Il 18 ottobre 1958 “usciva” Tennis For Two, considerato il primo videogioco mai sviluppato. In realtà ci sono molte discussioni a riguardo la storia del settore, un po’ perché negli anni ‘50 il videogioco era un concetto diffuso più in ambito accademico (senza considerare quei progetti scritti su carta e mai realizzati), un po’ perché quello che veniva definito “videogioco” all’epoca non era lontanamente paragonabile, per meccaniche e forme, ai prodotti moderni. Per questo motivo, in base a quali criteri vengono scelti, Tennis For Two non può essere indicato in maniera univoca e universalmente riconosciuta come il primo videogioco, ma senza ombra di dubbio è uno dei primissimi mai sviluppati.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, a livello universitario, o comunque lontano dagli occhi del pubblico, c’erano molti esperimenti che miravano a mostrare come un computer potesse “giocare” a qualcosa, seppur di semplice. In questo senso, ancora prima di Tennis For Two, possiamo trovare interazioni fra uomo e macchina che riprendono giochi con dinamiche calcolabili a livello matematico: nim o tris, rispettivamente trasposti nel Nimrod e in OXO, che contendono a Tennis For Two il titolo di “primo videogioco”. La componente ludica era decisamente limitata, ma appunto lo scopo non era quello di essere divertenti né di intrattenere.
Tennis For Two: 63 anni portati bene
Tennis For Two era invece un prodotto di per sé molto più moderno, almeno vagamente affiancabile a quelli che conosciamo tutt’oggi: c’era uno schermo, c’erano delle manopole che funzionavano come joystick, era multiplayer e, a differenza dei suoi “predecessori”, era stato concepito proprio per intrattenere. È stato sviluppato nel giro di pochi giorni da William Higinbotham, che di mestiere faceva il fisico e non il game designer: durante la sua carriera ha partecipato al progetto “Manhattan”, riferito agli studi sulla bomba atomica, e ha brevettato una serie di invenzioni legate al mondo della fisica. Nulla che facesse intendere a una carriera da game designer.
William Higinbotham aveva sfruttato un oscilloscopio, uno degli strumenti usati nel suo laboratorio, ricreando un campo da tennis visto di lato. Con delle manopole si poteva far rimbalzare la palla dall’altro lato della rete, e dopo una serie di aggiornamenti si poteva anche agire sui parametri che ne definivano la parabola. Non aveva quindi creato una console o un sistema ad hoc, ma si era limitato a prendere oggetti già a disposizione. Li ha ricombinandoti e ricontestualizzati, in modo da realizzare qualcosa di totalmente nuovo.
Da esperimento a mezzo di intrattenimento
Proprio in questo momento la storia del settore cambia, soprattutto a livello culturale. Se prima il videogioco era considerato alla stregua di un esperimento elettronico che esaltava l’interazione uomo-macchina, William Higinbotham gli ha dato una funzione di intrattenimento, accessibile a un pubblico più ampio: era infatti stato posizionato all’interno del Brookhaven National Laboratory di Long Island (New York), con lo scopo di intrattenere i visitatori. Dopotutto non esisteva un mercato del videogioco, non c’erano negozi o strutture specializzate in questo genere di prodotti, mentre nelle sale giochi dell’epoca spopolavano soprattutto flipper e altre attività meccaniche. Bisognava anche considerare un ulteriore elemento: a quei tempi un computer che supportava un semplice prodotto videoludico occupava un’intera stanza, di conseguenza una commercializzazione massiccia necessitava di spazi enormi.
Una volta iniziato a concepire il videogioco come intrattenimento, sono passati una decina d’anni prima di vedere una diffusione capillare sul territorio del nuovo medium. Con il progresso tecnologico, computer che prima occupavano una stanza adesso potevano essere inglobati all’interno dei primi cabinati, che approdavano in sala giochi fra anni ‘70 e ‘80. Oltre ai videogiochi in sé, che di anno in anno si perfezionavano sempre di più tecnologicamente e graficamente aggiungendo qualche elemento rivoluzionario per l’epoca, si lavorava anche sulle componenti con i quali l’utente interagiva: potevano essere joystick, home console e relative cartucce. La ricerca non si ferma nemmeno oggi, visto che assistiamo a una continua pubblicazione di nuove periferiche che risultano essere sempre più ergonomiche ed efficienti.
Sviluppare videogiochi quando non esistevano i videogiochi
Vista la diffusione e il successo crescente in sala giochi, e trattandosi ormai di un fenomeno aperto a tutti, è aumentato esponenzialmente il numero di titoli disponibili sul mercato, portando conseguentemente un incrementato della concorrenza. Molte aziende, che inizialmente si occupavano di altri business, hanno riconvertito l’attività e sono entrate nel settore videoludico intravedendone le future potenzialità di guadagno: tra queste c’era anche Nintendo, creata a fine ‘800 (ben prima del Nimrod, OXO e Tennis For Two), che prima di sviluppare videogames si occupava di carte da gioco hanafuda, ma anche di taxi, riso, aspirapolveri e love hotel.
William Higinbotham è scomparso nel 1994, un mese prima dell’uscita della PlayStation in Giappone, ma ha potuto vedere cosa è diventato il mercato del videogioco. In quei primi 36 anni che sono passati dal suo Tennis For Two, ne ha constatati molti di progressi: ha assistito a Pong, Pac-Man, Super Mario, e al Game Boy, vivendo quelle che sono le prime quattro generazioni di console e l’inizio della quinta. E pensare che tutto quanto è partito da un oscilloscopio modificato con lo scopo di intrattenere…