C’è qualcosa di magico e speciale nei videogiochi che non hanno fretta. Until Then non corre, non urla: ti invita semplicemente a vivere, a ricordare, a sentire. In un mondo sempre più frenetico governato dal bombardamento visivo e dalla logica consumistica, quest’opera ci offre un rifugio, un angolo sospeso nel nulla in cui fermarsi a meditare.
Si tratta di un titolo che tesse i fili dell’adolescenza, dove ogni gesto è carico di significato e ogni silenzio è pesante.
La produzione di Until Then
Lo sviluppo, a cura di Polychroma Games, è iniziato durante la pandemia di COVID-19 nel 2020, con un team di circa dieci persone, guidato da Mickole Klein Nulud.
In Until Then, avventura narrativa ambientata nelle Filippine del 2014, vestiamo i panni di Mark Borja, uno studente delle superiori che vive da solo nella città immaginaria di Liamson. In apparenza, è solo un ragazzo qualunque. Ma il suo mondo, segnato da un cataclisma globale e da sparizioni inspiegabili, ci avvolge lentamente, fino a diventare il nostro.
Il videogioco combina il classico impianto da visual novel con vari elementi di avventura grafica. La narrazione è espressa principalmente attraverso il discorso diretto e forti sequenze dialogiche, supportate da flussi di coscienza che guidano l’interazione tra i vari personaggi. Il tutto poggia su uno stile grafico unico e inimitabile: una pixel art estremamente dettagliata su sfondi tridimensionali.

Le tematiche
L’opera esamina una varietà di temi profondi: l’importanza delle relazioni umane nella nostra quotidianità, l’attenzione ai dettagli, le cose non dette. Riflette inoltre con lucidità su come la comunicazione – o la sua assenza – possa diventare costruttiva o distruttiva nei rapporti umani. La perdita e il trauma si insinuano nella vita di tutti i giorni e il titolo esplora con delicatezza la difficoltà nell’affrontarli, superarli o, più banalmente, di accettarne l’esistenza.
Il gioco ci mostra quanto spesso tendiamo a rifugiarci in una dimensione alternativa, aggrappandoci ai ricordi o a una realtà che ci sembra più sopportabile. La bellezza di Until Then sta proprio nel modo in cui riesce a far emergere queste emozioni attraverso una narrazione semplice, per quanto incredibilmente potente.
La sospensione del gameplay in Until Then
Sul piano del gameplay, le azioni a nostra disposizione non sono numerose, ma questo aspetto passa presto in secondo piano. L’esperienza che ci viene offerta è qualcosa che va oltre l’interazione: il coinvolgimento emotivo prende il sopravvento e siamo chiamati ad abbandonare il controllo, per vivere davvero la storia.

È un’esperienza sospesa che siamo chiamati a goderci in una realtà atemporale, in cui le storie dei protagonisti scorrono davanti a noi con un taglio cinematografico che rende ogni momento vivido e tangibile. Le inquadrature, i giochi di luce, le illustrazioni, le animazioni: ogni elemento è organizzato con cura per regalarci un’esperienza che supera i confini stessi del medium videoludico.
I minigiochi presenti sono per lo più un espediente per amplificare il coinvolgimento e l’immersività.
La cornice filippina e la colonna sonora
Di fondamentale importanza per la comprensione del videogioco è la sua cornice filippina. Il gioco riesce a mostrarci uno spaccato culturale unico e ci offre gli strumenti per immergerci nella realtà filippina, con le sue peculiarità: la struttura delle strade, le scuole, la diaspora delle famiglie, i fenomeni sismici e l’importanza della comunità. Tutto ciò contribuisce a farci esplorare una città vivente, che fa della sua ispirazione a Metro Manila il suo punto di forza.
A causa delle restrizioni di viaggio e dell’impossibilità di effettuare dei sopralluoghi, gli artisti si sono affidati a Google Earth per riprodurre fedelmente le ambientazioni ispirate alla capitale filippina.

Per quanto riguarda specificatamente la colonna sonora e la musica in generale, essa è fulcro fondamentale dell’esperienza di gioco e della trama stessa. Il pianoforte è strettamente collegato alle vicende narrative, e il suo utilizzo si fonde in una nuova dimensione che rafforza la sua presenza, sia a livello narrativo che nella realtà esterna del videogioco, in cui la ritroviamo sotto forma di OST.
La quotidianità e il sentimento di anemoia
Until Then è anche nostalgia. L’opera rievoca infatti un concetto molto particolare, ovvero l’anemoia, una forma di malinconia per un tempo che non si è mai vissuto. I protagonisti stessi percepiscono questo e noi siamo chiamati a condividerlo con loro, a sentire le cose come familiari e vicine, pur non avendole mai provate.
I piccoli momenti di interazione quotidiana, come il controllo del telefono o il rispondere a un messaggio, sembrano banali, ma sono ricchi di un’intimità che risuona personalmente. Questi frammenti, apparentemente insignificanti, diventano emblemi di un tempo sfuggente e inarrestabile e contribuiscono a rendere reale ciò che vediamo.
Per concludere, Until Then non è solo un videogioco, ma un viaggio che ci costringe a fermarci un’istante, a riflettere e a vivere ogni momento con consapevolezza. Ci invita ad ascoltare con attenzione e, nel farlo, ci regala quella che può essere considerata una delle avventure più emozionanti che il medium videoludico possa offrire.
