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Wolfenstein, intervista agli sviluppatori di MachineGames per festeggiare i dieci anni

“Spesso nei videogiochi è difficile veicolare idee raffinate o elementi non troppo palesi”.

Dopo aver letto le parole del fondatore Jerk Gustafsson, MachineGames, casa di sviluppo nota per la serie Wolfenstein, continua i festeggiamenti dei suoi dieci anni di vita grazie alle parole dei suoi principali sviluppatori.

Il tempo vola, quando ci si diverte a violare, bersagliare e fare a pezzi i nazisti. Per festeggiare il decimo anniversario dalla fondazione di MachineGames, gli sviluppatori ripensano al lavoro svolto, alle lezioni apprese e al percorso che ha reso MachineGames lo studio attuale.

Quali sono state le cose migliori del lavoro in MachineGames?
 
Kristoffer Kindh, progettista di livelli senior: le cose migliori di MachineGames sono la sua cultura e le persone che ci lavorano. Abbiamo tutti la mentalità di una grande famiglia di sviluppatori intenti a creare insieme giochi memorabili, divertendoci durante il processo.
 
Jocke Sohls, progettista senior: adoro il senso di libertà che abbiamo quando lavoriamo. Nessuna idea è troppo folle da non ricevere suggerimenti e feedback sinceri. Per i motivi più disparati, non tutte le idee assurde vengono inserite nei giochi, ma non ci si sente mai spinti a rinunciare a supportarle!
 
Il discorso vale sia per la gestione interna che per i dirigenti esterni, che ci hanno permesso di prendere un franchise famoso come Wolfenstein e di dire: “OK, ma se fossero tutti dei robot?”, “E se mandassimo il giocatore sulla Luna?”, “E se i protagonista venisse decapitato, per poi sopravvivere?”. E così via, per tutti gli avvenimenti assurdi presenti nel gioco.
 
È stata un’esperienza piacevole e, naturalmente, divertentissima.
 
Com’è stato lavorare su Wolfenstein, il franchise che ha dato vita al genere degli sparatutto in soggettiva, e su serie con cui molti giocatori sono cresciuti?
 
Jerk Gustafsson, produttore esecutivo: vedersi affidare Wolfenstein è stato l’onore più grande della nostra carriera. Molti di noi hanno iniziato a sviluppare videogiochi grazie a id Software e ai rispettivi giochi. Per noi sono sempre stati degli idoli e lavorare con loro è stato il coronamento di un sogno. Inoltre, adoriamo B.J. e volevamo onorare il personaggio creato da id. Per quanto ci riguarda, è la stessa persona di Wolfenstein 3D. Abbiamo solo fatto emergere alcuni lati di lui che non venivano approfonditi nel gioco originale.
 
John Jennings, direttore della produzione: mi sono unito al gruppo nel corso dello sviluppo di The New Order e alcuni membri del team, a volte, si chiedevano: “Che razza di gioco stiamo facendo? È basato sulla furtività, o è una furiosa esperienza di combattimento? Ha un taglio umoristico, o è un gioco serio?” Chiudendo i livelli giocabili e avvicinandoci al completamento, abbiamo iniziato a capire che la risposta a quelle domande era “C’è un po’ di tutto questo”. The New Order ha un tono unico e quando è uscito ed è stato un titolo difficile da inquadrare per molte persone. Credo che sia per questo che molte in molti lo ricordano con affetto.
 
Kristoffer: Wolfenstein 3D è stato il primo gioco che io abbia mai avuto. Mi ha catturato subito, quindi lavorare a quel progetto è stato pazzesco. Le cose che ho apprezzato di più sono state le ricerche fatte per capire come portare avanti lo sviluppo di Wolfenstein. La regia, le dinamiche di gioco e il taglio.
 
Jocke: Wolfenstein è un franchise famoso presente da anni nel settore dei videogiochi, ma lascia ancora margini di sperimentazione per garantire la già citata libertà di progettazione. Sono felice dell’equilibrio che abbiamo trovato tra una storia toccante e a volte molto densa, e le sezioni totalmente incentrate sull’azione. E, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, funziona! Entrambi gli approcci si addicono alla serie e si completano alla perfezione! Grazie alla sua duplice natura di “action man” generico e stereotipato e di essere umano dal carattere complesso e altruista, B.J. è un grandissimo personaggio. Anche in questo caso si tratta di due elementi sulla carta incompatibili, che però funzionano a meraviglia!
 
Quali sono le scene/i livelli/i personaggi preferiti su cui avete lavorato negli ultimi 10 anni?
 
John: per quanto mi riguarda, ho adorato lavorare alla fuga in funivia dal castello di Wolfenstein, in The Old Blood. È stato il primo livello a cui ho lavorato interamente in MachineGames, dagli studi iniziali a un passo dal completamento. Ci abbiamo lavorato come parte di un grosso traguardo interno, per una demo da mostrare a tutto il gruppo di dipendenti Bethesda durante una specie di “E3 interno” che organizziamo ogni anno, a circa sei settimane di distanza, ed ero nel panico! Quella di vedere il team concentrarsi, restare unito e preparare uno scenario memorabile e visivamente ottimo è stata per me un’esperienza preziosa. Mi ha davvero aiutato a capire cos’era in grado di realizzare la nostra squadra a MachineGames. In una sezione giocata di 30 minuti abbiamo inserito di tutto!
 
Tommy Tordsson Björk, progettista narrativo: una delle mie scene preferite durante la produzione di Wolfenstein II era quella in cui B.J. vestiva i panni di un attore all’audizione per il ruolo di B.J. in un film, per infiltrarsi e raggiungere la stazione spaziale su Venere. Ovviamente veniva coinvolto nell’audizione di fronte al produttore del film, il male in persona: Adolf Hitler. La scrittura di quella scena è stata una sfida notevole, ma anche divertente. In particolare ho apprezzato il fatto di poter umiliare l’Hitler virtuale, descrivendolo come un vecchio malvagio, fragile, folle e piuttosto patetico.
 
Axel Torvenius, direttore artistico: dal punto di vista grafico, sonoro e delle animazioni lo studio ha lavorato con amore per realizzare i macchinari e i robot nazisti. La creazione di un aspetto unico per le versioni fantascientifiche dei macchinari e dei soldati nazisti è stata complessa, poiché abbiamo cercato di ispirarci alla vera estetica nazista della Seconda Guerra Mondiale, aggiungendo una buona dose di componenti sci-fi. È nato tutto dalla collaborazione di vari dipartimenti e di diverse persone di MachineGames. Non posso fare a meno di considerarlo un elemento della serie su cui in molti hanno amato lavorare.
 
Jocke: per me è stata la scena del combattimento al tribunale, in The New Colossus. È stato divertente lasciarsi andare con innumerevoli nemici e Supersoldaten che piovevano dalla cupola di vetro in alto. Credo che si tratti di un combattimento impegnativo, ma anche molto divertente. In realtà ha rischiato di essere ancor più difficile. Nel mio piano originale era previsto l’arrivo di un “Zitadelle” come ultimo nemico dello scontro, ma la battaglia era già abbastanza difficile e movimentata, così abbiamo abbandonato l’idea.
 
Kristoffer: lavorare sull’Ausmerzer in The New Colossus è stato divertente, ma più in generale direi che il mio momento preferito è stato l’intero sviluppo di Wolfenstein: The New Order, poiché è da lì che è iniziato tutto.
 
C’è qualcosa che avreste voluto inserire nel gioco, senza poi averne l’occasione?
 
Axel: una delle idee più interessanti, che poi purtroppo è stata tagliata, era una mappa chiamata Kolossmen. In breve, l’idea era che il regime nazista disponeva di quattro veicoli grandi quanto delle piattaforme petrolifere, o delle piccole città, usati per pacificare gli Stati Uniti dopo averne assunto il controllo. In seguito, questi 4 Kolossmen erano stati spostati nel deserto. B.J. doveva attaccare uno di questi veicoli, salire a bordo, metterlo in moto e guidarlo attraverso il Grand Canyon affrontando un intero esercito di nazisti, prima di schiantarsi contro la diga di Hoover.
 
Jocke: alcuni livelli sono stati tagliati o ridimensionati per vari motivi, ma mi sarebbe piaciuto vederli all’interno dei vari titoli. Per esempio, avevamo pensato a una missione di guida durante la fuga dal manicomio in The New Order, con tanto di inseguimento a base di nazisti, moto robotiche ed elicotteri. Era promettente, ma non siamo mai riusciti a renderlo divertente come avremmo voluto, così abbiamo tagliato l’intera sequenza.
 
Kristoffer: in Wolfenstein 2 avevamo pianificato il lanciafiamme equipaggiato dal giocatore, per rendere omaggio a quello leggendario di Return to Castle Wolfenstein. Sarebbe stato fantastico averlo per divertirsi in varie fasi del gioco.
 
Quali sono state le cose più importanti che avete imparato, dalla nascita dello studio?
 
Jerk: con Youngblood abbiamo mosso i nostri primi passi nella modalità multigiocatore e abbiamo imparato molto sia dal punto di vista ludico che da quello strettamente tecnico. Aver capito che “studiare contemporaneamente la parte tecnica e quella ludica” è fin troppo impegnativo è stato probabilmente uno dei traguardi più importanti, di cui faremo tesoro la prossima volta che lavoreremo a un’esperienza multigiocatore.
 
Axel: bisogna assicurarsi di conoscere i propri punti di forza e le proprie debolezze. Identificare chi eccelle in cosa e assegnare gli incarichi di conseguenza, senza però limitare il lavoro a un campo specifico, ma ampliandolo favorendo la crescita. Coltivare le competenze e gli interessi che alcuni sviluppatori hanno per passione personale. Si può avere la miglior idea al mondo, ma senza talenti in grado di realizzarla rimarrà sempre un’idea scritta su un pezzo di carta. La squadra non è mai più forte delle singole persone che la compongono, quindi è fondamentale scegliere bene gli elementi da accogliere e assicurarsi che siano tutti motivati e che amino svolgere i compiti che gli vengono assegnati.
 
Spesso nei videogiochi è difficile veicolare idee raffinate o elementi non troppo palesi. Quando le sfumature vengono veicolate a dovere si trasformano in qualcosa di memorabile, ma è importante essere consapevoli delle difficoltà di un simile approccio.
 
C’è qualcosa che avreste voluto fare diversamente, nei giochi di Wolfenstein? (O più semplicemente: c’è qualcosa che avreste voluto fare diversamente?)
 
Axel: non porsi limiti! Nel corso degli anni e durante i lunghi periodi di produzione, contando tutti i giochi di Wolfenstein che abbiamo sviluppato, siamo diventati sempre più audaci. Ci è voluto molto tempo per trovare il nostro stile e il nostro modo di esprimerci. In ogni gioco abbiamo osato sempre di più con la Proprietà Intellettuale, perfezionandone il mondo, l’atmosfera e lo stile. Se potessi tornare indietro nel tempo e rifare qualcosa, darei priorità agli aspetti enormi e mostruosi del nostro regime nazista fittizio. Credo che all’inizio ci limitassimo chiedendoci: “Possiamo farlo…”? Col tempo, quel pensiero si è sviluppato, trasformandosi in: “Facciamolo 10 volte più assurdo”!
 
È facile lasciarsi frenare da una mentalità vincolata da limiti che, sul fronte della filosofia creativa e artistica, non esistono. Naturalmente ci sono molti aspetti tecnici da considerare, ma la spettacolarità di una storia o di un’ambientazione non conosce limiti di alcun tipo. Per esempio, quando abbiamo portato B.J. su Venere in The New Colossus. “Mio dio, andiamo su Venere? Richiederà una quantità di lavoro e di contenuti ecc., ecc.” è la prima cosa che viene in mente. Ma analizzando la cosa, non ci sono grosse differenze tra quella mappa e le altre mappe del gioco. Certo, è un ambiente esterno con alcuni spazi interni e delle risorse uniche, ma conoscendo bene lo stile, le atmosfere, le scelte cromatiche e dei materiali, e aggiungendo poi la storia… Ecco fatto! Siamo su Venere. E anche se abbiamo sviluppato diversi giochi con allestimenti e ambientazioni estreme, e con momenti narrativi sopra le righe, è comunque facile per degli sviluppatori creativi lasciarsi frenare da una simile mentalità.
 
Jocke: in tutti i capitoli del nostro Wolfenstein abbiamo inserito delle meccaniche furtive. Purtroppo devo ammettere che quello è il tipo di esperienza che ha funzionato meno. Mi piacerebbe tornare indietro per dedicare altro tempo a quelle meccaniche, e assicurarmi di perfezionarle per raggiungere il livello qualitativo delle scene d’azione.
 
Vorrei anche dedicare altro tempo per assicurarmi che i giocatori capiscano meglio alcune meccaniche. La colpa è stata nostra, che non le abbiamo spiegate al meglio, quindi vorrei avere l’opportunità per rimediare all’errore.
 
Kristoffer: mi sarebbe piaciuto sviluppare ancora l’universo dei giochi, esplorando altri parti del mondo dove creare storie e ambientazioni pazzesche per i giocatori.

Fonte

Di Antonino Savalli

Nato con Nintendo, cresciuto con PlayStation e formato con il PC, ho sempre trovato nella scrittura il legame per apprezzare tutte le esperienze videoludiche (e non) vissute.

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