamo vedere su PlayStation, la punta di diamante di Xbox è sicuramente l’esclusiva console Halo Infinite.

Il first shooter di 343 Industries sembra essere in una forma di gran lunga migliore rispetto a quanto visto all’Xbox Games Showcase di un anno fa; in particolare, gli sviluppatori si sono concentrati soprattutto sulla modalità multiplayer: l’idea di riportare in auge un arena-shooter ha gasato il pubblico che lo ha votato come “Best Mutiplayer Game” dell’evento, ma siamo fiduciosi anche sulla modalità single player. Infatti, rispetto a quanto visto negli ultimi mesi, alla Gamescom abbiamo notato che i (pochi) personaggi mostrati abbiano decisamente maggior carisma e dettagli rispetto al passato, figli di un’attenzione e una cura che i fan sia aspettano di vedere in un’opera così importante.

Gamescom Xbox migliori giochi in arrivo nel 2021.
Gamescom Xbox migliori giochi in arrivo nel 2021.

I migliori giochi per PC

Il grande vincitore della Gamescom 2021 è il personal computer. I PC gamer troveranno tutte le maggiori esclusive console: Deathloop e Halo Infinite, ma potranno mettere le mani sul grande ritorno di Age of Empires.

Age of Empires IV (“Best Strategy Game”) riporta in vita una serie che si era fermata 16 anni fa con il terzo capitolo e svariate remastered di Age of Empires 2. Quanto visto fino ad oggi, ci fa credere che i ragazzi di Relic siano partiti da Age of Empires II per creare qualcosa di maggiormente evoluto e ancora più ricco di dettagli. Raggiungere gli standard di uno dei giochi più importanti di tutti i tempi non è semplice, ma il franchise è estremamente importante per i videogiocatori PC e ci aspettiamo un gioco che possa far divertire gli amanti della strategia in tempo reale per molti anni, soprattutto online.

Un altro nome conosciuto che farà il suo ritorno nel 2021 è Syberia. The World Before con la vittoria dell’award “Best PC Game” accende nuovamente i riflettori sulle avventure grafiche e su una saga che tra il 2002 e il 2004 si è dimostrata essere una delle migliori nel suo genere. Diretta continuazione del terzo capitolo del 2017, Syberia: The World Before è una luce di speranza per gli amanti del genere, che devono solitamente attingere dal mondo indipendente per vedere nuove avventure grafiche.

Infine, gli amanti dei titoli dal sapore più indie troveranno di grande interesse i due strategici in arrivo a settembre: Dice Legacy ed Encased. Il primo è un city builder basato sulla varianza e vincitore del premio “Most Original Game”; Encased è stato invece votato come uno dei migliori RPG presentati durante la fiera tedesca.

Gamescom PC migliori giochi in arrivo nel 2021.

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