Il lockdown da Covid-19 ha fatto riflettere l’intera industria videoludica sulla bontà delle fiere. Diversi colleghi del settore si sono detti favorevoli nella cancellazione delle fiere “fisiche” a favore degli eventi digitali, di fatto preannunciando la cancellazione dell’E3 2022.
La mia posizione in merito è diametralmente opposta, ma conferma le analisi di alcuni giornalisti di settore: le fiere dei videogiochi sono indietro anni luce da quelle dei giochi da tavolo come Play Festival del Gioco 2022 di Modena; così tanto, che un appassionato di videogiochi come me, ritiene che il Play 2022 sia stata la miglior fiera di settore a cui abbia mai partecipato.
Il Play 2021 mi aveva dato ottime sensazioni, che avevo minimizzato perché la fiera ospitava molte meno persone del solito a causa della condizione sanitaria mondiale; infatti, una fiera con un numero limitato di espositori rende tutto molto più vivibile, e in generale, più piacevole. Però mi sbagliavo in merito a questa fiera; Play 2022 ha avuto 40mila presenze in fiera: un aumento del 70% rispetto all’edizione dello scorso anno, è stata ancora più divertente dell’edizione precedente, e adesso vi racconto la nostra giornata a ModenaFiere.
Il mattino ha l’oro in bocca
Sabato 21 maggio – Bologna, ore 8:01. L’orario previsto per farmi trovare sotto casa di Alessio è appena passato; io sono ancora in casa a preparare l’occorrente per il breve viaggio, mentre mi districo tra messaggi di scuse, macchina fotografica e panini al salame.
Con un onesto quarto d’ora di ritardo, già preventivato dalla povera vittima, carico Alessio in macchina e recuperiamo anche Sebastiano sotto casa sua. Sono le 8:40, siamo ampiamente in ritardo, ma millanto puntualità e li convinco a fermarsi per la colazione. Tra goliardia e sprazzi di lucida organizzazione, arriviamo in fiera alle 9:30. Siamo dentro circa dieci minuti dopo.
Capire la fiera
La nostra routine fieristica è ormai consolidata. La mattina si capisce la fiera. Giriamo velocemente tutti i padiglioni e capiamo subito che questa volta sarà diverso da quanto visto l’anno passato. I padiglioni sono sempre gli stessi, ma il numero di espositori è largamente maggiore. Il totale è 150.
I grandi classici sono sempre presenti nel padiglione A: La Tana del Goblin, Asmodee e Giochi Uniti; ci torneremo nel pomeriggio per provare qualche gioco da tavolo così da riposarci con del sano divertimento. Subito accanto ci sono i giochi di ruolo: il nostro cuore pulsa, ma finiremmo per non lavorare e quest’anno ci sono tante persone con cui parlare e tante cose da scoprire.
Il padiglione B è una continuazione del precedente, ma sostituisce i GDR con i miniature games, dove Warhammer fa la voce grossa. Il padiglione D, lo scorso anno dedicato ai librogame, al Play 2022 è l’area dell’affascinante BG Storico. Infine, c’è il padiglione C, che contiene uno dei miei più grandi amori: i card games.
Un lavoro da libro-giocare
Siamo persone dai grandi valori: prima di tutto amici e lavoro. L’ultimo anno abbiamo coniugato tutto in un’unica parola: librogame. Abbiamo incontrato tantissimi addetti ai lavori che ci hanno concesso belle parole e sensazioni positive sulla fiera; in particolare, con enorme piacere incontriamo il pluripremiato Andrea Tupac Mollica, che abbiamo intervistato qualche mese fa. Suoi sono due nuovi librogame presenti al Play 2022: The Conan Gamebook (Sergi, Orsini, Costantini e Trenti – Editore: Officina Meningi) e Il Tesoro di Re Salomone (Watson Edizioni). In realtà, buona parte degli espositori hanno un pezzo di Mollica al suo interno, anche quello di Aristea con il loro nuovo gioco di ruolo fantasy esoteric, Rayn.
Il tour tra i librogame passa ovviamente tra Raven e Acheron Books, in cui tra gli altri incontriamo anche il nostro ultimo intervistato, Mauro Longo. Raven ha presentato quattro nuovi libro-gioco: I Bucanieri Shadaki di Joe Dever, La Ricorrenza di Jen D.Pine, Biblioquest: Il Libro dei Libri di Anna Aglietti e il Regno Dell’Ombra di Ian e Clive Bailey. D’altro canto, Acheron Books ci delizia sempre per i suoi fantastici titoli; l’ultimo arrivato è Sette Eoni in Tibet di Antonio Costantini.
Pomeriggio tra ricerca e conoscenze
Abbiamo finito fiato e parole, ma siamo appena a metà della giornata. I panini preparati questa mattina ricevono finalmente il giusto tributo. In questo momento di pausa, riordiniamo le idee e, solo adesso, ci accorgiamo che il primo piano ospita tornei e competizioni da tavolo. Finita la pausa, è il primo posto che visitiamo, ma il tempo vola e c’è qualcosa di speciale che ci attende.
Shakespeare in Love
Nella legenda della vasta mappa del Play 2022, c’è un nome che mi attira: videogames. Guardo più volte, ma non trovo nulla. Alla fine, i miei compagni di viaggio mi vengono in soccorso: B34B, il numero dell’espositore.
Ci troviamo di fronte a un cabinato con un’enorme scritta in pixel art: Shakespeare Showdown. Scopriamo che il titolo è prodotto da loro, attori di una compagnia teatrale con il supporto dello studio di sviluppo Jarsick. La compagnia, come tutto il settore artistico, ha sofferto il lockdown e ha cercato nel videogioco un rifugio per entrare in contatto con il pubblico.
Il risultato è Shakespeare Showdown, un videogioco 2D ambientato nel multiverso shakesperiano che propone cinematiche realizzate da attori in carne ed ossa digitalmente processati in pixel-art. La demo provata è migliorabile nel gameplay, ma il connubio tra veri attori e arte digitale è romantico. Sarà colpa di Romeo o di Giulietta, di Mercuzio o di Macbeth, ma non vediamo l’ora di poter provare la versione definitiva del gioco.
Il giusto epilogo
Manca solo un ultimo passo per completare la nostra consolidata routine. Abbiamo visitato l’intera fiera, fermandoci a chiacchierare con chiunque: dai retailer ai più importanti scrittori e produttori di librogame italiani. Abbiamo provato un affascinante videogioco indie italiano e guardato il competitivo nostrano in azione. Tutto questo tra lavoro e divertimento, perché al Play 2022 ognuno ha qualcosa da dire e l’organizzazione ci ha permesso di confrontarci con chiunque godendo, e non soffrendo, l’elevato numero di persone presenti in fiera.
Soddisfatti, portiamo a termine la nostra ultima missione: provare, e far provare, quei titoli che stuzzicano la nostra mente. Tra una partita a Star Realms, un Bang! con un gruppo di simpatici ragazzi conosciuti al tavolo e un impegnativo Dune: Imperium, il tempo è già finito. É il momento di rimetterci in auto, ma ora abbiamo una consapevolezza in più: gli eventi videoludici hanno tanto da imparare dai giochi da tavolo e dalla mia fiera, il Play Festival del Gioco 2022.
L’arretratezza videoludica
Le fiere videoludiche non riescono a creare la naturale interazione che si denota negli altri eventi di settore. Questa difficoltà è contemporaneamente causa e conseguenza della mancanza, in Italia, di una vera fiera del videogioco.
Eventi come Lucca Comics & Games, Romics e Napoli Comicon sono fiere che trattano vari argomenti e solitamente quello meno approfondito è proprio il videogioco, come confermato anche dalla nostra visita al Be Comics 2022 di Padova.
Anche per questo motivo, il Milan Games Week era la fiera di riferimento per il videogame in Italia, almeno fino a quando, come lo scorso anno, non hanno deciso di fonderla con il Cartoomics, riducendo lo spazio per l’intrattenimento digitale.
La scelta di non avere una fiera che parli solo di videogiochi è un allarme importante per un’industria in larga espansione, ma è giustificata dalla realtà dei fatti. Gli eventi videoludici italiani permettono di godere degli stessi intrattenimenti dei giochi da tavolo: parlare con gli sviluppatori, provare nuovi giochi, guardare la scena competitiva e ascoltare la parola degli esperti del settore. Purtroppo, ad eccezione dei dialoghi con gli addetti ai lavori, nel contesto del videogioco, tutte queste attività sono passive, poco coinvolgenti e soprattutto solitarie.
Provare un gioco da tavolo implica: qualcuno che ti spieghi l’opera; la condivisione con amici o addirittura con appassionati che stai conoscendo in quel momento. La maggior parte dei videogiochi in fiera, invece sono attività single player, spesso addirittura demo che potresti tranquillamente scaricare sulla tua console tra le mura domestiche. Questa noiosa abitudine porta spesso gli spettatori della fiera a provare i giochi in multiplayer locale nello stesso modo di quelli per un singolo giocatore. Questo crea una dicotomia tra il divertimento di giocare Bang! tra appassionati sconosciuti e la disagiante solitudine di affrontarsi in Super Smash Bros. Ultimate durante una fiera.
A questo punto, molti potrebbero puntare il dito nei confronti della community videoludica, ma bisogna notare che coloro che giocano ai videogiochi in fiera sono spesso gli stessi che provano i giochi da tavolo nei medesimi eventi. La vera differenza è l’atteggiamento con cui un videogame è proposto in fiera rispetto a un GDT; provare un gioco da tavolo significa concentrarsi sulla plancia e mettere alla prova il titolo con l’aiuto degli avversari.
Il videogioco invece è solitamente presentato dagli addetti, a cui probabilmente vengono date errate motivazioni su quale debba essere lo scopo della loro presenza, come un terreno di guerra, in cui conta solo vincere; infatti, in questi eventi, videogaming significa vendere il prodotto e creare competizione tra gli appassionati. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni, ma queste sono, per definizione, rari eventi notevolmente lontani dalla regola comune; e fino a quando non si capirà che i videogiocatori vogliono condividere il gioco che stanno provando, insieme e non contro qualcuno, sarà meglio non avere una fiera esclusivamente dedicata al videogame.