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Scorn – Recensione

Analisi approfondita del survival horror di Ebb Software

Recensione in BREVE

Scorn è un’esperienza capace di distinguersi. L’estetica horror ispirata agli immaginari di Giger immerge il giocatore in un mondo sì derivativo, ma che dimostra comunque di avere personalità e di essere in grado di reinterpretare i classici. Il lato puramente ludico è l’aspetto sicuramente meno curato del gioco, cionondimeno grazie a una eccellente narrazione silenziosa rimane criptica, ma a suo modo capace d’intrigare il videogiocatore.

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Di Scorn, se ne è già parlato abbondantemente, sia evidenziando i suoi lati positivi, sia sottolineandone le criticità. Quando mi sono approcciato per la prima volta alla recensione di Scorn, la prima domanda che mi sono posto è stata: «Ho qualcos’altro da aggiungere che non sia già stato precedentemente discusso, analizzato, commentato o criticato?»

Fortunatamente, per propria natura, Scorn è un titolo che si presta a numerose interpretazioni, un’esperienza gravida di spunti di discussione e di riflessione, tale da consentire punti di vista sempre diversi e vari, ciascuno valido a modo suo, consentendomi di rispondere affermativamente alla domanda postami sopra.

Scorn: horror

Spoiler Alert
Questo articolo contiene dettagli rilevanti sulla trama di Scorn

Un primo sguardo

Il gioco – nato dalla mente del gamer direct Ljubomir Peklar, dalle caratteristiche che richiamano apertamente Giger e le pellicole di Cronembergsi allontana senza vergogna dal videogioco tradizionale, mirando a essere un esperienza che emerge in confronto alle produzioni contemporanee e ponendo grande enfasi sulle suggestioni visive dei panorami sempre orrorifici, ma comunque pregni del misterioso fascinoso che avvolge l’intera avventura.

Tuttavia, è proprio quando l’esperienza si scontra con il doversi interfacciare a un utente attraverso il medium scelto, il videogioco, che emergono gli spigoli e le sbavature del titolo.

Ed è da questo presupposto che nasce in definitiva la mia volontà di scrivere di Scorn: è sufficiente essere diverso? Un’esperienza unica, differente (almeno nelle atmosfere) da tutto quello che ho avuto modo di provare finora nel medium, può permettersi di preoccuparsi meno del suo interfacciarsi a un individuo giocante?

Affinché un film possa essere considerato tale, è necessario che qualcuno possa testimoniare che le sequenze video che lo compongono, apparentemente sconnesse, siano in realtà legate a doppio filo da un intreccio di campi e controcampi, di eventi che si avvicendano in montaggi paralleli e alternati, di successioni in raccordi di sguardi e di posizione.

Poco importa se il messaggio finale arrivi o meno, se lo spettatore abbia effettivamente compreso il senso (prima ancora del significato) di quanto stia accadendo nello schermo davanti ai propri occhi.

Scorn se ne infischia di inviare un messaggio chiaro e univoco, preferisce piuttosto lasciarsi decifrare e interpretare dal giocatore stesso, il quale si farà idee e impressioni differenti a quelle di ciascun’altro sulla base delle medesime suggestioni, immergendo il fruitore in un mondo vivo e disgustosamente pulsante, alieno e indecifrabile per i nostri standard. Ljubomir Peklar è riuscito con il supporto del suo team, a creare un’idea di vita derivativa ma alternativa, dai connotati e dalla psiche ineffabili.

Eppure, affinché il mondo e le creature proposte da Scorn possano esistere è necessario che vi sia qualcuno pronto a testimoniarlo: il videogiocatore. Ed è proprio quest’ultimo, ahimè, l’elemento meno considerato nell’avventura messa in piedi da Ebb Software.

Le suggestioni di Scorn

In un ambiente così finemente curato, modellato e texturizzato secondo uno standard qualitativo così alto e seguendo dei canoni artistici finemente definiti, tali da garantire un ambiente creativo, alieno ma comunque sempre coerente, è strano dover confessare che l’esplorazione non venga mai ricompensata.

Seguire la strada sbagliata, come siamo stati abituati a fare in altri giochi anche meno affini a Scorn, non viene mai premiato, anzi garantirà solo la frustrazione di dover ripercorrere lo stesso sentiero appena attraversato.

Eppure, questa estrema linearità del titolo è lungi dall’essere un difetto effettivo. Ben vengano le esperienze più lineari. Anzi, dirò di più, il senso di angoscia suscitato da Scorn viene al contrario, corroborato da questo level design labirintico e a tratti dispersivo che caratterizza il nostro pellegrinaggio profano per la fabbrica.

Viaggio dalla natura decisamente atipica, il nostro. Se è vero, come dicevo, che l’esplorazione non viene mai ricompensata, il dedalo che costituisce il nostro tragitto per gli ambienti proposti da Scorn, contribuisce a fomentare il costante senso di smarrimento che ci terrà compagnia durante tutto il gioco.

Sovente vi domanderete se stiate percorrendo la strada corretta mentre il vostro alter-ego virtuale apparirà sempre abbastanza sicuro di come vadano utilizzati i vari macchinari sparsi nell’ambiente, che fungeranno da puzzle da risolvere per poter proseguire. Introducendo un’interessante dissonanza – funzionale alla creazione dell’atmosfera di Scorn – tra il protagonista e il videogiocatore.

I Puzzle

I Puzzle sono senza dubbio alcuno l’elemento più smussato del gameplay, nonché il pilastro portante dell’esperienza dal punto di vista prettamente ludico.

Non saranno mai particolarmente difficili né tantomeno brillanti. Eppure il team di sviluppo sembra aver trovato un furbo escamotage al fine di mantenere alta la gratificazione del giocatore alla risoluzione degli enigmi. Dal momento che saremo sempre incerti dell’effettivo funzionamento di questo o quel marchingegno, quando – a rompicapo risolto – avremo compreso come vadano utilizzate le varie parti che lo compongono, potremo sentirci appagati dal nostro risultato, come avessimo appreso una lettera nuova dell’alfabeto apocrifo di Scorn.

Scorn: shooting

Lo Shooting

Ho trovato frustranti oltre ogni ragionevole senso le fasi di shooting, specialmente quelle più avanzate, in cui morire non sarà un avvenimento così raro.

I colpi dei nemici sono difficili da evitare, costringendo il giocatore a una boriosa pratica in cui si ruoterà attorno alla creatura nemica per ingannarne l’IA o, alternativamente, a praticare la non più nobile arte della fuga a gambe levate.

La ricarica e il cambio delle armi sono particolarmente sceniche e definitivamente piacevoli da vedere, ma altresì eccessivamente lente, rimandando al ragionamento fatto sopra a proposito di come la Quality of Life generale sia stata sacrificata in nome di un’estetica appagante. Soddisfazione che arriva senza indugio, e in cui il team di sviluppo ha senz’altro avuto successo; eppure aver dovuto sacrificare altro dell’esperienza generale pesa in queste sezioni più che mai, strattonando fuori il giocatore dall’immersione a cui tutti gli altri elementi miravano con così tanta perizia.

Da un certo momento in poi, inoltre, le armi saranno perennemente presenti a schermo, rubando una discreta, seppur fortunatamente non così invadente, sezione dello schermo che sarebbe altrimenti potuta venire adibita alla contemplazione dei tanto decantati scenari, privati in questo modo della parte bassa dell’inquadratura per una buona parte dell’esperienza.

Due parole sul lato tecnico

Il furto dello scenario da parte delle armi a schermo è una svista non indifferente, vista la squisita direzione artistica di Scorn, sempre coerente ma non per questo poco varia, con scenari che spaziano da angusti corridoi pulsanti della fabbrica “bassa” a spazi aperti all’esterno della stessa o zone che ricordano più apocrifi luoghi di culto.

La fotografia è eccellente, e trova il suo apice nelle (seppur sporadiche) validissime cutscene del gioco. Con una luce sempre adatta a suggerire la natura aliena del posto, distante da quella solare a cui siamo abituati, quasi dovesse prima traversare una fitta nube di polveri prima di poter rimbalzare sul suolo, celebrando le composizioni di certe ambientazioni che non hanno nulla da invidiare alle più ricche tavole di un fumetto.

Ottimo anche il comparto audio, che immerge il giocatore in una moltitudine di suoni dalla dubbia provenienza, allo scopo di tenere i nervi del giocatore sempre sull’attenti, avvolgendolo da tutte le direzioni in attesa di un prossimo pericolo.

A questo proposito, suggerisco di giocare utilizzando delle cuffie o un buon impianto stereo, perché l’ambiente trae grande giovamento dal comparto audio, che arricchisce l’atmosfera con toni più horror di quanto non avessi preventivato, suggerendo dei JumpScare che poi, nel concreto, non arrivano quasi mai, mantenendo il giocatore in uno stato di ansia e angoscia perenne convenevole al senso di Scorn in quanto esperienza.

Per quanto riguarda modellazione e texturing, il livello generale è davvero ragguardevole per una produzione di questa portata, e il team di sviluppo sembra sapere bene dove e come vadano nascoste magagne che, in definitiva, l’utente finale non noterà mai.

Anche i bug sono rari e sporadici, consentendo un’immersione coerente e prolungata.

Scorn

Il rapporto con il videogiocatore

Se uno dei difetti discussi è stata la mancanza di attenzione da parte di Scorn nei riguardi del giocatore, non si può tuttavia negare che gli sviluppatori non abbia chiaro quale sia il pubblico di riferimento: videogiocatori navigati che sanno a cosa stanno andando incontro.

Il videogiocatore non viene mai preso per mano in modo eccessivo e ridondante come capita in altri titoli fin troppo pregni di guide e spiegazioni onnipresenti.

Ad esempio, la totale assenza di tutorial per spiegare come ricaricare o sostituire le armi, è compensata da un’interfaccia richiamabile in qualsiasi momento nel menù pausa, che illustra tutti i comandi necessari a compiere qualsivoglia azione. La troverete utile in più di un’occasione.

Notevole anche come Scorn sia in grado di sovvertire le aspettative. Un esempio è durante una sequenza in cui, nel più classico degli esempi del genere horror, dovremo percorrere lo stesso tragitto attraversato da una misteriosa quanto spaventosa creatura che ci precederà sempre di qualche passo. Quando finalmente ci confronteremo con l’essere, ad attenderci, piuttosto che il banale jumpscare che attendevamo, questa si legherà a noi attraverso delle pratiche che ricordano da vicino Cronenberg e il body-horror in generale, diventando contemporaneamente minaccia alla nostra sopravvivenza e strumento essenziale alla riuscita del nostro viaggio dallo scopo incerto.

Anche dal punto di vista dell’immedesimazione è stato fatto un gran lavoro: durante una delle cutscene discusse, assisteremo alla presunta nascita del nostro alter-ego, il quale svegliatosi nel processo di una sorta di disgustoso parto alieno, dovrà recidersi con le proprie mani quello che appare come un cordone ombelicale. Quando il nostro protagonista preso di coraggio, afferrerà il cordone con le mani, questi le allontanerà istintivamente in tutta fretta, dando la chiara sensazione dell’essersi sorpreso di poter percepire l’ambiente circostante proprio da questa protuberanza.

Riflessioni conclusive

Nonostante i difetti che sono stati discussi, la totale assenza della rigiocabilità e lo shooting che non rende giustizia a un lavoro altrimenti così degno di attenzione, ogni qualvolta avessi del tempo libero, avevo sempre voglia di rimettermi a giocare a Scorn.

Tralasciando il mio lato hipster che gode nell’apprezzare opere non adatte a tutti e che hanno il coraggio di essere differenti, ho trovato difficoltà a decidermi su come impostare questa discussione, se sotto un’ottica positiva o negativa, data la grande quantità di difetti che lo permea.

La Quality of Life generale è sacrificata in nome dell’impatto estetico, mentre gli scontri con i nemici sono talmente frustranti e boriosi da costringere alla fuga nella maggior parte delle situazioni in cui è possibile, vista la scarsa qualità dell’IA nemica, che si dimenticherà in fretta di voi.

Ciònonostante, ogniqualvolta tornassi a casa, maturava in me il desiderio di rimettermi a giocare, di scoprire cosa si nascondesse dietro quel marchingegno corrotto, di svelare quale mistero si celasse nella fabbrica.

Che siano stati i puzzle, in definitiva non così brillanti, ma sempre gratificanti, il senso di smarrimento costante provocato da un level design caotico e labirintico, ma comunque capace di guidare il giocatore verso la prossima meta.

Che sia stata la curiosità nello scoprire le vicende dietro lo scopo della fabbrica, l’origine della piaga, l’intento del parassita o dello stesso protagonista, a farmi apprezzare il gioco non mi è dato saperlo, probabilmente si tratta di una comunione tra gli elementi discussi sopra.

Certamente mi sono soffermato più di qualche volta ad ammirare i paesaggi di Scorn, sempre alieni e orrorifici, ma comunque ricchi di fascino e a loro modo irresistibili, domandandomi se delle ambientazioni così gradevoli e curate valessero un esperienza complessivamente mediocre, che di certo non trova il suo picco nel lato gameplay, ma che non cerca neanche di trovare la sua strada nel genere del walking sim (troppo spesso ingiustamente bistrattato), in quanto ambisce a un gameplay “vero e proprio“, attraverso lo shooting e i puzzles, ma che non risulta mai soddisfacente quanto desidera.

Il finale, invece, forse possibilmente anticlimatico ma comunque coraggioso e ricco di libere interpretazioni, spiazza ogni possibile dubbio: Scorn è un esperienza consigliata e da provare pad (o tastiera) alla mano.

La paura che un titolo del genere possa risultare troppo derivativo e che non trovi il suo spazio tra le fonti d’ispirazioni palesi del calibro di Giger o Cronemberg, è sensata e plausibile. Tuttavia, Ljubomir Peklar riesce a prendersi un posto in quell’olimpo del body horror, commistendo la giusta dose di citazioni ai classici del genere a delle idee potenti e originali.

Un’esperienza capace di reggersi sulle proprie gambe, anche senza dover essere amanti del genere di riferimento o senza conoscere le fonti d’ispirazione.

Di Simone Giammarinaro

Ciao! Mi chiamo Simone Giammarinaro, ho 23 anni e studio Modellazione, texturing ed animazione 3D.
Amo la musica, il fumetto, ed il cinema, ma la mia passione più grande è senza ombra di dubbio il mondo videoludico.
Recentemente, ho cominciato ad interessarmi particolarmente al mondo dei giochi indie, che tendono a carpire maggiormente il mio interesse.

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