La conferenza di PlayStation 5 è stato un evento mediatico che ha fatto il giro del mondo. Tutte le maggiori testate internazionali hanno dedicato dello spazio alla nuova console giapponese. Di conseguenza, si può parlare di successo in casa Sony.
In questo momento, chi lavora nell’editoria videoludica sta probabilmente guardando e riguardando il video di presentazione di PlayStation 5 alla ricerca di qualche dettaglio, che possa permettere di ipotizzare e sognare. Purtroppo, non sempre le novità portano buone notizie. I player probabilmente sono molto contenti, ma i dipendenti di GameStop, che non sono solo comuni videogiocatori, lo sono sicuramente molto meno.
Rivoluzione digitale
PlayStation 5 è stata presentata in due versioni. La versione fisica includerà un lettore per il supporto ai videogiochi fisici, mentre la versione digitale permetterà il solo acquisto di videogame sugli store online.
I più attenti sanno che non è una totale novità. Una console bianca in versione digitale esiste già e prende il nome di Xbox One S All-Digital Edition. Però, il clamore della PlayStation 5 digitale nasce da due concetti. Il primo è che si tratta di un evento che ha avuto un risalto medicato eccezionale. Il secondo è che questo evento riguarda il lancio di PlayStation 5, che si può leggere tra le righe come l’idea che ha il maggior player del settore delle console casalinghe sulla next-gen.
Personalmente, non ho visto niente di particolarmente innovativo nella presentazione di PlayStation 5. L’idea del caricamenti istantanei di Ratchet & Clank sono sicuramente molto interessanti, ma ad oggi ci sono dei dubbi sul fatto che sia una feature identificativa della prossima generazione. L’unica cosa che ci porta realmente nel futuro è la visione che Sony ci ha dato del mercato fisico dei videogiochi, con il conseguente rischio di disoccupazione per molti ragazzi e ragazze che lavorano nelle grandi catene di vendita al dettaglio di videogiochi come GameStop.
I problemi di GameStop
Certo, il problema di GameStop non nasce oggi. L’azienda statunitense vive da tempo due grandi problemi ancora irrisolti.
Il primo è l’evoluzione del mercato digitale dei videogame. Come Blockbuster a suo tempo, GameStop non ha preso le contromisure a un mercato digitale in grande espansione e le perdite sono consistenti ormai da qualche anno. Non può risultare una novità quanto detto da Jim Ryan, capo di PlayStation, in questi giorni:
Stiamo solo riconoscendo che con il passare del tempo la nostra community sta diventando più orientata al digitale.
Jim Ryan
Inoltre, il Covid-19 ci ha fatto capire che la gente è disposta a fare acquisti sugli store online. Nel primo trimestre del 2020, il 66% dei giochi PlayStation sono stati venduti in digitale. Un bel problema per il nuovo direttore di GameStop, Reggie Fils-Aime, ex presidente di Nintendo Of America.
La catena di videogiochi è consapevole della situazione e i primi rumor parlavano di una trasformazione della catena in un punto d’incontro per tutti i videogiocatori. Un cambio di visione assolutamente necessario in questo momento, ma difficile da applicare in un mondo colpito dalla pandemia coronavirus, che tra le altre cose, ha fatto precipitare le vendite totali di GameStop del 30% in questa prima parte dell’anno.
Il secondo problema, ben più radicato, è la pessima reputazione che ha la catena. I player vedono GameStop spesso come un male necessario, quando vogliono risparmiare qualcosa restituendo i proprio giochi. In altre parole, l’idea generale è che la catena applichi prezzi troppo alti sull’usato. Questa concezione ha dato spazio ai competitor come CeX, che vendono videogiochi usati a prezzi di gran lunga più bassi e non si portano dietro la nomea di strozzini del settore.
La conferma di PlayStation 5
In questo marasma generale, l’annuncio della versione digitale di PlayStation 5 al lancio è solo una conferma. I dipendenti di GameStop devono seriamente prendere in considerazione l’idea di rivalutare le prospettive di lavoro future, perché saranno i primi a pagare l’importanza del digitale nella prossima generazione.
La situazione non è positiva già da qualche tempo. Infatti, già lo scorso anno GameStop ha dichiarato che chiuderà circa 200 negozi in tutto il mondo per provare a colmare il buco da oltre 400 milioni.
Incrociando i due problemi, si ottengono senior manager che aizzano i propri dipendenti ad utilizzare condotte aggressive nei confronti dei clienti per colmare il negativo di 27,9% di vendite ottenute nel 2019, rispetto all’anno precedente.
Una crisi annunciata quella della vendita fisica al dettaglio dei videogame, che non è frutto del periodo di transizione che stiamo vivendo. La conferma è arrivata dalla conferenza di PlayStation 5 e dallo stesso Jim Ryan. GameStop, e tutti gli altri player del settore, devono cambiare strategia su due fronti. La prima è economica, cercando di entrare nel mercato digitale o cambiando il mondo di concepire i proprio negozi.
La seconda è sociale. In un mondo della comunicazione in cui si prendono giustamente le distanze dal razzismo, anche con idee grottesche come la rimozione dal catalogo di HBO di Via col vento, GameStop non ha preso alcuna posizione e continua a non curare la propria immagine, probabilmente perché le brutte sensazioni che i giocatori hanno nei confronti della catena, rispecchiano l’importanza che i direttori di GameStop danno alla community, e soprattutto ai loro dipendenti.
Conclusione
Chiunque lavori per GameStop probabilmente è consapevole di quanto sto per dire, ma è assolutamente necessario prendere coscienza che la prossima generazione è già arrivata e a pagarne le prime conseguenze saranno loro. I player sono disposti a fare a meno della loro vena collezionistica per abbracciare l’idea di Sony del digitale. Un concetto che è già stato sposato da Microsoft con il suo Game Pass e da Nintendo, che vede nel digitale un mondo per aumentare gli introiti provenienti dalla vendita di giochi nuovi a prezzo pieno.
La nuova generazione probabilmente porterà delle novità che ci faranno apprezzare i videogame ancora di più, ma i dipendenti delle catene di vendita di videogiochi al dettaglio rischiano di avere la conferma che la next-gen sarà pagata con il denaro che proviene dalle proprie tasche, perché quando un’azienda fallisce, i manager vanno via con i conti correnti pieni e la promessa di un lavoro in un’altra corporazione, mentre chi ci mette la faccia dentro i negozi paga due volte. Infatti, pagano prima con la reputazione, e poi con la disoccupazione, scelte che provengono dall’alto, probabilmente in collina, in una casa con giardino da svariati metri quadrati.